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LE CONSEGUENZE DELL’IMMOBILISMO
di Tito Boeri e Pietro Garibaldi 05.05.2009

Finalmente abbiamo la Relazione unificata sull’economia e la finanza. Era un documento atteso e importante per capire come è evoluta la strategia di politica economica del governo dopo l’aggravarsi della crisi e per avere un quadro più preciso sullo stato dei conti pubblici. Certifica le conseguenze dell’immobilismo di fronte alla crisi. La spesa pubblica aumenta accentuando il suo squilibrio a favore di pensioni e dipendenti pubblici, mentre disavanzo e debito peggiorano in modo consistente. E le stime potrebbero essere troppo ottimistiche sul lato delle entrate.

LA PEGGIORE RECESSIONE DEL DOPOGUERRA

È molto, molto difficile fare previsioni nel mezzo di una crisi così profonda. Il governo con la Relazione unificata sull’economia e la finanza (Ruef) mostra sostanzialmente di condividere le previsioni del World Economic Outlook del Fondo monetario internazionale, rese pubbliche una settimana prima della pubblicazione della Ruef, per quanto riguarda l’andamento dell’economia nel 2009. Il prodotto interno lordo cala, secondo le previsioni, del 4,2 per cento (contro il meno 4,4 per cento delle previsioni del Fondo e della Commissione Europea). Se così fosse, sarà la peggior recessione del Dopoguerra. La Ruef prevede un peggioramento di ben due punti percentuali del disavanzo: l’indebitamento in rapporto al Pil passerà dal 2,7 per cento al 4,6 per cento. Il peggioramento è dovuto interamente a un incremento delle spese, che dovrebbero aumentare di tre punti in rapporto al prodotto interno lordo, mentre le entrate dovrebbero aumentare di un punto percentuale rispetto al Pil.

LA CAVALCATA DELLE PENSIONI E DELLA SPESA PER I DIPENDENTI PUBBLICI

È normale che la spesa pubblica in recessione aumenti. In quasi tutti i paesi avanzati, con il peggiorare della crisi, stiamo assistendo a un forte incremento della spesa pubblica in percentuale al Pil. Èun fenomeno legato all’operato dei cosiddetti “stabilizzatori automatici”, quelle spese che crescono in recessione per poi ridursi quando le cose vanno meglio, come le risorse per pagare i sussidi di disoccupazione. In Italia la crescita della spesa ha una natura diversa dagli altri paesi perché riguarda spese destinate a durare nel corso del tempo, ben oltre la recessione. Accentueranno gli squilibri della nostra spesa pubblica a favore di pensioni e pubblico impiego e a svantaggio di misure di contrasto alla povertà e disoccupazione. Secondo la Ruef, il 93 per cento degli incrementi della spesa sono “discrezionali”, anziché legati ad automatismi (p. 58). Se fosse vero, si tratterebbe di una massiccia operazione di redistribuzione di risorse a favore del pubblico impiego e dei percettori di pensioni.
Questa recessione verrà ricordata per un ulteriore aumento della spesa pensionistica in rapporto al Pil e per un incremento dei redditi dei dipendenti pubblici. In valore assoluto la spesa corrente nel 2009 aumenterà di 22 miliardi di euro. La metà circa dell’aumento (approssimativamente 10 miliardi) è dovuto alla spesa per pensioni: cresceranno nel 2009 del 4 per cento, pur in presenza di un calo del prodotto interno lordo superiore al 4 per cento. Questo provocherà un forte spostamento di risorse verso la previdenza, che in rapporto al Pil passa da 14,2 a 15,2 per cento. Ogni recessione in Italia provoca un ulteriore incremento degli squilibri nella nostra spesa sociale. Come documentato dalla Ragioneria Generale dello Stato, la spesa pensionistica sul Pil è destinata a crescere da qui al 2013 in presenza di tassi di crescita annuali della nostra economia inferiori all’1,8 per cento. Come dire che se la recessione dovesse continuare, rischieremmo di trovarci con pensioni che ammontano al 20 per cento del prodotto nazionale, assorbendo quasi la metà della spesa corrente. Non solo non si è intervenuti per ridurre questo spostamento delle risorse pubbliche, ma addirittura lo si è rafforzato con provvedimenti come la rimozione del divieto di cumulo fra pensioni e redditi da lavoro (che vale circa 500 milioni).
Anche i dipendenti pubblici vedranno un aumento di due punti percentuali delle risorse pubbliche loro destinate pur in presenza di una recessione così profonda. Da notare che i dipendenti pubblici con contratti a tempo indeterminato, i maggiori beneficiari degli aumenti, non corrono alcun rischio di perdita del posto di lavoro. Il totale della spesa per retribuzioni registra così un ulteriore incremento (fino all’11,4 per cento) della quota delle risorse nazionali destinate, il tutto rigorosamente in nome della battaglia per ridurre i costi del pubblico impiego.

L’OTTIMISMO SULLE ENTRATE

Pur concordando con il Fondo monetario internazionale sulla profondità della recessione, la Ruef è decisamente più ottimista del Fmi nelle stime del disavanzo e del debito pubblico (vedi tabella qui sopra) in virtù di un miglioramento delle entrate.
A cosa si deve l’ottimismo del governo sulle entrate? Leggendo fra le righe della Relazione si scopre che il governo ritiene che il calo del gettito sia già stato anticipato dalle famiglie nell’autotassazione di novembre. Può darsi. Ma cosa accadrà al gettito dell’autotassazione del 2009? Se le previsioni del governo sull’andamento dell’economia sono corrette, ci dovrebbe essere un effetto di trascinamento, con una forte riduzione delle entrate nel 2009. Fatto sta che alla forte revisione al ribasso delle stime sul Pil 2009 (-2,2 per cento rispetto alla nota di aggiornamento del Programma di Stabilità) si accompagna una più modesta revisione delle stime sulle entrate (-1,7 per cento). E questo nonostante i dati sul primo trimestre 2009 segnalino un forte calo delle entrate tributarie, diminuite di circa il 7 per cento rispetto allo stesso trimestre del 2008. Il governo assume che nel 2009 ci sarà un aumento della pressione fiscale, dal 42,8 al 43,5 per cento. Il che significa che le entrate caleranno proporzionalmente meno del prodotto interno lordo. Normalmente, in fasi recessive le entrate calano proporzionalmente più del prodotto interno lordo.
Insomma la Ruef dimostra che la strategia del governo di fronte alla crisi – il suo scegliere di non scegliere – ci consegnerà un paese con squilibri nell’allocazione delle risorse pubbliche ancora più stridenti di quelli che già avevamo. Non sarà neppure servita a contenere la crescita del debito pubblico, avviato a tornare sui massimi storici, come previsto dal Fondo monetario internazionale, forse con più realismo di quello mostrato dal nostro governo.

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E’ un povero malato (di mente)

Ha conosciuto Berlusconi nel 1980, poi si sono sposati con rito
civile il 15 dicembre 1990. La first lady: chiudo il sipario
Veronica, addio a Berlusconi
“Ho deciso, chiedo il divorzio”

di DARIO CRESTO-DINA (Repubblica.it)

MILANO – “Chiudo il sipario sulla mia vita coniugale”. Dopo quasi trent’anni, i due si conobbero nel 1980 e si sposarono con rito civile il 15 dicembre 1990, le strade del presidente del Consiglio e di sua moglie, già spezzate sul piano sentimentale e personale, si dividono anche giuridicamente.

Veronica Lario ha avviato le pratiche per la separazione e il divorzio da Silvio Berlusconi, portando a termine un percorso cominciato molto tempo fa come ammise lei stessa alla fine dell’estate 2008, quando confessò che all’eventualità di una separazione stava meditando da dieci anni.

Ora ha scelto l’avvocato che la seguirà passo dopo passo davanti ai giudici: “Finalmente una persona di cui mi posso fidare fino in fondo”. È una donna. Una professionista lontana dallo star system e dalla politica. L’ha sentita al telefono il primo maggio, l’avvocato era in vacanza su un’isola del Sud Italia. È stato in pratica il loro primo vertice sulla separazione. Veronica le ha spiegato: “Voglio tirare giù il sipario, ma voglio fare una cosa da persona comune e perbene, senza clamore. Vorrei evitare lo scontro”. Il legale le ha risposto: “Stia tranquilla. Parto subito, prendo un aliscafo e rientro immediatamente a Milano. Lei è consapevole che non sarà facile e che dovrà sopportare attacchi pesanti? È sicura di volerlo fare?”.

Nella risposta non ci sono state esitazioni: “So tutto. Voglio andare avanti”. Ieri le due donne si sono incontrate a Macherio per studiare la strategia e si rivedranno molto presto, all’inizio della settimana. Vogliono stringere i tempi, evitare il contropiede di un uomo sempre molto abile a ribaltare le situazioni, capace di convocare una conferenza stampa per dire che il divorzio lo ha deciso lui per primo, e non la “signora”.

Naturalmente nei giorni scorsi Veronica ne ha discusso con i figli e le persone più vicine, un paio di amiche molto care, sottolineando ancora una volta le ragioni del suo distacco dalla vita pubblica del marito e insistendo sull’importanza che rappresenta per una donna come lei il valore della dignità: “Ora sono più tranquilla – ha confidato loro – . Sono convinta che a questo punto non sia dignitoso che io mi fermi qui. La strada del mio matrimonio è segnata, non posso stare con un uomo che frequenta le minorenni”.

Per i suoi ragazzi – Barbara di 24 anni, Eleonora di 22 che studia negli Stati Uniti e Luigi di 20, il più legato al mito imprenditoriale e politico del papà – sono state ore di grande amarezza e di sofferenza, ma alla madre tutti e tre hanno assicurato che rispetteranno ogni sua decisione per dolorosa possa essere: “Non muoveremo mai un dito contro nostro padre, ma tu mamma fai ciò che ti fa stare bene”.

L’inizio della fine arriva la mattina di martedì 28 aprile. Veronica guarda i giornali, la sua attenzione si sofferma sull’articolo di “Repubblica” che svela come nella notte di domenica il premier si sia presentato a sorpresa in una villetta di Casoria, dove si celebravano i diciott’anni di Noemi Letizia. Lei è bella, bionda, studia da grafica pubblicitaria a Portici e sogna una carriera televisiva, tanto che avrebbe inviato il suo “book” fotografico al presidente del Consiglio in persona. Un album che avrebbe provocato la scintilla. Accanto a Noemi ci sono il padre Elio e la madre Anna. La ragazza chiama Berlusconi “papi”, ai giornalisti dirà più tardi che lo conosce da tempo e che spesso lo va a trovare a Milano e Roma, “perché lui, poverino, lavora molto e non può sempre venire a Napoli”. Il Cavaliere le ha portato un regalo, una collana d’oro giallo e bianco con pendente di brillanti. C’è chi mormora anche le chiavi di un’auto, ma Noemi smentisce.

Veronica legge e rimane stupefatta, chiama al telefono un’amica: “Basta, non posso più andare a braccetto con questo spettacolo”. A Roma infuria la polemica sulle “veline” pronte a entrare nelle liste elettorali del Pdl e ci sono, soprattutto, quella ragazzina di Casoria, Noemi, e la sua mamma Anna che si rivolgono a Berlusconi con gli affettuosi diminutivi di “papi” e “papino”. Veronica non ce l’ha né con le giovani donne aspiranti europarlamentari né con Noemi. Interpreta la loro parabola quasi epicamente, come “figure di vergini che si offrono al drago per rincorrere il successo, la notorietà e la crescita economica”. La sconcerta, però, che il metodo da “ciarpame politico” non faccia scandalo, che quasi nessuno si stupisca, che “per una strana alchimia il paese tutto conceda e tutto giustifichi al suo imperatore”, come racconta a chi le sta vicino.

Quell’imperatore è ancora suo marito ed è il padre dei suoi figli, un padre che, seppure invitato, non ha mai partecipato alla festa dei loro diciott’anni. Di fronte alla nuova pubblica offesa sceglie di replicare pubblicamente con una dichiarazione che manda all’agenzia Ansa soltanto dopo le dieci di sera. È stato infatti un giorno di angoscia a villa Belvedere. Barbara, incinta di sette mesi del suo secondo figlio, è stata ricoverata all’ospedale San Raffaele. Sono lunghe ore di ansia, c’è il rischio di un parto prematuro. Veronica Lario ha in casa il nipotino Alessandro, chiede alla segretaria Paola di fermarsi fino a mezzanotte. La misura è colma, il “ciarpame” non è soltanto politico.
La mattina successiva Berlusconi dalla Polonia attiva la cortina fumogena e la contraerea dopo una notte di rabbia. Ordina che le “veline” spariscano quasi tutte dalle liste europee, ridimensiona il rapporto con Noemi a una antica conoscenza con il padre ex autista di Craxi (notizia poi smentita da Bobo Craxi e cancellata comicamente addirittura da un comunicato di Palazzo Chigi) e liquida con una battuta maschilista e greve l’indignazione della moglie, evitando di pronunciarne il nome e il ruolo: “La signora si è fatta ingannare dai giornali della sinistra. Mi spiace”. Rientrato a Roma, annulla un incontro in calendario per il giorno successivo con il presidente della Camera Gianfranco Fini.

La sua intenzione è di andare a Milano, come fece due anni or sono, per ricucire lo strappo con Veronica. Non ci andrà, lo ferma la sua fidatissima segretaria Marinella. Veronica Lario, infatti, l’ha appena chiamata: riferisca a mio marito che non mi si avvicini, non ho più nulla da dire e nulla da ascoltare, tutte le parole sono state consumate.

Giovedì i giornali del Cavaliere e i blog del Pdl fanno capire all’ex first lady di Macherio che aria tira. Dietro al “come si permette?” si scatena una minacciosa muta di cani. Il quotidiano “Libero” pubblica nella testata di prima pagina tre fotografie in bianconero della giovane attrice Veronica Lario a seno nudo. Il messaggio è più che mai trasparente, sembra arrivata l’ora dell’olio di ricino. Quando vede quelle fotografie la moglie del premier capisce, se ce ne fosse ancora bisogno, di essere davvero sola e di essere minacciata. In quelle foto si sente “come davanti a un plotone di esecuzione qualche secondo prima della fucilazione”. Alla figlia Barbara dice: “Sono molto preoccupata di ciò che potrà accadere, ma ho la libertà per andare avanti”.
Cala il sipario. La lettera affidata a “Repubblica” due anni fa da Veronica era un ultimatum. Qualche ora dopo Berlusconi inviò le sue scuse pubbliche alla moglie. Era il 31 gennaio 2007: “La tua dignità non c’entra, la custodisco come un bene prezioso nel mio cuore anche quando dalla mia bocca esce la battuta spensierata, il riferimento galante, la bagattella di un momento”. A sigillo un grande bacio. Qualche mese dopo, ad appannaggio esclusivo dei settimanali patinati della famiglia, arrivarono le passeggiate della coppia mano nella mano nel giardino della villa in Costa Smeralda e sui moli di Portofino.

Immagini che oggi sembrano lontanissime. “Mi domando in che paese viviamo – ha raccontato Veronica l’altro giorno a un’amica – , come sia possibile accettare un metodo politico come quello che si è cercato di utilizzare per la composizione delle liste elettorali del centrodestra e come bastino due mie dichiarazioni a generare un immediato dietrofront. Io ho fatto del mio meglio, tutto ciò che ho creduto possibile. Ho cercato di aiutare mio marito, ho implorato coloro che gli stanno accanto di fare altrettanto, come si farebbe con una persona che non sta bene. È stato tutto inutile. Credevo avessero capito, mi sono sbagliata. Adesso dico basta”.

°°° Rispetto col silenzio la sofferenza di questa donna. Non commento. D’altronde, ciò che dice lei e ciò che ha sempre fatto quello sgorbio malavitoso del marito… si commenta da solo.

veroni

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Venghino, siòri!

Europee, letteronze e la figlia di Bertolaso

Europee, in lista per il Pdl letteronze e la figlia di Bertolaso. Sono gli ultimi boatos in casa del centro destra a poco più di 24 ore dalla scadenza della presentazione delle liste.

Cristina Ravot, giovane cantante sassarese. Rachele Restivo, giornalista tv. E poi Laura Comi. E potrebbero spuntarla anche le più famose Eleonora Gaggioli, Barbara Matera e Angela Sozio: dovrebbero essere loro le fortunate vincitrici del corso di formazione tenutosi a via dell’Umiltà per accedere alle liste del Pdl. Trattative in corso, continui contatti del gruppo dirigente e soprattutto il tentativo degli apparati di partito di cercare di non escludere gli uscenti. Silvio Berlusconi nei giorni scorsi ha annunciato di volere molte facce nuove, ma dovrebbero essere recuperati i vari Bonsignore, Iva Zanicchi, Albertini, Gargani, Zappalà, Antoniozzi.

Per An in lista sicuramente la Angelilli e la Muscardini, mentre si rincorrono i boatos –

l’ultimo è la possibile presentazione ai nastri di partenza della figlia di Guido Bertolaso – e si contano gli esclusi. Alla fine dovrebbe spuntarla il capogruppo alla Regione Lazio, Alfredo Pallone, non invece Ventre e Gawronsky (per propria scelta).

Le liste per le Europee dovranno essere presentate entro mercoledì mattina. E proprio mercoledì ci sarà anche un nuovo Cda della Rai. Dovrebbe terminare con una nuova fumata nera per quanto riguarda le nomine che a questo punto, presumibilmente, si faranno dopo le Europee.

°°° Un sacco di tam tam per candidare qualche altra zocciletta senza arte né parte. Ve lo dico io in cosa consistono questi famosi corsi che fanno nella tana di Mafiolo: si mettono queste disperate (disperati) su una sedia, si accendono tre telecamere (che registrano tutto, perché poi il padrone delle vacche deve scegliere e commentare) e una squadra di zerbini come Belpietro, Jannuzzi, Fede, e via vomitando li stimola. Studiare STORIA? Naaaaaa. La Costituzione? Naaaaa. Diplomazia e strategia politica? Giammai! Imparano solo a mettersi in posa a favore di camera, a strillare i propri miseri slogan e… ad interrompere qualunque interlocutore. Di giorno. Poi, come cala la sera, si muovono in branco verso ristoranti di lusso, discoteche piene di droga, e alcove nascoste e clandestine. Chettelodicoaffa’?

CANDIDATE PER I LETTI DI BRUXELLES

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