Sono sempre più convinto, vedendo l’immondezza in Rete, in tv e sui giornaloni putiniani, che l’unico grande errore di @matteorenzi è stato non mettere mani e piedi in RAI, infarcendola di fedelissimi. Oggi nessuno sa la verità e perciò votano col culo. E la civiltà perde.

L’avevano sempre fatto tutti, tranne Prodi e Renzi. Nessuno l’ha mai fatto in maniera capillare come il gangster berlusconi… e infatti la Rai è ancora per l’80% nelle mani dei suoi servi.

Berlusconi e la Rai: storia di un’occupazione militare (fallita sul fronte del talk show)

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La storia dell’occupazione militare della Rai da parte delle truppe berlusconiane e la vana ricerca di un “Santoro di destra”

 

porta-a-porta111.jpgSTORIE DI TALK (qui la puntata precedente) – Interrogato sul conflitto d’interessi rispetto al controllo della tv pubblica, Silvio Berlusconi nel lontano 1994 rispose: “In Rai non sposterò neppure una pianta”. Alla fine risulterà vero il contrario, nel senso che il Cavaliere sposterà e cambierà tutto tranne che le piante dei corridoi di Viale Mazzini.

Dalla sua discesa in campo a oggi, il proprietario di Mediaset renderà la televisione pubblica una dependance delle sue emittenti, uno strumento di propaganda politica con l’annullamento progressivo e feroce di tutti gli spazi di indipendenza dell’informazione. Solo una parte del piano di conquista della Rai non verrà mai realizzato: quello di trovare un “Santoro di destra”, ovvero un conduttore capace di gestire con successo un talk show megafono del berlusconismo.

Ai tempi della prima vittoria elettorale, naufragata dopo appena otto mesi con il cosiddetto ribaltone leghista, Berlusconi si concentrà sull’occupazione del fortino di Rai tre, la rete considerata più ostile. Cacciato Andrea Barbato dalla seconda serata, vengono sperimentati i talk show voluti dal nuovo potere.

 Il primo è Ad armi pari, in cui viene realizzata un’idea molto cara al centrodestra, quella del doppio conduttore di diversa fede politica: il risultato è che chi dovrebbe dirigere il dibattito (l’antipaticissimo Arturo Diaconale e l’insignificante Renzo Foa) si aggiunge confusamente alle voci degli ospiti: alla fine l’effetto è inguardabile e il pubblico boccia sonoramente l’esperimento. Allo stesso modo i telespettatori ignoreranno Bar condicio di Paolo Guzzanti, una specie di Costanzo show dei poveri dedicato al più insulso chiacchiericcio politico. L’approfondimento e il talk non sembrano roba per i berluscones.

Quando nel 2001 Sua Emittenza rivince le elezioni la reazione contro i non allineati in Rai è eclatante, rabbiosa e da caudillo sudamericano: da Sofia (l’intervento passerà alla storia come Editto bulgaro) il premier chiede che vengano eliminati dai palinsesti Enzo Biagi, Michele Santoro e Daniele Luttazzi. Chiaramente viene subito accontentato, nell’indifferenza della quasi totalità della stampa italiana, ormai pronta a compiacere il nuovo padrone.

Si cerca un sostituto per Michele Santoro e lo si trova nel cattolico ultra-conservatore Antonio Socci, che lancerà un talk show in prima serata, Excalibur. La trasmissione, una volta su due dedicata a madonne piangenti o apparizioni mistiche, condotta in modo vergognosamente di parte, verrà rifiutata dal pubblico. Nel 2004 il tentativo viene ripetuto con Antonio Masotti e Daniela Vergara (fatta fuori dopo un paio di puntate), ma il risultato è il medesimo: telespettatori in fuga e chiusura inevitabile.

Nell’ultimo quinquennio berlusconiano, quello esauritosi anzitempo con le dimissioni del Cavaliere e il governo Monti, ci si concentrerà sulla caccia a Santoro, rimesso in azienda da una sentenza della magistratura e ostracizzato in tutti i modi dall’ennesimo governo del satrapo di Arcore (indimenticabile, e ricordata proprio in questa rubrica, la telefonata in diretta tra il dg Masi e il giornalista durante Annozero).

Non mancheranno nuovi tentativi di ritagliare spazi televisivi per i camerieri del padrone, come Qui Radio Londra con Giuliano Ferrara (che occuperà ignominiosamente la striscia che fu di Biagi) e lo show di prima serata Ci mancava solo Vittorio Sgarbi (appunto). Al solito, esprimenti falliti con audience da segnale orario. Troppo insulsi e collaterali al potere i giornalisti e gli opinionisti della destra berlusconiana, per poter reggere l’impatto col pubblico – per solito un po’ più esigente e informato della media – dei talk e dell’approfondimento.

 

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