La donna starebbe vendendo il posto barca per pagare la successione
Lascia un palazzo alla badante
L’eredità di un vedovo (senza figli ma con nipoti) a una marocchina di 40 anni
L’ingresso del palazzo di cinque piani in via Borsieri a Milano
L’ingresso del palazzo di cinque piani in via Borsieri a Milano
MILANO — La sorella, con gentilezza, dice che, testuale, «l’importante è la salute» e che comunque «è fuori Milano». Il fratello, con meno gentilezza, conferma che «non c’è», premette che «se proprio deve essere, parlo io» e conclude: «È meglio se non parliamo. Niente pubblicità». La diretta interessata, una marocchina sui quarant’anni, ex badante e donna di servizio del signor Celso Canova che il 20 luglio avrebbe compiuto 83 anni e che è appena morto, in effetti non c’è. Si trova in Liguria. La accompagnano alcuni avvocati. Canova le ha donato un posto barca a Lavagna, sulla riviera di Levante: dicono lo stia vendendo per pagarsi la tassa di successione. Tassa onerosa: Canova era proprietario di un palazzo di cinque piani, in via Borsieri, gran bel palazzo, all’Isola, quartiere di slancio e rilancio della Milano di domani. Il palazzo, come recita il testamento—fotocopiato e attaccato a lungo nell’androne, sia mai qualcheduno, ossia tutti quanti, non ci credesse —, è stato lasciato in eredità alla signora marocchina. Lei. L’ex badante e donna delle pulizie. Per dieci anni.
È padrona di uno stabile da 10 milioni di euro. Dopo aver fatto arrivare dal Marocco i parenti fino all’ultimissimo grado e oltre, e aver dato una festa che raccontano sia durata giorni e notti, l’ex badante, che viveva, sempre in questo palazzo, in un normale bilocalino, si è trasferita all’ultimo piano. Nell’abitazione di Canova. Quasi trecento metri quadrati, con quattro bagni ed enormi vasche idromassaggio. L’Isola è stata terra di di operai, ladri, poveri. Oggi non si compra con meno di 3.500 euro al metro quadrato. Lo stabile di via Borsieri ha un cortile pieno di rose; nell’angolo, c’è un antico cartello che indicava il posto dov’era consentito tagliar la legna per alimentare le stufe. All’ingresso, il grande pannello delle buste per le lettere è anch’esso antico, e di legno. Non c’è angolo, salendo le scale, sostando sui ballatoi, che segnali incuria, mancata manutenzione, necessità di interventi. Niente. A questo punto, qualcuno domanderà: parenti ce ne sono? Canova era rimasto vedovo e non aveva figli. Aveva, sì, nipoti. In particolare, uno che vive nel palazzo. Ha avuto in eredità un hotel. Tre stelle, dalle parti della stazione Centrale. Nulla di pretenzioso, sempre meglio di niente: dipende dai punti di vista. Dicono che lui opti per la prima opzione, «con rancore».
Difatti un amico dei Canova consiglia vivamente di tendere l’orecchio, se si è in via Borsieri: «Lo sente il fruscio delle carte? Sarà battaglia legale». In verità, in via Borsieri, l’orecchio si allunga per captare aneddoti vari sulla scelta del Canova, aneddoti che scivolano nel piccante. Illazioni sul reale rapporto tra l’anziano e la domestica. Interpretazioni del verbo «accudire». Divagazioni a tratti fantascientifiche sul tema del sesso tra differenti età. Eventuali «plagi». Nessuno che s’immoli per sostenere la parabola dell’immigrato che sbanca, del vento che gira, del sudore che diventa oro. Ci sono solo uomini che invidiano le donne, e donne che invidiano certi (danarosi) uomini. E allora, che sia tutta invidia? Forse sotto sotto qualche inquilino aveva — invano — provato a ingraziarsi, lavorarsi, ammanicarsi l’anziano? Non conosceva Canova. Che «i soldi li tirava fuori in un’unica circostanza: mai». Canova era originario di Ponderano, quattromila abitanti in provincia di Biella, paese che ha dato i natali alla famiglia Pozzo, quella del mitico Vittorio, allenatore dell’Italia del calcio due volte campione del mondo. Un’amica della signora marocchina dice: «L’ha accudito con pazienza, costanza, impegno. È stata premiata». Nient’altro? «Vuol sapere se avevano una storia d’amore? Era solo lavoro ». Come finirà con il palazzo? Sarà venduto? Qualche italiano ha una paura: che diventi una casbah. Nello stabile vivono professionisti. C’è un medico. Gli affitti, allo scadere, verranno rinnovati? «Finché il contratto lo prevede, restiamo» dice una signora. Per adesso, non rischia nessuno. Anzi, no, uno c’è. Canova gli aveva dato un appartamentino. Gratis. Senza contratto. Dunque a rischio «sfratto». Sapete chi è? Il nipote. Certo, quello dell’hotel.
Andrea Galli
°°° Notate il razzismo nel titolo… Io sono molto contento dell’epilogo: proprio alla faccia dei bigotti razzisti e ipocriti. Gli ha fatto qualche coccola? E allora? Saranno fatti suoi. Mica è presidente del consiglio questa donna!