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Pil, solo 3 regioni italiane
nella classifica europea

Il reddito pro-capite nella Ue è, mediamente, di 25100 euro. Nel 1997 l’Italia aveva ben dieci aree con un valore superiore. Oggi ne abbiamo perse sette e le rimanenti sono nella parte bassa della classifica. “Stiamo scivolando in modo preoccupante verso quei paesi a sviluppo moderato, come Cipro, Grecia, Slovenia, Repubblica Ceca, Malta e Portogallo”, sostiene il sindacato

Pil, solo 3 regioni italiane nella classifica europea

ROMA – Crolla il numero delle regioni italiane nella graduatoria europea delle quaranta regioni con il più alto livello di prodotto interno lordo pro capite. A distanza di undici anni, dal 1997 al 2008, è passato da dieci a tre il numero delle regioni italiane in classifica (la Lombardia, l’Emilia Romagna e la provincia autonoma di Bolzano), mentre quelle del Mezzogiorno – giè ben al di sotto della media europea nel ’97 – continuano a perdere posizione.

E’ il quadro che viene fuori dallo studio “Il Prodotto interno lordo pro-capite regionale europeo: livelli e dinamiche”, condotto dal dipartimento per le Politiche di coesione economica e sociale per il Mezzogiorno su dati Eurostat relativi al Pil pro capite regionale per il 2008, espresso in parità di potere d’acquisto, per le 271 regioni europee.

Dallo studio della Cgil, prodotto per rilanciare le ragioni dello sciopero generale del 6 maggio, emerge che il Pil pro capite medio europeo per il 2008 presenta un valore pari a 25.100 euro e che l’Italia nel giro di undici anni, ha subito un brusco arretramento: nel 1997 rientravano in graduatoria ben dieci regioni: Lombardia (11), Bolzano (12), Emilia Romagna (15), Valle d’Aosta (21), Provincia autonoma di Trento (22), Veneto (23), Lazio (27), Piemonte (31), Friuli Venezia Giulia (36) e Toscana (39). Dieci anni più tardi ne restano solo tre e in posizioni di retrovia: Provincia Autonoma di Bolzano al 23° posto, Lombardia al 28° ed Emilia Romagna al 36°.

Nel 1997, la Lombardia presentava un

reddito pro-capite superiore rispetto al dato medio europeo del 161% mentre nel 2008 il dato è arretrato al 134%. Stessa dinamica per le altre due regioni presenti in classifica: la Provincia Autonoma di Bolzano passa dal 159% al 137%, così come l’Emilia Romagna passa dal 152% al 127%.

Il rapporto della Cgil si sofferma poi sui “Mezzogiorni d’Europa”, ovvero quelle aree marginali con livelli di reddito inferiori al 75% rispetto alla media europea, presenti in gran parte nelle regioni dei nuovi stati membri dell’Est e in quelle tradizionalmente arretrate di Grecia, Spagna, Portogallo, Italia, Irlanda, Regno Unito e Francia. L’Italia – al pari del Portogallo – conta quattro regioni: Campania al 66% con 16.400 euro, Sicilia 66% con 16.600 euro, Calabria 66% con 16.400 euro e Puglia 67% con 16.900 euro evidenziando peraltro un rallentamento rispetto al 1997 (Puglia al 77%, Sicilia al 76%, Campania al 74% e Calabria al 73%).

Tra le regioni italiane con il tasso di crescita medio anno più elevato ci sono il Lazio con il 2,1%, le Marche al 2,0%, il Veneto, la Provincia autonoma di Bolzano e l’Emilia Romagna all’1,8% e al Sud si registrano diversi tassi di crescita: Basilicata 0,7%, Puglia 0,8%, Calabria 0,9%, Sicilia 1,2%, Campania 1,3%. Il tutto in un contesto nel quale ben settanta regioni europee hanno registrato tassi superiori al 3,5%.

Il decennio 1997-2008 ha rappresentato per le regioni italiane “un vero e proprio decennio perduto” – conclude lo studio – e sulla base del dato relativo al Pil pro capite 2008, il paese si colloca ancora tra quelli dell’Ue ad alto sviluppo, “anche se oramai stiamo scivolando in modo preoccupante verso quei paesi a sviluppo moderato, come Cipro, Grecia, Slovenia, Repubblica Ceca, Malta e Portogallo”.

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