Oggi le comiche

Tentato colpo di spugna sulla concussione Ue. Li Gotti: “Quale eurodeputato state cercando di graziare?”
L’Osce: “Il ddl sugli ascolti non rispetta gli standard internazionali sulla libertà di stampa”
Prostituzione, la legge slitta a ottobre
Sicurezza e intercettazioni, ingorgo al Senato

di LIANA MILELLA

ROMA – Rinviato a dopo l’estate. Doveva essere uno dei fiori all’occhiello del governo Berlusconi, sicuramente del ministro per le Pari opportunità Mara Carfagna, che in questi mesi ne ha chiesto a gran voce una celere approvazione. Ma ora il ddl sulla prostituzione, che prevede il carcere per il cliente che va con una lucciola in luoghi pubblici, è divenuto fonte di profondo imbarazzo per la maggioranza, al punto da dovergli staccare l’etichetta “urgente” e sostituirla con un bel rinvio. Tutta colpa dell’ormai famosa (e infelice) definizione di Niccolò Ghedini su Berlusconi “utilizzatore finale” delle escort baresi. Dunque un cliente anche lui, seppure in luoghi chiusi, quindi non punibile.

Ma come si fa a discutere di un simile tema giusto in questi giorni? E mentre l’ex pm, e ora esponente Pd Felice Casson, preannuncia emendamenti sull’utilizzatore? Alla commissione Giustizia del Senato pure il presidente Filippo Berselli, che un anno fa voleva introdurre il foglio di via obbligatorio per le squillo, deve soprassedere. Mentre tra i banchi si svolge un ameno siparietto. Un senatore Pdl, con un sorriso sornione, dice a uno dell’opposizione: “Ma ti pare che adesso possiamo discutere delle norme della Carfagna?”.

Ufficialmente è colpa dell’ingorgo in commissione dove si ritrovano assieme ddl prostituzione, ddl sicurezza, ddl intercettazioni, ddl processo penale. A Berselli il presidente del Senato Schifani ed emissari del governo hanno chiesto di dare corsia preferenziale a sicurezza e ascolti, in coda il resto, a partire dalle norme anti-utilizzatori. Con due risultati. Via dibattiti a rischio per i facili doppi sensi, subito la sicurezza (in aula la prossima settimana forse con la fiducia) perché la Lega scalpita; a seguire gli ascolti, col governo che segue gli sviluppi del Bari-gate pronto a emendare il testo. Che comunque, lo confermano i senatori ex magistrati, sarà subito applicabile, ad esempio trasferendo un pm che parla del processo o che viene denunciato da un indagato, o bloccando l’uso delle telefonate di un’inchiesta per aprirne un’altra. Una legge bavaglio, che taglia le unghie ai pm (anche se il Guardasiglli Alfano lo nega), che fa dire a Miklos Haraszti, relatore per i media dell’Osce: “Non corrisponde agli standard internazionali sulla libertà si stampa”.

Tra giustizia e sicurezza sarà un luglio di fuoco. E se n’è avuta un’anticipazione ieri quando il governo, con l’ennesimo colpo di mano, ha cercato di emendare pure la legge (presentata da Casson e Luigi Li Gotti dell’Idv) che ratifica la convenzione Onu sulla corruzione vecchia del 2003. Sorpresa: ecco la richiesta di approvare una nuova versione dell’articolo 322bis del codice penale che disciplina corruzione, concussione, peculato commessi da europarlamentari o funzionari Ue, cancellando la concussione.

Martedì sera se ne accorge Casson che subemenda il testo, in aula grida Li Gotti: “Quale eurodeputato state cercando di graziare?”. Casson non ha dubbi: “Per il principio del favor rei la legge si applica ai reati precedenti”. E Li Gotti: “È un colpo di spugna”. Il centrista Gianpiero D’Alia: “Come si può pensare che, per lo stesso reato di concussione, un funzionario di Regione venga imputato e uno di Stasburgo no?”. Il governo tenta la prova di forza, boccia la modifica di Casson che risponde con la richiesta di voto segreto. Seduta sospesa. Alla ripresa la maggioranza ritira l’emendamento. “Tutto è bene quel che finisce bene” chiosa la capogruppo Pd Anna Finocchiaro.

°°° C’è poco da commentare. Semplicemente, siamo nelle mani di un’accolita di malavitosi che si parano il culo a forza di leggi ad personam e di voti di fiducia. E l’Italia è in completo disfacimento…

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Il regime censura le porcate di papi

IL DIKTAT DI PAPI-SILVIO: SU PUTTANOPOLI CALI IL SILENZIO, NESSUNO DICHIARI. E I TG SI ADEGUANO
Claudio Tito per “La Repubblica”

«Nessuno ne parli. Facciamo in modo che il silenzio cada su tutti i mass media. La vicenda rimarrà solo su un giornale e tutti se ne dimenticheranno». Silvio Berlusconi ha lanciato la sua parola d´ordine. Il suo obiettivo è avvolgere l´inchiesta di Bari e le rivelazioni di “Patrizia e Barbara” con un velo di indifferenza.
BARBARA MONTEREALE

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Gli atti dei pm pugliesi e le interviste di “Repubblica” lo hanno scosso non poco. Il capo del governo è su tutte le furie. Qualcuno lo descrive «provato». Amareggiato al punto da far addirittura circolare la voce di una prossima cessione di Villa Certosa. Solo uno sfogo, però. Perché sul tavolo del Cavaliere non c´è nessuna offerta né un annuncio di vendita: la valutazione sarebbe altissima, superiore ai 200 milioni di euro.

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La sua attenzione è semmai concentrata sugli ultimi scossoni provenienti dalla Puglia. Per ora il suo staff non è riuscito a studiare una tattica difensiva se non quella del «silenzio». Il terrore di Berlusconi è che possa scattare un effetto «emulazione» con altre ragazze decise a imitare Barbara Montereale. Così anche la «disaffezione» nei confronti della dimora di Porto Rotondo è soprattutto un´arma mediatica.

«Me l´hanno violata, è come se fossero entrati dei ladri», ha spiegato riferendosi alle foto di Zappadu. Ma è in primo luogo il modo per trasmettere un messaggio preciso: «io sono la vittima e non il carnefice di tutto questo». Ieri quindi ha evitato di volare in Sardegna rimanendo con i nipoti ad Arcore. Negli ultimi due mesi, del resto, ci è andato raramente. Ma difficilmente se ne libererà. Semmai frequenterà di più la villa di Paraggi, in Liguria.

Per ora, dunque, la risposta all´intervista di Barbara Montereale è una sola: ignorare, far dimenticare, non commentare. Lasciare che il caso si sgonfi. «Perché quella è solo spazzatura». Che, a suo giudizio, verrà smaltita anche stavolta dalle «urne» dei ballottaggi. E forse non è una coincidenza che quasi tutti i tg delle tv pubbliche e private abbiano parlato ben poco delle cronache provenienti da Bari.

Anche i commenti di giornata si contano sulle dita di una mano. «Non leggo Novella 2000», taglia corto ironicamente il ministro dell´Interno Roberto Maroni. «Una cosa è sempre più chiara – dice il portavoce del Pdl, Daniele Capezzone – Silvio Berlusconi è l´aggredito, mentre una certa stampa e il Pd sono gli aggressori. Una guerriglia fatta di fango, insulti e offese».

Insomma, gli fa eco Gianfranco Rotondi, «il complotto c´è stato ed è sempre più evidente» ma chi conta «in una caduta del governo, si sbaglia di grosso». Anzi, avverte Osvaldo Napoli, «contro la muta scatenata di cani che ringhia senza sosta contro Berlusconi, la risposta migliore l´hanno data gli elettori».
Berlusconi fotografato il 31 maggio 2009 davanti all’ingresso dell’hotel Palace di Bari, alle sue spalle Patrizia D’Addario

Eppure l´allarme ha superato tutti i livelli di guardia. Molti parlamentari del centrodestra sono rassegnati, i fedelissimi del premier preoccupati. Tutti temono che nel Pdl possa partire la corsa a scendere dal carro. Pochissimi giorni fa è toccato addirittura a Fedele Confalonieri catechizzare il Cavaliere. Gli ha chiesto con insistenza di «fermarsi», di «smetterla», di «cambiare».

Ieri, poi, Marcello Veneziani ha «supplicato» il premier su “Libero”: «sciolga la corte e mandi a farsi benedire i cortigiani». Il senso di isolamento, inoltre, è cresciuto nei due giorni trascorsi a Bruxelles dove l´Italia è stata messa in minoranza per la presidenza del Parlamento europeo. In più, per la prima volta dal 2001, la Chiesa segna una distanza dal centrodestra. La Cei, attraverso Avvenire, ha lanciato una sorta di ultimo “avviso ai naviganti”. Non è ancora un addio dei vescovi al Cavaliere. Ma un avvertimento: ancora una goccia e il vaso trabocca.
MINZOLINI E BERLUSCONI (servo e padrone)

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Per tutto questo, Berlusconi chiede il «silenzio» e spera nel lavacro elettorale dei ballottaggi. Anche stavolta, si è detto sicuro, «ha da passa ‘a nuttata».

2 – BLACK OUT NEI TELEGIORNALI, REPUBBLICA E L’UNITA’ ALL’ATTACCO, MA PD, VIGILANZA, GARIMBA, USIGRAI STANNO ZITTI
L’Unità lo scrive in prima: “Il Tg1 stabilisce un record: nessuna notizia”. Repubblica schiera ancora una volta il suo critico tv Antonio Dipollina, che racconta il black out informativo. Insomma, Tg1 e Tg2 da ieri (confermando la scelta anche oggi a pranzo) hanno cancellato l’inchiesta di Bari dai propri notiziari, seguendo quella che è la strategia imposta da Berlusconi, nella speranza di uscire dal gorgo di Puttanopoli. La notizia, però, continua a campeggiare sulle prime pagine di tutti i giornali (compresi “Il Giornale” e “Libero”). Eppure ancora nessuna protesta si è levata dal Partito Democratico, dalla commissione di Vigilanza e il suo presidente Zavoli, dal presidente “di garanzia” della Rai Paolo Garimberti, dall’Usigrai, dalla Fnsi…

ALTRO DOMESTICO: GARIMBERTI

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LA GUARDIA DEL CAVALIERE
Antonio Dipollina per “La Repubblica”

E arrivò anche il giorno del blackout totale dei principali tg. Giusto, era giornata di silenzio elettorale, giusto era sabato e in qualche modo la settimana è corta, giusto sono tempi in cui la riflessione ogni tanto deve avere il sopravvento. Però, insomma. E quindi nello sconcerto generale in aumento, le questioni legate all´inchiesta che scotta sono sparite del tutto dai principali centri di informazione del paese, appunto i tg più seguiti.

Al Tg1 devono aver pensato che era il momento della coerenza: dopo aver oscurato nei titoli di testa tutto quello che potesse avere a che fare con il caso in esame, devono aver pensato che a quel punto non c´era motivo di dare corso nel seguito del telegiornale. Se non l´annunciamo la notizia non c´è, insomma, altrimenti il pubblico rimane disorientato.

Intanto qualche altro tg, intanto tutti i siti internet di informazione, intanto i giornali riempiono le prime pagine, tirano fuori sempre nuovi particolari, fanno intravedere gli scenari futuri. Quelli, invece no: quelli che secondo le recenti indagini forniscono l´informazione primaria al 70 per cento degli italiani hanno deciso che tutta questa gente va accudita e rassicurata fino in fondo, che cedere a questo punto sarebbe disdicevole, che bisogna conservare tutta l´integrità dimostrata in questi giorni.

La guardia si fa fino in fondo, incrollabili. Ma questa cosa deve andare avanti così davvero? Deve continuare fino in fondo in questo modo? Insomma, è ancora lunga? No, giusto per regolarsi. La gara a chi si stanca prima può essere divertente, però un minimo di tristezza e di indignazione inizia a farsi largo, ma davvero.

°°° Proprio come nei più oscuri e sanguinosi regimi, amici. Proprio come nel regime comunista sovietico che lui aborre tanto, ma ne è l’unico erede europeo. Silenzio, insabbiare, ingannare i cittadini e turlupinare gli elettori. Potere, potere, e ancora potere, a qualunque costo. Senza tutto questo potere, preso abusando dell’ignoranza e della buona fede dei popolani, d’altronde potrebbe succedere solamente una cosa… LA GALERA. Manette per Mafiolo e per tutta la sua cosca di malavitosi inquisiti o condannati.

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Pagliacci al palaghiaccio

bossi: al nord la lega farà il pieno di voti
Il gran finale della campagna del Pdl
Berlusconi: «Milano sembra africana»
Polemica indiretta con Fini: «C’è chi vuole una società multietnica, noi non siamo di questa opinione»

MILANO – Alle 19.10 il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi fa il suo ingresso al Palaghiaccio di Milano, dove è atteso per la chiusura della campagna elettorale a favore del candidato alla presidenza della Provincia Guido Podestà. Una volta strette le mani ai sostenitori nelle prime file, sale sul palco insieme a Umberto Bossi. La sala, che può contenere 2mila persone, non sembrava stracolma, anche se secondo gli organizzatori i presenti erano proprio 2mila. Ci sono il ministro La Russa e il governatore Formigoni. Dal palco Berlusconi parla dell’alleanza con la Lega («di ferro»), della giustizia («ripresenteremo la legge che impedisce ai pm di ricorrere in appello in caso di assoluzione»).

NO A SOCIETÀ MULTIETNICA – E non rinuncia a uno strale (indiretto) contro Fini: «C’è chi vuole una società multicolore e multietnica, noi non siamo di questa opinione». Il riferimento è al capoluogo lombardo: «Non è accettabile che talvolta in alcune parti di Milano ci sia un numero di presenze non italiane per cui non sembra di essere in una città italiana o europea, ma in una città africana. Questo non lo accettiamo» scandisce il premier. Pochi giorni fa Fini la risposta di Fini al Cavaliere: «Non credo abbia molto senso dire che si voglia o meno una società multietnica. In Italia e nel resto dell’Ue il numero degli stranieri è aumentato ed è destinato a salire ancora per ragioni demografiche».

CAMBIA GEOGRAFIA POLITICA – Berlusconi inizia l’intervento: «Ci saranno risultati strabilianti, cambierà la geografia della politica italiana». Poi espone gli «ultimi sondaggi», secondo i quali il Pdl è tra il 40 e il 45%. «Il governo è al 56% nell’apprezzamento degli italiani e il presidente del Consiglio al 74% – scandisce -. La Lega è oltre il 10%, ovviamente con delle punte elevate al nord». «Credo che questo sia il miglior governo della Repubblica, non per il suo presidente del Consiglio, ma per la qualità, la passione e la competenza dei suoi ministri».

RICORSO IN APPELLO – Berlusconi parla della giustizia, dicendo che è sua intenzione ripresentare la proposta di legge che impedirebbe ai pubblici ministeri di ricorrere in appello in caso di sentenza di assoluzione, «Per loro è un mestiere retribuito, per i cittadini è un disastro, per loro e la loro famiglia» dice. Quindi ribadisce che sarà portata avanti la divisione delle carriere tra giudici e pm.

ALLEANZA DI FERRO – Berlusconi parla dell’alleanza con la Lega: «è di ferro e di acciaio. Umberto è un compagno strepitoso, ci siamo telefonati tutti i giorni in questa campagna elettorale e ai nostri avversari non va giù questa alleanza di ferro. La promessa è che se si ritira uno si ritira l’altro. Ma Umberto mi ha detto “Col cavolo”! Siamo qui tanti anni ancora e fin quando Pdl e Lega saranno insieme per la sinistra non c’è nulla da fare». Ma davanti a Bossi il premier ribadisce quello che a Porta a Porta ha definito «un principio di democrazia» in merito alla decisione su chi, fra Lega e Pdl, si dovrà candidare per la presidenza di Lombardia e Veneto: «Il partito che ottiene più voti designa i candidati alla guida delle regioni». Infine l’attacco al Pd: «È ancora prigioniero della prassi immorale della prima Repubblica», quando i partiti chiedevano i voti e poi dicevano con chi si sarebbero alleati e cosa avrebbero fatto. «In Europa saranno come un pesce fuor d’acqua – aggiunge – e formeranno un gruppo isolato che nel Parlamento non conterà assolutamente nulla».

«L’ACCORDO LO TROVEREMO SEMPRE» – Poco prima, terminato un comizio in largo Cairoli, Bossi ha tenuto a sottolineare che il Pdl non supererà la Lega al Nord. Bizze tra «alleati di ferro». A una domanda sulla previsione fatta dal premier, replica: «Posso dirlo? Col c…». Al Palaghiaccio il leader del Carroccio, che ha preso la parola prima di Berlusconi, sceglie altri toni: «La Lega e il Pdl, Umberto Bossi e Silvio Berlusconi, l’accordo lo troveranno sempre su tutto». Bossi annuncia una nuova iniziativa della Lega, dopo il federalismo: «Stiamo preparando le gabbie salariali e cioè dei salari che tengano conto del costo della vita. Garantiscono salari migliori per chi abita in zone come, per esempio, Milano dove il costo della vita è altissimo».

GOSSIP NON SPOSTA VOTI – In largo Cairoli Bossi aveva anche parlato delle «beghe di Berlusconi», dicendo che non sarà il gossip a spostare i voti alle elezioni e che comunque si tratta di «una pompatura della sinistra che ha smesso di avere idee buone e spara a zero». Il senatùr non ha però rinunciato a una battuta su Noemi Letizia. Commentando il tagliente giudizio di Calderoli («L’è gnanca tant bela ed è napoletana»), ha detto: «Sì, in effetti ci sono donne molto migliori». E alla domanda su che cosa chiederà a Berlusconi dopo il voto: «Con tutte le donne potevi darcene qualcuna. Io non guardo Noemi però, ce ne sono di migliori».

°°° Ancora una volta solo minchiate razziste, alleanze tra loro, gnocche scadute, gossip, sondaggi fasulli, attacchi alla giustizia (da parte di pregiudicati malavitosi) e… manco una proposta politica! Non una parola sullo sfacelo dell’Italia (creato da loro!) né su probabili soluzioni. A riprova che questi delinquenti sono lì solamente per non andare in galera, continuare a rubare tranquilli e fare disastri per tutti noi cittadini. Ma la stronzata più risibile è quella che pronostica il Pd “isolato” in Europa, mentre tutti noi sappiamo benissimo quanto siano isolati e schifati LORO, in Europa e nel mondo.

APTOPIX ITALY BERLUSCONI

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Sputi e fischi

Anarchico sputa contro La Russa
Un senatore del Pdl lo prende a pugni

Contestazione contro il ministro della Difesa Ignazio La Russa, a Genova per la campagna elettorale. Il ministro stava visitando il centro storico quando un uomo, un cittadino spagnolo, gli si è avvicinato e gli ha sputato addosso. L’uomo è stato subito fermato dalla polizia. Nel tentativo di difendere il ministro dall’aggressione il senatore Giorgio Bornacin ha sferrato un pugno all’aggressore, mentre gli uomini della scorta lo mettevano in un angolo contro la vetrina di un negozio.

°°° Al solito: i fascisti si avventano con tanto di scorta su un ragazzo. Fieri e coraggiosi, virili e invincibili… Che pena. Ministro della difesa questo arrogante che insulta sempre chiunque?! Siamo rappresentati da un’accozzaglia di malavitosi e fascisti.

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Scimmiette.

■ Ma qualcuno credeva che con la crisi che c’è il prodotto
interno lordo sarebbe aumentato?
Ormai l’opposizione di questo Paese non ha più argomenti,
chissà che con la nuova batosta che prenderanno
alle prossime elezioni europee, diranno che è colpa
delle televisioni!
Un lettore

°°° La crisi, mia cara scimmietta sardegnola, l’hanno creata proprio le merde che tu voti. La sinistra non avrà argomenti, ma la destra gli unici che ha sono fuorilegge o anticostituzionali. E, mentre l’Europa e gli Usa stanno per ricominciare a respirare, qui il peggio deve ancora arrivare: dato che non abbiamo un governo, ma una cosca di incapaci razzisti e malavitosi. Nonostante proprio le televisioni del tuo idolo siano piene di falsità e nascondano la realtà. Fottiti, ma col sorriso.

P.S. ma sei proprio sicuro che il mafionano farà man bassa di voti alle europee? mah…berlusconiappalti

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Altri figuroni…

Parigi-Roma, scontro tra i sindaci
“Alemanno, saluto fascista”, “Delanoe mente”
Il sindaco: intervenga l’ambasciatore per le affermazioni del collega parigino: “Difficilmente avrò con lui il rapporto che avevo con Rutelli e Veltroni”. La risposta: “Intollerabile, gemellaggio a rischio”. Fini solidale con il primo cittadino capitalino dall’inviato / FOTO Saluti romani in Campidoglio

°°° Naturalmente, Delanoe NON mente affatto. Il fascismo non è mai stato così prepotente da 60 anni a questa parte. E anche per questo dobbiamo ringraziare il mafioso che siede a Palazzo Chigi. Gli servivano assolutamente i voti dei fascisti, dei decerebrati, dei mafiosi, degli evasori fiscali, dei malavitosi, e degli xenofobi della Lega, per agguantare il potere e sfuggire alla galera e quindi ai nuovi processi. Bella roba!

(COPINCOLLATE QUESTO E VEDETE QUANTO MENTE dELANOE)
http://www.repubblica.it/2006/05/gallerie/politica/saluti-romani-alemanno/1.html?ref=search

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I soliti malavitosi al soldo

MA CHI CI GUADAGNA DA UNA RAI SENZA SPOT?
di Augusto Preta 31.03.2009

Il ministro Bondi ha avanzato l’ipotesi di una Rai senza pubblicità, sull’onda di una recente riforma francese. Ma in Francia ci si proponeva almeno di redistribuire le risorse pubblicitarie tolte al servizio pubblico a canali privati, radio, stampa e nuovi media. Un progetto fallito per l’insorgere della crisi. E che ora si trasforma in un impoverimento di tutti i media, pubblici e privati. In Italia, le perdite per la tv pubblica sarebbero ben più consistenti e avrebbero conseguenze ancora più negative sull’intero sistema televisivo nazionale.

Mettere mano alla televisione è un’aspirazione che accomuna i vari governi che si sono succeduti negli ultimi anni. Nei casi più recenti, quando si è tentato di affrontare il tema chiave delle risorse economiche, dal disegno di legge Gentiloni fino alla recente proposta Bondi, emerge comunque una comune forte impronta dirigista, volta a regolare le dinamiche di mercato, spostando risorse per legge o decreto, e magari cercando di favorire più o meno consapevolmente una delle due parti in causa (l’idea dei nostri politici è che ci sia ancora un duopolio), con risultati che, se realizzati, sarebbero estremamente negativi per tutto il sistema.

PUBBLICO SENZA PUBBLICITÀ

Nelle scorse settimane, il ministro Bondi ha avanzato l’ipotesi di un servizio pubblico senza pubblicità, sull’onda della recente riforma francese. Da quel momento, il tema è entrato nel dibattito nazionale, ma come spesso avviene nel nostro paese, prescindendo totalmente dai dati di fatto e dall’analisi del caso concreto.
La nuova legge sulla televisione in Francia è stata promulgata il 7 marzo scorso, dopo un iter di oltre un anno, iniziato nel gennaio del 2008 con una dichiarazione pubblica del presidente Sarkozy. Gli effetti della sua applicazione non sono ancora visibili, salvo l’articolo che riguarda la soppressione della pubblicità sulle reti del servizio pubblico dalle 20 alle 6, in vigore dal 5 gennaio scorso. (1)
L’applicazione definitiva della legge provocherà la perdita di 800 milioni di euro di pubblicità sulla televisione del servizio pubblico, che il governo pensava di recuperare attraverso una tassa supplementare sul fatturato dei principali operatori commerciali concorrenti: 3 per cento per le reti private storiche nazionali; tra l’1,5 e il 2,5 per cento per le nuove reti digitali; 0,9 per cento sul fatturato proveniente dai ricavi da servizi di accesso a larga banda per operatori di rete fissa e Umts.
Secondo le intenzioni del governo, il servizio pubblico e gli utenti si sarebbero liberati dal giogo della pubblicità, e le risorse prima destinate alla tv pubblica si sarebbero trasferite sugli altri media: 480 milioni sulle reti private nazionali concorrenti Tf1 e M6, 160 milioni su radio, stampa e affissioni, 80 milioni su internet e new media e 80 milioni sulle altre televisioni, principalmente i canali del digitale terrestre.
I risultati per il momento sono di tutt’altro tenore. A causa della crisi economica, gli inserzionisti anziché investire sugli altri media, hanno semplicemente soppresso gli investimenti in pubblicità.
In termini di fatturato lordo:

– Tf1, la principale tv privata, vede i suoi investimenti pubblicitari lordi diminuire del 20,3 per cento nei primi due mesi rispetto al periodo equivalente dell’anno scorso, secondo quanto dichiarato dai dirigenti della rete il 9 marzo scorso, e ha perso dal 1 gennaio 2009 il 50 per cento del suo valore in borsa.
– M6, il canale privato concorrente, perde oltre il 10 per cento di ricavi pubblicitari
– solo le reti Dtt vedono gli investimenti lordi sui primi due mesi dell’anno aumentare dell’85 per cento rispetto a gennaio-febbraio dell’anno scorso, ma è soprattutto il risultato dei notevoli progressi in termini di audience di queste reti. In ogni caso, si tratta di pochi milioni di euro contro le centinaia perse dai network nazionali.

L’audience della televisione pubblica, nonostante l’assenza di pubblicità, è leggermente diminuita dal primo gennaio scorso, mentre quella di Tf1 e M6 non ha subito sostanziali cambiamenti.
Ne consegue che a tutt’oggi gli 800 milioni di finanziamento del servizio pubblico che prima provenivano dalla pubblicità, non sono garantiti. Lo Stato, quindi il contribuente, dovrà pagarne una parte.
Anche le altre fonti non sono garantite, dal momento che le reti private dovranno versare una tassa supplementare su un fatturato pubblicitario che per il 2009, e forse anche per il 2010, sarà in forte diminuzione.
Gli operatori di telecomunicazione, che hanno fatto ricorso davanti alla Commissione europea, trasferiranno la tassa sul costo degli abbonamenti ai loro servizi. Per il momento, la legge provoca un impoverimento dei media dal momento che gli inserzionisti, vittime della crisi economica, hanno soppresso la quasi totalità delle somme precedentemente investite sulla televisione pubblica, anziché investirle negli altri mezzi.
Le reti pubbliche di France Télévisions, in previsione della futura diminuzione degli introiti, hanno già ridotto gli investimenti dedicati agli acquisti di programmi, fiction e altri, tanto che già a dicembre, l’associazione dei produttori inglesi ha inviato un rapporto all’ambasciatore francese a Londra per protestare contro il varo della legge.

LEZIONE CHIARA

In conclusione, dalla vicenda francese emergono alcuni insegnamenti molto chiari.
Il primo è che la pubblicità sui grandi canali generalisti non è ormai più vista come un fattore in grado di spostare ascolti: gli spettatori scelgono quel programma indipendentemente dalla presenza dei break pubblicitari. In altri termini, non vi è elasticità della domanda di visione dei programmi dalla riduzione o abolizione della pubblicità.
Il secondo è che la redistribuzione delle risorse in seguito a uno shock di mercato, come l’eliminazione immediata di centinaia di milioni di risorse economiche, non è facilmente indirizzabile verso canali ritenuti sostituti. Innanzitutto, perché la congiuntura economica, che determina in prima battuta la disponibilità di risorse che le imprese investono in pubblicità più ancora dell’attrattività dei programmi tv, può sempre incidere in maniera inattesa, come sta avvenendo ora.
Inoltre, la visione che sottende alla legge è che ci troviamo di fronte a un mercato statico, dove gli investimenti rimangono stabili sulle reti tradizionali, per cui la porzione della torta che viene sottratta a un soggetto viene poi ripartita tra i restanti, che pagano una tassa per finanziare chi è rimasto senza boccone. La realtà è invece molto più dinamica e registra in tutta Europa una chiara saturazione del mercato della tv tradizionale, a vantaggio dei canali tematici, che sottraggono importanti quote di mercato in termini d’ascolti e di ricavi. Nel caso della Francia, ciò significherebbe minori introiti indiretti dalla tassa sul fatturato dei canali commerciali, che non compenserebbero in ogni caso le perdite derivanti dalla pubblicità.
Nel caso dell’Italia, dove non è chiaro neppure se vi sia la volontà di ribilanciare le perdite ben più consistenti che il servizio pubblico subirebbe, 1,1 miliardi di euro, la soluzione alla francese appare economicamente meno sostenibile e dunque in grado di produrre conseguenze ancora più negative per l’intero sistema televisivo nazionale.

(1) A causa dei ritardi nel varo della legge, è stato il consiglio di amministrazione di France Télévisions a prendere la decisione di eliminare la pubblicità in quella fascia oraria dall’inizio dell’anno. Dal 7 marzo 2009 è la legge che proibisce la diffusione di messaggi pubblicitari dalle 20 alle 6. La soppressione per il resto della giornata interverrà con lo spegnimento definitivo della diffusione analogica a fine 2011.

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