“Io ero estremamente contrario alle Olimpiadi, ma non ero sicuro che i romani la pensassero come me. In quei giorni mi domandavo se fare un referendum cittadino e proporlo durante le due settimane precedenti il ballottaggio non fosse una soluzione più morbida rispetto a un ‘no’ secco. Decisi di telefonare a Massimo, il mio meccanico, e gli chiesi di radunare un po’ di amici perché, gli dissi scherzando (ma neppure troppo), ‘dovevamo prendere una decisione politica’. Lui raduno’ una decina di persone: l’edicolante, il fruttivendolo del quartiere, un paio di parenti, un pensionato. Io arrivai all’officina in motorino. Lo parcheggiai, scesi, mi tolsi il casco e chiesi a Massimo se si trattava di persone di fiducia. Te poi fida’ disse lui. Cosi’, quasi in modo solenne, domandai cosa ne pensassero delle Olimpiadi a Roma. Le loro risposte furono molto aspre, e non posso riportare le parole esatte per evitare querele. A ogni modo uscii dall’officina, dal mio ‘soviet’ personale tra bulloni, pezzi di ricambio e olio, e mandai un messaggio a Virginia: ‘Sulle Olimpiadi nessuna esitazione, linea durissima. La stragrande maggioranza dei romani sta dalla nostra parte.’”
(Alessandro di Battista, nel suo ultimo libro. via Fabio Brinchi Giusti su FB)