La menzogna al potere

L’ANALISI
Il nuovo volto del potere
di GIUSEPPE D’AVANZO

IL “caso Berlusconi” svela da oggi anche altro e di peggio. Ci mostra il dispositivo di un sistema politico dove la menzogna ha, non solo, un primato assoluto, ma una sua funzione specifica. Distruttiva, punitiva e creatrice allo stesso tempo. Distruttiva della trama stessa della realtà; punitiva della reputazione di chi, per ostinazione o ingenuità o professione, non occulta i “duri fatti”; creatrice di una narrazione fantastica che nega eventi, parole e luoghi per sostituirli con una scena di cartapesta popolata di fantasmi, falsi amori, immaginari complotti politici.

E’ stato per primo Silvio Berlusconi a muovere. Si scopre vulnerabile nelle condizioni di instabilità provocate dalle parole della moglie (“frequenta minorenni”, “non sta bene”) e fragile per la sua presenza nella peggiore periferia di Napoli a una festa di compleanno di una minorenne. E’ dunque costretto a mostrare, senza finzioni ideologiche, il suo potere nelle forme più spietate dell’abuso e della pura violenza. E’ già un abuso di potere (come ha scritto qui Alexander Stille) in un pomeriggio di autunno telefonare, da un palazzo di Roma e senza conoscerla, a una ragazzina che sta facendo i compiti nella sua “cameretta” per sussurrarle ammirazione per “il volto angelico” e inviti a conservare la sua “purezza”. E’ un abuso di potere ancora maggiore imporre ai genitori della ragazza di confermare la fiaba di “una decennale amicizia” con il premier, nata invece soltanto sette mesi prima grazie a un book fotografico finito non si sa come sullo scrittoio presidenziale.

E’ pura violenza pretendere che gli si creda quando dice: “Io non ho detto niente”. Tutti abbiamo sentito Berlusconi dire, spiegare, raccontare in pubblico e soprattutto contraddirsi e mentire. Ora egli pretende che il potere delle sue parole sulla realtà e sui nostri stessi ricordi sia, per noi, illimitato e indiscusso. Esige che noi dimentichiamo ciò che ricordiamo e crediamo vero ciò che egli dice vero e noi sappiamo bugiardo. Non ha detto niente, no? Berlusconi chiede la nostra ubbidienza passiva, l’assuefazione a ogni manipolazione anche la più pasticciata. Reclama una sterilizzazione mentale (e morale) dell’intera società italiana.

Già basterebbe questo atto di pura violenza per riproporre le dieci domande a cui il capo del governo non vuole dare risposta da più di due settimane perché, palesemente, non è in grado di farlo. Se lo facesse, potrebbe compromettere se stesso, rivelare abitudini e comportamenti in rumorosa contraddizione con il suo messaggio politico (Dio, patria, famiglia).
C’è altro, però. Berlusconi sa che questa prova di forza non lo mette al sicuro dal potenziale catastrofico della “crisi di Casoria”. Sa che spesso i fatti sono irriducibili e hanno la tendenza a riemergere. Sa che per distruggere quella realtà minacciosa, deve distruggere presto e nel modo più definitivo chi la può testimoniare. Anche in questo caso il premier ha deciso di muoversi con un canone di assoluta violenza. E’ quel che accade in queste ore. Per raccontarlo bisogna ricordare che i giorni non sono passati inutilmente perché hanno offerto a chi ha voglia di sapere e capire qualche accenno di “verità”.
Veronica Lario dice a Repubblica che il premier “frequenta minorenni”. Berlusconi nega dinanzi alle telecamere di Porta a porta di frequentare minorenni.
Mente, ora è chiaro. Ci inganna intenzionalmente e consapevolmente, ben sapendo che cosa vuole deliberatamente nascondere. Ha frequentato la minorenne di Napoli come altre minorenni hanno affollato le sue feste e affollano i suoi weekend nella villa di Punta Lada in Sardegna. Dov’erano quelli che oggi minimizzano la presenza di ragazzine alla corte di un anziano potente di 73 anni quando quel signore negava di “frequentare minorenni”?

Un secondo punto, fermo e indiscutibile, è l’inizio dell’amicizia con Noemi, la ragazza napoletana. La retrodatazione del legame tra il premier e la famiglia della ragazza al 1991 si è rivelata posticcia e contraddittoria. I suoi incontri con la minorenne, anche in assenza dei genitori, sono stati documentati (Villa Madama; Capodanno 2009 a Villa Certosa). L’inizio dell’affettuosa e paterna amicizia tra il capo del governo e la minorenne è stata testimoniata dall’ex-fidanzato della ragazza, confermato da una zia di Noemi, fissato nell’autunno del 2008.

Contro questi “punti fermi”, che lasciano il premier nudo con le sue bugie, si è scatenata una manovra utile a scomporre, ricomporre e confondere i fatti in un caleidoscopio mediatico di immagini false dove l’arma è la menzogna e gli armigeri sono i giornalisti stipendiati dal capo del governo, dimentichi di ogni deontologia professionale e trasformati in agenti provocatori; i corifei del leader, forti dell’immunità parlamentare e disposti a ogni calunnia. Buon’ultima Daniela Santanché che accetta di fare, nell’interesse del Capo, il lavoro sporco di diffamarne la moglie (“ha un compagno”). Chiunque, in questo affare, abbia portato il suo granellino di verità viene ora sottoposto a un pubblico rito di degradazione fabbricato con un violento uso della menzogna.

Il primo assalto è toccato a Repubblica investita, dall’editore all’ultimo cronista che si è occupato del “caso”, da un’onda di panzane. Prima il complotto politico (ma la polemica sulle veline è stata sollevata dal think tank di Gianfranco Fini). Poi la bubbola del pagamento del testimone (Gino Flaminio) che colloca la prima telefonata di Berlusconi a Noemi alla fine del 2008. L’accusa la grida in tv il ministro Bondi. Qualche giorno prima che un allegro commando di redattori del giornale della famiglia Berlusconi si scateni contro Flaminio allungandogli un paio di centoni “per l’incomodo” e realizzando la ridicola impresa di essere i soli a pagare l’ingenuo Gino. Che, anche se spaventato e intimorito, dice, ridice e conferma in tre occasioni di “non aver avuto un centesimo da Repubblica”. Non è finita. Uguale trattamento viene inflitto al fotografo che ha immortalato, nell’aeroporto di Olbia, lo sbarco da un aereo di Stato delle ragazze (alcune, appaiono da lontano minorenni) invitate a allietare il fine settimana del presidente del consiglio. Infilato prima in una trappola dall’house organ di Casa Berlusconi, denunciato poi per truffa (improbabile reato) dall’avvocato del premier, la procura di Roma decide di sequestrare sia le immagini illegittime (scattate verso il patio di Villa Certosa) sia le foto legittime (raccolte in un luogo pubblico).

Siamo solo all’interludio perché il colpo finale, la menzogna usata come manganello punitivo, viene riservato alla prima e più autorevole testimone dell’instabilità psicofisica del premier e dei suoi giorni con le minorenni: Veronica Lario. Daniela Santanché (non è un’amica della Lario, non frequenta la villa di Macherio) svela a Libero che “Veronica ha un compagno”. E, se “Veronica ha un compagno”, come possono essere attendibili i suoi rilievi al marito? Il cerchio ora è chiuso. Il pestaggio menzognero è completo, anche se non concluso. Ciascuno ha cominciato ad avere quel che si merita.

Questo spettacolo nero ha il suo significato politico. Berlusconi vuole insegnarci che, al di fuori della sua verità, non ce ne può essere un’altra. Vuole ricordarci che la memoria individuale e collettiva è a suo appannaggio, una sua proprietà, manipolabile a piacere. Si scorge nella “crisi di Casoria” un uso della menzogna come funzione distruttiva del potere che scongiura l’irruzione del reale e oscura i fatti. Si misura l’impiego dei media sotto controllo diretto o indiretto del premier come fabbrica di menzogne punitive di chi non si conforma (riflettano tutti coloro che ripetono che ormai il conflitto d’interesse è stato “assorbito” dal Paese). E’ il nuovo volto, finora nascosto, di un potere spietato. E’ il paradigma di una macchina politica che intimorisce. C’è ancora qualcuno che può pensare che questa sia la trama di un gossip e non la storia di un abuso di potere continuato, ora anche violento, e quindi una questione che scrolla la nostra democrazia?


°°° NON AGGIUNGO UNA SOLA VIRGOLA…

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Telenoemi

Gino Flaminio è un ragazzo coraggioso, ha detto com’è andata
“Da tre mesi si sapeva che il presidente sarebbe venuto alla festa dei 18 anni”
La zia di Noemi: “Così Berlusconi
è entrato nella nostra famiglia”

“Ho visto antiche amicizie nate dalla notte al giorno,
eventi dolorosi usati per sostenere nuove versioni”
di CONCHITA SANNINO e GIUSEPPE D’AVANZO

Un’immagine di Noemi Letizia

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NAPOLI – Signora Francesca D. F., che grado di parentela ha con i genitori di Noemi?
“Sono la zia, moglie del fratello di Anna Palumbo, la madre di Noemi”.

Ha precedenti penali, signora? Sa, dobbiamo chiederglielo perché, per alcuni, il testimone non va valutato per quel che dice, ma per quel che è.
“Non ho precedenti penali”.

Qualcuno nella sua famiglia ne ha?
“No”.

Ha motivo di risentimento nei confronti di sua cognata o della sua famiglia, o della ragazza?
“Assolutamente no. Ho ottimi rapporti con Anna, con i genitori di Anna e con i suoi fratelli. Anzi, ho condiviso finora con altri membri della famiglia l’imbarazzo, il disagio e la sofferenza che questa situazione non del tutto limpida, sta provocando. Ci sono troppe bugie. Circostanze che contrastano con quello che abbiamo sentito e visto in famiglia”.

Gino Flaminio fa parte delle bugie o della realtà vissuta in casa Letizia?
“Gino è stato il fidanzato di Noemi esattamente per il periodo da lui descritto al vostro giornale. Gino fa parte della realtà della famiglia Letizia e tutti noi lo abbiamo conosciuto e soprattutto apprezzato fino a quando i rapporti tra loro si sono deteriorati. È un bravo ragazzo. Amava davvero Noemi e Noemi gli era molto legata”.

Vi incontravate anche con Gino?
“Certo, è accaduto più di una volta. Con l’andar del tempo, è nato un legame tra questo ragazzo e la nostra famiglia. Non mi pento di averlo avuto in casa”.

Lei sa che il padre di Noemi ha minacciato querela per quello che Gino ha ricordato?
“Sì, purtroppo l’ho sentito ai tg, e ancora mi chiedo come sia stato possibile questo. Gino ha avuto parole di assoluto rispetto per tutti, per Noemi, per i suoi genitori, per noi. E anche per Berlusconi. Qual è la sua colpa? E perché accanirsi contro un ragazzo senza alcuna difesa?”.

Lei sa che Gino nel 2005 è stato condannato per rapina?
“Quando lo abbiamo conosciuto era già un operaio. Ma sapevamo che c’era una macchia nel suo passato. E in ogni caso, il suo errore, quale che sia stato, non ha mai costituito un ostacolo al loro affetto, né all’amicizia che il ragazzo ha dimostrato ad Anna e ad Elio, peraltro venendone ricambiato”.

Lei ha letto la testimonianza di Gino?
“Certo, e mi ha provocato una grande emozione. Perché ho visto per la prima volta, in questa storia di bugie, una persona dire le cose come stanno, con un coraggio che nessuno finora nella mia famiglia ha avuto”.

E lei perché solo adesso ha deciso di offrire la sua testimonianza?
“E ancora avrei voluto tacere. Ma dopo aver visto la violenza della discussione a Ballarò, ho deciso di farmi viva. Ho visto troppe cose che non vanno. “Antiche amicizie” nate dalla notte al giorno. Fidanzati comparsi dal nulla. Dolorosi eventi che hanno afflitto la famiglia, utilizzati per sostenere nuove versioni dei fatti che hanno coinvolto mia nipote Noemi: come il riferimento a una lettera di cordoglio. E’ con molto strazio che mi sono decisa ora a parlare. Mi sono tormentata in queste settimane”.

Perché lo fa?
“Se devo dire la verità, lo faccio per i miei figli perché devono poter credere che esiste il vero e il falso, il buono e il cattivo. Voglio che sia chiaro che, per quanto mi riguarda, in questa storia non c’entra nulla la politica, nulla i complotti, ma solo la necessità di non vergognarsi quando ci si guarda allo specchio perché si è dovuto avallare una storia che, se non fosse così dolorosa, in famiglia sarebbe una barzelletta di cui ridere”.

Lei, quando ha sentito per la prima volta di Berlusconi in famiglia?
“Alla fine del 2008, tra novembre e dicembre, ho visto per la prima volta durante un pranzo familiare Noemi alzarsi da tavolo allo squillo del suo cellulare, e l’ho ascoltata dire papi. Non avevo assolutamente idea, all’epoca, chi potesse essere. Ho pensato a un gioco tra ragazze. Notai soltanto che intorno a lei ci si dava da fare per evitare ogni curiosità”.

Quando ha sentito per la prima volta indicare Berlusconi come una presenza familiare?
“Posso dirlo con certezza. L’11 gennaio 2009, il giorno del compleanno di mio figlio. Io organizzai una piccola festicciola. E seppi, quella sera, che si stavano preparando grandi festeggiamenti per i diciotto anni di Noemi. E che alla festa avrebbe partecipato, a meno di impegni improvvisi, anche Silvio Berlusconi”.
Addirittura tre mesi prima, si contava sulle presenza a quel tavolo del presidente del Consiglio?
“A me fu detto che dovevamo “prepararci” per quello. La conferma della presenza del capo del governo sarebbe arrivata solo a Pasqua”.

E poi?
“Mi fu detto che Berlusconi chiese espressamente a Noemi di essere invitato e pretese di ricevere dalle sue mani l’invito. Non so se poi Noemi lo abbia raggiunto a Roma e come siano andate le cose. In ogni caso, nella nostra riunione di famiglia al pranzo di Pasqua, ci fu confermato ancora di “prepararci” perché avremmo conosciuto il presidente il 26 aprile, alla festa organizzata nel ristorante di Casoria”.

Che idea si è fatta della conoscenza tra Berlusconi e Noemi?
“So soltanto quel che mi ha raccontato Anna, mia cognata, la madre di Noemi. Anna sosteneva che il presidente del Consiglio aveva per mia nipote l’affetto di un padre. Ricordo l’espressione: “l’ha presa a cuore”. Io non ne dubitai. Noemi è sempre stata una brava ragazza, dolce, buona. Con un grande sogno: fare la ballerina, l’attrice o la showgirl. Ricordo che in famiglia si diceva: “Magari così, Noemi entrerà dalla porta principale”. Si intendeva dalla porta principale nel mondo dello spettacolo. E d’altronde la stessa Noemi – ho letto – lo ha già detto in un’intervista. Come peraltro Anna. Nelle primissime interviste, mia nipote e mia cognata sono state sincere e hanno raccontato in pubblico ciò che dicevano a noi in privato. E stato dopo che ho visto troppe cose confondersi”.

Vuole darci la sua opinione su questa storia?
“Sono molto preoccupata per la mia famiglia. Se mi espongo così, lo faccio perché siamo una famiglia di gente semplice e per bene. Parlo dei fratelli di Anna, dei suoi genitori, degli altri cognati, dei nostri figli e nipoti, tutti ragazzi sani. Tutti trascinati, dalla mancanza di chiarezza e sincerità, in una situazione che ci imbarazza moltissimo”.

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I disastri di Berlusconi

Terremotati o “clandestini”?
Tensione con gli immigrati

L’AQUILA – Le più spaventate erano le famiglie di filippini nelle tende della fila numero uno. “Adesso ci mandano via tutti, noi stranieri. Adesso ci picchiano. Adesso scoppia la guerra”. Donne e bambini si sono chiusi nelle tende, hanno abbassato anche i teli delle finestrelle che permettono di respirare. In silenzio, ad ascoltare le urla che arrivavano dal campo, dicendo anche ai bimbi di stare zitti, per fare finta di non esistere. Erano le otto di sera di lunedì e la “guerra” era scoppiata da un’ora. “Un ragazzo romeno, 15 anni, grande e grosso, ha picchiato un bambino italiano di dieci anni. E’ successo davanti al gazebo dei clown”. Urla, spintoni, minacce, con i romeni da una parte e gli italiani dall’altra. “Il ragazzo romeno ha picchiato anche la zia del bimbo italiano, che si era permessa di sgridarlo. Il padre del bambino picchiato si è messo a cercare l’altro padre e per tutta sera gruppi avversi si sono inseguiti nel campo”. Sono arrivati i carabinieri e i poliziotti, si sono messi in mezzo e sono riusciti a evitare il peggio. “Andate a casa vostra – gridavano gli italiani – voi che non siete aquilani. In città non vi avevamo mai visto, da dove siete arrivati?”. “Siamo in regola, paghiamo i contributi. Voi siete solo dei razzisti”.

Una tregua è stata trovata solo alle 11 della sera, ma la paura è che basti un altro cerino acceso per incendiare tutto. Alle 2 di notte un altro romeno è stato denunciato per tentata violenza sessuale. Ha cercato di baciare una ragazza italiana. “Ormai da molti giorni – raccontano Cristina e Fabiana – si sentiva che la rabbia verso gli stranieri stava crescendo. E’ bastata una scintilla e la tensione è salita alle stelle”.

La tendopoli di piazza d’Armi, la più grande, è il nuovo “centro storico” dell’Aquila. Ci sono i tossicodipendenti che prima andavano al Sert, ci sono gli ospiti psichiatrici di una comunità. Ci sono, su 1400 persone, 390 extracomunitari, fra i quali 173 romeni, 93 peruviani, 78 filippini. Già in passato ci sono state tensioni. “Nella tenda vicino alla nostra – raccontano Maria e Vincenzo, madre e padre del bambino picchiato – la settimana scorsa i romeni hanno tirato fuori i coltelli. Sono centinaia, qua dentro. Sono arrivati anche da Roma per mangiare gratis. Fanno i terremotati sperando di avere una casa e dei soldi. Il censimento? Non vale nulla. I romeni si scambiano i cartellini di riconoscimento e di notte entrano da un buco che c’è nella rete. Per capire quanti sono, vada in mensa all’ora di pranzo o di cena. Sono quasi tutti forestieri. Debbono andare via tutti, questi stranieri. Se proprio vogliono tenerli, li mettano in un campo a parte e ben sorvegliato. Gli italiani sono con noi”.

Il maresciallo dei carabinieri, subito dopo la rissa, ha detto ai romeni che dovevano andare via, in un altro campo. “Siamo in regola, terremotati come tutti gli altri, e non ci muoviamo da qui”. Il responsabile della tendopoli, Gian Marco Venturoli, ha cercato di mediare. Ha chiesto alla famiglia italiana se poteva accettare un trasferimento in albergo, e la famiglia ha detto sì. “E così siamo noi ad andare via e i romeni resteranno qui a fare danni. Sono diventati i padroni a casa nostra. Il nostro bambino, dopo l’aggressione, ha un occhio nero e non vuole più parlare, nemmeno con noi. Andiamo via perché qui non si vive più. Abbiamo saputo che c’è anche un pedofilo, in questa tendopoli. I politici che sul terremoto fanno tante chiacchiere vengano ad abitare qui per qualche giorno. I delinquenti arrivati dalla Romania fanno di tutto e se tu protesti ecco la loro carta segreta: “sei un razzista”, ti dicono subito. Ma noi vogliamo soltanto rifiutare le prepotenze”.

“Sono state ore molto pesanti – dicono Cristina e Fabiana – Gli italiani da una parte, i romeni dall’altra. Ma noi italiani ci siamo divisi subito. Da una parte chi gridava “delinquenti andate via”, “non potere venire a fare i vostri comodi a casa nostra” e dall’altra quelli come noi che cercavano di fare ragionare. Siamo tutti sotto pressione, siamo stanchi di questa vita, ma l’unica cosa che non ci serve è il razzismo. Lo sapete tutti che anche noi siamo stati emigranti in mezzo mondo. Restiamo uniti per avere, tutti, una vita più decente”.

“Questo – dice Demetrio Egidi, capo della Protezione civile dell’Emilia Romagna, che guida la tendopoli – è un campo troppo grande e molto delicato. Il razzismo purtroppo non mi stupisce, perché è dentro il Paese, dunque anche in una tendopoli, dove i contrasti sono più forti perché si vive male. Noi abbiamo rassicurato tutti: vogliamo la convivenza e cerchiamo di spianarle la strada. Certo, lavorare in un campo con 1400 persone e 26 etnie diverse, non ci aiuta”.

Nei prossimi giorni arriveranno i condizionatori e i teli per fare ombra alle tende. Ma per ora, nelle tende c’è “puzza di gatto morto”, per l’erba dell’ex campo da calcio marcita sotto i teli. E il caldo non aiuta certo a calmare questa guerra fra poveri.

tenda


°°° ANCORA NON E’ NIENTE. COSA VO ASPETTAVATE CHE SUCCEDESSE CON MIGLIAIA DI PERSONE AMMASSATE E ABBANDONATE, SENZA COMFORT NE’ ASSISTENZA? PERSONE CHE HANNO PERSO TUTTO E HANNO SENTITO SOLO LE MINCHIATE DI SILVIO BERLUSCONI E DEI SUOI GIANNIZZERI?

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Belle notizie

Scattata in Brasile l’esecuzione di una sentenza che difende le terre degli Indios
Per la prima volta sono i latifondisti
a essere cacciati dall’Amazzonia

Tensione per l’allontanamento forzato dei grandi coltivatori. Il governatore: «Diventerà uno zoo umano»

La scheda sui popoli indigeni che abitano nella zona di Raposa-Serra do Sol

Prima di lasciare le loro proprietà bruciano tutto, per non lasciare niente agli Indios. Per la prima volta a essere cacciati dalla loro terra, nell’Amazzonia brasiliana, non saranno gli indigeni: sono loro ad avere vinto, per la prima volta, una battaglia legale che riconosce i loro diritti e vieta ai latifondisti di frazionare un’altra fetta di foresta. A dover fare le valige, con le buone o con le cattive, sono i bianchi. Scaduta la data limite di 45 giorni per il ritiro volontario dei non-indios, la polizia federale brasiliana ha infatti cominciato le operazioni di espulsione dei grandi coltivatori di riso (arrozeiros), dei latifondisti e dei contadini che ancora occupano abusivamente la terra indigena Raposa/Serra do Sol, nello stato amazzonico settentrionale di Roraima.

LA RESISTENZA DEI LATIFONDISTI – Il capo degli “arrozeiros”, Paulo Cesar Quartiero, accusato di molteplici episodi di violenza contro i nativi locali e di danni all’ambiente, ha resistito quasi 12 ore allo sgombero opponendosi a una pattuglia di 25 agenti. La sua Fazenda Providencia, riferiscono i giornali brasiliani, è stata assegnata dal “tuxaua” (capo indigeno) Avelino Pereira della comunità di Santa Rita a dieci famiglie di nativi che vivranno di agricoltura. Le autorità locali stimano che il ritiro forzato degli occupanti da Raposa si protrarrà, tra le tensioni, almeno per due settimane.

LA DECISIONE DELLA CORTE – Con una decisione che avrà ripercussioni anche sulle terre indigene ancora da demarcare, il Supremo tribunale federale brasiliano si era pronunciato a metà marzo per l’allontanamento dei bianchi confermando l’omologazione in area continua e senza frazionamenti di Raposa, 1,7 milioni di ettari abitati da 17.000 indigeni Macuxi, Wapixana, Ingariko, Patamona e Taurepang, già firmata dal presidente Lula nel 2005 a conclusione di un iter legale durato quasi 30 anni.

IL GOVERNATORE: «DIVENTERA’ UNO ZOO UMANO» – A peggiorare le cose è intervenuto anche il governatore di Roraima, José de Anchieta Júnior, da sempre contrario ai diritti degli Indios. Nelle dichiarazioni al quotidiano “Globo” non ha certo nascosto il suo disappunto per la decisione della Corte suprema: « Non pretendo nè voglio discutere oltre. Ne abbiamo già parlato a fondo. La riserva indigena di Roraima si trasformerà in un autentico zoo umano. Senza contatto con i Bianchi, quelli che vedremo vivere là saranno animali umani».

NUOVE INSIDIE PER GLI INDIOS – Nella sentenza ci sono comunque alcune clausole che potrebbero avere gravi conseguenze per gli Indiani in tutto il Brasile. I giudici della Corte Suprema hanno infatti stabilito che i governi federali dello stato brasiliano – alcuni dei quali notoriamente anti-Indiani – dovrebbero essere coinvolti in modo più attivo nei processi di demarcazione dei territori indigeni. La loro partecipazione potrebbe rendere le demarcazioni più lente e difficoltose. La sentenza sancisce anche che i popoli indigeni non debbano essere consultati su progetti di sviluppo che, pur riguardando le loro terre, vengano dichiarati “di interesse nazionale”. I giudici hanno anche stabilito che i territori indigeni che sono già stati demarcati (e mappati) non devono essere ampliati. Questo preoccupa in modo particolare tribù come i Guarani, a cui sono state riconosciute legalmente solo piccole aree di terra prima della costituzione del 1988 che garantisce i loro “diritti originali” sulle terre ancestrali. Ana Paula Souto Maior, avvocato della ONG brasiliana ISA (Istituto Socio Ambientale), ha commentato: «Alcune di queste condizioni sono allarmanti e non resta che vedere che tipo di impatto potranno avere sui numerosi territori che ancora aspettano di essere demarcati o ampliati».

Stefano Rodi

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Malati

Violenza sessuale: stuprava moglie e molestava figlia, in manette 36enne

02 Maggio 2009 09:21 CRONACHE

FOGGIA – Un 36enne di Cerignola, nel Foggiano, e’ stato fermato per avere ripetutamente picchiato e violentato la moglie e molestato sessualmente la figlia dodicenne. L’uomo, con numerosi precedenti penali e sorvegliato speciale, e’ accusato di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale aggravata e lesioni personali. Si trova ora detenuto nel carcere di Foggia. (Agr)


°°° E quest’altro malato di mente? Affetto da febbre suina anche lui o si tratta semplicemente di un porco dai tratti umani?

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Si cominciano a svegliare

Le associazioni femminili annunciano una settimana di astinenza
per richiamare l’attenzione sulla situazione del paese
Donne, sciopero del sesso
per salvare il Kenya dalla guerra

Alla protesta aderisce anche la moglie del primo ministro
Odinga. Le prostitute pagate per non fornire prestazioni ai clienti
di FRANCESCA CAFERRI

Donne, sciopero del sesso per salvare il Kenya dalla guerra
SITUAZIONI straordinarie richiedono interventi straordinari. Deve aver pensato questo un gruppo di donne kenyane di fronte alla possibilità che il Paese sprofondasse, come giù accaduto a fine 2007, nella violenza politica. La soluzione che hanno trovato per scongiurare il possibile braccio di ferro fra il presidente Mwai Kibaki e il primo ministro – nonché rivale politico – Raila Odinga passa attraverso le lenzuola: una settimana di sciopero del sesso, per dare agli uomini il tempo e la possibilità di riflettere sulla crisi che rischia di riesplodere.

“Questo boicottaggio è un modo per protestare contro i nostri leader e chiedere loro di prendersi la responsabilità del Paese”, ha spiegato mercoledì a Nairobi Carole Ageng’o, presidentessa di un gruppo di supporto a donne e bambini, annunciando l’iniziativa alla stampa. “Vogliamo dare a ogni famiglia il tempo per parlare di come è guidato questo Paese e di quello che ognuno di noi si aspetta dal governo”, le ha fatto eco Patricia Nyaundi, un’altra delle leader della protesta.

Per evitare di vanificare lo sciopero, le donne – riunite in un cartello denominato G-10 – hanno annunciato che nella protesta saranno coinvolte anche le prostitute: quelle delle zone di Nairobi dove la prostituzione è più frequente saranno infatti pagate dalle associazioni femminili per astenersi dal fornire prestazioni ai clienti.

In Kenya la tensione è alta da settimane: l’accordo fra il presidente Kibaki e Odinga, da mesi traballante, sembra aver raggiunto il punto di rottura. Odinga ha minacciato nei giorni scorsi di chiedere elezioni anticipate. Era stata proprio la contestazione da parte del movimento di Odinga delle elezioni del 2007 a portare agli scontri che per settimane avevano insanguinato il Paese, facendo circa 1.500 morti e 400mila sfollati. Solo l’intervento dell’ex segretario generale dell’Onu Kofi Annan era riuscito a fermare la violenza e a portare a un accordo i due rivali. Ora il “matrimonio di convenienza” – come lo hanno definito le donne – è arrivato al capolinea e il Kenya deve trovare una nuova formula se non vuole sprofondare di nuovo nella violenza politica.

Riuscirà lo sciopero del sesso a dirimere i nodi sul tappeto? Oltre alle associazioni femminili, è anche la moglie del primo ministro Odinga, Ida, a scommettere che l’idea potrebbe funzionare. “Le voci delle donne devono essere ascoltate – ha spiegato al quotidiano The Standard, annunciando la sua adesione “al 100%” alla campagna – questa non è una punizione, ma un modo per mettere in evidenza la questione”. La risposta della first lady Lucy Kibaki non è ancora arrivata, ma le donne promotrici dell’iniziativa sono fiduciose che anche da lei arriverà un sì: come la moglie del primo ministro infatti, la Kibaki è madrina di molte associazioni femminili.

Non condividono l’ottimismo della first lady, invece, i lettori di The Nation, il principale quotidiano kenyota: la maggior parte dei commenti di quelli che hanno scritto al giornale dopo la pubblicazione della storia sono infatti negativi. “Una dimostrazione di strada sarebbe stata più efficace – scrive un lettore – l’unica cosa positiva che c’è in Kenya in questo momento è la vita dentro alle mura domestiche. Che senso ha toglierci anche quella?”.

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Dal mio amico Panunzio

OSSERVATORIO ANTIPLAGIO
Comunicato stampa

Sky ha cancellato la terza replica di ”Shooting Silvio”, film fantapolitico in cui uno scrittore progetta il rapimento e l’uccisione di Silvio Berlusconi. L’opera doveva essere ritrasmessa il 20/4/09 alle ore 17, ma e’ stata sostituita da una vecchia pellicola americana. Alcuni esponenti del PDL avevano accusato ”Shooting Silvio” di istigare alla violenza, immemori della violenza e delle oscenita’ che la tv commerciale propina ogni giorno ai nostri ragazzi e ai nostri bambini. Sky probabilmente si e’ voluta tutelare per non mettersi contro il Governo. E’ meno probabile invece che l’esecutivo di un vero Paese democratico si intrometta nelle scelte di una televisione privata. D’altronde se i nostri politici mettono all’indice il mago Silvan, per aver consigliato scherzosamente a Berlusconi di usare la bacchetta magica, come possono considerare un film che scherza sull’eliminazione dello stesso Berlusconi, se non alla stregua di un’opera da mettere al rogo? Per questo motivo dal mese di maggio Osservatorio Antiplagio proporra’ il film ”Shooting Silvio” nelle scuole. Nel frattempo l’opera e’ visibile gratuitamente su www.megavideo.com/?v=BKOGTZKZ .

www.antiplagio.org
Tel. 338.8385999
21/04/09

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Shooting Silvio

La pellicola racconta dell’ossessione di un ragazzo che considera Berlusconi il male
Per i pidiellini è un inno alla violenza e un incitamento contro il premier
Sky manda in onda ‘Shooting Silvio’
Pdl all’attacco della tv di Murdoch
Vita (Pd): “Siamo oltre il ridicolo. Ora siamo arrivati alla censura cinematografica”

Sky manda in onda ‘Shooting Silvio’ Pdl all’attacco della tv di Murdoch

Una scena del film Shooting Silvio
ROMA – Nuovo fronte polemico tra centrodestra e mondo dei media tv. Stavolta è Sky nel mirino degli esponenti del Pdl. Oggetto del contendere è il controverso e surreale film ‘Shooting Silvio’, mandato in onda ieri sera dall’emittente satellitare e considerato, dagli ‘azzurri’ del Pdl, un inno alla violenza e un incitamento implicito contro l’uomo e il presidente del Consiglio.

Il film, uscito nel 2007 e opera prima di Berardo Carboni, racconta la vicenda del ventottenne Giovanni, detto Kurtz (come il colonnello folle impersonato da Marlon Brando in Apocalypse Now, personaggio con cui condivide l’attitudine al delirio e all’inquietudine).

Per Giovanni, Silvio Berlusconi è un’ossessione, l’incarnazione del male e va fermato a tutti i costi: prima con un libro-invettiva poi progettando addirittura di rapirlo e ucciderlo. Il film ha come protagonista Federico Rosati e nel cast compare, tra gli altri, in un’apparizione straordinaria anche Marco Travaglio. Un’analoga pellicola, ‘Death of president’, è stata di recente dedicata a George Bush.

Alle critiche risponde il Pd con Vincenzo Vita che ha definito la Pdl “oltre il ridicolo. Ora siamo arrivati alla censura cinematografica”.

Sky ha tentato di non trasmettere il film, disponibile per la pay tv dal gennaio 2008 e parte del cosiddetto pacchetto Anica che obbligava la pay-tv ad acquisire tutti i film italiani che avessero raccolto in sala più di 20 mila spettatori. Tra i produttori del film e Sky ci fu una contestazione sul numero degli spettatori proprio perché la pay tv non voleva trasmetterlo.
Per la deputata Pdl Beatrice Lorenzin ‘Shooting Silvio’ è un esempio di pessima televisione: è un inno alla violenza e – avverte – un incitamento implicito ad azioni efferate contro l’uomo e contro il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Secondo Francesco Casoli, vicepresidente dei senatori Pdl, “in un momento delicato come questo, tra crisi economica e terremoto, è davvero scadente e di pessimo gusto trasmettere una pellicola del genere che – osserva – predica solo odio contro il premier che sta affrontando i problemi reali, mettendoci tutta la sua grinta e l’esperienza e trovando apprezzamenti ovunque, dalle massime cariche dello Stato fino all’opposizione”.

“Giovedì Santoro con Annozero, ieri sera Sky che ha proposto il diseducativo film ‘Shooting Silvio’. Sembra quasi – conclude l’onorevole Nunzia De Girolamo del Pdl – che sia partita in sordina per diventar tempesta una nuova offensiva mediatica contro Berlusconi”.

°°° Ma guardate come si agitano i pappagallini impazziti. Non si chiedono nemmeno per un momento “e se fosse davvero così?”
Siamo alcuni miliardi di persone a sapere, a conoscere la verità: sì, silvio berlusconi incarna il MALE ASSOLUTO! I perché li conosciamo bene: è un mafioso, è senza scrupoli, è cattivo, è ignorante, è arrogante coi deboli e leccaculo coi potenti (vedi craxi,Obama,Bush,e tutti i culi che ha dovuto leccare in gioventù…), è vigliacco, è fascista, è falso, è pieno di complessi d’inferiorità, è la cosa peggiore che potesse capitare al mondo e all’Italia.
Manca qualcosa?
Bene ha fatto il mio amico Vincenzo Vita a parlare di “oltre il ridicolo”, questi sono davvero dei patetici minus habens.

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bnot3

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Giusto!

Ratzinger: “L’Islam rifiuti la violenza”

°°° Giusto! L’unico che può esercitare la violenza, continuamente: sui gay, sulle donne, sui malati terminali, sui malati di Aids, sull’intelligenza e sulle libertà degli italiani e dei minus habens, ecc.. deve essere SOLO LUI!

mani-in-alto

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E manco questi sono rumeni…

1) Violenza sessuale: Foggia, violenta ex moglie, arrestato

FOGGIA – Ha picchiato e violentato l’ex moglie perche’ non accettava la separazione. L’agguato e’ avvenuto sotto casa della donna, che rientrava dopo aver accompagnato il figlio a scuola. L’ uomo, 36 anni, e’ stato arrestato dai carabinieri di Foggia con l’accusa di violenza sessuale aggravata. La donna, di 33 anni, e’ stata medicata al pronto soccorso. (Agr)

2) Abusi sessuali su sette giovani,
chiesto rinvio a giudizio per sacerdote

Prostituzione minorile e atti sessuali su minori. Azione della Procura di Roma nei confronti di don Ruggero Conti
Abusi su bambine minori di 14 anni. Arresti a Lecco e Verona

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