Il congiurato dell’Unità

Mafia, i «fantasmi del passato» che spaventano il governo

berlusconi_DIMETTITI

Non è chiaro se sia frutto della sua proverbiale autoironia o piuttosto sia stata una gaffe, ma la battuta fatta da Silvio Berlusconi ieri mattina al ministro Maroni («Come mafioso a me non mi ha ancora preso») rivela una certa sensibilità all’argomento. Tanto più il giorno dopo la puntata di AnnoZero dedicata alle verità nascoste del 1992-93 e alla trattativa tra Stato e mafia dopo il 23 maggio 1992, cioè dopo l’omicidio del giudice Falcone.Una sensibilità, quella del governo, vecchia di almeno un anno, Anche se il premier ha lanciato l’allarme solo lo scorso 8 settembre, durante un convegno: «So che ci sono fermenti in procura, a Palermo, a Milano, si ricominciano a guardare i fatti del 1993, del ’94, del ’92. Follia pura. Quello che mi fa male è che della gente così, con i soldi di tutti, faccia cose cospirando contro di noi». Ne seguì la polemica con Fini, non perfettamente in linea, cui dovette rimediare Renato Schifani, presidente del Senato, che parlò di «singoli magistrati che tendono a riproporre teoremi politici attraverso l’evocazione di fantasmi di un passato lontano che avrebbe visto congiure contro il regolare assetto delle istituzioni». «Teoremi politici», diceva dunque Schifani.Il quale, però, ha dimostrato di avere la massima fiducia nei confronti di chi quei «teoremi» li aveva ritenuti credibili al punto da sostenerne la fondatezza in un’aula di tribunale. È il caso della dottoressa Anna Maria Palma, magistrato antimafia, che circa un anno fa Schifani ha nominato capo del suo gabinetto a Palazzo Madama. Si tratta della stessa dottoressa Palma che il 29 settembre 1999, da pubblico ministero al processo per la strage di via D’Amelio, parlò così: «Nel periodo delle stragi i boss di Cosa Nostra avevano allacciato rapporti con Berlusconi e Dell’Utri: questo dato, sufficientemente provato, deve essere ulteriormente approfondito. Bisogna cioè stabilire se la strage di Via D’Amelio sia stata compiuta da Cosa Nostra all’insaputa dei suoi interlocutori, nella convinzione tuttavia di far loro un favore, o se sia stata “suggerita”. Abbiamo elementi che riconducono a responsabilità esterne a Cosa nostra”. Ma allora chi sono i magistrati che, secondo Schifani, evocano i «fantasmi del passato»?

°°° Siamo al vecchio: TI PROMUOVO PER RIMUOVERTI, insomma.  Ma la verità rimane e la verità è che silvio berlusconi è colluso con la mafia fin dagli anni ’70, quando cominciò a riciclare i miliardi sporchi di sangue di Cosa Nostra al nord, facendo il palazzinaro. Con la complicità di quel delinquente del padre Luigi, certo, ma anche con quella di altri delinquenti come craxi e pillitteri. La verità, amici, è che costui ha trafficato in armi e droga già da quegli anni e che ha corrotto, imbrogliato, rubato, truccato le carte ed i conti, truffato un mare di gente PER TUTTA LA VITA IMPUNEMENTE. Ora è visibilmente molto malato e continua a delirare, aggredendo tutto e tutti, devastando quel poco che Prodi aveva rimesso in piedi di questa povera Italia.

Non possiamo permetterlo,amici. DOBBIAMO FERMARLO! Con qualunque mezzo.

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Le tragedie di Berlusconi

stor_16460206_59540Pubblica insicurezza

di Riccardo Bocca

I tagli dei fondi rendono la vita degli agenti impossibile. E lasciano i cittadini senza protezione. Mentre partono le ronde, ecco in quali condizioni opera la polizia italiana

Ci sono due parole che irritano profondamente i poliziotti italiani. La prima è ‘ronde’: le cosiddette associazioni di volontari per la sicurezza. Quelle tanto apprezzate dal ministero dell’Interno, e che stanno per pattugliare le nostre città (sperando non finisca sempre come a Massa, dove lo scorso 26 luglio una ronda di destra e una di sinistra si sono a prese a pugni e seggiolate). La seconda parola sgradita, invece, è ‘militari’. Almeno quelli utilizzati, da circa un anno, per arginare la delinquenza urbana. Secondo il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, è merito loro se in certi quartieri i reati sono diminuiti del 40 per cento. Al contrario, i poliziotti li considerano “perfetti in guerra ma non nell’ordine pubblico”. E, per giunta, ironizzano, “dobbiamo fargli da balia”.

Polemiche su polemiche. È questa la quotidianità degli agenti di pubblica sicurezza. Si dicono dimenticati. Stanchi. Avviliti. E delusi, soprattutto. Come il graduato che parla a ruota libera nei 40 gradi della Palermo estiva. Scuote la testa e spiega come, nel disinteresse generale, sono costretti a lavorare i colleghi che scortano Maria Falcone, sorella dell’icona antimafia Giovanni e divulgatrice della legalità nelle scuole. “Alla signora spetta una protezione di terzo livello, cioè una Lancia K blindata con due uomini armati a bordo”, dice, “ma questo non basta a garantirne la sicurezza”. Oltre alla minaccia delle cosche, infatti, “c’è da combattere la drammatica condizione del nostro parco automobili”. Di recente, ad esempio, “la macchina di Maria Falcone non ce l’ha fatta a uscire dal deposito della caserma: perdeva potenza”. E quando è stata sostituita da un’altra vettura, quello stesso giorno, è finita ancora peggio: “Di colpo, lungo la strada, si è rotta l’aria condizionata e si sono bloccati i finestrini, trasformando l’abitacolo in un forno e obbligando la scorta a chiedere rinforzi”.

“Assurdo ma frequente”, confermano altri agenti. Lo sa bene il magistrato Anna Maria Palma, capo di gabinetto alla Presidenza del Senato, che si è trovata con l’auto della scorta inchiodata sulla Palermo-Messina. E altrettanto bene lo sa il sindaco di Palermo, Diego Cammarata, i cui uomini di protezione hanno dovuto muoversi – causa assenza fondi- anche su una vecchia Punto senza blindatura. “Episodi che altrove farebbero scandalo, mentre in Italia sono diventati normali”, dice Felice Romano, segretario generale del Siulp (Sindacato italiano unitario lavoratori di polizia): “Ormai la pubblica sicurezza è allo stremo in ogni parte d’Italia e su ogni fronte operativo: dalle scorte all’antidroga, dai commissariati di zona alle squadre volanti”. Non a caso. Sul tavolo, il capo del Siulp ha le carte dei tagli che il governo ha riservato alle forze dell’ordine. Cifre paurose, quando si arriva al capitolo polizia di Stato: 263 milioni 497 mila euro cancellati nel 2009. Altri 283 milioni levati nel 2010. Ulteriori 492 milioni 726 mila euro eliminati nel 2011. Unica voce incoraggiante, i 100 milioni destinati alle polizie comunali, che sono un niente rispetto ai complessivi 3 miliardi e mezzo tagliati al comparto Sicurezza e difesa. Morale: da un lato “l’opinione pubblica viene stordita con gli effetti speciali”, denuncia il sindacato Uilps, dall’altro si “trascura la gestione ordinaria”. Cioè l’indispensabile.

Cosa significhi, in concreto, si può vedere a Milano: in teoria il simbolo dell’efficienza padana, in pratica una metropoli dove la polizia è in ginocchio. Basti pensare all’organico bloccato da 18 anni a 3.900 uomini, con una carenza di 50 sovrintendenti e ispettori, 30 funzionari, dieci dirigenti e oltre 500 agenti. Per non parlare delle 487 auto in dotazione alla questura, delle quali 250 ferme per riparazioni che avverranno quando avverranno. O ancora, dei 13 membri del pool antiterrorismo internazionale Digos, costretti a indagare fianco a fianco in un ufficio di 12 metri quadri. “La politica ci aveva promesso più personale, più mezzi, più soldi; ci aveva illuso che da bruchi saremmo diventati farfalle”, spiega un agente milanese: “Invece siamo sprofondati in un baratro dove manca tutto: dalle divise alla carta del fax. Fino ai giubbotti antiproiettile, in certi casi scaduti dal ’92“. Un incubo che si materializza alla caserma Garibaldi di piazza Sant’Ambrogio, dove si trovano gli uffici che gestiscono volanti, scorte e personale. “S’intrufoli al secondo o al terzo piano”, suggerisce qualcuno. Ed è una scena sconsolante, quella che appare. Una sequenza di vetri spaccati, bagni con porte mancanti, cumuli di mozziconi e spazzatura, televisori preistorici abbandonati nei corridoi, neon che non si accendono e materassi lerci appoggiati alle pareti. “Da qui parte il degrado”, annuisce un sindacalista: “dal nostro quartier generale...”.
(12 agosto 2009)

poliz

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