LEGGETE E DIFFONDETE

CI SONO ANCHE I DISOCCUPATI INVISIBILI
di Chiara Saraceno 08.04.2009

I dati sulle forze di lavoro relativi agli ultimi due trimestri del 2008 non segnalano solo l’aumento della disoccupazione. Evidenziano una crescita della sotto-occupazione e del tasso di inattività, soprattutto al Sud e anche fra gli uomini. Un fenomeno destinato a peggiorare nei prossimi mesi, ma nessuno ne parla. Il rischio è che l’abbassamento ulteriore del tasso di attività marginalizzi ancora di più proprio le regioni più povere e con più basso tasso di occupazione rispetto a politiche orientate esclusivamente a contrastare la disoccupazione.

Mentre si discute delle stime della disoccupazione, è utile rileggere con attenzione i dati sulle forze di lavoro relativi agli ultimi due trimestri del 2008. (1) Segnalano un fenomeno che non potrà che peggiorare nei prossimi mesi e di cui tuttavia si parla poco o per nulla. Non è solo aumentata la disoccupazione. Èanche aumentata la sotto-occupazione, nella forma di part-time involontario.

FUORI DA OGNI CIRCUITO

Nel quarto trimestre 2008, il lavoro a tempo parziale è complessivamente cresciuto su base annua del 2,4 per cento, riguardando esclusivamente donne. Nella stragrande maggioranza queste persone dichiarano che non si tratta di una loro scelta. Soprattutto, nel Mezzogiorno è poi aumentato il tasso di inattività, tra le donne, ma anche tra gli uomini.
È vero che nel quarto trimestre 2008 il tasso di attività complessivo è rimasto invariato, un modesto 63 per cento, rispetto a un anno prima. E già non si tratta di una buona notizia per gli obiettivi di Lisbona. Ma la stabilità è l’esito di comportamenti diversi a livello territoriale e per genere. Mentre nel Nord e nel Centro vi è stato un complessivo aumento dei tassi di attività sia degli uomini che delle donne, al Sud si è registrata una diminuzione soprattutto per gli uomini. (2) Un fenomeno che aveva già incominciato a manifestarsi nel terzo trimestre. (3)
Di conseguenza, il tasso di attività complessivo nel Mezzogiorno si è ulteriormente ridotto, e allontanato da quello delle altre regioni, attestandosi al 52 per cento: 11 punti in meno del tasso nazionale e 17,8 in meno di quello del Nord. Nel caso delle donne la distanza è molto più consistente: quasi 15 punti in meno del tasso nazionale e 24 in meno rispetto al Nord (vedi tabella 1).
L’aumento del tasso di inattività nel Mezzogiorno, tra le donne, ma ora anche tra gli uomini, per certi versi segnala una situazione ancor più grave dell’aumento del tasso di disoccupazione. Si tratta di forza lavoro scoraggiata, fuori da ogni circuito di “attivazione” e persino fuori da ogni interesse e preoccupazione pubblica. In alcuni casi, gonfia la manovalanza della economia informale, in altri quella dei beneficiari “impropri” delle indennità di invalidità civile e, nel caso delle donne, del casalingato forzato in economie familiari spesso ridotte ai minimi. Non si tratta certo di rentier o di donne che “si sono sposate bene” e possono “fare le signore”. Piuttosto, si tratta sia di uomini sia di donne che, secondo quanto dichiarano, non cercano (più) un’occupazione perché pensano di non trovarla.Eppure, paradossalmente, il loro ritirarsi dalle forze di lavoro li rende invisibili come problema da affrontare. E infatti di loro non si parla in questi giorni, in cui tutta l’attenzione, nazionale e internazionale, è concentrata sulla contabilità, pure drammatica, dei disoccupati.
Quanto questa invisibilità pesi anche sul disegno delle politiche era già stato segnalato proprio su lavoce.info da Linda Laura Sabbadini, che ha mostrato le conseguenze perverse dell’utilizzo del solo tasso di disoccupazione, in particolare femminile, come indicatore di area svantaggiata e in un paese come il nostro, ove i tassi di attività femminile sono bassi, soprattutto al Sud.Èinfatti successo che la Calabria, che ha un basso tasso di disoccupazione femminile solo perché le donne hanno un bassissimo tasso di attività, sia stata esclusa dagli incentivi dell’Unione Europea destinati alle imprese che assumono donne nelle “aree svantaggiate” in cui il tasso di disoccupazione femminile sia stato superiore al 150 per cento del tasso di disoccupazione maschile nel corso di almeno due degli ultimi tre anni.
C’è ora il rischio che l’abbassamento ulteriore del tasso di attività, e il coinvolgimento nel fenomeno di una quota di uomini, marginalizzi ulteriormente proprio le regioni più povere e a più basso tasso di occupazione rispetto a politiche orientate esclusivamente a contrastare la disoccupazione e sostenere il reddito dei disoccupati (e neppure di tutti).
Nel nostro paese il problema del lavoro, con le sue conseguenze per la vita dei singoli e delle famiglie, non riguarda solo la disoccupazione, ma anche la sotto-occupazione e soprattutto l’inattività – delle donne, ma anche degli uomini, almeno al Sud.
Tabella 1. Tasso di attività della popolazione 15-64 anni, per sesso e ripartizione geografica. IV trimestre 2008
Ripartizioni geografiche Valori percentuali Variazione percentuale su IV trim. 2007
Uomini e donne uomini donne Uomini e donne uomini donne
Totale 63,0 74,4 51,6 0,0 -0,2 0,2
Nord 69,8 78,5 61,0 0,3 0,0 0,6
Nord-Ovest 69,5 78,2 60,6 0,5 0,4 0,6
Nord-Est 70,4 78,9 61,6 0,1 -0,5 0,7
Centro 67,0 77,0 57,1 0,8 0,6 1,1
Mezzogiorno 52,0 67,5 36,9 -0,9 -1,0 .0,8

Fonte: Istat, Indagine sulle forze di lavoro. IV trimestre 2008, 20 marzo 2009, tab. 3

(1) Istat, Indagine sulle forze di lavoro. IV trimestre 2008, 20 marzo 2009.
(2) Ma anche nel Nord Est si è registrata una diminuzione.
(3) Istat, Indagine sulle forze di lavoro. III Trimestre 2008, 1 dicembre 2008.

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