“Liguria, il leghista Bruzzone indagato per le pressioni sulla moglie di un pm” Lega ladrona e mafiosa.

Genova, il presidente del consiglio regionale Bruzzone di nuovo indagato. La difesa:”Solo dicerie”

di GIUSEPPE FILETTO

 

Lega Nord: pressioni sulla moglie di un pm per salvarsi dall'inchiesta spese pazze

Quello spettro della Legge Severino deve aver spaventato non poco Francesco Bruzzone, notte e giorno. Il presidente del Consiglio Regionale, già rinviato a processo per le “spese pazze”, teme una condanna, quindi le immediate dimissioni da ogni incarico istituzionale. E questa potrebbe essere la ragione che lo ha indotto a chiedere ad una dirigente della Regione di intercedere, attraverso il marito magistrato, affinché questo potesse “ammorbidire” il gip Roberta Bossi a non usare la mano pesante nel rinvio a giudizio. Bruzzone respinge ogni accusa, dice che “è tutto inventato”. E però quel cognome Bossi non porta fortuna a Bruzzone, ex segretario federale della Lega Nord in Liguria, adesso indagato anche per “induzione alla concussione”.

L’ipotesi di reato è molto grave – prevista dall’articolo 319-quater – per “il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità…”. In caso di condanna rischia dai sei ai dieci anni di carcere. Oltre la decadenza dai pubblici uffici, prevista appunto dalla “Severino”. Destino già toccato agli ex consiglieri regionali Maruska Piredda (Idv) e Stefano Quaini (Sel).
Bruzzone, facendo leva sulla sua posizione dominante, avrebbe fatto pressioni per commettere un illecito. Un reato. Anche se lui ripete che “non è vero niente”. E però con lui è indagata anche la sua segretaria, Anna Cavallini. Avrebbe fatto da tramite per contattare Afra Serini, capo di gabinetto dell’Ufficio di Presidenza.
Serini, arrivata in Regione (trasferita dall’ex Provincia) quando presidente era Rosario Monteleone (Udc), è la moglie del pm Alberto Lari. A quanto pare le avrebbero palesato possibili ripercussioni sull’incarico in fase di rinnovo. Bruzzone, infatti, al momento non ha nominato alcun dirigente.
E però la famiglia Lari ha denunciato tutto, e il pm Massimo Terrile ha aperto l’inchiesta, tant’è che Bruzzone ha ricevuto un invito a comparire: lunedì sarà interrogato alla presenza del suo avvocato, Giuseppe Sciacchitano.
La vicenda è un terremoto politico, a meno di una settimana dalle elezioni. Che imbarazza il centrodestra. Sopratutto perchè Bruzzone, il cacciatore di Pegli che vive a Stella Santa Giustina, ha costruito la sua carriera sulla trasparenza, urlando “Roma ladrona”; noto per il suo rigore e la sua onestà; per avere osteggiato la gestione “disinvolta” del partito da parte di Francesco Belsito, l’ex tesoriere del Carroccio legato alla famiglia del Senatur e con questa finito in disgrazia, nei guai giudiziari per i diamanti ed i soldi del forziere dei “lumbàrd” trasferiti nelle banche di Cipro e della Tanzania.
Qualcuno adesso dirà che quest’inchiesta è ad orologeria. A sei giorni dal voto. La vicenda, però, sarebbe maturata nello scorso febbraio, quando il pm Francesco Pinto ha chiesto il rinvio a giudizio di Bruzzone, Edoardo Rixi (attuale assessore allo Sviluppo Economico e vice segretario nazionale di Matteo Salvini) e dell’ex consigliere Maurizio Torterolo. I tre leghisti, insieme ad altri 23 attuali ed ex consiglieri regionali, a vario titolo sono accusati di peculato e falso. Tra il 2010 e il 2012 avrebbero speso i soldi pubblici per scopi personale e non per fini istituzionali e di funzionamento del gruppo. Bruzzone risulta aver percorso centinaia di chilometri al giorno sulle autostrade liguri, francesi, lombarde

e piemontesi, tra il 2 e il 3 settembre 2010, come attestano le ricevute del Telepass.
Nei giorni in cui c’è la richiesta di rinvio a giudizio, però, accade quello che il presidente del Consiglio Regionale non si aspetta: Torterolo in sede di udienza preliminare patteggia due anni di carcere. Non è una confessione di colpa, ma rappresenta una sorta di ammissione di responsabilità, che potrebbe segnare il destino di un processo.

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