Da Concita

15/03/2009 12:26
Welfare fai da te

I lavoretti semplici di cui parla Sacconi sono già tutti presi: a raccogliere le carote coi piedi nel fango dell’Agro pontino ci sono gli africani, racconta Rosalba. Nelle cucine delle cliniche private è pieno di asiatici, dice Maria Luisa. A «fare le ore», a pulire in casa e assistere i vecchi, ci sono filippini e peruviani. Gli ultimi. Le penultime sono le donne. Ricorda Susanna Camusso, segretario confederale Cgil, di quando in viaggio di nozze in una piccola isola d’Italia, molti anni fa, un paesano le disse: Lei lavora? Ruba il posto a un uomo, allora. «È stata la prima volta che ho messo a fuoco la questione in questi termini», sorride, e poi adesso di nuovo sente che per molti è così: come un film che si riavvolge
all’indietro e mangia nel rewind trent’anni di battaglie. C’è sempre qualcuno che ruba il posto a qualcun altro quando il posto scarseggia.

Quando si pensa ciascuno per sé. Gli ultimi ai penultimi, i penultimi ai terzultimi. Gli stranieri alle donne, le donne ai giovani precari. Poi le categorie si sommano, anche. Pensate essere straniera, donna e precaria. Osolo donna e precaria. Osolo precaria. Licenziata a 40 anni come Giusi, vedova con un bimbo di tre anni. «Ci sono delle volte in cui penso seriamente che dovrei tornare a casa, fare almeno una cosa bene – dice Veronica, laureata in chimica industriale, un figlio in prima elementare – mi converrebbe. Spendo più per far crescere mio figlio a qualcun altro di quanto non guadagni. Fare la casalinga: un lusso. Poi so che mi devo sbrigare a cambiare idea», ride. Deve sbrigarsi, sì, perché l’argine è debole e non bisogna lasciarlo incustodito. Dieci donne sono venute in redazione ieri a parlare della pensione a 65 anni. Le loro vite raccontano questo, soprattutto: non lo fanno per sé, non più solo per sé. Lo fanno per mantenere i figli, per accudire i genitori e i nipoti. Sono strette nel sandwich della generazione precedente e di quelle successiva, guadagnano per mantenere padri ed eredi. Ne farebbero anche a
meno, potendo. Se non fosse così ingiusto, certo. Se potessero permetterselo. Se non fossero loro l’unico vero stato sociale, la colonna portante del welfare fai da te. Disposte a strappare carote per mantenere i figli all’università. Disposte a “fare le ore” per dare un futuro ai nipoti.O col destino di soffocarlo, invece, questo futuro?, domanda Lidia Ravera. Due ore a discutere con la foga di chi finalmente può dire come stanno le cose. Felicia Masocco e Simone Collini riassumono uno spaccato di vite da 400 fino a 1600 euro al mese, tredici figli tutti all’università «perché il loro destino non sia come il nostro». E quale sarà, invece?

Torna la ricetta Prodi per far pagare le tasse agli evasori, la rilancia Bersani. Torna Prodi, che prendere la tessera del Pd perché «è la speranza del paese». Bisogna puntare sulla speranza, bisogna farlo persino a Catania dove – il servizio è di Walter Domenico Rizzo – le cattedrali del commercio fioriscono all’ombra di mafia politica e affari. Bisogna farlo senza paura. «Giammai con timore» c’è scritto sulla lapide di Jorge Luis Borges. Laura Lucchini intervista la vedova, Maria Kodama. «Le storie gli apparivano in sogno. Di giorno giocava. A una festa di Halloween scelse una maschera da lupo, si divertì a spaventare i ragazzi gridando homo homini lupus». Come dargli torto.

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