NO CAPO, NO DOCUMENTI.
Io stare a tavola con mia famiglia
Quando scoppiato parapiglia:
tanti terroristi molto armati
entrati in mia casa
feroci e drogati.
Forse Boko Haram, forse non so
E io non sapere cosa far
Gridavano “Allah-u akbar!”
“Allah-u akbar!” “Allah-u akbar!”
Danno me molti colpi di Kalashnikov
A mia testa, uccidono mia moglie
E sfogano loro voglie.
Violentano mie bambine
Vedevo stravolte le faccine.
Poi
A colpi di machete
Tagliano a pezzi i miei figli
A pezzi
Come conigli.
Io mi risveglio in quel macello e scappo
Da quel bordello.
No tempo per cercare documenti
Tu solo ti tormenti
Per tua vigliaccheria
Di padre amato,
ma disarmato.
E io scappa, scappa, scappa.
Nottate di deserto
Giornate tutte a piedi,
senza rimedi
per le mie piaghe
per la mia sete
che voi non conoscete.
Ogni villaggio incontrato
Sempre lavorato
Sempre insultato
E poco pagato.
Poi arrivi a Libia
Che non è l’Emilia.
E fame e torture
E notti di pianti
Ma non per le botte
I pianti di notte
Ma notti di veglia
Per mia famiglia
Che non c’è più
E io pregare a lassù.
Ora sono qui,
schiavo tra altri schiavi
trattato ancora male
in un lager amorale.
E dopo, come liberazione
Arriva barcone.
Trecento scheletri
Per molti kilometri
Di mare.
Non posso abbandonare
Non posso stare male.
Trecento scheletri
Per barca pochi metri
Trecento moribondi
Che ti aggrappi o sprofondi
In mari sconosciuti
In mari profondi.
E dopo tanti giorni
Tante notti a sperare
Di non affogare
Arrivi a Lampedusa
E quello in divisa ne abusa
Ti accusa
Insulta tua testa confusa.
“Non hai documenti!”
No, non ho documenti, fratello
Sono appena scampato a un macello.
E allora prigione
Senza ragione
Solo per legge razzista
Di sovranista.
E niente avvocato
Per povero negro
Appena scampato
Alla morte
Appena scampato a un macello.
Che brutta sorte, fratello!
Ti vesti da lupo e sei agnello.
Ti voglio vedere al mio posto
Subire anche un minimo torto
nemmeno due giorni
E sei morto.
Ma vedi, fratello
Non so darti torto
Tu
sei nato già morto,
come tutti i razzisti
come tutti i fascisti.