Salute e grano! Il solito valzer di minchiate contro i PM del cav.Mafiolo e dei suoi servi.

Berlusconi e la fuga dal processo
per illudere l’opinione pubblica

Così il Cavaliere vule sfuggire alle sue responsabilità. Il premier non propone narrazioni plausibili, all’attendibilità documentata preferisce il nonsense

di GIUSEPPE D’AVANZO

Berlusconi e la fuga dal processo per illudere l'opinione pubblica Karima el Marhoug

CI SONO i fatti e gli aspetti giuridici della controversia e poi, se in stato d’accusa è il capo del governo, è normale che ci siano la contesa politica, il discorso pubblico e il conflitto istituzionale. Ora per mettere un po’ di ordine all’affaire e capirci qualcosa, senza essere inghiottiti dal maelstrom di fili che si ingarbugliano nel “caso Ruby”, è utile separare i fatti dal diritto, il diritto dalla politica e la politica da un immaginato e molto presunto Zeitgeist, lo “spirito del tempo”. I fatti si fa presto a riordinarli. La notte del 27 maggio 2010, Karima El Mahroug (Ruby), una minorenne marocchina, fuggita da una comunità di accoglienza, senza famiglia, senza fissa dimora, senza una fonte di reddito, è accusata di furto e accompagnata in questura. In quegli uffici a notte fonda giunge la voce del presidente del Consiglio che chiede al capo di gabinetto di lasciarla andare – e presto – perché la fanciulla è la “nipote di Mubarak”. Si presenterà lì da voi, dice Silvio Berlusconi, una mia “incaricata” (Nicole Minetti) cui potrà essere affidata. Così avviene. Qualche ora dopo, indebitamente e contro le indicazioni del pubblico ministero dei minori, Ruby sarà consegnata alla Minetti che l’abbandonerà sul marciapiede di via Fatebenefratelli in compagnia di una prostituta brasiliana (Michelle). Di quel che accade la notte del 27 maggio non si sarebbe saputo nulla se, più o meno una settimana dopo (5 giugno), Ruby e Michelle

non se le dessero di santa ragione tra strepiti e minacce. Arriva la polizia. Tutte ancora dinanzi ai poliziotti, dopo l’intervento dei medici.

È a quel punto che Ruby comincia a raccontare momenti e condizioni che configurano una notizia di reato. È stupefacente come ancora oggi ci siano uomini assennati, come Ernesto Galli della Loggia, che si chiedano, sospettosi, “qual era la notitia criminis che prima della famosa notte in questura ha indotto a mettere sotto controllo la villa di Arcore” (Corriere della sera). “Prima della famosa notte in questura” non c’è stato alcun controllo né ad Arcore né altrove. I controlli sono cominciati soltanto dopo che il racconto della minorenne ha ottenuto qualche riscontro accettabile. Ruby parla della “squadra” di Lele Mora (il suo agente); delle iniziative di Emilio Fede (il talent scout che la scopre a un concorso di bellezza, sedicenne); del “lavoro” della Minetti (maitresse); delle sue visite a Villa San Martino dove ha assistito unica vestita  –  “solo io lo ero”, dice  –  alle cerimonie orgiastiche organizzate da e per Silvio Berlusconi.

Sono notizie di reato. C’è un’organizzazione (Mora, Fede, Minetti) che ingaggia prostitute e le offre al capo del governo e fin qui per l'”Utilizzatore” non c’è reato (anche se molto c’è da osservare sul decoro, la disciplina, l’affidabilità, la sicurezza dell’uomo che ci governa). Se però tra le prostitute c’è anche una minorenne, il reato c’è ed è anche molto grave soprattutto quando, per occultarlo, il presidente del Consiglio abusa del suo potere e induce i funzionari della Questura a lasciar andare libera quella ragazza che avrebbe potuto demolirlo con i suoi ricordi. Il pubblico ministero di Milano ritiene di aver raccolto prove così “evidenti” da rendere superflua l’udienza preliminare e necessario un giudizio immediato (lo chiede ora al giudice). L’accusa deve dimostrare che Silvio Berlusconi abusa della sua qualità di presidente del Consiglio per ottenere la liberazione di Ruby (è concussione). Ci riesce in modo documentale. L’intervento del capo del governo produce un’agitazione indiavolata nei funzionari di polizia (ecco il numero ossessivo di telefonate, 24); decisioni oblique (ecco che cosa ha ordinato il pubblico ministero dei minori, inascoltato e contraddetto); comportamenti indebiti (ecco comprovato come i genitori di Ruby  –  hanno la patria potestà  –  furono ascoltati soltanto due ore dopo l’affidamento della minore alla Minetti). Dimostrata la concussione (il reato più grave), il pubblico ministero deve documentare che Berlusconi è stato costretto a intervenire per nascondere alla magistratura e all’attenzione pubblica “il puttanaio” (è la formula scelta da una testimone) che s’organizza in casa a volte anche con Ruby, la minorenne.

Quindi, è vero che Ruby conosce Berlusconi? Sì, dal 14 febbraio al 2 maggio 2010, si contano 67 contatti telefonici tra Ruby e il presidente. Una telefonata al giorno, quasi. È vero che Ruby è stata ad Arcore? Sì, dal 14 febbraio al 2 maggio 2010 Silvio Berlusconi e la teenager si vedono tredici volte. La minorenne dorme sotto il tetto di Villa San Martino con una frequenza di una volta ogni sei giorni in quel periodo È una prova più che solida della loro frequentazione. Ora bisogna chiedersi che cosa faceva la ragazza per vivere, che cosa ha fatto ad Arcore e dimostrare che le serate dal presidente sono licenziose. Quattro testimoni confermano il primo racconto di Ruby: vedono le stesse scene nel sotterraneo del “bunga bunga”: è una routine. Decine di documenti acustici (le telefonate) lo convalidano. Per configurare il reato (sfruttamento della prostituzione minorile) bisogna però dare la prova che tra il capo del governo e Ruby ci sia stato o del sesso o qualcosa che gli somigli (anche un “palpeggiamento”, per i minori, è “atto sessuale”).

Le fonti di prova non mancano. Ruby è vissuta di prostituzione prima di conoscere Berlusconi e di prostituzione è vissuta dopo, come molte giovani donne  –  qualcun’altra ancora minorenne  –  regolarmente invitate alle “serate del presidente”. È una prova logica che Ruby ad Arcore si sia prostituita o sia stata “palpeggiata” (tutte lo sono) e per questo sia stata prima ricompensata con ricchezza, poi ancora premiata con la promessa di cinque milioni di euro per tenere la bocca chiusa sui rapporti con il presidente. Un processo non è altro che una storia. O meglio una comparazione di storie. Si combinano notizie sparse, fatti frammentati, segmenti di eventi. Se ne fa una narrazione. In competizione con un’altra raccontata in modo diverso, da un diverso punto di vista, con scopi diversi (dall’accusa, dalla difesa, dai testimoni), chiede di essere privilegiata da un giudice nel processo rispetto alle altre perché più coerente, più documentata, più dotata di senso.

Ora è stravagante (in apparenza) che Silvio Berlusconi non proponga alcuna narrazione plausibile. Preferisce all’attendibilità documentata, il nonsense. Naturalmente parla dell’affaire. Anzi ne straparla con asfissiante logorrea in quei suoi flussi verbali d’impudenza monstre. È vero che la “storia” narrata dalla difesa può legittimamente essere parziale, partigiana, addirittura manipolata e fuorviante, ma anche per la difesa vale la regola che chi afferma che un fatto è vero ha l’onere di dimostrare la verità della sua affermazione. Appena l’altro giorno (4 febbraio), ricevendo a cena i deputati del Gruppo dei Responsabili, Berlusconi ha detto di non aver “mai avuto colloqui diretti con questa Ruby, è solo una ragazza che mi è stata segnalata, nulla di più”. Cancellate le prove evidenti del contrario (i contatti telefonici, i soggiorni in villa, le sue stesse ammissioni). Il premier ripete di non aver mai saputo che Ruby fosse minorenne. Ora lasciando cadere le testimonianze che lo contraddicono, perché allora il capo del governo chiede al capo di gabinetto di “affidare” Ruby alla Minetti (si “affidano” i minori, non i maggiorenni)? Perché ostinarsi a ripetere “non ho mai pagato una donna”, quando i documenti bancari, le agende delle ragazze, le loro conversazioni dimostrano il contrario: sempre egli paga le donne che ospita e con cui fa sesso? Perché continuare a ripetere che davvero credeva Ruby “nipote di Mubarak”?

Appare chiaro che Berlusconi non ha alcuna intenzione di dimostrare in un processo al giudice la sua innocenza. Il premier sa bene che le testimonianze raccolte per le indagini difensive tra le ragazze che mantiene, i dipendenti che retribuisce e ministri che accoglie nel governo (Frattini, Galan, Bonaiuti)  –  tutti testimoni party-oriented  –  pesano sulla bilancia della giustizia come un fiocco di polvere. Non può ignorare che alcune iniziative possono essere smascherate in un batter di ciglia (dice d’essere in grado di dimostrare che Ruby era maggiorenne quando l’ha incontrata e a Milano corre voce che presto apparirà un passaporto taroccato). Racconta questa storia: sono ricco e generoso, per rilassarmi organizzo di tanto in tanto qualche festa con ragazze che hanno bisogno di aiuti che io non nego e senza chiedere nulla in cambio come è accaduto anche con la “nipote di Mubarak” che non ho toccato neanche con un dito anche perché non l’ho mai incontrata. È fumo negli occhi. È illusionismo. È imbroglio. Berlusconi ha rinunciato già al processo (aveva promesso che lo avrebbe affrontato a viso aperto). I fatti sono per lui inaffrontabili e vuole giocare la partita fuori del processo.

Vediamo come. Egli confida di persuadere l’opinione pubblica con omissioni, favole e qualche trucco sublunare. È la manovra che gli consente di creare un ambiente favorevole a un colpo di mano “politico” che sottragga il processo ai giudici di Milano. E, se non il processo, almeno le fonti di prova: pensa a un decreto d’urgenza per correggere l’uso delle intercettazioni, anche degli “ascolti” che lo mettono nei guai. Non si può dire che sia un tableau à sensation. Lo si è già visto. Berlusconi chiede che sia il potere politico che ha  –  e quindi il governo che presiede; la maggioranza parlamentare che ha nominato o comprato  –  a togliergli le castagne dal fuoco. Pretende che il pubblico ministero di Milano sia dichiarato incompetente (dottrina e giurisprudenza lo negano) per volontà e decisione politica. Invoca il giudizio del Tribunale dei ministri (“sono anche loro togati, no?”, dice). Non spiega che, per giudicare, quel Tribunale deve essere autorizzato dal Parlamento: un consenso che sarà sempre negato. La storia, la narrazione dietro cui nascondere le sue responsabilità deve tenersi lontana dai fatti. Lontano dai fatti, il premier può lasciarsi proteggere da un bislacco “avvocato” e da un inatteso “testimone”. Il difensore che Silvio Berlusconi si è scelto è il Parlamento che controlla e corrompe.

Lo ha già mosso contro la procura di Milano (nei giorni dell’autorizzazione negata alla perquisizione dell’ufficio del ragiunatt che paga le zambraccole). Ancora lo muoverà facendogli presto sollevare un conflitto di attribuzione e uno scontro totale contro la magistratura e forse contro il capo dello Stato (che già chiede: dov’è l’urgenza per il decreto intercettazioni?). Il testimone chiamato a scagionarlo non è tra gli attori dell’affare penale. È un’opinione pubblica affidata ai tecnici della contraffazione. La litania che salmodiano, questa volta, non ripete troppo la favola della “persecuzione giudiziaria”. È una tiritera quasi privata, intimista, intimidatoria. Fa leva sulla mancanza di fiducia in se stessi degli italiani, in una mancanza di orgoglio e di amor proprio del Paese. L’argomento, ripetuto come una filastrocca, è questo: “Chi sono io, chi sei tu per giudicare? Siamo tutti uguali, siamo tutti inclini a fare il male e quanti cercano o fanno finta di essere onesti sono solo dei santi o degli ipocriti, ma in entrambi i casi che ci lascino in pace”. Queste domande dovrebbero custodire lo spirito del tempo. È nota la fallacia del concetto di colpa collettiva, di chi sostiene che, se giudicati, tutti risulteremmo colpevoli: fai prevalere il concetto di colpa collettiva e non resterà più nessuno da chiamare per nome. È quel che pretende il Re denudato.

Per fortuna – ci ha spiegato Hannah Arendt (Responsabilità e giudizio) – esiste ancora nella nostra società un’istituzione dove è impossibile sfuggire alle proprie responsabilità, dove ogni giustificazione di carattere astratto e generico – dallo Zeitgeist, alla sessualità, al narcisismo  – crolla. In un’aula di tribunale non vengono giudicati tendenze, culture, antropologie, ma persone in carne e ossa che hanno commesso atti perfettamente umani, ma violando le leggi che riteniamo essenziali per l’integrità del nostro vivere comune (c’è qualcosa di più sacro del corpo dei minori?). I problemi giuridici e morali, è vero, non sono la stessa cosa, ma possiedono comunque una certa affinità, perché “entrambi presuppongono la facoltà del giudizio”.

È giustappunto un giudizio, il giudizio che Berlusconi non può permettersi né accordare ad alcuno. È un possibile giudizio che gli italiani dovrebbero consentirsi perché non è vero che nessuno può essere responsabile o possa rispondere degli atti che ha commesso, dei comportamenti che ha tenuto. La possibilità di giudicare appare, nel tempo che ci separa dall’inizio di questo processo, lo “scandalo” che deciderà dei nostri giorni futuri.

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Mafiolo, ghedini, pappagallini vari stridono, ma continuano ad arrampicarsi sugli specchi.

Caso Ruby, la procura di Milano:
domani la richiesta per il premier

Bruti Liberati: “Oggi la decisione
sul giudizio immediato anche per
il reato di prostituzione minorile”
Sull’altra minorenne Iris Berardi:
“Non c’è una seconda parte lesa”

MILANO
La procura di Milano domani inoltrerà la richiesta di giudizio immediato per Silvio Berlusconi indagato per la vicenda Ruby. Lo ha detto il procuratore Edmondo Bruti Liberati: «Oggi pomeriggio faremo una riunione conclusiva, per sciogliere il nodo giuridico se inviare la richiesta di giudizio immediato per il premier solo per concussione o anche per la prostituzione minorile».

In ogni caso il capo di imputazione per Berlusconi non è stato modificato: «Non c’è allo stato attuale una seconda parte lesa, in relazione all’accusa formulata nei confronti del premier di prostituzione minorile».

E, rispondendo alle domande dei giornalisti su un ipotetico vertice tra gli inquirenti milanesi e quelli partenopei, il procuratore precisa: «Milano e Napoli, per ora, procedono con due inchieste separate. Le notizie relative alle indagini condotte a Napoli, conclude poi Bruti Liberati «le leggo sui giornali».

Intanto, secondo quanto riporta oggi “Il Giornale”, la tesi difensiva dei legali del premier sarebbe quella di sostenere che Ruby, ai tempi degli incontri ad Arcore, era già maggiorenne. «È la tesi dell’avvocato Ghedini e se lui ritiene di diffonderla, noi comunque invieremo i verbali e le memorie difensive al Gip», ha spiegato il procuratore della Repubblica di Milano, Edmondo Bruti Liberati. I difensori del premier avrebbero sollevato la questione che Ruby sia nata non nel ’92, ma nel ’91.

La difesa avrebbe fatto riferimento ad un verbale, riportato anche nell’invito a comparire per Nicole Minetti, nella quale la giovane marocchina nel maggio 2009, davanti ai carabinieri per denunciare un borseggio subito, avrebbe detto di essere nata il 1 novembre del ’91 e non il 1 novembre del ’92.

°°° AHAHAHAHAHAHAHAHAH! Magari ora si scopre che era la zia di mubarak…

un vecchio delinquente scemo e pedofilo

b-vecchio

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Scendono i redditi delle famiglie: -2,7%°°° In pratica, Mafiolo ci ha riportato alla sua merda del 1994.

Scendono i redditi delle famiglie: -2,7%

Rapporto Istat sui dati 2009. È il primo calo dal 1995. Il Nord più colpito, nel Mezzogiorno discesa contenuta

LA CRISI


Rapporto Istat sui dati 2009. È il primo calo dal 1995. Il Nord più colpito, nel Mezzogiorno discesa contenuta

ROMA – La crisi taglia la ricchezza degli italiani. Nel 2009, secondo il rapporto dell’Istat sul «Reddito disponibile delle famiglie nelle Regioni» nel periodo 2006-2009, si è registrato un calo del 2,7% del reddito disponibile, che ha segnato così la prima flessione dal 1995. La recessione ha portato a «un progressivo ridursi del tasso di crescita del reddito disponibile nazionale», che nel 2006, cioè prima dell’esplosione della crisi finanziaria, aveva mostrato una crescita del 3,5%.

NORD PIÙ COLPITO – L’impatto della crisi economica ha colpito duro soprattutto al Nord, mentre per le famiglie meridionali sembrano aver subito in misura minore gli effetti della recessione. Nel 2009, precisa l’Istituto di statistica, l’impatto del calo del reddito è stato più forte nel settentrione (-4,1 per cento nel Nord-ovest e -3,4 per cento nel Nord-est) e più contenuto al Centro (-1,8 per cento) e nel Mezzogiorno (-1,2 per cento).

REDDITI CONCENTRATO – Nel periodo 2006-2009 il reddito disponibile delle famiglie italiane si è concentrato, in media, per circa il 53 per cento nelle regioni del Nord, per il 26 per cento circa nel Mezzogiorno e per il restante 21 per cento nel Centro. Nel periodo considerato tale distribuzione ha mostrato alcune variazioni che hanno interessato principalmente il Nord-ovest, il quale ha visto diminuire la sua quota di 0,6 punti percentuali (dal 31,1 del 2006 al 30,5 per cento nel 2009) a favore di Centro e Mezzogiorno (+0,4 e +0,2 punti percentuali rispettivamente). La quota di reddito disponibile delle Famiglie del Nord-est è rimasta invariata al 22 per cento.

REGIONE PER REGIONE – Il forte calo del reddito disponibile nel Nord-ovest nel 2009, spiega l’Istat, è da imputarsi alla cattiva performance di Piemonte e Lombardia. In Piemonte, infatti, c’è stata una forte contrazione dell’input di lavoro dipendente e, di conseguenza, dei relativi redditi da lavoro; la Lombardia sconta, invece, la battuta d’arresto degli utili distribuiti dalle imprese. Calabria e Sicilia sono le uniche regioni italiane in cui il reddito delle famiglie ha mostrato tassi di crescita lievemente positivi; in tali regioni, peraltro, anche la dinamica del Pil è stata migliore che altrove. Il Sud ha anche beneficiato di una tenuta degli interessi netti ricevuti dalle famiglie, spiegata in parte dalla loro minor propensione agli investimenti rischiosi. Anche nel 2008, a fronte di un aumento del reddito disponibile nazionale del 2,3%, il Nord-ovest ha registrato il tasso di crescita più contenuto (+1,8%), a causa della debole dinamica di Lombardia e Liguria (+1,2 e +1,8% rispettivamente). Al Nord la crescita più sostenuta si è avuta nel Nord-est, dove si sono distinte le performance di Friuli-Venezia Giulia, Veneto e Trento (+5, +4,3 e +3,6%), le migliori a livello nazionale.
Centro e Mezzogiorno hanno evidenziato tassi di crescita prossimi alla media nazionale e pari, rispettivamente, a +2,5 e +2,2%. Al Centro, il valore del Lazio è risultato quello più elevato (+2,9%), mentre al Sud si sono distinti quelli di Abruzzo e Basilicata (+3,4 e +3,1%). Le regioni con i tassi di crescita del reddito delle famiglie più modesti sono state Molise e Calabria (+0,8 e +1,1%). Fino al 2008 le famiglie residenti nel Nord-ovest hanno fatto registrare il più elevato reddito disponibile per abitante, ma nel 2009 il primato è passato al Nord-est, dove Bolzano ha scavalcato l’Emilia Romagna in testa alla graduatoria. In tale anno il reddito disponibile per abitante al Sud è diminuito meno che nelle altre ripartizioni, anche se il divario nei livelli di reddito procapite rimane significativo. Le regioni settentrionali presentano ancora i livelli di reddito procapite più elevati e quelle meridionali i livelli più bassi, mentre le regioni centrali occupano una posizione intermedia, con la sola eccezione della Toscana, più simile alle regioni settentrionali.

°°°E questi, ovviamente falsi, sono i dati Istat. La verità è ben più grave!

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MAFIOLO:”Io sono un esempio per tutti, per i giovani. Lavoro tanto, dormo quattro ore a notte”

Per tutta la vita ho trafficato con le mafie, ho riciclato soldi sporchi, corrotto politicanti-finanziari-magistrati-poliziotti-alti prelati, mi sono sempre imbottito di cocaina come un uovo, ho rubato a manetta, falsificato bilanci, imbrogliato, truffato, calunniato chiunque non la pensasse come me, sputato sulla povera gente, mentito sempre e comunque,  devastato ogni cosa abbia toccato, evaso il fisco, commesso insider trading e aggiotaggio dalle mie posizioni di potere, affondato società oneste, sfasciato per ben tre volte l’Italia. Ebbene sì, cribbio! Sono un gran bell’esempio per i giovani. A patto che si suicidino entro i 20 anni…

b.duce

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