da Travaglio

Comitato vittime di Al Tappone

La condanna di Mills per essere stato corrotto da Berlusconi, ma non di Berlusconi per aver corrotto Mills, segna una new entry nell’esclusivo Club Vittime di Al Tappone. Ne fanno parte gli scudi umani del premier: il fratello Paolo, più volte arrestato al posto del fratello; Marcello Dell’Utri, condannato (dunque promosso deputato) a 9 anni in primo grado per mafia per il suo ruolo di «cerniera» fra Cosa Nostra e Al Tappone, il quale però non è stato nemmeno processato; Cesare Previti, condannato a 7 anni e mezzo (ed espulso dal Parlamento) per avere, fra l’altro, corrotto il giudice Vittorio Metta per regalare la Mondadori ad Al Tappone, il quale però uscì miracolosamente prescritto; Salvatore Sciascia, condannato (e dunque promosso deputato) per aver corrotto ufficiali della Guardia di Finanza affinché chiudessero gli occhi sui reati fiscali e contabili delle aziende di Al Tappone, il quale però fu assolto per insufficienza di prove; Massimo Maria Berruti, arrestato per aver depistato le indagini sulle tangenti Fininvest alla Guardia di Finanza e condannato (dunque promosso deputato) per favoreggiamento ad Al Tappone, il quale però era innocente e non aveva alcun bisogno di favoreggiatori; David Mills, condannato (e nemmeno promosso deputato) per aver coperto i reati di Al Tappone in cambio di una mazzetta di Al Tappone, il quale non può essere processato. Anzi fa pure l’incazzato, come se avessero condannato lui. Mentre esprimiamo la massima solidarietà agli scudi umani, ci sia consentito un appello: vittime di Al Tappone, unitevi. E fate come Veronica: parlate.

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LE CALUNNIE DELLA p2

Telekom Serbia, la ‘grande bufala’ va a giudizio

Sfilata di politici, come testimoni, al processo che vede Igor Marini e altre nove persone imputate per la vicenda Telekom Serbia. Valter Veltroni, Francesco Rutelli, Clemente Mastella e Lamberto Dini sono comparsi oggi davanti alla V sezione del Tribunale di
Roma ed hanno negato di conoscere gli imputati. Solo Mastella ha detto di avere incontrato una volta Marini, nella sua casa di Ceppaloni, dove lo stesso si era presentato insieme con la sua allora moglie, l’attrice Isabel Russinova.

I politici erano stati citati (tra loro anche Romano Prodi e Piero Fassino, non presenti oggi in aula) in quanto parti offese nel procedimento che vede attribuiti a Igor Marini una sessantina di episodi ritenuti calunniosi. Si tratta delle rivelazioni fatte sul presunto giro di tangenti che avrebbe scandito la scalata a Telekom Serbia.

Il caso scoppiò nel 2003, quando Marini parlò di una supertangente da 55 milioni di dollari destinata, tra gli altri, a Romano Prodi (che indicò come ‘Mortadellà), Lamberto Dini (‘Ranocchiò) e Piero Fassino (‘Cicognà), attribuendosi il ruolo di «ufficiale
pagatore» e di grande manovratore di fondi estero su estero per conto dell’avvocato Paoletti. I dieci imputati (oltre a Marini, anche Volpi, Romanazzi, De Simone, Paoletti e poi Formica, Perrotta, Persen, Tomic e Watten) sono accusati, a vario titolo e a seconda delle posizioni, di calunnia, auto-calunnia e associazione per delinquere.

Hanno negato tutti di aver mai avuto a che fare con l’operazione Telekom Serbia, Walter Veltroni, Francesco Rutelli, Lamberto Dini e Clemente Mastella, sentiti oggi come parti lese nel processo a Igor Marini e ad altri imputati, e parlano apertamente di un complotto. «È stato un attacco politico e mediatico di non poco conto – ha detto Veltroni durante la sua deposizione – ricordo dei volantini su questa vicenda distribuiti in Campidoglio da esponenti dello schieramento politico avverso«. L’ex leader del Pd ha poi sottolineato con forza: «non ho mai gestito conti correnti all’estero».

Rutelli ha detto di essersi sorpreso all’epoca «dell’enorme impatto mediatico». «In quel periodo ero sindaco di Roma e mi chiesi come mai una storia così totalmente infondata potesse avere rilievo su tv e giornali. Mi auguro che questo incredibile polverone abbia la giusta sanzione penale». Dini ha sottolineato il «notevole danno subito» dalle accuse infondate di Marini. «È stato un complotto per minare il ruolo di Prodi e Fassino. Un danno irreparabile».

I giudici hanno poi sentito un altro testimone, Raffaele Amoruso, già dipendente della società Aeronavale (che si occupava della fornitura di carburanti per velivoli) il quale ha detto di aver perso un milione di dollari che aveva su un conto corrente affidato ad uno degli imputati, Fabrizio Paoletti, nel quadro di un investimento che gli era stato proposto.

°°° Io me lo ricordo benissimo questo “dossier” montato ad arte dalla cosca di Silvio Berlusconi e Cesare Previti (con l’aiuto dei vari Jannuzzi, Cicchitto, Gelli, Ferrara, Farina, e gentaglia simile). Così come ricordo benissimo l’altra bufala: “Mitrokin”. E via via indietro, la bufala della MACROSPIA che mafiolo fece nascondere nel suo studio e armò un casino mediatico infernale. Purtroppo, c’è tante povera gente decerebrata che ci è cascata e ci casca ancora.

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E per questo, chi paga?

L’OSPEDALE DELLE TANGENTI (E DELLE INCHIESTE ARCHIVIATE) – ENZO PAPI (COGEFAR-IMPRESIT) DISSE A DI PIETRO: “ABBIAMO PAGATO POLITICI AQUILANI” – TONINO TRASMISE LA DOCUMENTAZIONE ALLE PROCURE COMPETENTI E TUTTO FINÌ CON L’ARCHIVIAZIONE…

Giuseppe Guastella per il “Corriere della Sera”
Antonio Di Pietro

Inefficienze, errori, sprechi in 28 anni hanno fatto lievitare fino a 214 miliardi e 222 milioni delle vecchie lire il costo dei tormentati lavori del nuovo, si fa per dire, ospedale San Salvatore dell’Aquila, che il terremoto ha reso inagibile sollevando polemiche e interrogativi sulla qualità delle strutture. Ma le due inchieste giudiziarie aperte all’inizio degli anni ’90, una dal pool Mani Pulite di Milano, l’altra della magistratura dell’Aquila, finirono nel nulla. Archiviate.
Terremoto in Abruzzo

Se lo ricorda bene quel filone di Tangentopoli Antonio Di Pietro. Interrogando il manager della Cogefar-Impresit Enzo Papi si sentì dire che l’impresa aveva elargito finanziamenti a un paio di politici aquilani perché nell’area l’azienda aveva forti interessi. Era impegnata nella realizzazione del celebre laboratorio di fisica nucleare sotto i mille metri di roccia del Gran Sasso, del traforo autostradale nella stessa montagna, dello stadio del rugby (dove ora c’è una delle tendopoli per gli sfollati) e anche nel completamento dell’ospedale. Di Pietro sequestrò la documentazione di tutti gli appalti ottenuti dall’azienda che «trasmettemmo – rammenta – a tutte le procure competenti». Indagò solo per finanziamento illecito.

La costruzione dell’ospedale che gli aquilani ancora chiamano «di Coppito», per distinguerlo dal vecchio San Salvatore settecentesco del centro storico, fu cominciata nel ’72 da un’impresa pugliese che, dopo aver impiegato anni per gran parte dei 5 lotti su 180mila metri quadrati, fallì. Le opere ripresero nel ’91 quando ad aggiudicarsi l’appalto per il completamento fu un consorzio guidato da Cogefar-Impresit. Importo: 78 miliardi per gli arredi e le attrezzature mediche; altri 23 per le strutture. Gara contestata da un’impresa esclusa che con un esposto diede il via all’inchiesta della magistratura dell’Aquila. Furono iscritte nel registro de­gli indagati 19 persone per abuso d’ufficio, falso e turbativa d’asta.

A finire nei guai l’intero ex comitato di gestione della Usl, un gruppo di tecnici che avevano avuto a che fare con l’appalto, compreso il progettista Gaspare Squadrilli, ed Enzo Papi. Ma gli investigatori non riuscirono a trovare «fatti penalmente rilevanti» e a novembre ’93 il sostituto procuratore Fabrizio Tragnone (quello che aveva fatto arrestare l’intera giunta regionale per un’inchiesta sui fondi comunitari) chiese e ottenne l’archiviazione. Ma bisognerà ancora aspettare molto prima che l’ospedale entri in funzione. A tagliare il nastro sarà il ministro della sanità Rosi Bindi: il 21 febbraio 2000.

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