B. l’imbecille congenito tenta di fare il simpatico col PM, ma…

Mafiolo: “Lei e’ quello cattivo”. Pronta la replica di De Pasquale che ha invitato il leader del Pdl a “contenersi”.IL PM FABIO DE PASQUALE

“Si contenga lei con le accuse”, ha ribattuto Berlusconi, ma “le accuse sono il mio lavoro le battute no”, e’ stata la controreplica del magistrato.

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Ruby ai pm “Ho visto a casa di B. Belen, la Carfagna e la Gelmini che ballavano nude”

Berlusconi: ‘Ruby è pazza e parla di festini con Belen e Carfagna”

Il premier mette a punto la sua difesa: “Ruby avrebbe raccontato ai pm di aver visto a casa mia Belen, la Carfagna e la Gelmini che ballavano nude” –

°°° Ah, sì? Lei sarebbe pazza? Ti spiacerebbe rendere pubblici i motivi e i curricula che hanno fatto diventare quelle due addirittura ministre ?

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Ruby piange davanti ai pm

Ruby piange davanti ai pm
“La mia vita prima del Cavaliere”

La ragazza in lacrime ricostruisce la sua storia fra le violenze del padre e le molestie delle persone che incontra nella sua vita randagia. Poi l’arrivo di Berlusconi che le offre “di cambiargli la vita” se accetterà di spogliarsi e di “ricoprirla d’oro se tacerà i suoi segreti ai magistrati. La giovane racconta di aver fatto sesso con Cristiano Ronaldo

di PIERO COLAPRICO, GIUSEPPE D’AVANZO e EMILIO RANDACIO

Ruby piange davanti ai pm "La mia vita prima del Cavaliere" Karima el Marhoug

E FINALMENTE piange. Piange e rabbiosamente subito dopo ride. “Che vergogna!” dice Ruby, durante l’interrogatorio (è il 2 luglio 2010). Ruby cerca un fazzoletto per asciugarsi le lacrime, mentre anche il pubblico ministero vuole rasserenarla: “Sai, è positivo che ti sia venuta voglia di piangere” e l’assistente sociale, che le siede accanto, le sussurra premurosa: “Ruby, fai la dura, ma sei ancora una bambina…”. È questa “bambina” che Emilio Fede porterà ad Arcore. È questa “bambina” che Lele Mora vuol far entrare nella sua scuderia. E sono le semplici parole di Ruby a dimostrare che le “notti del Drago” calpestano anche chi è come lei indifeso, lei insieme con le “zoccole”, le “ragazze delle favelas”, le “zingare”.

Ruby, Karima, ma quale vita ti ha portato a diciassette anni a oltrepassare la soglia di Arcore? Quante persone, tutte sempre e molto più anziane di te, ti hanno circondato e accompagnato e lusingato con le peggiori intenzioni? Come, secondo l’accusa, il presidente del Consiglio? Leggere in filigrana l’adolescenza mancata di Ruby è dunque necessario per spiegare che quelle di Arcore non sono scene “tra persone perbene”, come il premier va raccontando con i videomessaggi ai promotori della libertà. “Io ce l’ho una famiglia, non è che non ce l’ho, ma è come se non ci fosse”, spiega Ruby nei suoi verbali d’interrogatorio. “Sono stata in Marocco sino a 9 anni, poi mio padre, che era immigrato in Italia, ci ha chiamato. Aveva avuto un incidente sul lavoro, lo hanno licenziato, non gli hanno dato la liquidazione e si è dovuto arrangiare… Alla fine ha raggiunto un po’ il suo equilibrio trovandosi un lavoro a Randazzo, in un negozio di tappezzeria”.

È un padre all’antica, legato alle tradizioni islamiche, severo. È anche violento. Fuori dal suo mondo non conosce le parole per educare o convincere: “In Marocco era anche un imam e in Italia ho lottato per frequentare la scuola. Mi ha fatto fare le medie, quando volevo iscrivermi alle superiori non era d’accordo”. È un eufemismo, il disaccordo. È conflitto. Il padre la picchia, più volte, senza misura. Accade quando Karima va a catechismo. Qualcuno pensa che lei abbia “una vera fede, perciò mi hanno detto: “Dovresti fare dei passi che sono importanti per la vita di un cattolico, che sarebbero il battesimo, la comunione e la cresima…”. Mi sono rivolta a mio padre, gli ho chiesto il consenso e lui, che friggeva le patate, mi ha tirato addosso una padella di olio bollente”. C’è un family day che queste ragazze dovrebbe proteggere, che di questi valori dovrebbe occuparsi. E poi ci sono Noemi Letizia, Patrizia D’addario e la povera Ruby-Karima.
Ascoltare dalla sua stessa voce gli anni di una giovinezza rubata serve a inquadrare l’enorme sproporzione tra chi non aveva niente e chi poteva offrirle tutto, come beni materiali, ma senza la minima solidarietà umana. Ruby avrebbe avuto bisogno di una educazione migliore e forse di un’altra occasione. Invece è rimasta segnata dalle legnate del padre. “Le sue cinture, eh, quante se n’è dovuto comprare, se ne sono rotte talmente tante sulla mia schiena. .. la schiena, sapete, si abitua dopo un po’… Diventi come un asino, ti abitui alle botte”.

I pubblici ministeri fotografano quei segni sulle braccia della ragazza che si dice asino. Chiedono e impallidiscono. Ecco un altro episodio, quello che porta Ruby fuori da casa sua per sempre: “Un giorno torno a casa in ritardo e papà mi riempie di botte, alla sua cintura si era rotta persino la fibbia, allora ha continuato con il cavo della luce. Il giorno dopo vado a scuola, c’è educazione fisica, entro per ultima, per cambiarmi da sola. Alzo la maglietta ed entra una mia compagna, vede la schiena e urla. “Stai zitta”, per favore, le dico. Ma lei va dalla professoressa e anche la prof vuole vedere: “Ma no, sono caduta dal motorino”, provo a dire. “Tu non ce l’hai il motorino”, dice. Alla fine ammetto… “. E così, terminata l’ora di ginnastica, “il tempo di salire in scuola, ho trovato i carabinieri nell’ufficio del preside”. Possibile che ad Arcore nessuno abbia visto queste cicatrici?
Purtroppo, a quell’intervento dei carabinieri non segue un vero aiuto. Ruby viene riportata a casa, litiga con il padre, che le dice: “Escitene”. E lei “esce”. Ruba una borsetta da un’auto per pagarsi la prima notte in albergo e raccapezzarsi. Poche ore dopo, è già beccata dagli stessi carabinieri del piccolo paese e comincia la trafila delle comunità.

“Mi hanno portato la prima volta a Mondo X, una comunità di tossicodipendenti. Ero l’unica femmina con quarantadue uomini, in Calabria e per giunta tossici, con orari assurdi. Il posto di lavoro era zappare la terra, spostare le pietre e tagliare legna”. Dopo sei mesi Ruby scappa e torna in Sicilia. Va a Catania: “In città”, e non ha ancora 14 anni. Trova una specie di casa alla discoteca Capannine: “Ero ancora con la valigia in mano e un tizio mi vede e mi fa: “Sei una bella ragazza”, gli ho detto: “Hai fatto la scoperta dell’acqua calda”. Mi dice: “Vorresti lavorare da me?””. Ruby ottiene un posto da “selector”, “la ragazza che fa cassa, oppure che ha la lista della discoteca. Poi quel signore, che ha tanti locali, mi ha detto: “Guarda, ti ospito io a casa mia”. La prima sera ho dormito con lui nella sua stanza, non mi ha toccato neanche con un dito”, anche se è chiaro che l’uomo, 46 anni, punta a ben altro: “Guarda, anche se hai 13 anni, cerco di fare il padre, però – le dice il mattino dopo – non ce la faccio, sei una ragazza con le sue curve, preferisco allontanare la tentazione da me. Io ho apprezzato la sincerità, mi sono detta: “Va bene, questo è un uomo””. Errore: i complimenti non richiesti arrivano sempre. “Mi piacerebbe sprofondare nel tuo seno”, dice. E qualche mese dopo, aprendo l’armadio del bungalow dov’era ospite, Ruby trova proprio il suo principale. É nudo: “E quando l’ho trovato nell’armadio della mia stanza, gli ho dato un pugno, gli ho fratturato lo zigomo sinistro”. In cambio non una denuncia, ma una proposta: “Ti do i soldi, perché mia figlia è in politica, non voglio che si macchi il suo nome e neanche il mio”.

Nel frattempo Ruby, che ferma non sa stare, ha conosciuto e frequenta un ragazzo di 24 anni, che vorrebbe persino farla prendere in affido dalla sua famiglia: “Sei piccola, e dovresti venire con me, parliamo con i miei genitori”. Per l’appunto, Ruby è piccola. I suoi tentativi di sbarcare il lunario incrociano spesso i carabinieri. “Mi mandano a Villa Sant’Anna, a Messina, una casa di cura per psicopatici”. Ma minori, maggiori?, chiede il pm. “Maggiori, maggiori”, ripete Ruby, aggiungendo: “Mi sono trovata, dopo un mese, con uno di 60 anni che mi molestava mentre dormivo. Ho riempito la valigia, sono andata verso la porta”, addio. Passerà molto tempo prima che i carabinieri si accorgano di questa fuga (“Ruby, scendi dalla macchina, guarda che ti conosco”, le dicono a un posto di blocco, mesi dopo), mentre lei entra ed esce dai locali, cerca lavori, vive con quello che chiama il suo “fidanzato”, viene spedita in altre due comunità e, la notte del 28 dicembre 2009 decide di abbandonare la Sicilia. Milano l’attende.

A chiamare Ruby a Milano è una ragazza bellissima. Ha poco più di trent’anni. Ruby la conosce ché lavorano insieme in un negozio di abbigliamento di Catania, “Le Bretelle”. Con lei ha anche parlato dei concorsi di bellezza, che ha vinto e dove ha partecipato, quello dove “Emilio Fede e Fiorello erano nella giuria”, c’è “Miss Venere” a Capo Sant’Alessio, c’è sempre qualche pigmalione, ma alla fine che può fare in Sicilia? “Non ho salutato neanche il mio ragazzo, perché lui non era d’accordo che salissi a Milano… alla stazione Centrale mi aspetta la mia amica Simona, mi porta a casa sua e alla sera mi dice: “Vestiti elegantemente, dobbiamo andare per il lavoro”. “Ma scusami, se è un lavoro di commessa, mica il colloquio lo fanno all’una di notte?”, rispondo io”. Ruby, senza documenti e minorenne, si ritrova in uno degli alberghi più lussuosi del cuore di Milano. Supera la reception e l’amica Simona dice: “Dobbiamo salire nella stanza”. Cresce il suo stupore e Ruby racconta che, nel corridoio, davanti alla stanza 333, apprende che quello che l’amica offre non è un lavoro da commessa. È da escort. E si ribella: “Gli ho preso la testa, gliel’ho spaccata contro il muro, e me ne sono andata. Avevo 80 euro nel portafoglio, me sono andata a ballare all’Hollywood, perché comunque senti dalla Sicilia: “L’Hollywood, l’Hollywood””. Quando alle 4 del mattino torna a casa dell'”amica non amica” (parole di Ruby) si trova le valige fuori della porta e non c’è verso di rientrare. “Mi sono seduta in piazza, non sapevo dove andare, passa un signore anziano su una macchina bianca, e mi fa: “Hai bisogno di aiuto?”. Gli ho detto: “Vattene marpione del cavolo”. E lui fa: “No, volevo vedere solo se avevi bisogno di aiuto””. È una costante per Ruby: qualcuno passa e l’aiuta, sempre gratis. Sempre per bontà, racconta lei. Prima “mi ha portato a casa sua, che aveva un monolocale, e mi ha detto: “Te ne stai tu da sola, non voglio approfittarmene, puoi essere mia nipote, non mia figlia, io starò da un amico finché non ti troviamo una sistemazione””. E poi le trova un impiego da cameriera e ballerina al Masquenada, in viale Piceno.

Non è che i magistrati siano sprovveduti. Già il 27 luglio, prima degli ultimi interrogatori, avevano appurato che Ruby ad Arcore era stata davvero. E un paio di testimoni, già ascoltati, avevano confermato che la minorenne raccontava in giro di conoscere Silvio Berlusconi. Non è nemmeno un segreto che quando esiste un “coinvolgimento ansiogeno”, una persona fragile, soprattutto un minore, può attuare quello che gli psicologi chiamano lo “spostamento”. Si attribuisce ad altri quello che è successo a se stessi: si rende concreto quel che gli addetti chiamano un “meccanismo di difesa dell’io”. Aiuta.

Così si aiuta Ruby, che ne ha viste e vissute troppe. Per esempio, nelle sue peripezie milanesi incrocia la vita di Michelle Coiceincao, la brasiliana che, la sera del 27 maggio scorso, chiama per prima Silvio Berlusconi quando apprende del fermo della ragazza in questura. È lei che ospita Ruby nel suo appartamento milanese: ma “Michelle esercita la prostituzione in forma molto riservata”, svela ai pm la ragazza. Ed è Michelle a proporle “di prostituirmi al suo posto”, con patti chiari fin da subito: “Mi ha detto che a lei sarebbe andata la percentuale più alta e che avrei potuto appoggiarmi a una certa Magda”. La raggiunge in un appartamento a Milano 2, la porta si apre e “da una stanza è uscita una ragazza che ho appreso chiamarsi Juanita, di origini messicane che ha detto di avere 17 anni e che ha chiamato Magda per nome. Juanita è uscita dalla stanza completamente nuda, con un uomo anche lui nudo dietro e ha detto che aveva finito il servizio. A questo punto l’uomo, di circa 70 anni mi ha direttamente” chiesto un rapporto “offrendomi 4000 euro, oltre a mille che avrebbe dato a Magda. Il cliente ha preso la mano della ragazzina messicana facendomi vedere che le aveva regalato un Rolex Daytona d’oro tempestato di diamanti del valore di 40 mila euro. Nel dire ciò il cliente soggiunse che avrebbe fatto un regalo del genere anche a me”, perché voleva “assaporare le mie labbra arabe””.

Ad ascoltarla, Ruby-Karima sembra rivendicare un’onestà di fondo e un orgoglio adolescenziale. Forse quello che le interessa di più è nascondere la propria vergogna “spostando” alcuni fatti, o forse alterandoli. C’è un episodio che i magistrati non hanno potuto controllare, ma è contenuto nei verbali. Riguarda uno dei calciatori più famosi del mondo. Ascoltiamo ancora la ragazza: “Non ho mai accettato rapporti sessuali a pagamento. L’ho fatto solo con i ragazzi che mi piacevano. L’unica volta che sono stata pagata per un rapporto sessuale è stato quando ho incontrato il calciatore Cristiano Ronaldo. Era la sera del 29 dicembre 2009 e dopo essere stata nell’hotel e prima che la mia amica Simona mi mettesse le valigie fuori dalla porta, sono andata all’Hollywood e là sono stata fermata da Ronaldo, il quale aveva un tavolo nel privè. Mi ha fatto dei complimenti e ci siamo scambiati il numero di cellulare. Sino a quel momento non sapevo che fosse un calciatore, ma l’ho saputo qualche sera dopo quando ci siamo rivisti al ristorante e molti gli chiedevano l’autografo. Lui sapeva della mia età e ci siamo rivisti varie volte ancora al ristorante. Circa tre settimane dopo, abbiamo deciso di fare l’amore e ci siamo incontrati in un hotel lussuoso, dove alloggiava. Secondo le sue indicazioni, dovevo andare direttamente nella sua suite, al quinto piano. Non avevo, come non ho neanche adesso, i documenti, ma nessuno mi ha fatto domande. Avuto il rapporto ci siamo addormentati tutti e due. Quando al mattino mi sono svegliata, non l’ho ritrovato più nel letto. Sul comodino c’era un biglietto: “Spero che quando torno non ti trovo nella stanza. I soldi li trovi vicino alla borsa”. Effettivamente, c’erano 4000 euro e sono uscita piangendo”.

Confonde un calciatore per un altro? Può darsi, fatto sta che precisa altri incontri: “Casualmente ho rivisto Ronaldo due settimane dopo nella discoteca “The Club”, dove ero andata per ballare. Era in un privè con altre persone, ho preso un bicchiere di champagne e gliel’ho tirato in faccia. Poi, davanti a tutti, gli ho svuotato sulla testa la bottiglia, gli ho buttato addosso le banconote da 500, i buttafuori sono intervenuti e mi hanno accompagnata a forza fuori dal locale. L’ho rivisto casualmente a giugno, prima che andasse al ritiro dei mondiali. Mi stavo recando alla comunità – dice Ruby – e lui si trovava davanti al locale Ibiza, ristorante di corso Garibaldi. Appena ci siamo incrociati, si è scusato per il suo comportamento: “Pensavo fossi una ragazza come tutte le altre, che cercassi da me soltanto soldi”. Accettate le scuse, mi ha accompagnato fino all’istituto, e anche le suore lo hanno visto, e si sono incuriosite”.

Ecco dunque come si descrive Ruby. È questa ragazza difficile, confusa, amareggiata ma mai sconfortata, in fuga, scappata di casa, che entra ad Arcore. Sembra la storia di una piccola fiammiferaia nella versione postmoderna dello show business. è la storia di una ragazzina che a 13 anni comincia a guadagnarsi il pane in una discoteca e che infine si imbatte in uno che – come tanti altri uomini entrati nella sua vita – può prometterle e permetterle la cosiddetta svolta: la tua vita cambierà, le dice Silvio Berlusconi. E ci vuole davvero poco perché questa vita desolata cambi in meglio. Ma nella ricostruzione dei pm questo cambiamento è soggetto a un pedaggio: il “bunga bunga”, il sesso, la corte delle miracolate che si riunisce intorno alla chitarra di Apicella. Tra febbraio e maggio, Ruby passerà i weekend con Silvio Berlusconi, 74 anni, che le promette di “cambiarle la vita”. Non le offre un lavoro o buoni studi o un’educazione. Le cambierà la vita, le ha detto, ma se accetterà di spogliarsi nuda nel “bunga bunga”. È questa la ragazza che dovrà poi “fare la pazza” e “sarà ricoperta d’oro”: per non parlare. Ma con i pubblici ministeri aveva già parlato.

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Salute e grano! Il solito valzer di minchiate contro i PM del cav.Mafiolo e dei suoi servi.

Berlusconi e la fuga dal processo
per illudere l’opinione pubblica

Così il Cavaliere vule sfuggire alle sue responsabilità. Il premier non propone narrazioni plausibili, all’attendibilità documentata preferisce il nonsense

di GIUSEPPE D’AVANZO

Berlusconi e la fuga dal processo per illudere l'opinione pubblica Karima el Marhoug

CI SONO i fatti e gli aspetti giuridici della controversia e poi, se in stato d’accusa è il capo del governo, è normale che ci siano la contesa politica, il discorso pubblico e il conflitto istituzionale. Ora per mettere un po’ di ordine all’affaire e capirci qualcosa, senza essere inghiottiti dal maelstrom di fili che si ingarbugliano nel “caso Ruby”, è utile separare i fatti dal diritto, il diritto dalla politica e la politica da un immaginato e molto presunto Zeitgeist, lo “spirito del tempo”. I fatti si fa presto a riordinarli. La notte del 27 maggio 2010, Karima El Mahroug (Ruby), una minorenne marocchina, fuggita da una comunità di accoglienza, senza famiglia, senza fissa dimora, senza una fonte di reddito, è accusata di furto e accompagnata in questura. In quegli uffici a notte fonda giunge la voce del presidente del Consiglio che chiede al capo di gabinetto di lasciarla andare – e presto – perché la fanciulla è la “nipote di Mubarak”. Si presenterà lì da voi, dice Silvio Berlusconi, una mia “incaricata” (Nicole Minetti) cui potrà essere affidata. Così avviene. Qualche ora dopo, indebitamente e contro le indicazioni del pubblico ministero dei minori, Ruby sarà consegnata alla Minetti che l’abbandonerà sul marciapiede di via Fatebenefratelli in compagnia di una prostituta brasiliana (Michelle). Di quel che accade la notte del 27 maggio non si sarebbe saputo nulla se, più o meno una settimana dopo (5 giugno), Ruby e Michelle

non se le dessero di santa ragione tra strepiti e minacce. Arriva la polizia. Tutte ancora dinanzi ai poliziotti, dopo l’intervento dei medici.

È a quel punto che Ruby comincia a raccontare momenti e condizioni che configurano una notizia di reato. È stupefacente come ancora oggi ci siano uomini assennati, come Ernesto Galli della Loggia, che si chiedano, sospettosi, “qual era la notitia criminis che prima della famosa notte in questura ha indotto a mettere sotto controllo la villa di Arcore” (Corriere della sera). “Prima della famosa notte in questura” non c’è stato alcun controllo né ad Arcore né altrove. I controlli sono cominciati soltanto dopo che il racconto della minorenne ha ottenuto qualche riscontro accettabile. Ruby parla della “squadra” di Lele Mora (il suo agente); delle iniziative di Emilio Fede (il talent scout che la scopre a un concorso di bellezza, sedicenne); del “lavoro” della Minetti (maitresse); delle sue visite a Villa San Martino dove ha assistito unica vestita  –  “solo io lo ero”, dice  –  alle cerimonie orgiastiche organizzate da e per Silvio Berlusconi.

Sono notizie di reato. C’è un’organizzazione (Mora, Fede, Minetti) che ingaggia prostitute e le offre al capo del governo e fin qui per l'”Utilizzatore” non c’è reato (anche se molto c’è da osservare sul decoro, la disciplina, l’affidabilità, la sicurezza dell’uomo che ci governa). Se però tra le prostitute c’è anche una minorenne, il reato c’è ed è anche molto grave soprattutto quando, per occultarlo, il presidente del Consiglio abusa del suo potere e induce i funzionari della Questura a lasciar andare libera quella ragazza che avrebbe potuto demolirlo con i suoi ricordi. Il pubblico ministero di Milano ritiene di aver raccolto prove così “evidenti” da rendere superflua l’udienza preliminare e necessario un giudizio immediato (lo chiede ora al giudice). L’accusa deve dimostrare che Silvio Berlusconi abusa della sua qualità di presidente del Consiglio per ottenere la liberazione di Ruby (è concussione). Ci riesce in modo documentale. L’intervento del capo del governo produce un’agitazione indiavolata nei funzionari di polizia (ecco il numero ossessivo di telefonate, 24); decisioni oblique (ecco che cosa ha ordinato il pubblico ministero dei minori, inascoltato e contraddetto); comportamenti indebiti (ecco comprovato come i genitori di Ruby  –  hanno la patria potestà  –  furono ascoltati soltanto due ore dopo l’affidamento della minore alla Minetti). Dimostrata la concussione (il reato più grave), il pubblico ministero deve documentare che Berlusconi è stato costretto a intervenire per nascondere alla magistratura e all’attenzione pubblica “il puttanaio” (è la formula scelta da una testimone) che s’organizza in casa a volte anche con Ruby, la minorenne.

Quindi, è vero che Ruby conosce Berlusconi? Sì, dal 14 febbraio al 2 maggio 2010, si contano 67 contatti telefonici tra Ruby e il presidente. Una telefonata al giorno, quasi. È vero che Ruby è stata ad Arcore? Sì, dal 14 febbraio al 2 maggio 2010 Silvio Berlusconi e la teenager si vedono tredici volte. La minorenne dorme sotto il tetto di Villa San Martino con una frequenza di una volta ogni sei giorni in quel periodo È una prova più che solida della loro frequentazione. Ora bisogna chiedersi che cosa faceva la ragazza per vivere, che cosa ha fatto ad Arcore e dimostrare che le serate dal presidente sono licenziose. Quattro testimoni confermano il primo racconto di Ruby: vedono le stesse scene nel sotterraneo del “bunga bunga”: è una routine. Decine di documenti acustici (le telefonate) lo convalidano. Per configurare il reato (sfruttamento della prostituzione minorile) bisogna però dare la prova che tra il capo del governo e Ruby ci sia stato o del sesso o qualcosa che gli somigli (anche un “palpeggiamento”, per i minori, è “atto sessuale”).

Le fonti di prova non mancano. Ruby è vissuta di prostituzione prima di conoscere Berlusconi e di prostituzione è vissuta dopo, come molte giovani donne  –  qualcun’altra ancora minorenne  –  regolarmente invitate alle “serate del presidente”. È una prova logica che Ruby ad Arcore si sia prostituita o sia stata “palpeggiata” (tutte lo sono) e per questo sia stata prima ricompensata con ricchezza, poi ancora premiata con la promessa di cinque milioni di euro per tenere la bocca chiusa sui rapporti con il presidente. Un processo non è altro che una storia. O meglio una comparazione di storie. Si combinano notizie sparse, fatti frammentati, segmenti di eventi. Se ne fa una narrazione. In competizione con un’altra raccontata in modo diverso, da un diverso punto di vista, con scopi diversi (dall’accusa, dalla difesa, dai testimoni), chiede di essere privilegiata da un giudice nel processo rispetto alle altre perché più coerente, più documentata, più dotata di senso.

Ora è stravagante (in apparenza) che Silvio Berlusconi non proponga alcuna narrazione plausibile. Preferisce all’attendibilità documentata, il nonsense. Naturalmente parla dell’affaire. Anzi ne straparla con asfissiante logorrea in quei suoi flussi verbali d’impudenza monstre. È vero che la “storia” narrata dalla difesa può legittimamente essere parziale, partigiana, addirittura manipolata e fuorviante, ma anche per la difesa vale la regola che chi afferma che un fatto è vero ha l’onere di dimostrare la verità della sua affermazione. Appena l’altro giorno (4 febbraio), ricevendo a cena i deputati del Gruppo dei Responsabili, Berlusconi ha detto di non aver “mai avuto colloqui diretti con questa Ruby, è solo una ragazza che mi è stata segnalata, nulla di più”. Cancellate le prove evidenti del contrario (i contatti telefonici, i soggiorni in villa, le sue stesse ammissioni). Il premier ripete di non aver mai saputo che Ruby fosse minorenne. Ora lasciando cadere le testimonianze che lo contraddicono, perché allora il capo del governo chiede al capo di gabinetto di “affidare” Ruby alla Minetti (si “affidano” i minori, non i maggiorenni)? Perché ostinarsi a ripetere “non ho mai pagato una donna”, quando i documenti bancari, le agende delle ragazze, le loro conversazioni dimostrano il contrario: sempre egli paga le donne che ospita e con cui fa sesso? Perché continuare a ripetere che davvero credeva Ruby “nipote di Mubarak”?

Appare chiaro che Berlusconi non ha alcuna intenzione di dimostrare in un processo al giudice la sua innocenza. Il premier sa bene che le testimonianze raccolte per le indagini difensive tra le ragazze che mantiene, i dipendenti che retribuisce e ministri che accoglie nel governo (Frattini, Galan, Bonaiuti)  –  tutti testimoni party-oriented  –  pesano sulla bilancia della giustizia come un fiocco di polvere. Non può ignorare che alcune iniziative possono essere smascherate in un batter di ciglia (dice d’essere in grado di dimostrare che Ruby era maggiorenne quando l’ha incontrata e a Milano corre voce che presto apparirà un passaporto taroccato). Racconta questa storia: sono ricco e generoso, per rilassarmi organizzo di tanto in tanto qualche festa con ragazze che hanno bisogno di aiuti che io non nego e senza chiedere nulla in cambio come è accaduto anche con la “nipote di Mubarak” che non ho toccato neanche con un dito anche perché non l’ho mai incontrata. È fumo negli occhi. È illusionismo. È imbroglio. Berlusconi ha rinunciato già al processo (aveva promesso che lo avrebbe affrontato a viso aperto). I fatti sono per lui inaffrontabili e vuole giocare la partita fuori del processo.

Vediamo come. Egli confida di persuadere l’opinione pubblica con omissioni, favole e qualche trucco sublunare. È la manovra che gli consente di creare un ambiente favorevole a un colpo di mano “politico” che sottragga il processo ai giudici di Milano. E, se non il processo, almeno le fonti di prova: pensa a un decreto d’urgenza per correggere l’uso delle intercettazioni, anche degli “ascolti” che lo mettono nei guai. Non si può dire che sia un tableau à sensation. Lo si è già visto. Berlusconi chiede che sia il potere politico che ha  –  e quindi il governo che presiede; la maggioranza parlamentare che ha nominato o comprato  –  a togliergli le castagne dal fuoco. Pretende che il pubblico ministero di Milano sia dichiarato incompetente (dottrina e giurisprudenza lo negano) per volontà e decisione politica. Invoca il giudizio del Tribunale dei ministri (“sono anche loro togati, no?”, dice). Non spiega che, per giudicare, quel Tribunale deve essere autorizzato dal Parlamento: un consenso che sarà sempre negato. La storia, la narrazione dietro cui nascondere le sue responsabilità deve tenersi lontana dai fatti. Lontano dai fatti, il premier può lasciarsi proteggere da un bislacco “avvocato” e da un inatteso “testimone”. Il difensore che Silvio Berlusconi si è scelto è il Parlamento che controlla e corrompe.

Lo ha già mosso contro la procura di Milano (nei giorni dell’autorizzazione negata alla perquisizione dell’ufficio del ragiunatt che paga le zambraccole). Ancora lo muoverà facendogli presto sollevare un conflitto di attribuzione e uno scontro totale contro la magistratura e forse contro il capo dello Stato (che già chiede: dov’è l’urgenza per il decreto intercettazioni?). Il testimone chiamato a scagionarlo non è tra gli attori dell’affare penale. È un’opinione pubblica affidata ai tecnici della contraffazione. La litania che salmodiano, questa volta, non ripete troppo la favola della “persecuzione giudiziaria”. È una tiritera quasi privata, intimista, intimidatoria. Fa leva sulla mancanza di fiducia in se stessi degli italiani, in una mancanza di orgoglio e di amor proprio del Paese. L’argomento, ripetuto come una filastrocca, è questo: “Chi sono io, chi sei tu per giudicare? Siamo tutti uguali, siamo tutti inclini a fare il male e quanti cercano o fanno finta di essere onesti sono solo dei santi o degli ipocriti, ma in entrambi i casi che ci lascino in pace”. Queste domande dovrebbero custodire lo spirito del tempo. È nota la fallacia del concetto di colpa collettiva, di chi sostiene che, se giudicati, tutti risulteremmo colpevoli: fai prevalere il concetto di colpa collettiva e non resterà più nessuno da chiamare per nome. È quel che pretende il Re denudato.

Per fortuna – ci ha spiegato Hannah Arendt (Responsabilità e giudizio) – esiste ancora nella nostra società un’istituzione dove è impossibile sfuggire alle proprie responsabilità, dove ogni giustificazione di carattere astratto e generico – dallo Zeitgeist, alla sessualità, al narcisismo  – crolla. In un’aula di tribunale non vengono giudicati tendenze, culture, antropologie, ma persone in carne e ossa che hanno commesso atti perfettamente umani, ma violando le leggi che riteniamo essenziali per l’integrità del nostro vivere comune (c’è qualcosa di più sacro del corpo dei minori?). I problemi giuridici e morali, è vero, non sono la stessa cosa, ma possiedono comunque una certa affinità, perché “entrambi presuppongono la facoltà del giudizio”.

È giustappunto un giudizio, il giudizio che Berlusconi non può permettersi né accordare ad alcuno. È un possibile giudizio che gli italiani dovrebbero consentirsi perché non è vero che nessuno può essere responsabile o possa rispondere degli atti che ha commesso, dei comportamenti che ha tenuto. La possibilità di giudicare appare, nel tempo che ci separa dall’inizio di questo processo, lo “scandalo” che deciderà dei nostri giorni futuri.

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I Pm: soldi e sesso a Bertolaso in cambio degli appalti per il G8 °°° Ma davvero?!

I Pm: soldi e sesso a Bertolaso in cambio degli appalti per il G8

I magistrati perugini si apprestano a chiedere il rinvio a giudizio dell’ex capo della protezione civile per corruzione

Bertolaso e l’alloggio a Roma: «Mi fu concesso dal cardinale Sepe» (15 giugno 2010) Conclusione delle indagini: I favori elargiti dal costruttore romano Anemone

PERUGIA – Secondo i Pm l’ex capo della Protezione Civile Guido Bertolaso ha ottenuto soldi e sesso in cambio della concessione degli appalti per il G8 alle ditte del costruttore romano Anemone. L’appartamento in via Giulia, a Roma, pagato da Diego Anemone «dal gennaio 2003 all’aprile 2007», 50mila euro in contanti «consegnati brevi manu da Anemone il 23 settembre 2008», la «disponibilità» al Salaria Village «di una donna di nome Monica allo scopo di fornire prestazioni di tipo sessuale»: sono «i favori e le utilità».

VERSO IL RINVIO A GIUDIZIO – Sono questi in sintesi gli elementi raccolti dalla procura di Perugia a carico di Bertolaso. I capi di imputazione sono contenuti nell’avviso di conclusione indagini con cui i magistrati perugini si apprestano a chiedere il rinvio a giudizio di Bertolaso per corruzione.ere il rinvio a giudizio di Bertolaso per corruzione.

°°° Qualche altro nodo comincia a venire al pettine…

ber-mafioso

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Ruby. Il pm truffato non ci sta:”Basta con le bugie” °°°L’affare s’ingrossa…

Il pm truffato non ci sta
“Basta con le bugie”

MILANO – In via Leopardi, sede del palazzo giudiziario dei Minori, il fastidio è palese: “Ma quale accordo? Accordo? E con chi? Non è prevista la parola “accordo”. Quando si parla di minori, non è come al mercato”.
“Il pm dà delle “disposizioni”. La polizia “esegue” – si continua – Questa è la prassi, punto e basta. Ma di che cosa stanno parlando in questura?”.

Il procuratore capo, Monica Frediani, ha mandato una ricca e riservatissima ricostruzione dei fatti al collega del palazzo di giustizia, Edmondo Bruti Liberati. La telefonata con la “truffa diplomatica” di Silvio Berlusconi – il 27 maggio spacciò la minorenne marocchina Ruby per la nipote del

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La “giustizia” di Mafiolo e il picciotto Al Fano: primo, azzoppare i pm e salvare il culo!

Il vero obiettivo è azzoppare i pm

di GIUSEPPE D’AVANZO

LA riforma della giustizia è una favola buona per gli ingenui. Nei tre striminziti fogli che il ministro della Giustizia porta in giro, al Quirinale, Montecitorio, Palazzo Madama, Palazzo dei Marescialli, non c’è alcuna traccia di riforma. Nessuna correzione di ciò che è oggi storto. Nessuna cura delle criticità del sistema. “Riforma” è un eufemismo.

Consente all’Eletto di manipolare la Costituzione per rendere innocuo il pubblico ministero, la

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