Crolla il castello di cacca

O TEMPORA O (LELE) MORA! – IL PARTY? PAGA PANTALONE: RICEVIMENTI EXTRA-LUSSO, VACANZE, JET PRIVATI. TUTTO DEDOTTO DALLE TASSE. MA IL FISCO NON è D’ACCORDO – FATE LELE-MOSINA: UN CRACK DA 22 MLN: 17 QUELLI DOVUTI ALLO STATO…

Paolo Biondani per “L’espresso”
Lele Mora

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Lele Mora ha fatto crack. E dalle carte del tribunale fallimentare si scopre che a pagare le sue feste da sultano nella villa in Sardegna, con centinaia di ospiti più o meno famosi, piscina caraibica e aereo privato, erano gli italiani onesti. Quelli che, a differenza dell’ex parrucchiere diventato uno dei grandi manovratori della tv-spettacolo, non possono evadere le tasse.

L’atto che minaccia di far calare il sipario sulla prodigiosa carriera imprenditoriale di Dario Mora in arte Lele, 54 anni, è un “ricorso per l’ammissione al concordato preventivo”. Un’istanza che nelle procedure fallimentari equivale all’ultima spiaggia prima del naufragio. Nel documento, preannunciato in marzo, ma depositato solo il 28 maggio scorso nella cancelleria del tribunale di Milano, il manager veneto dichiara che la sua società-cassaforte, la LM Management, è in uno “stato di crisi” tanto grave da sconfinare nel “dissesto”, cioè nell’assoluta incapacità di pagare i creditori. Lo stesso Mora quantifica i debiti accumulati alla fine del 2008 in oltre 22 milioni di euro, destinati a crescere.

Mentre la somma di tutte le attività non supera, nella migliore delle ipotesi, i 2 milioni e mezzo. Di qui la sua proposta in extremis per evitare la sentenza di fallimento e le sue disastrose ricadute: l’offerta di versare 2 milioni e mezzo di tasca propria. Con questa “finanza fresca”, la società di Mora punta a evitare il crack sborsando meno di 5 milioni, in tutto, sui 22 dovuti. Con un concordato del genere, insomma, più di tre quarti del passivo resterebbe sulle spalle dei creditori. A cominciare dal fisco.

La LM Management è la società con cui Lele Mora gestisce da un decennio la sua scuderia di artisti veri o presunti. Dal ricco sodalizio poi interrotto con Simona Ventura, alle trasmissioni di Maria De Filippi, è lui a selezionare vallette e tronisti, sportivi e ragazze-immagine. “Il mondo dello spettacolo è pieno di lupi e io sono il capobranco”, dichiarava due anni fa. Ora, nel ricorso, spiega che il suo è un lavoro duro, anche se “atipico”, che “consiste nella individuazione di personaggi emergenti e nella loro promozione, collocazione in diversi eventi e cura dell’immagine”. Negli anni d’oro fino al 2005 la LM riusciva a raddoppiare i fatturati in un biennio. Nell’atto giudiziario finora inedito, Mora retrodata la sua crisi proprio alla fine di quell’anno, segnato dai primi scandali bancari e dalle intercettazioni dei furbetti del quartierino. E forse non è solo una coincidenza.

Sulla carta a provocare il dissesto della LM Management è un’imprevista ispezione tributaria: tra il 22 novembre 2005 e il 29 giugno 2006 l’Agenzia delle entrate di Bergamo passa al setaccio i bilanci della società, che ha la sede legale a Treviglio, contestando sanzioni “salatissime”. Nel ricorso firmato da Lele Mora, gli stessi avvocati Luca Giuliante, Sergio Clemente e Matteo Majocchi quantificano l’importo dovuto al fisco in oltre 17 milioni. Mora, secondo i suoi legali, è un incompreso.

“I verificatori non hanno percepito che la LM Management è una vera e propria fabbrica di talenti, solo che in luogo di materie prime come metalli, legno o plastica, si adoperano rapporti interpersonali che si costruiscono con feste, gite in barca, passaggi aerei e quanto altro nel mondo dello spettacolo crea aggregazione e interesse”. Questa “peculiarità”, lamenta il ricorso, “purtroppo non è stata compresa” dai funzionari di Bergamo, che hanno “ritenuto non deducibili una serie di costi per feste e gestioni di apparenti vacanze di artisti e sportivi”. Spese che Lele Mora scaricava sulla società, con il risultato di abbattere le tasse.

“Il pubblico vuole seguire le vicende dei personaggi famosi e li ama perché essi danno la possibilità di sognare immedesimandosi con loro”, si legge nell’istanza. “E i sogni hanno bisogno di adeguate scenografie”. Per Mora, quindi, era “indispensabile” spendere una fortuna “per la villa in Sardegna dove gli artisti della LM Management venivano messi a loro agio, mangiavano, dormivano e si divertivano”. Altro che “godimento”: quei party erano “lavoro atipico”. Che “a ben vedere”, incalza il ricorso, sarebbe “del tutto paragonabile” ai turni in una fabbrica. “La sola differenza è che invece dei laminati in ferro si producono situazioni utili a promuovere i personaggi soprattutto in televisione e anche sui giornali”.

Con la stessa logica Lele Mora deduceva dalle tasse anche “i costi di un piccolo aereo utilizzato per mantenere i propri personaggi sempre al centro dell’obiettivo, ovunque si realizzasse un evento”.

UNO DEI GRANDI “ARTISTI” DI LELE MORA

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Con Mafiolo via a nuovi abusi

Abusi edilizi e turismo di massa: così muore il Parco nazionale del Cilento
Le responsabilità delle amministrazioni locali: «Era più intatto prima che diventasse area protetta»

Le costruzioni abusive di Montecorice devono essere abbattute da oltre vent’anni

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SALERNO – Gli abusi edilizi e un distruttivo turismo di massa stanno danneggiando il Parco nazionale del Cilento. È l’accusa formulata nel Secondo dossier Cilento, redatto dal CodaconsCampania e pubblicato sul sito web dell’associazione con le molteplici violazioni denunciate.

VIOLAZIONI – Il parco è stato istituito nel 1991 e grazie ai suoi 180 mila ettari è il secondo parco nazionale più grande d’Italia. Nello stesso anno è stato dichiarato Patrimonio dell’umanità dall’Unesco e dal 1997 la stessa agenzia dell’Onu l’ha riconosciuto riserva di biosfera. Ricco di aree protette e di significativi siti storico-culturali (tra i più famosi i templi di Paestum e la Certosa di Padula), a vigilare sull’integrità del territorio e tutelarne le qualità culturali e naturali è l’Ente parco. Secondo il Codacons, però, nel corso degli ultimi anni si sono protratte «sistematiche violazioni delle leggi» che hanno determinato «numerosissime sofferenze ambientali e paesaggistiche» in tutto il territorio protetto. Dal dossier si deduce che le principali responsabilità dell’emergenza ambientale del Parco nazionale vanno ricercate nelle amministrazioni locali, troppo spesso pronte a «svendere legalità per acquistare consenso». Lo stesso l’Ente parco, in numerose occasioni, ha dimostrato inerzia e incapacità a svolgere un’effettiva azione di tutela dell’ambiente e del paesaggio. Alla fine il documento constata, non senza amarezza, che «il Cilento era più intatto prima che diventasse un’area protetta».

ABUSI EDILIZI – L’abusivismo edilizio è una delle piaghe maggiori che si registrano nel parco nazionale. Nel 2005 i carabinieri hanno accertato cento casi di abuso edilizio, ma il fenomeno è in netta crescita. Il Codacons afferma che sia la popolazione sia le istituzioni tollerano questo costume tanto da «non applicare le misure di contrasto e di repressione previste dalla legge». L’Ente parco, nel corso della sua quasi ventennale esistenza, ha emesso solo quattro ordinanze di demolizione, mentre non ha promosso azioni effettive nei confronti dei ripetuti abusi edilizi. Il caso più eclatante è quello di Montecorice, nei pressi della riserva di Punta Licosa, dove manufatti di cemento che devono essere abbattuti da oltre 20 anni sono ancora in piedi malgrado le sentenze passate in giudicato. Scheletri di cemento che deturpano una meravigliosa collina che si affaccia sulla baia di Punta Licosa.

ECOMOSTRI CON I FONDI EUROPEI – Càpita anche che in un’area protetta siano costruiti improbabili e maestosi edifici con finanziamenti europei. È il caso di due singolari progetti: il Centro internazionale per lo studio delle migrazioni e il Museo del fiume e dell’area faunistica della lontra. Il primo è stato portato a termine nel Comune di Centola con una spesa di circa 1.290.000 euro di fondi europei. Il secondo è stato edificato nel Comune di Aquara e ha comportato un esborso di oltre 500 mila euro. Oggi queste strutture non sono attive e secondo il Codacons la loro costruzione ha prodotto «una devastazione paesaggistica di un’intera area, prima di allora pregiatissima». «È incredibile», afferma l’avvocato Pierluigi Morena, dell’ufficio legale del Codacons, «come si sperperi il denaro pubblico per creare eco-mostri in aree sensibili». Il dossier denuncia che il Centro internazionale per lo studio delle migrazioni non è stato costruito con «materiali ecologici, compatibili e facilmente mimetizzati con l’ambiente circostante», ma è stata innalzata in posizione dominante e con calcestruzzo «una vera palazzina di tre piani, a forma di fungo circolare».

CEMENTIFICAZIONE E TURISMO DI MASSA – L’area del Cilento vive soprattutto di turismo. Località come Palinuro, Agropoli, Acciaroli ospitano decine di migliaia di villeggianti nei mesi estivi. Spesso le amministrazioni locali, pur di incrementare l’afflusso dei turisti, approvano progetti di dubbio impatto ambientale. È il caso della cementificazione del porto turistico di Pisciotta, cittadina a pochi chilometri da Palinuro (i lavori sono attualmente fermi dopo l’intervento della Sopraintendenza che ha constatato «la completa asportazione della scogliera preesistente, nonché il salpamento di parte della scogliera a sud del porto»). O ancora del progetto di costruzione di circa 40 villini da parte della cooperativa Sea Village in un’area protetta in località Lacco di Pisciotta, a pochi metri dal mare. Quest’ultimo progetto ha dato luogo a una vicenda giudiziaria con risvolti penali che ha visto coinvolti anche amministratori locali. Naturalmente il litorale costiero è quello che soffre di più la minaccia del turismo di massa. Il Codacons denuncia «le crescenti concessioni agli stabilimenti balneari nell’area dunale» sul pregiato litorale di Marina di Camerota. Il carico degli stabilimenti danneggerebbe l’intero territorio, «con pregiudizio anche per le specie di uccelli (gabbiano reale e gabbiano corso) che nidificano sulle falesie rocciose lì presenti». L’attività umana avrebbe tra l’altro provocato «gravi perdite di specie autoctone sulla spiaggia di cala del Cefalo».

IL KARTODROMO E LA GALLERIA – La fantasia degli amministratori locali non conosce limiti. Il Comune di Torraca vuole portare a termine la costruzione di un kartodromo e di una centrale eolica sulla montagna di Casalbuono, sul golfo di Policastro, «zona ritenuta dall’Autorità di bacino molto fragile per la sua natura carsica, quindi inadatta a ogni attività umana». Dopo la denuncia del Codacons sarà l’autorità giudiziaria a stabilire se effettivamente è possibile costruire una pista di kart su una montagna carsica. Ma forse il progetto più incredibile è quello denominato Interconnessione degli schemi idrici Sele–Alento, presentato nel luglio 2008 dal Consorzio Velia per la bonifica dell’Alento. Il piano prevedeva la deviazione del fiume Calore, nel tratto delle note gole, e la costruzione di una galleria di 2,5 km che avrebbe permesso alle acque di confluire nel bacino dell’Alento, lago artificiale e importante fonte di approvvigionamento idrico per il territorio. Lo scopo del progetto era aumentare l’acqua a disposizione per fini domestici e combattere «la tropicalizzazione del clima nel sud Italia». Sulla questione è intervenuto anche il Wwf Italia che, attraverso il presidente Enzo Venini, ha sostenuto che se il progetto fosse stato attuato «avrebbe causato la scomparsa del fiume Calore, tra i più vitali e meno inquinati del sud Italia, con la conseguente distruzione dell’ecosistema legato al fiume». Il Codacons su questa vicenda aveva avviato una campagna di tutela intitolata Salviamo il fiume Calore. «Quella campagna», sostiene il presidente del Codacons Campania, professore Marchetti, «ha dato un contributo decisivo per fermare un progetto faraonico, inutile e dannoso».

ABBATTIMENTO – Il direttore dell’Ente parco, Angelo De Vita, non nasconde i numerosi problemi che affliggono il Parco nazionale, ma pone l’accento anche sulle tante attività intraprese: «Nel corso degli ultimi anni abbiamo portato a termine numerose iniziative che hanno fatto conoscere i nostri territori anche al di fuori dell’Italia. Gli abusi edilizi sono un problema grave. Spesso però gli abbattimenti non sono portati a termine per mancanza di fondi. Infine ci sono i soliti problemi burocratici con i singoli Comuni. Non voglio certo scaricare le colpe sugli amministratori locali, ma nell’immediato futuro cercheremo di trovare un’intesa con loro e abbatteremo quelle costruzioni che da anni sono state dichiarate illecite».

Francesco Tortora
21 maggio 2009

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Ormai tutto è lecito

Oristano, 21:33
RUBAVANO LE PIETRE DEL SINIS, DENUNCIATI DUE MURATORI

Sorpresi sulla spiaggia di ‘S’Arena Scoada’, nel litorale di San Vero Milis, in provincia di Oristano, mentre caricavano su un camion le particolari pietre del litorale del Sinis, due muratori di 47 anni, uno di Sorso e l’altro di Solarussa, sono stati denunciati per furto aggravato ai danni del patrimonio indisponibile dello Stato. A scoprirli e’ stato l’equipaggio dell’elicottero del VII Reparto volo della polizia di Abbasanta che stava sorvolando in ricognizione la costa. L’equipaggio ha subito segnalato la presenza dei due ai colleghi della Squadra Nautica di Oristano che si sono precipitati sul posto e hanno colto in flagrante i muratori.

AMICHE A S’ARENA SCOADA (la sabbia colata) L’ESTATE SCORSA:

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I pasticci e le truffe di Mafiolo

I FURBETTI DELLA MADDALENA – COSTI PER IL G8 LIEVITATI, APPALTI NEL MIRINO DEI PM – RESTANO UN POLO VELISTICO E UN ALBERGO DI LUSSO CHE NESSUNO VUOLE GESTIRE – IL TRASLOCO A L’AQUILA NON È SOLO UN ATTO D’AFFETTO MA UNA VIA D’USCITA NECESSARIA…

Fabrizio Gatti per “L’espresso”

Doveva essere l’hotel delle notti di Obama e Sarkozy, il cinque stelle superiore dei capi di Stato del mondo. È già una cattedrale nel deserto, con la sua facciata bianca stretta tra un capannone della Marina militare, una strada trafficata e il mare senza spiaggia che qui, e solo qui su tutta l’isola, a volte puzza di fogna.
Guido Bertolaso

Nessuno vuole gestire il più grande dei due alberghi costruiti alla Maddalena per il G8 che non si farà. La gara indetta dalla Protezione civile è andata deserta. Perché, almeno per pareggiare il capitale già speso, lo Stato o la Regione Sardegna dovrebbero affittare l’albergo a un imprenditore che a sua volta dovrebbe far pagare mille euro a notte per queste stanze con vista da motel. Una cifra folle e completamente fuori mercato. Qualcosa non ha funzionato nel controllo dei costi, come ‘L’espresso’ aveva già scoperto nel dicembre scorso. Ma i dubbi adesso sono ufficiali. Tutte queste opere sono sotto inchiesta.

I carabinieri del Ros stanno indagando sulla catena di appalti. Un’indagine condotta per il momento dalla Procura di Firenze. Anche il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, commissario delegato per il G8 e responsabile dell’applicazione delle procedure d’urgenza, ha avviato un’indagine interna. Un provvedimento seguito pochi giorni fa dalla decisione del Consiglio dei ministri di chiedere per decreto il taglio retroattivo dal primo marzo delle maggiorazioni alle imprese per le lavorazioni su più turni, dei premi di produzione e la riduzione del 50 per cento dei compensi per le prestazioni professionali destinati a progettisti, esecutori e collaudatori.
Silvio Berlusconi

Maggiorazioni, premi e compensi confermati da almeno 16 tra ordinanze e decreti voluti, firmati o proposti dal governo e dalla Protezione civile. Un dietrofront che limita (di poco) i danni per le casse statali, ma anche le possibili responsabilità giudiziarie di funzionari e controllori, tuttora da identificare, che prima avrebbero avvallato le spese e ora stanno lavorando per contenerle.

Letta così la decisione di Silvio Berlusconi di trasferire il vertice a L’Aquila, non è solo un atto d’affetto e un doveroso impulso al risparmio. È anche una via d’uscita necessaria. Forse bastava una formulazione più moderata dei preventivi e dei contratti. E i soldi per l’evento sarebbe bastati.

La domanda da cui parte l’inchiesta dei carabinieri del Ros è una: nella formulazione delle offerte, c’è stata o meno concorrenza tra imprese? Un dubbio che hanno avuto anche i vertici della Protezione civile. Nel giugno 2008 Bertolaso chiede al professor Gian Michele Calvi come poter verificare se alla Maddalena si stia spendendo più del necessario. Calvi, oltre che amico del capo della Protezione civile, è tra i massimi esperti di ingegneria antisismica e membro della Commissione grandi rischi. Pochi giorni dopo il professore, che insegna a Pavia, viene accompagnato a visitare i cantieri.

Sempre in quei giorni un’ordinanza di Berlusconi sostituisce il soggetto attuatore degli appalti Angelo Balducci con il suo collaboratore Fabio De Santis e istituisce una commissione di tre esperti: «Al fine di assicurare un’adeguata attività di verifica degli interventi infrastrutturali posti in essere dai soggetti attuatori in termini di congruità dei relativi atti negoziali», è scritto nell’ordinanza. Insomma, un’indagine su interventi e contratti. In autunno viene sostituito anche De Santis e a capo degli appalti è nominato il professor Calvi. La questione dei costi continua a preoccupare.

Calvi avvia le verifiche delle spese, voce per voce. E a fine febbraio spedisce tutti i progetti al Consiglio superiore dei lavori pubblici perché esprima un parere. Presidente di questo consiglio è proprio Angelo Balducci, nel frattempo promosso dal ministro Altero Matteoli al vertice del massimo organismo di controllo del ministero.

«È vero che il Consiglio si trova a dover valutare provvedimenti di spesa approvati quando Balducci era soggetto attuatore», spiega una fonte vicina alla struttura di missione della Protezione civile alla Maddalena, «ma Balducci conosce i cantieri e gli imprenditori che hanno vinto gli appalti. E forse è l’unico funzionario di Stato in grado di far accettare a quegli imprenditori tagli ai loro incassi. Il rischio è sempre quello dei ricorsi».

Tutti nei cantieri della Maddalena sanno che i carabinieri stanno indagando. L’indagine del Ros parte dall’intercettazione il 9 agosto 2008 di una telefonata dell’architetto Marco Casamonti, 43 anni, fondatore dello studio Archea, uno dei progettisti dell’hotel. Casamonti, arrestato e rilasciato dopo l’interrogatorio, è sotto inchiesta in Toscana dall’autunno per i presunti accordi sottobanco tra la Fondiaria-Sai di Salvatore Ligresti e alcuni politici della giunta di Firenze.

«Ci hanno chiamato per dare una mano per i progetti del G8 all’isola della Maddalena», dice Casamonti nella telefonata intercettata, «perché stanno facendo i lavori e sono nella cacca più nera. Perché hanno dato incarico agli architetti di Berlusconi che non sono in grado…».

Adesso il decreto voluto dal governo per tagliare i premi alle imprese potrebbe addirittura aggravare i conti. La retroattività al primo marzo, quando ancora si parlava di G8 alla Maddalena, e la decisione di dimezzare i compensi ai professionisti rischia di esporre lo Stato ai ricorsi. Alcune ditte appaltatrici, una minoranza, stanno già studiando la questione con i propri legali. La maggior parte degli imprenditori ha per ora deciso di concludere comunque i lavori.

In palio c’è l’Abruzzo e la possibilità di partecipare agli appalti per la ricostruzione. Il caos di questi giorni, la manifestazione degli abitanti, le proteste del sindaco della Maddalena, Angelo Comiti, hanno nascosto il risultato positivo dei lavori sull’isola. Per la prima volta in Italia un’opera pubblica viene progettata, appaltata, eseguita e consegnata in poco più di un anno. Al posto di un arsenale militare, contaminato da amianto e idrocarburi, ora c’è uno yachting club con porto turistico per 700 barche, aree per conferenze, scuole di vela e un albergo di lusso progettati dall’architetto Stefano Boeri.

Un polo di attività che avrà forse più successo dell’hotel-cattedrale ricavato nell’ex ospedale militare, quello che nessuno vuole. Per la sua gestione, il cuore del progetto che avrebbe dovuto ospitare il meeting, ha vinto la Mita Resort, società della presidente di Confindustria Emma Marcegaglia. E il fatto che altre due società sarde abbiano presentato ricorso al Tar per far annullare la gara, significa che questo complesso richiama interesse. Con il suo indotto di posti di lavoro e ricadute economiche. Facendo qui il G8, Berlusconi rischiava cioè di dar lustro a un’idea uscita dal programma dell’ex governatore sardo di centrosinistra, Renato Soru. Un’eventualità che il premier ha sempre tentato di evitare, fin da quando appena eletto aveva proposto di trasferirlo a Napoli.

L’altra incognita sull’avvenire della Maddalena è la mancanza di infrastrutture. Dirottate alle imprese costruttrici le principali risorse, non sono rimasti più soldi per l’allargamento dell’aeroporto di Olbia, la realizzazione della superstrada Olbia-Sassari e la costruzione della passeggiata a mare che avrebbe dovuto collegare il paese della Maddalena al nuovo porto turistico. I tre progetti, più volte confermati dal governo, sono stati via via sfilati perché i costi già alti e le varianti in corso d’opera stavano svuotando la cassa.

«A più di due settimane dal trasferimento del G8», racconta il sindaco, Angelo Comiti, «non ho ricevuto una sola telefonata di Bertolaso. Di nessuno, né del governo, né della Protezione civile. Ci hanno spinti in una situazione antipatica. Perché sembra che vogliamo fare concorrenza agli amici dell’Aquila che vivono settimane tragiche. Non è così, andrò a L’Aquila a spiegarlo. Però il lavoro enorme che abbiamo fatto qui non può essere ridotto a una sceneggiata di ?Scherzi a parte?. Ti svegli una mattina e ti dicono che era tutto una finzione».

Pochi giorni fa Comiti ha potuto visitare i cantieri, ancora coperti dal segreto di Stato e presidiati dal battaglione San Marco come se il G8 si dovesse svolgere ancora qui. La riservatezza sui cantieri dovrebbe essere tolta il 20 maggio. Al sindaco i rappresentanti della struttura di missione, Riccardo Micciché e Francesco Piermarini, cognato di Bertolaso, hanno garantito che i lavori saranno completati entro il 31 maggio. Come previsto. Data confermata dall’architetto Boeri: «Non posso dire di più perché vale sempre il segreto, ma nonostante i tagli le imprese hanno deciso di concludere».

Verranno comunque consegnati immobili senza arredamento. La Protezione civile ha inoltre deciso di non completare l’asfaltatura dei viali e l’arredo a verde per risparmiare altri 50 milioni da impegnare per il G8 a L’Aquila. Questo dovrebbe ridurre i costi alla Maddalena da 377 a 327 milioni di euro. La previsione di spesa al momento della firma dei contratti era di 308 milioni. Secondo la Protezione civile che, va detto, ha sempre garantito trasparenza sulle cifre, c’è stato dunque un rincaro del 22 per cento. Le imprese però avevano già ottenuto per contratto un incremento del 30 per cento per il fatto di lavorare su un’isola, del 15 per cento per i turni di lavoro giorno e notte e ancora del 12 come ulteriore ?premio di accelerazione?.

Cioè un aumento del 57 per cento. Il risultato è un valore degli immobili completamente fuori mercato che difficilmente potrà restituire alle casse pubbliche quello che tutti noi abbiamo speso. Per l’albergo nell’ex ospedale che nessuno vuole gestire si tratta di 16.800 metri quadri. Ci sono costati 73 milioni, calcolando un aumento medio del 22 per cento sui 60 milioni previsti. Significa un costo di costruzione senza arredamento di 4.345 euro al metro (3.571 senza l’aumento).

Alla Maddalena i costi non superano i 1.200 euro al metro. Le ultime tabelle dell’Agenzia del territorio fermano il costo di vendita di una villa di lusso a 3.200 euro al metro. Poiché tra suite e standard, le stanze sono 101 significa un costo medio per ogni stanza di 722 mila euro.

Cioè l’equivalente, per ogni camera, di 14 mini appartamenti da 50 mila euro da costruire a L’Aquila. Considerata una rendita del 4 per cento, se lo Stato dovesse pretendere il pareggio da questo investimento con l’incasso di un affitto, il povero gestore dovrebbe sperare di incassare 28 mila euro l’anno per ogni stanza. E poiché l’estate alla Maddalena riempie gli alberghi non più di 40 giorni, significa partire già da 722 euro a notte. E a questo punto fallirebbe perché non avrebbe soldi per pagare il personale, la manutenzione, le tasse. Alla fine dovrebbe alzare il prezzo. Almeno mille, 1.200 euro a notte. Per affacciarsi su un capannone, una strada, lo scarico. E gustarsi il panorama che Obama e Sarkozy non hanno mai visto.

°°° In pratica, amici, pur di fare un dispetto a Soru e uno sfregio a tutti i sardi, silvio berlusconi ha PRIMA affidato i lavori ad aziende truffaldine di amici suoi, POI manda a “controllare” altri farabutti amici degli amici. Intanto, fotte la Sardegna e fotte contemporaneamente L’Aquila e l’Italia.

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