Non ci credo!

(da Repubblica)

LA LETTERA / Un residente dell’Aquila, sfollato sulla costa va a trovare un cugino
ospite di un camping a Tortoreto. E gli chiedono 5 euro per l’ingresso
“Io, terremotato, devo pagare
per entrare nel campeggio”

La struttura che ospita, ovviamente, è rimborsata dallo Stato
Episodi analoghi denunciati da diverse altre persone

Il camping Salinello di Tortoreto

camping

“Scrivo alla Vs redazione sperando che almeno voi possiate dare voce a chi sta diventando sempre più invisibile, a dispetto delle belle notizie che vogliono far trapelare. L’episodio che sto per raccontare è ovviamente accaduto in presenza di testimoni.

14 giugno 2009. Ore 15 circa. Insieme alla mia ragazza, mi reco al campeggio Salinello di Tortoreto per andare al compleanno di suo cugino. Siamo tutti residenti a L’Aquila e domiciliati sulla costa a seguito del terremoto del 6 aprile scorso.

Come le volte precedenti, entro alla reception pronto a dare il documento, per ricevere in cambio il bracciale di riconoscimento per poter circolare liberamente all’interno dell’impianto.

Questa volta, però, la signorina chiede gentilmente di “pagare l’ingresso”. Al mio primo stupore, segue la domanda: “Ingresso? Non sono venuto a fare le vacanze. Siamo tutti sfollati e noi vogliamo solo entrare per visitare un vostro ospite, un nostro parente, sfollato come noi. Altre volte non avete chiesto che i documenti. Cosa è cambiato? E perché?”.

La signorina si impappina e mi guarda stralunata. Non voglio litigare, quindi chiamo la madre della mia ragazza che è domiciliata al Salinello. Arriva la signora ma non c’è verso di fare capire alla signorina della reception che se siamo lì non è per una gita di piacere, né per la tintarella. C’è addirittura un padre (sempre sfollato, ovviamente) che dovrà pagare per andare a trovare il figlio per il suo compleanno. Niente.

Cominciano ad alzarsi i toni e alle nostre proteste nel sentirci dire che i domiciliati sono liberi di uscire per incontrarsi con chi vogliono, seguono sconcertanti frasi dal tono vagamente umiliante: “Ma vi ci trovate tanto bene nella parte?”. Personalmente trovo schifoso il comportamento della direzione, lo concretizzo con un “dovreste solo vergognarvi!” ed esco. Morale della favola: 10 euro per una visita di due persone (che, per la cronaca, può durare anche un’ora, ma sempre quello è il prezzo).

Mi chiedo quante volte alcune strutture vogliono fare cassa, per l'”ospitalità” che “offrono”. Una volta dallo Stato e una volta dagli stessi terremotati. Mi chiedo chi sono i veri sciacalli. Mi chiedo persino se non siamo troppo fessi noi che ci facciamo trattare così.

Mi chiedo chi dovrebbe tutelare delle persone che oltre alla casa, agli affetti, al lavoro, stanno perdendo persino il rispetto degli altri.

Mi chiedo: se a soli due mesi dalla tragedia la cosidetta solidarietà è scesa a livelli così infimi, cosa succederà questo inverno?

Mi chiedo tante cose ma la sola cosa che riesco a sentire è solo la voce di una signorina che chiede se mi piace così tanto calarmi in questa parte e vorrei che lei e tutti quelli come lei potessero per un solo secondo ascoltare quello che abbiamo sentito una notte di poco più di due mesi fa. Vorrei farle piovere addosso di colpo giornate passate davanti a un sito internet.

Giornate, settimane, mesi… ad aspettare che venisse pubblicata la propria casa come agibile perché, a noi, come a migliaia come noi, il sole e il mare possono scaldare la pelle, ma non il cuore. Vorrei farle vedere i nostri luoghi. Diventati posti sfigurati e irriconoscibili, brulicanti di gente venuta da fuori, che non conosce e non ci conosce. Vorrei farle provare per un attimo quello che siamo stati, quello che siamo e quello che saremo, per chissà quanto altro tempo.

Non so quanto dovrà fare L’Aquila per rinascere, ma senz’altro dovrà volare molto più in alto di certe meschinità.

Grazie infinite per il Vs prezioso aiuto e per il lavoro che svolgete”.

Stefano Falone
Ricercatore precario

°°° Come vedete, amici e cittadini che credete ancora alle minchiate di burlesquoni, questo regimetto non ha fatto NULLA per i poveri terremotati e, secondo me e visti i precedenti della Puglia del 2002, NON FARA’ ASSOLUTAMENTE NIENTE. Gli sfollati potranno contare solamente sugli aiuti umanitari dei cittadini e su qualche mano dall’estero. Se Mafiolo e la sua cosca non avranno già fatto sparire anche quei soldi.

berlus_cazzaro2

faccendieri2

Condividi
  • Facebook
  • Digg
  • Google Bookmarks
  • Live
  • YahooMyWeb
  • LinkedIn
  • StumbleUpon
  • Twitter

ALLARMI, AMICI! FATE GIRAREEEEEEEEE

Marco Travaglio

Il partito dell’amore

Siccome l’Italia non è un regime, tre giorni fa accadono due stupri a Roma: uno consumato, l’altro sventato per miracolo. Ma la questura non dice niente: vedi mai che qualche elettore patito della «sicurezza» capisca che la destra ha tradito anche quella promessa. La notizia esce perché un giornalista, avvertito da un amico poliziotto, la mette su facebook. Allora la questura è costretta a sputare il rospo. Sempre tre giorni fa, siccome l’Italia non è un regime, arriva alla Rai, in viale Mazzini a Roma, una lettera con un proiettile per Michele Santoro. L’ufficio posta la trasmette al posto di polizia. Ma nessuno avverte il destinatario, cioè Santoro. Silenzio di tomba per due giorni, dalla Rai e dalla polizia. Così chi l’ha minacciato di morte ha la conferma di quanto già sapeva: Santoro è isolato persino nella sua azienda. Ieri la lettera viene aperta: una foto di Santoro, la scritta «Morirai» e una cartuccia Winchester inertizzata. Intanto un’altra busta con proiettile arriva a Di Pietro. Il senso è chiaro: chi si mette di traverso sulla strada del padrone d’Italia deve morire. Era già accaduto in un’altra campagna elettorale al calor bianco, quella del 2001: Indro Montanelli ricevette alcune telefonate mute sul suo telefono privato, trovò una lettera minatoria sul tavolo del ristorante dove pranzava e la Digos gli intimò di cancellare le iniziali I.M. dal citofono di casa sua. «Il berlusconismo ­ commentò il vecchio Indro ­ è la feccia che risale il pozzo. Questa è la peggior Italia che abbia mai visto. Peggio di quella fascista». E non aveva visto quella di oggi.

ber-galera

berluskaaaaaaaa2

Condividi
  • Facebook
  • Digg
  • Google Bookmarks
  • Live
  • YahooMyWeb
  • LinkedIn
  • StumbleUpon
  • Twitter

Pizzinno

Ho trovato un pizzinno che mi ero appuntato ieri e che poi ho scordato di trascrivere. Si tratta di questo… Tutto il pollaio e il trogolo grufolante del mafionano si sono schierati – a reti unificate e sulla stampa (ultima la sgrammaticata lettera di oggi al Corriere della carfregna)- a starnazzare e grugnire di “dignità offesa”, di “privato del premier”, insultando chiunque avesse dei dubbi (legittimi) e delle domande (più che legittime) da porre a Mafiolo e ai suoi servi schierati. Ma… Ma quale privato?! Cosa ci sarebbe di privato nella vita si silvio ladrusconi (falsificata dall’A alla Z da lui medesimo e dai suoi consigliori)? E’ dal 1993 che ci fa due coglioni così con gli affaracci suoi!!! Nei comizi, nelle tv, sui giornali ci ha parlato del padre, della madre, delle zie suore, dei figli, della seconda moglie, dei suoi “eroi”, della sua attività di palazzinaro geniale (omettendo sempre di dire CHI gli diede i permessi per costruire e i miliardi per acquistare i terreni e fare i palazzi e i paesi); ci ha ammorbato col suo tumore alla prostata, coi lifting e i trapianti di setole, con la balla delirante di una inesistente persecuzione giudiziaria… Semmai è lui che non dovrebbe intromettersi nelle nostre vite private: comparendo a tutte le ore su tutte le tv del regime o inviandoci a tradimento riviste patinate che illustrano la sua vita privata di figlio, sposo, nonno, e padre. Lui ci ha dato il diritto di interessarci ai fatti suoi. Se ora gli vengono rivolte domande su fatti «privati», cortesemente risponda. Essendo il “primo ministro” (carica che si è data da solo, dato che in Italia NON ESISTE), quei fatti non sono più soltanto suoi, ma di tutti.

ludrivein

Condividi
  • Facebook
  • Digg
  • Google Bookmarks
  • Live
  • YahooMyWeb
  • LinkedIn
  • StumbleUpon
  • Twitter

Avanti così

Santus: «Sono finiana ma non posso votare Pdl»

È stata presidente del “Comitato per Fini premier”, capolista di An alle ultime comunali di Torino, scrive sul “Secolo d’Italia” ed è tra i promotori di “Farefuturo”, la fondazione del presidente della Camera. Insomma è, come lei stessa precisa, una «finiana di ferro». Eppure Daniela Santus, docente di Geografia Culturale all’Università di Torino, alle europee voterà Ivan Scalfarotto, candidato del Pd nella sua circoscizione (Nord Ovest).

Lo ha anche scritto in una lettera che ha spedito ad alcuni amici, rassicurandoli sul fatto che da parte sua non c’è «nessuno spostamento a sinistra»: «Io sono sempre la stessa, le mie idee sono quelle di sempre, sulla stessa linea del presidente Gianfranco Fini. Ma è proprio per questo motivo che non posso votare Pdl. Un partito che è l’incarnazione del premier Silvio Berlusconi». In particolare, la docente di Geografia culturale punta il dito contro la riforma Gelmini, la mancanza di rispetto della Costituzione, la vicenda Englaro, la poca difesa della laicità dello Stato.

Raggiunta al telefono, Daniela Santus conferma che quella lettera non è uno scherzo. «Se Fini fosse stato candidato avrei votato lui, chiaro. No, a mio parere non c’è nessuno nella lista del Pdl che rappresenti le sue idee. Sì, ho scelto Scalfarotto, un voto alla persona, non al partito. Perché? Ho fatto un po’ di ricerche sul periodo precedente alla sua candidatura (perché sappiamo quanto valgano le promesse fatte in campagna elettorale) e ho visto che si è speso per la laicità dello Stato, per il diritto di tutti a non essere discriminati in base al proprio genere o al proprio orientamento sessuale, per il rinnovamento della classe politica». E poi c’è il fatto che Scalfarotto, «come me, fa parte dell’associazione Luca Coscioni, e non ha avuto paura a prendere le distanze dalla dalemiana equivicinanza e dichiarare che sta con Israele».

È proprio dai tempi del viaggio di Fini in Israele che la Santus si è avvicinata all’attuale presidente della Camera. Gli scrisse anche che aveva «un sogno», cioè «un Kadima italiano costruito dalle migliori menti italiane, di destra e di sinistra». Racconta: «Lui mi rispose di suo pugno che avrebbe partecipato volentieri ad un simile progetto. Da allora tra noi c’è, spero sia anche lui d’accordo, una bella amicizia intellettuale». Dice che al congresso fondativo del Pdl l’ha visto «molto solo» e che lei continua a sperare nella nascita del Kadima italiano «magari sotto la guida di Gianfranco Fini».

Superfluo domandarle che cosa ne pensi di Berlusconi. Un po’ perché risponde «volevo Fini premier, non basta?». Un po’ perché ribadisce che non voterà Pdl proprio perché è «l’incarnazione» del capo del governo.

Condividi
  • Facebook
  • Digg
  • Google Bookmarks
  • Live
  • YahooMyWeb
  • LinkedIn
  • StumbleUpon
  • Twitter

EnteroGELMINI: Beata Ignoranza

Polemica dopo la lettera dei dirigenti scolastici alle famiglie
“Scuole senza soldi? Basta far politica, se non siete capaci cambiate lavoro”
Gelmini attacca i presidi ribelli
“Chi non sa dirigere se ne vada”

La replica di Maria Coscia (Pd): “E’ fuori di senno, se ne vada lei”
di ANNA MARIA LIGUORI


Il ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini

beata-ignoranza

ROMA – “Chi non sa dirigere cambi mestiere”. Il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, ha commentato così la vicenda dei presidi del Lazio che hanno denunciato, in una lettera inviata alle famiglie, la carenza di fondi degli istituti scolastici. Sono state oltre 41.739 le lettere spedite da circa 300 presidi del Lazio aderenti all’Asal (Associazione scuole autonome del Lazio) per dare le cifre della scuola al collasso a causa dei tagli inferti dal governo: non ci sono i soldi per i supplenti (fondi ridotti del 40 %) né per le visite fiscali obbligatorie; da settembre non saranno più garantiti i servizi previsti per legge, come la copertura dell’ora alternativa alla religione. Ma la sortita del ministro non è piaciuta all’opposizione: “Che sia la Gelmini a cambiare lavoro”.

Il ministro però è stato chiaro: “A un dirigente scolastico – ha affermato la Gelmini – è richiesto di dirigere una scuola e io credo che debba assumersi oneri e onori. Deve finire l’abitudine a fare politica, a fare comunicazione, a scaricare sul ministero le responsabilità. Chi non sa dirigere, cambi mestiere. Chi lo sa fare vada avanti e risolva i problemi. Molte volte apprendiamo dai giornali i problemi che non ci vengono neppure segnalati. Io sono per la collaborazione ma anche per la corresponsabilità”.

Parole che hanno subito sollevato pesanti repliche. Primo fra tutti il capogruppo del Pd in Commissione Istruzione, Antonio Rusconi: “Oggi tocca ai presidi. Dal 1 settembre saranno i genitori a constatare le conseguenze dei tagli del duo Gelmini-Tremonti”.

Più duro il commento della collega di partito Maria Coscia secondo la quale il ministro Gelmini “è completamente fuori di senno e propone fantasiosi codici di condotta civica per cui ai presidi, differentemente dagli altri cittadini, sarebbero preclusi i diritti costituzionali di “impicciarsi della cosa pubblica””. E continua: “Su una cosa però la Gelmini ha ragione, chi non sa dirigere dovrebbe andare a casa. E allora, visto il disastro in cui il ministro ha gettato la scuola pubblica italiana, non sarebbe il caso che proprio lei cominciasse ad andarsene?”.

D’accordo con la Coscia i presidi aderenti alla Flc-Cgil: “Per la prima volta nella storia della Repubblica le scuole hanno dovuto fare i bilanci senza fondi per l’ordinario funzionamento; sono costrette a inviare visite fiscali anche quando non servono (su decisione del ministro Brunetta, ndr) e poi le devono pagare coi propri bilanci; vengono tagliate le risorse per i recuperi dei debiti scolastici; le istituzioni avanzano dal ministero più di 1 miliardo di euro per supplenze conferite e pagate con fondi diversi da quelli specificamente dedicati. Per non parlare del depauperamento di personale che la sua riforma sta provocando nel sistema scolastico. E il Ministro cosa fa? Non trova niente di meglio che attaccare i dirigenti scolastici perché denunciano questo stato di cose”.

°°° In pratica, questa solenne ignorante (che è corsa a comprarsi il dottorato a Reggio Calabria… più testona della “trota” Renzo Bossi) ha DEVASTATO la scuola pubblica e si permette anche, nella solita maniera ARROGANTE dei destronzi, di criticare chi nella scuola lavora da una vita! Ma la colpa NON è sua. La colpa è del mafioso berlusconi che l’ha messa lì. E sempre colpa di silvio berlusconi, noto pregiudicato, è stata quella di aver TOLTO la dicitura PUBBLICA sia dal ministero dell’istruzione che da quello della sanità. Perché? Ma perché si stanno rubando a quattro ganasce IL DENARO PUBBLICO per le scuole e le cliniche private degli amici degli amici! Quindi, se berlusconi e tremonti NON mettono benzina nella Ferrari di formula uno e Barrichello arriva ultimo… la colpa è del pilota. Capita l’antifona?

italietta1

Condividi
  • Facebook
  • Digg
  • Google Bookmarks
  • Live
  • YahooMyWeb
  • LinkedIn
  • StumbleUpon
  • Twitter

ELIO e le storie… inventate

il padre della diciottenne racconta a Il Mattino come è nata l’amicizia
Il padre di Noemi: «Ecco come
ho conosciuto Silvio Berlusconi»
Don Sciortino (Famiglia Cristiana): «Non si può rappresentare il popolo col velinismo»

Noemi Letizia
santanoemi3

ROMA – Una stretta di mano al presidente del Milan, e una serie di contatti in occasioni pubbliche, fino alla lettera «accorata» del premier alla famiglia Letizia, che perse tragicamente un figlio di 19 anni, nel 2001: il padre di Noemi -la ragazza di 18 anni al centro dell’attenzione in questi giorni per la sua conoscenza con il presidente del consiglio-, Benedetto (detto Elio), racconta al quotidiano Il Mattino la storia del legame con Silvio Berlusconi: «A Roma, era il 1990, lui era presidente del Milan, ancora non era in politica. Lo vidi, mi avvicinai e gli strinsi la mano, nulla di più». La vera conoscenza ci fu a Napoli nel 2001: «Era maggio, in piazza del Plebiscito, c’era un comizio con Berlusconi e Fini». Letizia andò a cena all’Hotel Vesuvio, dove era ospite, appunto, il premier: «Sapevo che gli piacevano libri e cartoline antiche. La mia era e resta una famiglia di librai. Mi avvicinai e chiesi se potevo portargli in dono delle cartoline antiche. Mi disse di prendere contatti con la segreteria attraverso una guardia del corpo, e così feci».

LA MORTE DEL PICCOLO YURI – Nel luglio 2001, la famiglia Letizia fu colpita dalla morte di Yuri, 19 anni, in un incidente stradale: «Feci arrivare la notizia al presidente, e due giorni dopo mi viene recapitata una lettera accorata, toccante. Credo che sia nato quel giorno il mio rapporto con lui. Lo sentii vicino, sincero, partecipe. Poi seguì una telefonata. Fui colpito dalla sua straordinaria sensibilità». A Natale dello stesso anno, a Roma con la famiglia, Letizia presenta la moglie e la figlia a Berlusconi: «Fu la prima volta che vide Anna e Noemi. Proprio in quella occasione, per sdrammatizzare dopo aver ricordato la tragica fine di mio figlio, lui disse a Noemi, che aveva 10 anni: considerami come il tuo nonnino. Allora intervenni io e dissi: «Nonno mi sembra ingeneroso, meglio che lo chiami papi».

°°° Questo cumulo di minchiate, scritte sicuramente da ghedini e fede o rossella o’hara, non stanno né in cielo né in terra. Il bischero è separato dalla moglie da dieci anni e vive da tutt’altra parte. Nessuno, nemmeno i domestici o i gorilla di Mafiolo, può confermare nulla senza prendersi una bella pernacchia sul muso. Assolutamente inattendibile e delirante. Fosse vero (ma ci sono le dichiarazioni di Gino a smentire tutta questa balla in maniera clamorosa e PROVATA)… ipotizziamo che fosse vero questo delirio. Ma allora qualcuno ci deve mostrare un miliardo di altre cose analoghe: dove abitano le famiglie che burlesquoni aveva promesso di ospitare dopo il terremoto del 2002? In quali delle sue case vivono le famiglie terremotate dell’Aquila che lui ha giurato di ospitare “in qualcuna delle mie case”? Dove lavorano i ragazzi albanesi che lui spergiurò di “sistemare” quand’era all’opposizione e spandeva merda su Prodi, che invece risolse immediatamente e bene il problema delle “carrette del mare” provenienti con gli scafisti dall’Albania? Cioè, A CAZZARO! Qui siamo svegli e documentati, non ci puoi certo prendere per il culo tu, vecchio malato. Di queste domande ne abbiamo almeno mille. Poi ci spieghi come mai, scrivi a uno sconosciuto inesistente una lettera accorata e gli telefoni… e te ne fotti di milioni di altre persone più importanti e molto più bisognose. Ma vacccagare, silvio!

a_cazzaro7

Condividi
  • Facebook
  • Digg
  • Google Bookmarks
  • Live
  • YahooMyWeb
  • LinkedIn
  • StumbleUpon
  • Twitter

I NODI VENGONO AL PETTINE?

NAPOLI, TOMBA DEL BERLUSCONISMO? – GUERRA IN PROCURA: IL CAPO LEPORE STRALCIA LA POSIZIONE DI BERTOLASO E DEL PREFETTO PANSA. I PM E IL VICE DE CHIARA S’INCAZZANO E CHIEDONO DI CONVOCARE UN’ASSEMBLEA – DEL CASO NAPOLI SI OCCUPERÀ PRESTO IL CSM…

Fulvio Bufi per il “Corriere della Sera”

L’aria di tempesta si è attenuata appena nella torre tutta vetri e marmi del Centro Direzionale dove hanno sede gli uffici della Procura della Repubblica, e dove da giorni si è consumata la spaccatura tra il capo, Giovandomenico Lepore, e uno dei suoi aggiunti, Aldo De Chiara, sulla decisione di Lepore di stralciare da una importante inchiesta sulla gestione dell’emergenza rifiuti le posizioni del sottosegretario Guido Bertolaso e del prefetto di Napoli Alessandro Pansa.
Guido Bertolaso

L’ultima mossa l’hanno fatta i sostituti al termine di una riunione convocata ieri proprio per affrontare la situazione dell’ufficio. Avevano di fronte due strade, i pm: autoconvocare una assemblea e proporre un documento che inevitabilmente avrebbe schierato una maggioranza in favore di uno dei due procuratori, o rivolgersi a Lepore e chiedere che fosse lui a convocare l’assemblea, coinvolgendolo quindi sin dal primo passaggio e dando così un segnale distensivo. Hanno scelto la seconda via, con l’obiettivo di riportare al confronto procuratore capo e procuratore aggiunto senza ricorrere a documenti e al rischio di pericolose spaccature.

Potrebbe essere un passo in avanti verso quel «recupero di serenità» che il presidente Napolitano avrebbe auspicato conversando con il penalista e consigliere laico del Csm Vincenzo Maria Siniscalchi, secondo quanto lo stesso avvocato riferisce al Corriere del Mezzogiorno.

Siniscalchi conosce bene la storia dello stralcio delle posizioni di Bertolaso e Pansa dall’inchiesta condotta dai pm Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo perché il Consiglio superiore se ne sta occupando da tempo. E si deve proprio a un suo emendamento se la recente determinazione del plenum – secondo cui la decisione del procuratore fu in realtà una revoca che nei fatti impedì a Noviello e Sirleo di indagare ­ non ha portato a conseguenze per la carriera di Lepore, in quanto la delibera non è stata inserita nel suo fascicolo personale.

Ma il caso è stato riaperto dopo una lettera inviata da De Chiara come integrazione a una sua precedente deposizione. Il procuratore aggiunto sostiene che nel corso di una riunione del 24 luglio dello scorso anno, Lepore gli spiegò che lo stralcio aveva anche lo scopo di non ostacolare o turbare l’azione del governo.

Una polemica nata con una lettera e andata avanti con lo stesso strumento. Dopo De Chiara è Lepore a mettere nero su bianco la sua posizione: «Come in ogni valutazione che comporti rilevanti implicazioni sull’esercizio di pubbliche funzioni, ho soppesato limiti e conseguenze che un’iniziativa giudiziaria, a mio giudizio in quel momento ancora incompleta, avrebbe potuto riflettere sull’emergenza rifiuti», scrive. E poi: «Considero ancor oggi la decisione da me adottata rispettosa delle norme vigenti e coerente con l’imprescindibile dovere di accertare i fatti».

Ora l’assemblea chiesta dai pm potrebbe rimettere Lepore e De Chiara faccia a faccia, «per discutere con tutti noi della situazione dell’ufficio», dice uno dei promotori dell’iniziativa. In attesa, comunque, di ciò che sul caso Napoli deciderà – presto, forse prestissimo – la prima commissione del Csm.

°°° Amici, tutti noi sappiamo che il tormentone elettorale dell’anno scorso: i rifiuti a napoli, fu voluto, creato, e portato alle estreme conseguenze (con atroci danni alla città di napoli e all’immagine internazionale dell’Italia) da silvio berlusconi e dalla camorra. I suoi uomini di collegamento col “sistema camorristico” sono stati divelti dalle mani della magistratura e nominati repentinamente sottosegretari di governo. Ma ora si mette male: anche questa porcata di Mafiolo sta per essere scoperta. Cosa succederà?

P.S. No so se tutti sapete anche che i termovalorizzatori (di Acerra e gli altri) furono voluti e finanziati da Prodi… Questo bandito si limita a inaugurare e a farsi bello col lavoro di Prodi, già dal 2001.

napoli_monnezza

bertolaso_tn

Condividi
  • Facebook
  • Digg
  • Google Bookmarks
  • Live
  • YahooMyWeb
  • LinkedIn
  • StumbleUpon
  • Twitter

ALTO TRADIMENTO

Dalle carte, in parte inedite, del processo ancora in corso a Verona
sul tentativo di secessione leghista, emerge il ruolo dell’attuale ministro
Maroni, la passione delle ronde
Nel ’96 reclutava le Guardie padane

In una lettera come membro del “Governo provvisorio” invitava gli iscritti
a presentare le domande di adesione. “Esercitiamoci al tiro a segno”
di ALBERTO CUSTODERO (Repubblica)

Maroni, la passione delle ronde Nel ’96 reclutava le Guardie padane

Il ministro degli Interni, Roberto Maroni
ROMA – Da reclutatore della ronde della Repubblica Federale della Padania a regolarizzatore delle ronde della Repubblica Italiana. Dalle carte, in parte inedite, dell’indagine svolta nel ’96 dall’allora procuratore di Verona Guido Papalia sulla secessione leghista è possibile ricostruire nei dettagli l’iperbole politica di Roberto Maroni passato da “portavoce” del comitato provvisorio di liberazione della Padania, nel 1996. A ministro dell’Interno in carica del terzo Governo Berlusconi.

LA LETTERA DEL RECLUTATORE – IL RICORSO DEL GUP

L’indagine del procuratore Papalia contro tutto lo stato maggiore della Lega Nord aveva per oggetto la secessione (“la loro intenzione di disciogliere l’unità dello stato”), e le ronde padane (la Guardia nazionale padana e le “camicie verdi, aventi all’evidenza caratteristiche paramilitari”). E’ tutt’ora pendente
presso il gip veronese in attesa che la Consulta si pronunci su un conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato (vedi allegato, ndr) per l’uso che la procura veronese ha fatto delle intercettazioni telefoniche di alcuni parlamentari leghisti. In questa inchiesta sulla “costituzione, il 14 settembre del ’97, a Venezia, di un governo della Padania” (da allora mai disciolto) il cui presidente del consiglio risultava Maroni, sono attualmente ancora indagati tre ministri leghisti del governo Berlusconi: lo stesso Maroni, il
ministro per le Riforme e leader leghista Umberto Bossi, e il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli.

Da quei documenti giudiziari che portano il timbro della procura di Verona, emergono dal passato dettagli e particolari che acquistano oggi nuovi significati soprattutto se riletti alla luce del dibattito di in corso sul ddl sicurezza. E sulla determinazione della Lega Nord a porre oggi la fiducia sul pacchetto di norme fra cui spicca, non a caso, la regolarizzazione su tutto il territorio nazionale delle ronde.

Le carte della procura di Verona testimoniano che Maroni, tredici anni fa, era il “portavoce” del “Comitato di liberazione della Padania” il cui statuto prevedeva “la non collaborazione, la resistenza fiscale e la disobbedienza civile” come “forma di lotta democratica per garantire il diritto di autodeterminazione dei
popoli”. E che si avvaleva delle “camicie verdi” per garantire il “servizio d’ordine organizzato nell’ambito dei territorio della Padania”.

Oggi Maroni è il ministro dell’Interno della “tolleranza zero” che – contro il parere di tutti i sindacati dei poliziotti che lo accusano, come dice Enzo Letiza del’Anfp, di “togliere il monopolio dell’ordine pubblico alla Polizia e di stornare fondi dalle forze dell’ordine ai volontari della sicurezza” – vuole legittimare tutte le ronde d’Italia. Comprese forse anche quelle di cui nel ’96 era reclutatore e responsabile: la “Federazione della Guardia nazionale padana” e le “camicie verdi” (tutt’ora esistenti e operanti nelle realtà del Nord nell’ambito della Protezione civile, seppure con la faccia più presentabile di onlus).

Secondo l’atto costitutivo in origine di questa Federazione – presente fra le migliaia di carte processuali – sottoscritto da Maroni, Gnutti e Bossi, uno degli scopi della Gnp era “proporre l’esercizio del tiro a segno come momento di pacifico riferimento storico, come attività sportiva, di svago e motivo di aggregazione sociale”. Non a caso, nei moduli di iscrizione alla Gnp era prevista la domanda sul possesso di porto d’armi da parte dell’aspirante. Tiro a segno e porto d’armi, tuttavia, non si spiegano di fronte al dettato dell’art. 2 comma “d” che mette tra i princìpi ispiratori delle Guardie padane: “… il rifiuto di ogni attività che implichi anche indirettamente il ricorso all’uso delle armi o della violenza”.

In sostanza, il Maroni ministro dell’Interno potrebbe legittimare, oggi – fra le tante ronde sparse un po’ ovunque per il Paese – anche l’ex servizio d’ordine del governo provvisorio della Padania di cui era membro e portavoce, oggi onlus.

Che fosse proprio lui il reclutatore della Gnp, del resto, emerge con inoppugnabile chiarezza da una pagina spuntata dai trenta faldoni stipati nell’ufficio del gip di Verona.

Si tratta di una lettera del 7 ottobre del ’96, firmata a mano “affettuosi saluti padani, Roberto Maroni”, nella quale l’attuale ministro dell’Interno annunciava che per la costituzione della Gnp erano arrivate talmente tante domande, “che il governo Provvisorio della Repubblica Padana ha proceduto nel giro di pochi giorni alla costituzione di 19 Compagnie provinciali”.

“Per consentire tale reclutamento – si legge ancora in quella lettera di Maroni – il Governo padano ha approvato una campagna di reclutamento di volontari in tutte le provincie”. “Attenzione – ammoniva poi – La domanda di adesione alla Gnp deve essere trasmessa al goverrno via fax e nessuna scheda dovrà essere conservata all’interno della sezione della Lega Nord. La Gnp riveste carattere strategico per il futuro della Padania”. Che cosa fosse in realtà quel carattere strategico della Gnp lo chiarirà, il 22 settembre del ’96, Irene Pivetti, ex presidente della Camera leghista, al procuratore Papalia che la interrogò come teste.

“Bossi mi spiegò – verbalizzò la Pivetti – cosa significasse per lui la Guardia nazionale Padana: “quando un popolo si sveglia, mi disse, ha bisogno del suo esercito”. La regolarizzazione delle ronde che la Lega farà passare ponendo oggi la fiducia alla Camera è questione antica. Ci aveva già provato nel ’96 con la
Repubblica Padana. In un documento acquisito il 13 gennaio del ’98 dalla Questura di Pavia c’è infatti una “proposta di legge d’iniziativa del governo della Padania” rivolta al suo Parlamento. E intitolata “norme per la costituzione della Guardia nazionale Padana e per il riconoscimento delle associazioni volontarie di prevenzione e controllo della sicurezza dei cittadini e del territorio denominato Guardia nazionale Padana”.

Ciò che a Maroni non riuscì nel ’97 quando era portavoce del Governo Provvisorio della Repubblica Padana, gli potrebbe riuscire in questi giorni, dieci anni dopo, come ministro dell’Interno della Repubblica italiana.

°°° Siamo davanti a una vera e propria sovversione dello Stato e della Carta Costituzionale, a un colpo di stato con la vaselina, a un ministroi (dei miei coglioni) colpevole di ALTO TRADIMENTO! Che si fa?

maroni13

bossi2

b-federale1

Condividi
  • Facebook
  • Digg
  • Google Bookmarks
  • Live
  • YahooMyWeb
  • LinkedIn
  • StumbleUpon
  • Twitter

berlusconi, cazzaro indegno

“Lettera dall’Abruzzo”

giovedì 30 aprile 2009
Ricevo una lettera scritta da Laura, giovane studentessa universitaria di Colle di Roio, paesino colpito dal terremoto. Il testo mette in luce il punto di vista di chi il terremoto lo ha subito e, al di là dei proclami e la propaganda del governo del tipo “tutto sotto controllo” che tutti i giornali e le televisioni si sono affrettati a divulgare senza il minimo spirito critico, sta sperimentando come funzioni in realtà la macchina degli aiuti… (E’ la stessa Laura che mi chiede di far circolare il più possibile la sua lettera, come potrete leggere nelle ultime righe)

“Ciao a tutti, oggi è il 20 aprile 2009. Per molti Abruzzesi lo sguardo è congelato all’alba del 6 Aprile 2009. Io, fisso il mio sull’ennesimo sorriso paterno e rassicurante del nostro Presidente del Consiglio, che campeggia sul paginone centrale de Il Centro, quotidiano locale e che ancora una volta (pure quando un minimo di decenza richiederebbe moderazione), fa sfoggio di capacità ed efficienza facendo grandi promesse nella speranza che si dimentichi il prima possibile (si sa gli italiani hanno memoria moooolto corta), che fino al 5 aprile nel meraviglioso piano casa che si intendeva vararare a imperitura soluzione della crisi economica, di norme antisismiche nemmeno l’ombra”.

Vi scrivo da Colle di Roio (Aq) uno dei paesini colpiti dal sisma del 6 aprile 2009. Il mio paese… Trovo molto difficile fare ordine nel turbinio di pensieri che mi gonfiano la testa, ma ci proverò. E scrivo questa nota perchè credo che solo uno strumento quale la rete permetta di conoscere altre verità, senza mediazioni se non dell’autore”.

“Il nostro campo è abitato da circa trecento persone, distribuite in una quarantina di tende. Tornati da una vacanza mai iniziata, assieme a Pierluigi, abbiamo cercato di dare un contributo alle attività di gestione della tendopoli che, nel frattempo, (era passata già una settimana dall’inaspettato evento), era andata sviluppandosi”.

“Come sapete non sono un tecnico, nè ho una qualche esperienza di gestione logistica e di personale in situazioni di emergenza e quanto vi racconto può essere viziato da uno stato di fragilità emotiva (immagino mi si potrà perdonare). Il fatto è, che a fronte di uno sforzo impagabile profuso da molte delle persone presenti nel nostro campo, (volontari della protezione civile, della croce verde/rossa, vigili del fuoco, forze di polizia etc...), inarrestabili fino allo sfinimento, ci siamo trovati, o sarebbe meglio dire ci siamo purtroppo imbattuti, nella struttura ufficiale della Protezione Civile stessa e nel suo sistema organizzativo”.

“La splendida macchina degli aiuti, per quanto ho visto io, poggia le sue solide e certamente antisismiche basi, sulle spalle e sulle palle dei volontari; il resto da’ l’impressione di drammatica improvvisazione. E non perchè non si sappia lavorare o non si abbiano strumenti e mezzi, ma semplicemente ed a mio parere, perchè si è follemente sottovalutato il problema fin dall’inizio”.

“Se vero che il terremoto non è prevedibile è altrettanto vero che tutte le scosse precedenti (circa trecento più o meno violente prima dell’inaspettato evento) dovevano rappresentare un serio monito. Perchè non è servito il fatto che due settimane prima del sisma alcuni palazzi presenti in via XX settembre a L’Aquila, poi miseramente sventrati, erano già stati transennati perchè le scosse che si erano susseguite fino a quel momento (la più alta di 4° grado, quindi poca cosa…) avevano fatto cadere parte degli intonaci e dei cornicioni…>/i>”

“Una persona minimamante intelligente, a capo di una struttura così grande quale la protezione civile, avrebbe dovuto schierare i propri uomini alle porte della città, come un esercito, pronto a qualsiasi evenienza. Ed invece mi trovo a dover raccontare che le prime venti tende del nostro campo se le sono dovute montare i cittadini del paese (ancora stravolti dal sisma), con l’aiuto di una manciata di instancabili volontari, che manca un coordinamento tra i singoli gruppi presenti, che la segreteria del campo (che cerchiamo di far funzionare), è rimasta attiva fino a ieri con un Pc portatile di proprietà di mia proprietà, acquistato “sia mai dovesse servire”, e con quello di un volontario; che siamo stati dotati di stampante e telefono ma per la linea Adsl (in Italia ancora uno strano coso…) stiamo ancora aspettando e quello che siamo riusciti a mettere in piedi è merito dell’intelligenza di qualche giovane del posto e dei suoi strumenti tecnici; che abbiamo dovuto chiamare chi disinfettasse e portasse via mucchi di vestiti perchè arrivati sporchi e non utilizzabili; che che fino dieci giorni dal sisma avevamo un rubinetto per trecento persone, nessuna doccia, circa 20 bagni chimici e nessun tipo di riscaldamento per le tende”.

“Vi ricordo che in Abruzzo e a L’Aquila in particolare la primavera fatica ad arrivare e che anche in queste notti la temperatura continua ad essere prossima prossima allo zero. Non ci si può quindi stupire che molte persone, la maggior parte delle quali anziane (e non tutte con la dentiera…), cocciutamente ed in barba alle direttive che vietano di rientrare nelle case, contiunano a fare la spola dalla tenda al bagno di casa”.

“Potreste obbiettare che tutto sommato e visti i risultati raggiunti nel seguire più di quarantamila sfollati questi problemi sono inevitabili e bisogna solo avere pazienza. Condivido il ragionamento”.

“Quello che mi lascia stupito, che la gente non sa e che gli organi di informazione si guardano bene dal dire è che tutta la macchina si basa all’atto pratico, sulla volontà ed il cuore di persone che lasciano le loro case e le loro famiglie e che non pagate, cercano di ridare un minimo di dignità e conforto a chi, a partire dalla propria intimità, ha perso tutto o quasi. La protezione civile che molti immaginano (alla Bertolaso per intenderci) non esiste nei campi, almeno non nel nostro. I volontari si alternano, perchè obbligati ad andarsene dopo circa 7 giorni”.

Cosa comporta tutto questo?
“Che ogni settimana si vedono facce nuove con la necessità di ricominciare a conoscersi ed imparare a coordinarsi, che il capo campo cambia anche lui con gli altri e quindi può avere esperienza o meno, che spesso, ed è il nostro caso, la gestione di alcune attività è affidata ai terremotati perchè non viene inviato personale apposito, con inevitabili problemi, invidie acrimonie e litigate tra…poveri”.

Volete un esempio cristallino della disorganizzazione?
“La nostra psicologa, giunta al campo per propria cocciuta volontà, è rimasta anche lei solo una settimana. Vi immaginate quale può essere l’aiuto ed il sostegno che una persona addetta può dare e quale fiducia può risquotere per permettere alle persone di aprirsi, se cambia con cadenza domenicale??? A questo si aggiungano l’inesperienza di molte persone (spesso e per fortuna sconfitta dalla volontà di far bene) e le tristi e umilianti dimostrazioni di miseria umana che ci caratterizzano e che risultano ancora più indecenti ed inaccettabili in casi di emergenza”.

Qualcosa di buono però ragazzi l’ho imparato.
“Ho imparato che per la richiesta di materiale devo inviare un modulo apposito e che a firmare lo stesso non deve essere il capo campo, la cui responsabilità, fortuna sua, è solo quella di gestire trecento vite, trecento anime, più tutti coloro che ci aiutano dalla sera alla mattina, ma serve il visto del Sindaco, oppure del presidente di circoscrizione oppure di un loro delegato (pubblico ufficiale). Noi dopo aver speso due giorni per individuare chi dovesse firmare questi benedetti moduli, sappiamo che dobbiamo prendere la macchina e quando serve (ovviamente più volte al giorno), raggiungerlo al comune”.

Un’ultima noticina.
“Due giorni fa la Protezione civile si è riunita con gli esperti, ed ha ritenuto che non vi siano motivi di preoccupazione relativamente alle dighe abruzzesi (la terra trema ogni giorno). Ora ricordandomi che analoga sicurezza era stata espressa all’alba di una scossa di quarto grado e pochi giorni prima che il nostro inaspettato evento facesse trecento morti e azzerasse l’economia e la vita di migliaia di persone…ho provveduto, poco elegantemente, ad eseguire il noto gesto scaramantico…”

Però dei regali li ho ricevuti”.
“Sono le lacrime di molte delle persone che hanno lavorato alla tendopoli, trattenute a stento nel momento dei saluti; sono le parole e gli sguardi dei vecchi del paese, che mescolano dignità e paura, coraggio e rassegnazione, senza mai un lamento”.

Un’altra cosa.
“Vi prego chiunque di voi possa, prenda il treno l’aereo o la macchina e si faccia un giro per L’Aquila e d’intorni. Le tendopoli non sono tutte come quelle a Collemaggio. Scoprirete il livello di falsità che viene profuso a piene mani dagli organi di comunicazione oramai supini e del livello di indecenza del ns presidente del consiglio che prima con lacrime alla cipolla e poi con sorrisi di plastica distribuisce garanzie e futuro a chi, vivendo in tenda e saggiando sulla pelle la situazione sa, che sono tutte palle”.

“I morti sono serviti subito per mostrarsi umano e vicino alle famiglie, ma ora è meglio dimenticarli in fretta..Via via..nessuna responsabilità, nessun dolo. I pm sono dei malvagi.. ricostruiamo in fretta.. forza la vità e bella, vedrete, tra un mese sarete tutti a casa… Conoscete i nomi delle famiglie che doveva ospitare nelle sue ville? Le virtù umane travalicano gli eventi, le sue miserie non hanno confini”.

Se volete vi prego fortemente di inviare questa mail a quanti vi sono amici. La stampa nazionale si è guardata bene dal pubblicarla.

Un saluto a tutti Laura

Dopo questa toccante lettera siamo andati sul posto a cercare questa ragazza e verificare la
situazione e abbiamo constatato che Laura è un nome di fantasia usato da una ragazza che si è tenuta anonima,ma abbiamo parlato con qualche abitante che ci ha confermato le parole della lettera e intervistato in video un medico volontario della tendopoli e riportato un’altra videointervista che un’emittente televisiva stava facendo a un’altra dottoressa volontaria,al momento la situazione del campo-tendopoli è buona ma non delle migliori.
Attraverso questo link potete entrare nel gruppo e trovare le interviste:

http://www.facebook.com/group.php?gid=45088944485&ref=mf

tende1

b-blabla1

b-dream

Condividi
  • Facebook
  • Digg
  • Google Bookmarks
  • Live
  • YahooMyWeb
  • LinkedIn
  • StumbleUpon
  • Twitter

Quale paese?

Molti criticano l’operato di
Berlusconi, però è l’unico che
si impegna per il Paese.
Un amico

°°° A parte che sembra la lettera (e la firma) di un segaiolo al marito di una moglie bella e impossibile… Ma di quale paese parli, scusa?
In Italia, e in soli dodici mesi, il tuo berlusconi ha di nuovo DEVASTATO i conti pubblici (Pil a meno 5%… Prodi, con la crisi, l’aveva lasciato a + 2… Debito pubblico al 116%: il che vuol dire circa 100 miliardi di interessi all’anno… Prodi l’aveva abbassato al 100%, pur elargendo miliardi in grandi opere pubbliche, per i lavoratori, per il cuneo fiscale, per le donne, ecc…). DI QUALE CAZZO DI PAESE PARLI, SCIMMIETTA?!

scimmiette

Condividi
  • Facebook
  • Digg
  • Google Bookmarks
  • Live
  • YahooMyWeb
  • LinkedIn
  • StumbleUpon
  • Twitter