Strasburgo, l’Italia condannata
per i respingimenti verso la Libia
La Corte europea dei diritti umani di Strasburgo all’unanimità l’Italia. Nel cosiddetto caso Hirsi, che riguardava 24 persone nel 2009, è stato violato l’articolo 3 della Convenzione sui diritti umani, quello sui trattamenti degradanti e la tortura. Il nostro paese dovrà versare un risarcimento di 15mila euro più le spese a 22 delle 24 vittime
di VLADIMIRO POLCHI
ROMA – Stop ai respingimenti in mare. Bocciate le espulsioni collettive. La Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha condannato all’unanimità l’Italia per i respingimenti verso la Libia. Nel cosiddetto caso Hirsi, che
riguardava 24 persone nel 2009, è stato violato l’articolo 3 della Convenzione sui diritti umani, quello sui trattamenti degradanti e la tortura. Stasburgo ha così posto un freno ai respingimenti indiscriminati in mare e ha stabilito che l’Italia ha violato il divieto alle espulsioni collettive, oltre al diritto effettivo per le vittime di fare ricorso presso i tribunali italiani. L’Italia è stata condannata a versare un risarcimento di 15mila euro più le spese a 22 delle 24 vittime, in quanto due ricorsi non sono stati giudicati ammissibili.
I precedenti. La politica migratoria del vecchio governo Berlusconi continua a perdere pezzi. A picconare i pacchetti sicurezza e la Bossi-Fini sono tribunali ordinari, Consiglio di Stato, Corte di Cassazione, Consulta e Corte di giustizia dell’Unione europea. Sotto le loro sentenze cadono: l’aggravante di clandestinità, il divieto di matrimonio con irregolari, il reato di clandestinità (nella parte che punisce con il carcere gli immigrati irregolari). Ora a crollare è il muro dei respingimenti in mare dei migranti, sotto i colpi della Corte europea dei diritti dell’uomo (http://www. echr. coe. int/ECHR/Homepage_EN)
Il respingimento del 6 maggio 2009. La sentenza della Corte di Strasburgo colpisce i respingimenti attuati dall’Italia verso la Libia, a seguito degli accordi bilaterali e del trattato di amicizia italo-libico siglato dal governo Berlusconi. “Il 6 maggio 2009, a 35 miglia a sud di Lampedusa – spiega il Consiglio italiano per i rifugiati (Cir) – in acque internazionali, le autorità italiane hanno intercettato una nave con a bordo circa 200 persone di nazionalità somala ed eritrea (tra cui bambini e donne in stato di gravidanza). I migranti – stando al ricorso – sono stati trasbordati su imbarcazioni italiane e riaccompagnati a Tripoli contro la loro volontà, senza essere prima identificati, ascoltati né preventivamente informati sulla loro effettiva destinazione. I migranti non hanno avuto alcuna possibilità di presentare richiesta di protezione internazionale in Italia. Di queste 200 persone, 24 (11 somali e 13 eritrei) sono state rintracciate e assistite in Libia dal Cir e hanno incaricato gli avvocati Anton Giulio Lana e Andrea Saccucci dell’Unione forense per la tutela dei diritti umani di presentare ricorso dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo”.
Le condizioni di detenzione in Libia. “Le successive condizioni di vita in Libia dei migranti respinti il 6 maggio 2009 sono state drammatiche – sostengono dal Cir – La maggior parte è stata reclusa per molti mesi nei centri di detenzione libici, dove ha subito violenze e abusi di ogni genere. Due ricorrenti sono deceduti nel tentativo di raggiungere nuovamente l’Italia a bordo di un’imbarcazione di fortuna. Altri sono riusciti a ottenere protezione in Europa, un ricorrente proprio in Italia. Prima respinti e poi protetti, a dimostrazione della contraddittorietà e insensatezza della politica dei respingimenti”. Al riguardo va ricordato che, secondo le stime dell’Unhcr, circa 1.500 migranti hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere l’Italia via mare nel 2011.
Le reazioni alla sentenza. “Viene condannato il governo italiano ma vince lo spirito della nostra Costituzione, nonché la tradizione del popolo italiano – sostiene Andrea Olivero, presidente nazionale Acli – quella di un paese accogliente che non respinge i disperati in mare consegnandoli ad un tragico destino. Un monito durissimo per il governo che ha commesso quell’errore e per le forze politiche che non solo difesero, ma si fecero vanto di quell’azione, mentre tutte le organizzazioni della società civile per il rispetto dei diritti umani ne denunciavano l’illegalità e la disumanità”.