Intercettazioni della P3 distinguevano tra «bocchiniani e bocchinari», alludendo proprio alla ministra delle Pari Opportunità.

Fabrizio d’Esposito per “Il Riformista”

Per il momento è un elenco piccolo, ancora non all’altezza di Vieni via con me. Però cresce ora dopo, giorno dopo giorno. E quando sarà arrivato al punto giusto, Silvio Berlusconi potrebbe pure presentarsi da Saviano & Fazio a leggerlo. L’elenco degli insulti contro le donne del centrodestra.

«Cagna» (Gelmini a Brambilla). «Vajassa» (Alessandra Mussolini a Carfagna). E adesso «pazza». Il nostro monitoraggio quotidiano nel bunker del premier Sultano ha pescato il seguente episodio dal Giornale di Feltri & Sallusti, edito dal Fratello del Cavaliere.

In un articolo che fa il catalogo delle madamine pasionarie che agitano il Pdl vengono inserite Deborah Bergamini (contro la gestione Verdini in Toscana), la siciliana Stefania Prestigiacomo, che sta con un piede dentro il partito e l’altro nel movimento fondato dal suo corregionale Gianfranco Micciché, finanche Michaela Biancofiore del Trentino-Alto Adige, nota soprattutto perché al fianco di Berlusconi in un comizio quando questi mostrò il dito medio stile Bossi alla folla plaudente e ridente.

Il «pazza» è riferito proprio alla Biancofiore per la sua rivalità con Maurizio Gasparri, capogruppo del Pdl al Senato. Dal Giornale, frase attribuita allo stesso Gasparri: «A una riunione con me, La Russa, Matteoli, Ghedini e Verdini che annuiva, Bondi ha detto che la Biancofiore è pazza. Io spero di no, ma se avesse ragione?». «Cagna». «Vajassa». «Pazza».
Ancora insulti in salsa rosa Pdl. Ancora Alessandra Mussolini. Incontenibile, ieri. Ha baciato sulla bocca il Casalese Nicola Cosentino in quanto l’avversario numero uno della Carfagna le ha manifestato sincera solidarietà per l’insulto di Mara (per capirci, il Casalese è quello che nelle intercettazioni della P3 distingueva tra «bocchiniani e bocchinari», alludendo proprio alla ministra delle Pari Opportunità).

La Nipote (di zia Sophia e nonno Benito) è stata scoppiettante: «Vajassa? È il bue che dà del cornuto all’asino. E poi anche le vajasse votano. Il ministro delle Pari Opportunità dovrebbe difendere tutte le donne, anche quelle che vivono nei bassifondi e non solo quelle che dei piani alti. Non vi dico quanto ha strillato mia madre». Ora, risparmiandoci gli strilli della mamma di Alessandra Mussolini, c’è da notare che un’esegesi fedele del proverbio citato dalla Nipote conduce anche all’auto-insulto.

Perché se Mara Carfagna è «il bue cornuto», la Mussolini fa la parte dell’«asino». Non solo. Alla domanda della portavoce di Cosentino su un’eventuale nota ufficiale da fare sul bacio solidale, la Mussolini ha risposto: «Sì sì, così lo vede anche il bue». Ancora, dopo il Tapiro d’oro consegnatole da Striscia la notizia: «Mi potrei portare il Tapiro in Parlamento e metterlo in faccia alla Carfagna, così condividiamo questo bel tapirone».

Per fortuna che nel doppio senso ci ha risparmiato l’onnipresente Bocchino. Il vajassismo, infine, presuppone anche l’uso della violenza: «Purtroppo il braccio non lo alzo più, ma dovrei alzar un pugno e darglielo in testa. Non l’ho fatto e ho sbagliato». Questo lo stato dell’arte nel bunker del povero Cavaliere.

SULLE  INTERCETTAZIONI  HARD
A proposito delle intercettazioni hard mai uscite su tre ministre berlusconiane (Carfagna, Gelmini, Brambilla). Il tormentone dell’estate del 2008, subito dopo le elezioni politiche. Ieri Libero le ha definite «una balla sovralimentata da un curioso asse Corriere della Sera-Riformista».

A nostra volta, notiamo con curiosità che esiste un asse Libero-Repubblica nel negarle: D’Avanzo scrisse che ne esisteva solo una alla procura di Milano e venne distrutta. Invece, esistono e sono cinque. A Napoli. E, nelle trascrizioni che abbiamo letto, si parla soprattutto della funzionalità del sacro lingam berlusconiano.

°°° A detta di alcune mie vecchie conoscenti che cercarono di trovarlo e poi di rianimarlo, già oltre 20 anni fa, pare che si tratti di un attrezzino invero ridicolo assimilabile a quello di un bambino di otto anni. Le signore ancora ne ridono…

bernudo

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