Burlesquoni: l’uomo senza dignità

Furio Colombo

30 ottobre 2011

L’uomo senza dignità

Che cosa pensare (e che cosa avranno pensato in Europa) di un primo ministro che torna da un incontro difficile dove hanno deciso di lasciargli ancora un po ’ di tempo per cominciare un lavoro urgente che lui ha trascurato a lungo, e lui si precipita a collegarsi con lo show televisivo Porta a Porta per annunciare che “il suo piano è stato accettato e lui è stato promosso”?.

Nelle stesse ore tutto il suo governo era nell’aula della Camera dei Deputati (tutti i ministri e squadroni di sottosegretari) e ci sono rimasti per tutte le ore utili al lavoro, in tutte le sedute della settimana parlamentare, tra il 24 e il 27 ottobre perché era previsto il massacro dello art. 41 della Costituzione. Ma quel massacro, desiderato più ardentemente della “promozione” in Europa non è stato neppure tentato, buttando avanti invece piccole ratifiche o nobili mozioni (però non del governo ma dell’opposizione).

Infatti quasi ad ogni chiamata al voto del presidente di turno, la truppa di Berlusconi risultava, pur con tutti i ministri e i sottosegretari presenti, un voto sopra, un voto sotto, un voto pari, che vuol sempre dire sconfitta per chi ha chiesto la votazione. Traduzione: non possono governare. E non possono far approvare le

loro leggi. Eppure questo evento, che pur dovrebbe suggerire qualcosa a livello istituzionale, non ci racconta il peggio della Repubblica.

Il peggio è in quella lettera di “buoni propositi” che è stata presentata con faccia tosta incredibile agli europei come se fosse un documento vero. Non lo è. Come in certi incunaboli ritrovati dal buio del passato, non se ne conosce l’autore. Come ci informa, senza ridere, il Corriere della sera del 27 ottobre, pag. 5: “È una lettera di 17 pagine preceduta da un preambolo ‘ caro Herman, caro Josè Manuel’, in cui si illustra il percorso di risanamento, opera del glorioso governo Berlusconi, che porterà al pareggio di bilancio nel 2013”.

Come si vede neppure Herman (Van Rompuy) e Josè Manuel (Barroso) possono sottrarsi, nella lunga introduzione, alla rassegna dei successi messi a segno dall’unico Paese a crescita zero dell’Unione Europea. “In coda – ci informa la giornalista Antonella Baccaro che ha compilato con cura il sommario della difficile materia – c’è la creazione di una commissione sul debito pubblico e le modifiche della Costituzione sul pareggio di bilancio”.

Non ci crederete, ma il “pareggio di bilancio” è materia annunciata dal calendario dei lavori della Camera per i prossimi giorni, senza che si abbia notizia della Commissione, del suo lavoro e del ministro competente (come abbiamo detto, il ministro dell’Economia appare al momento auto-sospeso).

Il testo prosegue facendo sapere che “il debito è antico” (come sempre “non siamo stati noi”), che, per la crescita, il governo deve ancora approvare il decreto Sviluppo ma “promette di attuarlo nei prossimi otto mesi”, dando quindi una data di esecuzione a un decreto che non c’è; che “il piano delle opere pubbliche verrà accelerato attraverso criteri che favoriscano l’intervento dei privati” (e subito Matteoli annuncia il ponte di Messina, smentito in Aula dal suo sottosegretario), ma si proclama anche “la costituzione di zone a burocrazia zero (il sogno di mafia, ‘ ndrangheta e camorra perchè burocrazia zero vuol dire zero controlli).

Tra le misure per la crescita viene anche indicata la riforma costituzionale, da attuare in 6-12 mesi che introdurrà “la riduzione del numero dei parlamentari, l’abolizione delle province e la riforma in senso federalista”. Ovviamente l’elenco è incompatibile con le date e il tempo delle riforme costituzionali e dunque indica un evento impossibile.

Ma il punto forte della lettera redatta, forse, da Berlusconi in persona nella sua “fortezza della solitudine” sono i licenziamenti facili per incoraggiare le aziende ad assumere”. È purtroppo chiaro che una simile innovazione, cara solo ai peggiori imprenditori, da un lato porta scontro sociale, dall’altro incita non ad assumere i disoccupati, ma a licenziare liberamente coloro che un lavoro c’e l’hanno. Adesso il trucco si vede. Tutti i peggiori propositi di un governo come questo, dal ponte di Messina al licenziamento libero, tutto deve apparire come doveroso perché “richiesto dall’Europa”. Non si parli di neo-liberismo. Come si vede, si tratta invece di vetero capitalismo, nella sua forma più rozza.

Tutto ciò trova una risposta chiara e ineludibile sul New York Times del 27 ottobre, in un testo di James Livingston, nella pagina editoriale: “Come storico dell’economia che studia il capitalismo da trentacinque anni, voglio condividere un segreto con voi: l’investimento privato, ovvero tutti i tagli possibili al lavoro per aumentare il profitto, dunque l’investimento, dunque nuovo lavoro, non porta affatto dove vi dicono. Non porta crescita. Più debiti dei consumatori e più spese dei governi portano crescita. La storia ci dice che questa visione (del favorire prima di tutto l’impresa contro i diritti del lavoro, ndr) è sbagliata. In tutto il secolo scorso il profitto delle imprese ha continuato a salire (600 per cento) ma gli investimenti hanno continuato a diminuire. Al principio del secolo tutti gli investimenti erano privati. Alla fine del secolo erano quasi tutti spesa pubblica o spesa dei consumatori”.

Dunque il segreto non è più un segreto: rincorrere le pensioni dei lavoratori e i loro salari per mettere a posto l’Italia o il mondo è un errore clamoroso. Ma non è un errore innocente. Ricordiamolo quando ci diranno che votare tutti insieme a favore della “Lettera Berlusconi” è questione di amor di Patria.

berpagliaccio
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