I soldi di Giorgia Meloni: ecco tutte le lobby che finanziano Fratelli d’Italia
L’ultradestra Usa. i Palazzinari romani. E i lobbisti di multinazionali in Europa: da Exxon a Huawei. Inchiesta sui segreti finanziari del partito di destra
Giorgia Meloni è la leader del momento. La guida di Fratelli d’Italia. I sondaggi recenti la incoronano la seconda leader più gradita dagli italiani, dopo Giuseppe Conte e prima di Matteo Salvini. E quotano al 10 per cento il partito, che in Europa, nei palazzi dell’Unione, ha scelto di salire sul cavallo che conta: l’European Consevatives and Reformist: Ecr, il gruppo europarlamentare che esprime 62 deputati e raccoglie sovvenzioni pubbliche da Bruxelles per svariati milioni di euro.
Ma è anche una sigla in grado di attirare donazioni dagli Stati Uniti, da grandi multinazionali e da associazioni strettamente connesse all’ala più conservatrice dei Repubblicani. Raccolta di finanziamenti che avviene anche attraverso la fondazione fondata da Margareth Tatcher, la lady di ferro del neoliberismo. Si chiama New Direction e nel board troviamo un pezzo pregiato della pattuglia europea di Fratelli d’Italia: Raffaele Fitto, il regista dell’entrata del partito di Meloni nell’eurogruppo conservatore.
Da Bruxelles ritorniamo agli affari nazionali. Torniamo a Roma, la palestra politica di Giorgia Meloni. Qui cambia la morfologia del potere che ha deciso di sostenere Fratelli d’Italia. Assume la forma di imprenditori, grandi e piccoli, di costruttori della Capitale. I nomi più famosi del settore del mattone. Primo fra tutti Luca Parnasi: una ricevuta che pubblichiamo su L’Espresso attesta il versamento da parte dell’immobiliare Pentapigna (di proprietà di Parnasi) di 50 mila euro a Fratelli d’Italia. Un’erogazione che tuttavia non risulta negli elenchi della tesoreria della Camera. «Abbiamo depositato tutta la documentazione, su richiesta, alla Corte dei Conti», hanno risposto da Fratelli d’Italia. Sarà, ma il versamento del primo marzo 2018, a pochi giorni dalle elezioni politiche, andava per legge dichiarato entro tre mesi anche agli uffici di Montecitorio.
Ma non è il solo contributo che porta le stimmate dell’imprenditore sotto inchiesta per corruzione e finanziamento illecito. L’Espresso, poi, rivela altri quattro nomi che riconducono sempre a Parnasi e alla Pentapigna e che hanno finanziato con altri 100 mila euro il partito.