ANCHE SE SOTTOTONO…
E Santoro porta
la D’Addario in tv
di CURZIO MALTESE
LA LIBERTA’ D’INFORMAZIONE AGGREDITA DALLA MAFIA
Ci voleva Annozero per far cadere la censura televisiva su Silvio Berlusconi e alcuni suoi intimi, da Vittorio Feltri a Patrizia D’Addario. Milioni di spettatori hanno potuto finalmente vedere il premier alle prese con una
domanda vera sui suoi scandali, rivolta guarda caso da un giornalista spagnolo. Nella versione integrale, mai trasmessa dai telegiornali, con la partecipazione speciale di un esterrefatto Zapatero.
L’ignara casalinga di Voghera, ammesso che guardi Santoro, è stata alla fine informata sulla causa delle polemiche fra Berlusconi e la Chiesa, fra Berlusconi e Fini. Ovvero le iniziative di Vittorio Feltri, esponente del giornalismo grandguignolesco e direttore preferito dal premier. Uno che ha minacciato Fini di pubblicare dossier a “luci rosse”, ha dato dell’omosessuale al direttore dell’Avvenire e perfino dell’impotente a Berlusconi stesso, sia pure prima di essere ingaggiato alla guida de Il Giornale. Mandati a letto i bambini, già alla comparsa di Feltri, si passa dunque al caso delle escort e veline. Lo scoop, si fa per dire, di Santoro è la messa in onda di una delle decine di interviste date da Patrizia D’Addario sulle televisioni di mezzo pianeta, tranne naturalmente la nostra, ma sarebbe meglio dire “la sua”.
Basterebbe questo soltanto per chiudere sul nascere il dibattito sulla libertà d’informazione in Italia. Abbiamo dovuto aspettare tre mesi e la faticosa messa in onda di una trasmissione a rischio di chiusura per vedere in tv Patrizia D’Addario e sentirla parlare di uno scandalo tutto italiano che ha già fatto il giro del mondo. È uno scoop per “abbandono degli avversari”, commenta il precario Rai Marco Travaglio, anche il racconto di chi è Gianpaolo Tarantini. Un altro intimo amico del presidente del Consiglio, al quale telefonava fino a dieci volte al giorno. Per quanto lo smemorato di Cologno, come lo chiama Fiorello, in pubblico finga di non ricordarne il nome (“Tarantino o Tarantini, quello…”). Il giovane imprenditore che ha confessato di usare prostitute e cocaina per ingraziarsi i politici e fare il salto di qualità, come fornitore di macchinari sanitari e aspirante faccendiere della Protezione Civile.
Non c’è nulla di nuovo, per chi ha letto i giornali, o almeno alcuni, in questi mesi. Ma è tutta una scoperta per chi guarda la televisione. E la scoperta più grande è che non si tratta di gossip, di buchi nella serratura, ma della tragedia politica di un Paese dove veline e prostitute finiscono sulle liste del Parlamento Europeo, dove le forniture degli ospedali dipendono dalle forniture di cocaina. Un’Italia di veri parassiti criminali, altro che i cantanti lirici additati al linciaggio dall’esagitato ministro Brunetta.
Ancora una volta, abbiamo dovuto aspettare tre mesi perché questi fatti venissero illustrati al pubblico televisivo in maniera semplicemente comprensibile. Non attraverso i pastoni politici, le mezze frasi, le allusioni, i commenti appesi al nulla. La trasmissione di Santoro ha aperto una breccia in un muro di omertà inconcepibile in una democrazia. È probabile che i muratorini dell’informazione al servizio del padrone si adoperino da oggi stesso per tappare la falla e riprendere come nulla fosse il gioco delle mistificazioni. Ma se la Rai fosse un’azienda appena decente, i dirigenti dovrebbero complimentarsi con Santoro, firmare subito i contratti in sospeso, e ringraziare le redazioni di Annozero e degli altri pochi programmi che ancora danno un senso all’espressione “servizio pubblico” e quindi anche ai loro lauti stipendi.