La feccia della feccia della feccia di burlesquoni, che si ruba miliardi dei cittadini.

P4: “Berlusconi non funziona più
È tutto fuori controllo”

Bisignani al telefono con Scaroni liquida il governo. Indagine bis su gas e petrolio: riemerge Pacini Battaglia. Dagospia e la Carfagna che vuole “farsi impalmare” dal premier, la rete della nuova cricca e il grande business per l’energia

Un Governo che “non funziona più, non fa più niente” e una ministra, Mara Carfagna, che chiederebbe d’essere “impalmata” da Silvio Berlusconi. Le conversazioni di Luigi Bisignani, intercettate al telefono, raccontano un Paese allo sbando nel quale la politica, grazie ai suoi governanti, assume toni grotteschi. Nel sottobosco, però, i faccendieri tramano per chiudere affari e acquisire potere: al centro ci sono sempre l’energia, gas e petrolio, con commesse in Russia, Qatar e Cipro.

Affari al centro di un’altra indagine, quella dei pm napoletani Catello Maresca e Marco del Gaudio, che ha in comune il coinvolgimento dello stesso protagonista: Luigi Bisignani. Una seconda inchiesta che ha scandagliato nei sotterranei del potere, facendo riemergere un altro grande vecchio, Francesco Pacini Battaglia, segno che gli uomini di tangentopoli continuano, ancora oggi – spesso all’ombra del Vaticano, lo stesso Vaticano della maxi tangente Enimont – a governare l’Italia e i suoi affari.

Nel 2003 Pacini Battaglia fu condannato a 7 anni e 3 mesi per i fondi neri dell’Eni. Come Bisignani, anche lui è cresciuto nel colosso dell’energia, e se il

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“Il patto Berlusconi-Bossi esiste. Dal notaio”B. pagò 100 mld di euro.

di Elisabetta Reguitti

“Il patto Berlusconi-Bossi esiste. Dal notaio”

Ne è convinto Gilberto Oneto, iscritto alla Lega dal 1986 al 2006. Dice: “L’accordo è costato al Cavaliere il denaro per saldare i debiti del Carroccio e per cancellare le querele che pendevano sulla Padania”

Tanto per intenderci, Gilberto Oneto è uno che quando detta il suo indirizzo mail non pronuncia il suffisso “it”. Al massimo lo sostituisce con itterizia. Si è iscritto alla Lega di Bossi nel 1986 e ha rinnovato la tessera fino al 2006. Architetto, giornalista è studioso dell’autonomismo delle regioni padano-alpine. Nel 1996 viene nominato responsabile dell’identità culturale nel “Governo della Padania”. Per anni – prima di entrare in polemica con la dirigenza leghista – ha tenuto rubriche settimanali di storia identitaria sul quotidiano La Padania e su Radio Padania Libera. Per Libero ha praticamente riscritto la storia del Risorgimento in salsa leghista. Amico e collaboratore di Gianfranco Miglio, Oneto conosce la Lega da dentro.

All’Infedele di Lerner lei ha confermato che tra Lega Nord e Berlusconi esiste un patto firmato da un notaio in virtù del quale i dirigenti del Carroccio non potranno mai ribellarsi al Cavaliere.
Un fatto risaputo da tutti nel partito e scritto anche in diversi libri (il primo fu Leonardo Facco nel suo Umberto Magno, ndr). Quel patto esiste. Un accordo tra due persone (Bossi e Berlusconi, ndr), che quindi non ha la valenza legale ma poco importa. Quel pezzo di carta per Bossi è un patto d’onore che verrà rispettato fino alla morte.

Quanto è costato l’accordo?
A Berlusconi, sembrerebbe, i soldi per saldare i debiti della Lega e per cancellare centinaia di querele che pendevano sul quotidiano di via Bellerio (che al tempo titolava: “Berlusconi, sei un mafioso? Rispondi”, mettendo in prima pagina le foto di Riina, Brusca, Bagarella, Berlusconi e Dell’Utri ndr). A Bossi costa accettare e farsi andare bene le scelte più immonde.

Come quando nel ’98 alla Camera dei deputati la Lega Nord votò contro la richiesta di arresto di Cesare Previti, uomo di fiducia di Berlusconi?
In qualche modo fu l’anno della svolta per la Lega che smise i panni di movimento per indossare la cravatta d’ordinanza di un partito che di “sì” in “sì” ha addirittura accettato la guerra in Libia, contravvenendo persino all’articolo 11 della Costituzione. Argomento questo che peraltro mi sembra abbia avuto poco peso anche per lo stesso presidente della Repubblica, che sulla vicenda non ha mosso un dito. Ma tornando alla missione in Libia che senso ha andare a Pontida proclamando che ora bisogna ritirarsi? La dichiarazione di guerra non l’ha fatta certo Harry Potter e i leghisti di Roma dove se ne stavano? Ora si sono inventati la trovata della guerra a tempo…

Del raduno di domenica cosa rimane?
Un Bossi che cerca di fare il punto su una situazione difficile in cui si è cacciato da solo. Per la prima volta in 20 anni il popolo ha interrotto il discorso del Capo – mai accaduto prima – urlando se-ces-sione. Poi quel tentativo, quasi vano, di ufficializzare il passaggio di testimone a Roberto Maroni.

Perché quasi vano?
Perché faranno di tutto per non permetterglielo.

Chi?
Quelli della “banda del buco” che generalmente i giornali definiscono come quelli del “cerchio magico” fatto dalla moglie (assente a Pontida, ndr) all’ interno del quale stanno, come dei figuranti, i vari Francesco Belsito (tesoriere della Lega), Marco Reguzzoni, Federico Bricolo e Rosi Mauro. Bossi di tanto in tanto cerca di sfuggire a quella presa mortale perché si è reso conto che è arrivato il momento delle consegne. Sono convinto che proprio nel discorso di Pontida, quando ha parlato dei 15 anni di politica, abbia cercato di farlo capire anche a Berlusconi.

Quindi cosa accadrà?
Bossi pensa che Roberto Maroni sia l’uomo giusto, anche se non sarà mai un leader semplicemente perché non ne ha le caratteristiche. In fondo Maroni è uno che preferisce stare tranquillo, ma è l’unico che può evitare lo sfacelo della Lega. Un’altra ipotesi è che a Maroni venga almeno concesso di fare da traghettatore verso i diversi appuntamenti congressuali dove si scanneranno gli uni con gli altri. Alla fine vincerà il migliore magari proprio riuscendo a fare fuori i vari “leccachiappe e cadregari”.

E poi?
Poi sarà ora che anche gli altri partiti si sveglino, compresa la sinistra. Il futuro è nelle Leghe quelle che, però, a Roma non ci vanno. Parlo di identità autonome siano esse liberali, ma anche cattoliche. Mi chiedo: che fine hanno fatto le proposte autonomiste di Cacciari e Chiamparino che sembrano rientrati nella dimensione monolitica di un partito unico. A lei sembra che in Catalogna stiano forse male? Io penso che l’autonomia farebbe bene a tutti. E guardi che in fondo i militanti della Lega sono arrabbiati perché chi è andato a Roma si è dimenticato quello che sta scritto nello statuto della Lega.

Cioè?
L’indipendenza della Padania.

Secessione?
No, quello è uno strumento e non il fine. Io parlo di autodeterminazione che, come diceva Gianfranco Miglio, significa libera scelta di stare con chi si vuole e con chi ci vuole. Quello è l’unico vero obiettivo. Poi però mi chiedo come sia possibile definirsi indipendentisti e contemporaneamente fare il ministro “di Polizia” dello Stato italiano.

°°° Molti amici mi dissero che il culo di Bossi costò al nano oltre 100 miliardi di lire: 33 per pagare i debiti della lega e 70 per lo storpio. Tutto in nero, ovviamente.
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“POVERO” GHEDDAFI… Decine di miliardi di dollari nascosti in giro

I conti del Raìs: la lista segreta

Cento miliardi di dollari della Banca centrale distribuiti tra Italia, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti

I depositi nel mondo

I conti del Raìs: la lista segreta

Cento miliardi di dollari della Banca centrale distribuiti tra Italia, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti

Esiste presso il Consiglio di sicurezza dell’Onu una notifica che intende risparmiare ai libici il destino toccato, fra gli altri, ai cittadini di Panama, della Nigeria o di Haiti. Una costante tiene insieme questi popoli così diversi: al termine di paurose dittature, hanno perso il filo di certi conti bancari in precedenza controllati dal regime. In quei casi erano fondi depredati da tiranni come Sani Abacha, Manuel Noriega o François Duvalier. Stavolta in gioco c’è il patrimonio della Banca di Libia: oltre cento miliardi di dollari da tutelare perché restino ai libici se e quando Muammar Gheddafi non sarà più il leader di quel che resta della Jamahiria.

La lista è depositata al Palazzo di Vetro da prima che il Consiglio di sicurezza desse il via ai bombardamenti. Da tempo era chiaro che i dettagli in quel pezzo di carta un giorno potrebbero tornare utili: in futuro nessuno in Libia o fuori potrà dire che le cose stavano diversamente, che quei soldi non sono libici, o non sono mai esistiti. Si tratta di una precauzione non da poco. Non lo è, perché ciò che emerge dal documento è il profilo di uno Stato finanziariamente molto più robusto di quanto gli analisti immaginassero fino a qui. Che la Libyan Investment Authority (Lia) gestisse circa 60 miliardi di dollari in investimenti esteri era in effetti ormai chiaro. Ciò che non si sapeva, è che quella somma non costituisce neppure la metà delle riserve ufficiali di Tripoli. Molto più di quanto detiene la Lia resta nei conti che la Banca di Libia, l’istituto centrale del Paese, ha distribuito presso decine di importanti banche private occidentali.

Il patrimonio della Banca di Libia ammonta in totale a 102,9 miliardi di dollari. Di questi 2,4 sono depositati presso il Fondo monetario internazionale a copertura quota libica nell’organismo di Washington. Altri 17 miliardi di dollari sono poi denaro in teoria del fondo sovrano, la Lia, ma depositato presso conti a nome della banca centrale. Il resto del patrimonio, circa 85 miliardi di dollari, appartiene poi tutto direttamente all’istituto centrale. Da un paio di settimane queste somme in realtà sono congelate per legge sia in Europa che negli Stati Uniti, benché in teoria ancora in febbraio su certi conti potrebbero esserci stati movimenti. Ma si tratta comunque di un patrimonio determinante nella battaglia per la Libia: su quella ricchezza un futuro governo che dovesse emergere dopo Gheddafi potrà fondare la rinascita del Paese, magari grazie a un grosso programma di welfare e nuove infrastrutture (che molte imprese occidentali faranno la fila per costruire).

Secondo osservatori del sistema finanziario la Banca di Libia negli anni sembra aver gestito con accortezza le proprie riserve, senza concentrare il rischio in alcun Paese. Così in Italia risultano depositati in totale 9,86 miliardi di dollari, di cui 4,7 miliardi in titoli e investimenti di portafoglio, con il resto concentrato in strumenti monetari (ossia, in denaro liquido). Gli istituti presso i quali la Banca di Libia avrebbe aperto delle posizioni sono principalmente Intesa Sanpaolo e Unicredit, oltre alla Banca d’Italia. A queste somme vanno aggiunte poi le partecipazioni libiche in Unicredit, Finmeccanica o Eni, anch’esse congelate da un paio di settimane.
Benché l’Italia sia il principale partner commerciale della

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Castelli, come al solito non hai capito un cazzo!

“Benigni? Noioso e funereo”

18 febbraio 2011

Il leghista Castelli critica l’esibizione del comico a Sanremo “Ho trovato Roberto Benigni un po’ noioso, ma nel suo intervento c’erano degli spunti positivi: ha fatto pubblicita’ alla Lega di Legnano, ha detto che gli italiani non devono continuare a lamentarsi come fanno in tutti talk show della sinistra, e poi ho apprezzato il suo modo affascinante di fare l’esegesi dei testi”. E’ il commento iniziale alla performance di Roberto Benigni sul palco dell’Ariston da parte del vice ministro per le Infrastrutture Roberto Castelli, intervenuto questa sera su Radio2 alla trasmissione di Piero Chiambretti, “Comunque vada sara’ Sanremo”.

MI AVETE INVITATO VOI – Una telefonata, quella del vice ministro a Radio2, partita subito con una precisazione: “chiamare ‘motu proprio’ non porta fortuna”, ha detto, precisando, “mi avete invitato voi”. E alle provocazioni di Chiambretti sul messaggio rivolto da Benigni alla Lega, Castelli ha risposto rilanciando le critiche anticipate nel pomeriggio: “avrei celebrato gli italiani in modo piu’ morigerato e sono ancora piu’ arrabbiato – attacca – perche’ Benigni e’ stato pagato anche da me, con il mio canone Rai. Dobbiamo moralizzare compensi troppo alti che gridano vendetta al cielo”. Il vice ministro ha definito l’interpretazione dell’inno di Mameli da parte dell’attore toscano “una marcetta cantata in modo assai triste, quasi funereo, come se interpretasse lo spirito di una certa parte del Paese, quella pessimista che si piange addosso”. Santoro contro Sanremo?, gli domanda curioso Chiambretti: “Ho fatto zapping – risponde Castelli – ma Santoro e’ sempre interessante. E’ fazioso ma di una faziosita’ che ha una sua dignita’”. Chi vincer¯ il festival? La scelta nordista di Castelli e’ quasi obbligata: “Faccio il tifo per Davide Van De Sfroos”.

°°° SOLO UNA DOMANDA…  MA SE BENIGNI LO PAGHIAMO ANCHE COI SOLDI TUOI…. I MILIARDI DI EURO CHE VI SIETE FOTTUTI TU E LA LEGA E IL TUO SALATISSIMO STIPENDIO, CHI CAZZO  LI PAGA, TOPO GIGIO?

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Berlusconi spara altre cazzate: “Abruzzo, 14 miliardi e mezzo di euro a disposizione e…

… diecimila cantieri aperti”

(1400 euro a cantiere?! MA BACCAGAI, CAZZARO MONUMENTALE!!!)

I soldi mancano per Pompei, non per Isernia

Antonello caporale

CI SONO soldi o mancano? E’ questione di punti di vista. Viene prima Pompei o il nuovo auditorium di Isernia? Questione di punti di vista. Bisogna chiudere gli aeroporti bonsai, quelli cioè che non raggiungono almeno i 500mila passeggeri annui, o finanziare come opera strategica lo scalo di Perugia (un volo quotidiano per Milano, uno alla settimana per Tirana, e altri tre per Londra)? E’ sempre questione di punti di vista. O forse di convenienze, e forse di connivenze. Gli aquilani dicono che lo Stato li ha abbandonati. Il premier invece comunica che ci sono 14 miliardi e mezzo di euro a disposizione e diecimila cantieri aperti (quindi 1400 euro a cantiere). Dov’è il vero e dove il falso?

A Pompei la domus dei gladiatori viene giù, mentre a Isernia sale verso il cielo un

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E la barca fa acqua…

Fisco, in sette mesi evasi 3,3 miliardi di euro

Il bilancio della Guardia di Finanza sui primi sette mesi del 2009: oltre un miliardo scovato nei paradisi fiscali. I numeri: 5.690 le indagini concluse, 3.557 le persone già denunciate.

°°° Cosa  volevate aspettarvi  con la mafia  e  gli  evasori  al  potere?

b-cartigienica

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Da spararsi, amici

(Corriere) «adeguare l’età effettiva di pensionamento in Italia alla media europea»
Corte dei Conti: «Corruzione nella P.A.
è una tassa occulta da 60 miliardi»
«L’evasione è una tassa da 100 miliardi,
recupero arduo. Deluse le aspettative di miglioramento dei conti pubblici»

Il procuratore della Corte dei Conti, Furio Pasqualucci (Ansa)

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ROMA – «Gli indici relativi all’esercizio 2008 hanno purtroppo disatteso» l’auspicio della «prosecuzione di un percorso virtuoso a riduzione del debito e deluso l’aspettativa di un miglioramento dei conti pubblici». Lo rileva il Procuratore generale presso la Corte dei Conti, Furio Pasqualucci, nella sua requisitoria sul Rendiconto generale dello Stato: a pesare, la rapidità con cui la crisi finanziaria si è trasferita sull’economia reale. Il giudice contabile segnala che «il Pil ha registrato una flessione dell’1%; l’indebitamento netto è salito a 42,9 miliardi pari al 2,7% del Pil, l’avanzo primario è sceso al 2,4% e il debito pubblico ha raggiunto la cifra di 1663,65 miliardi, pari al 105,8% del Pil».

CORRUZIONE – La Corte dei Conti lancia poi l’allarme corruzione nelle pubbliche amministrazioni. «Il fenomeno – si legge nella memoria del procuratore generale della magistratura contabile – è talmente rilevante e gravido di conseguenze in tempi di crisi come quelli attuali, da far più che ragionevolmente temere che il suo impatto sociale possa incidere sullo sviluppo economico del Paese anche oltre le stime effettuate dal Saet (Servizio Anticorruzione e Trasparenza del ministero della Pubblica amministrazione e dell’Innovazione) nella misura prossima a 50/60 miliardi di euro all’anno, costituenti una vera e propria ‘tassa immorale e occulta pagata con i soldi prelevati dalle tasche dei cittadini’». Il fenomeno della corruzione è «perdurante», sottolinea Pasqualucci, ma esiste «un’ampia massa di cittadini che non cedono alle lusinghe del guadagno facile e vogliono operare con onestà, nel rispetto delle istituzioni».

EVASIONE – Nella sua relazione il procuratore generale della Corte dei Conti, citando i dati forniti dal ministro dell’Economia, ha ricordato che il valore aggiunto dell’economia sommersa nel nostro Paese è quasi pari al 18% del Pil e che, in termini i gettito, si tratta di almeno 7 punti di Pil, pari a oltre 100 miliardi l’anno. Tra i fattori che rallentano il recupero dell’evaso, Pasqualucci ha ricordato la «persistente caratterizzazione di straordinarietà di un obiettivo che dovrebbe essere considerato naturale e ordinario, l’indebolimento dell’apparato sanzionatorio, l’indebolimento giuridico degli studi di settore a seguito del ridimensionamento della loro valenza dal 2007 in avanti, e il deficit di conoscenza e di trasparenza che caratterizza l’approccio all’evasione».

PENSIONI – Secondo la Corte dei Conti, inoltre, la condanna della Corte di giustizia europea sull’età pensionabile «appare l’occasione propizia per un risanamento della legislazione in materia che adegui l’età effettiva di pensionamento in Italia alla media europea». Secondo Pasqualucci, gli effetti della riforma «nel quadro di una necessaria omogeneizzazione di sistema» potrebbero avere «positivi effetti» che potrebbero «cominciare evidenziarsi in tempi relativamente brevi».

BERLUSCONI SI PREPARA A COMBATTERE L’EVASIONE FISCALE:

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I NUOVI POTENTI MEZZI DELLA POLIZIA

celere

FINITA LA PACCHIA!

evasore

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