C’è chi preferisce il gelato a una serata da sballo…
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Da Dagospia
CENSU-RAI! – TG1 E TG2 A PRANZO CANCELLANO COMPLETAMENTE LA SPUTTANOPOLI DI BARI E LE “BOMBE” DI PATTY E BARBARA – AL TG3 LA NOTIZIA È L’APERTURA – INTANTO ANCHE ‘IL FOGLIO’ DI FERRARA MOLLA MINZO: “AL TG5 ALMENO UN’OMBRA DI PATRIZIA LA SI È INTRAVISTA…”
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Il gioco si fa duro e i telegiornali Rai rispondono presente. Nelle edizioni di pranzo di oggi sia il Tg1 di Minzolini, sia il Tg2 dell’interregno post Mazza sono andati oltre ogni previsione, superando abbondantemente i servizi onirici di questi giorni. Se fino a ieri l’inchiesta di Bari veniva trattata non nominando mai il fatto, oggi a Saxa Rubra sono andati oltre.
MINZOLINI E BERLUSCONI
Il Tg2 delle 13 e il Tg1 delle 13.30 non hanno dedicato neanche un secondo alle nuove rivelazioni bomba dell’inchiesta barese sul Cime di Rapa Gate. Non soltanto le indiscrezioni sui video di Patrizia in camera da letto con Papi-Silvio, ma neanche le affermazioni messe a verbale dalla nuova testimone Barbara sia in Procura che in un’intervista a Repubblica destano l’interesse dei due tg.
Il fatto che la ragazza abbia confermato sia la storia di soldi sia il sesso tra Papi e Patty non è stato giudicato meritevole di menzione. Se fino a ieri il tentativo era quello di lasciare la vicenda fuori dai titoli (con Dipollina che ha ribattezzato Minzolini “Zero Tituli”), oggi addirittura il caso rimane fuori dai tg. La vicenda, che apre le prime pagine di tutti i giornali con le nuove notizie arrivate da Bari, è passata completamente sotto silenzio. E pensare che il Tg3 ci ha aperto l’edizione delle 14.25…
2 – ANCHE IL FOGLIO DI FERRARA MOLLA MINZOLINI: “AL TG5 ALMENO UN’OMBRA DI PATRIZIA LA SI E’ INTRAVISTA…”
Da “Il Foglio”
Il re dei re del retroscena accusato di mancata messa in scena: forse surreale contrappasso, magari ritrovata saggezza. Fatto sta che Augusto Minzolini manco ha messo piede al Tg1 che è finito sulla graticola. Vero che, appena arrivato, ha fatto sapere che di gossip – avendo a lungo praticato quello politico sui giornali – non se ne sarebbe né visto né sentito.
E’ la metanoia minzoliniana, diciamo, in qualche modo opportuna e dovuta, visto che il Tg1 – tiggì ammiraglio su rete ammiraglia: sta praticamente tra il senso delle istituzioni e la capitaneria di porto – non è cartaccia stampata, e se non è dogma certo si avvicina all’atto di fede. E quindi benissimo si capisce che non può mica mandare i suoi cronisti a inseguire col microfono, vicolo per vicolo, magari in groppa a un motorino, le ragazze di lieve vita come una Sarzanini qualunque.
Non perché potrebbe risultare imbarazzante per il desco famigliare all’ora di cena (se hanno fatto pratica con i programmi televisivi pomeridiani, quelli possono sopportare tutto), ma proprio perché il ruolo del maggior telegiornale del servizio pubblico deve avere, mettiamola così, una compostezza e un’autorevolezza che altri possono più gagliardamente schivare.
Per sua stessa, ovvia natura, il Tg1 è quanto di più vicino alla visione del Conte Zio: sopire, troncare; troncare, sopire – non certo per eludere, diononvoglia, ma quantomeno per non sbracare. Il gossip, dunque, non prevarrà. Come disse con elevato (e meglio: rinnovato) spirito Minzolini nel momento del suo insediamento, ci si occuperà di vita reale, e va a sapere se il sospetto transito di insospettabilmente vivaci fanciulle in casa altrui sia roba da vita reale.
Quindi, è la saggezza di Saxa rubra che strutture la cauta scaletta minzoliniana; non banale e deprecabile opportunismo, ma necessario senso dell’opportunità. Guidare il TG1 è più faticoso che presidiare un ministero, portare un Tir dal Brennero a Bari (al povero Riotta, per dire, non bastava la giornata neanche per infilarsi la giacchetta), e del resto Minzolini per la bisogna è ancora un fresco neopatentato.
Certo, un tiggì di quelli saldamente ancorati tra la vita reale e l’autorevolezza – si potrebbe dire tra il pianerottolo e una discussione all’Aspen – avrebbe allora una scaletta che dall’Ira porta alla Corea, dalla social card alla crisi economica, da Dahrendorf all’enciclica papale; poi volendo, e senza strafare, pure quello che si travestiva come la mamma morta per beccarsi la pensione e qualcosa sulle faccende baresi. Dove si trovano le friselle e “la signora D’Addario” (Fitto dixit).
Con garbo, pian pianino, una parola è poca e due sono troppe – ma se qualcosa si deve dire, che non sia proprio un elaborato da Settimana Enigmistica dove evaporano le signorine e si materializzano i giudici comunisti: a volerci capire qualcosa, erano più facili i misteri nordcoreani.
Così che persino quei malpensanti dell’opposizione (la scossa? Frequentano magistrati? Elettricisti?), hanno finito col compiere il passo inconcepibile: lodare il Tg5 di Mimun, che spigliatamente un giorno ha prodotto un ineccepibile servizio sul fatto se sia meglio il gelato in coppetta o quello sul cono. Ma almeno un’ombra di Patrizia, temerariamente, lì si è intravista.
Papi, Cicci, Giampi, Lillo e Lalla
Yacht, donne e politica. Il mondo di «Cicci»
di Federica Fantozzi
Chi sono le ragazze sul Magnum di Berlusconi in procinto di trascorrere lo scorso Ferragosto a Villa Certosa? È caccia ai nomi delle foto pubblicate dall’”Espresso”. “Dagospia” soffia sulle Papi-girls riprendendo l’articolo di Marco Lillo e Peter Gomez: «Due future stelline di reality, un’aspirante giornalista Mediaset, una giovane promessa PdL».
Quest’ultima, in camicetta bianca, somiglia molto alla neo-europarlamentare Licia Ronzulli. Lei, in partenza per Bruxelles, ha fretta: «Non ho tempo di rispondere alle sue domande». Ma dov’era a Ferragosto? «Arrivederci». Poi viene identificata Siria, concorrente saffica dell’ultimo Grande Fratello: «Non rilascio dichiarazioni – replica – Parli con Endemol». Smentisce invece di essere a bordo Susanna Petrone, da settembre conduttrice di “Guida al campionato” e in lizza per sostituire la Hunziker a Zelig.
È l’ultimo capitolo di una vicenda mediatica cominciata con il corso di politica “pret-à-porter” a via dell’Umiltà. E le studentesse – “starlet” di belle speranze, avvenenti dirigenti locali e fanciulle di ottima famiglia – falcidiate dall’ira coniugale. In un frullatore di gelosie incrociate, polpette avvelenate, registrazioni vere o presunte, rivelazioni clamorose e bocche cucite. Vedi la stanza di Arcore da cui “Papi Natale” attinge doni per le favorite, tra cui le chiavi di una mini nascoste in mazzi di rose. Anche se negli ultimi giorni qualcuna l’ha cambiata con un altro modello di auto perché da “status symbol” si va trasformando in carta d’identità. Certo, scrive Filippo Ceccarelli, «fra letterine, meteorine, gossipine, farfalline, gemelline, pare, anche montenegrine, e api regine, non ci si capisce più niente».
MI MANDA CICCI
«E come sta Cicci?» «Bene, magari è al governo». A “Tetris” era diventato un tormentone: se vogliamo una valletta – si erano detti gli autori del programma condotto da Luca Telese all’epoca su RaiSat Extra – deve essere una vera raccomandata. Detto fatto, avevano chiesto al direttore di rete che aveva chiesto al presidente di Raisat… e lei era sbucata fuori. Adriana Verdirosi: bella, bruna, spigliata, raccomandata da Cicci, entità misteriosa e mai svelata. Un ministro? «Chissà». È giovane? «Dentro sì». Sposato? «Non voglio saperlo». La sorpresa è arrivata quando hanno letto il suo nome tra le partecipanti al corso. «L’abbiamo invitata a fare campagna elettorale – rievoca Telese – Ha accettato. Poi, due giorni dopo, l’attacco di Veronica sul “ciarpame senza pudore” e non ha più risposto al telefono».
CUORI INFRANTI
Quelle che alle 16 erano in lista e alle 18 non più. Emanuela Romano, 28enne napoletana, alta e bruna, psicologa con master in marketing a Publitalia, impegnata nel comitato “Silvio ci manchi” è stata depennata nonostante il padre Cesare, artigiano di presepi, abbia minacciato di darsi fuoco sotto Palazzo Grazioli: «È tutto ricomposto – dice ora – Io sono un militante. Mi ero solo risentito per lo sgarbo». Come lei la 25enne Chiara Sgarbossa, ex miss Veneto ed ex meteorina di Emilio Fede, furibonda per l’inutilità delle pacche sulle spalle ricevute da La Russa al corso. E così racconta l’antefatto: «Avevo il contatto diretto con Marinella, la segretaria di Berlusconi. Una settimana dopo lui mi ha telefonato di persona, mi ha fatto tre domande. Sei laureata? Sì. Sai le lingue? Sì. Ci sono foto nude di te? No. Manda tutto a Marinella e vieni al corso».
CERCHI CONCENTRICI
Raccontano che nella piazza di Todi, avvistando da lontano due bionde che si sbracciavano il premier abbia gelato sindaco e consiglieri umbri: «Belle fighe circolano da queste parti». Imbarazzo: oltre che distanti, le signore erano anche “agées”. È il bis del «posso palpare l’assessora» all’Aquila, il sequel di infiniti comizi e passeggiate. A Berlusconi piacciono le donne, come ad altri 50 milioni di italiani, dice chi lo difende. Si dibatte su: galanteria, voyerismo, satiriasi, priapismo indotto da pillole azzurrine o iniezioni.
Di certo, oltre a migliaia di fortunate che possono vantare complimenti, compresa la finlandese Tarja Halonen, esiste un più ristretto gruppo che frequenta Villa Certosa e Palazzo Grazioli. Dove il tavolo è sempre apparecchiato per 50. Ed esiste un cerchio ancora più riservato: quelle che vantano (o millantano) con il premier frequentazioni private, notti a palazzo, incontri ravvicinati. Come Evelina Manna, che in un’intercettazione lo rimprovera: «Non essere freddo con me».
L’ASSE PUGLIESE
E come Patrizia D’Addario, ex candidata alle Comunali di Bari ed escort d’alto bordo. Pugliese come Angela Sozio, la “rossa” delle sexy saune del GF riapparsa al congresso fondativo del PdL; come la neo-eurodeputata Angela Matera, e come Elvira Savino, la Tacco 12 di Montecitorio, coinquilina della somma reclutatrice Sabina Began.
La D’Addario però è una professionista, come le colleghe interrogate dai pm baresi: smistate da «Giampi», pagate migliaia di euro a notte. Non le uniche, forse, nel mucchio procace che ha trascorso Capodanni ed estati sarde rimborsate con diaria di 1500 euro più shopping libero. Un bel salto di qualità rispetto al borsello in cui uno degli assistenti di Berlusconi raccoglie, in ogni occasione pubblica, biglietti da visita e numeri di telefono delle fans adoranti.
°°° L’Italietta di burlesquoni ormai è un vero troiaio. L’avevo detto in tempi non sospetti che l’Italia in mano a “Papi” sarebbe andata a puttane…
POMPA A VILLA CERTOSA
A casa di “papi”
EL PAIS SE LA FA SOTTO DALLA PAURA E, DOPO LE MINACCE DI MAFIOLO E GHEDINI, PUBBLICA NUOVE FOTO e un SUCCOSO EDITORIALE. ECCOLI:
En la villa de Papi
MIGUEL MORA – 93 comentarios
Decenas de vuelos oficiales y privados llevan cada fin de semana a Cerdeña a una milicia de bellezas que entretienen al jefe del Gobierno italiano y sus amigos.- Tras las acusaciones de la primera dama y el ‘Noemigate’, Italia revela al mundo su clima de bajo imperio
* El fotógrafo Antonello Zappadu: “Me da más miedo Berlusconi que la guerrilla colombiana”
* EDITORIAL: ‘Abuso de poder’
* ‘Lo privado y lo público’, por Juan Cruz
Anatomia di Berluscolandia
MIGUEL MORA 07/06/2009
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Decine di voli di stato e privati portano ogni fine settimana in Sardegna un esercito di bellezze che intrattengono il capo del governo italiano ed i suoi amici. Dopo le accuse della first lady e del “Noemigate”, l’Italia rivela al mondo il suo clima di basso impero. Costerà caro a Berlusconi?
Italia
A FONDO
Capital:
Roma.
Gobierno:
República.
Población:
58,145,321 (est. 2008)
Nacimiento:
29-09-1936
Lugar:
Milán
Giardini infiniti, laghi artificiali, organi sessuali all’aria, giochi lesbici, effetti speciali, pizza e gelato gratis… Una residenza geriatrica ricolma di corpi stupendi. Le fotografie censurate in Italia per iniziativa di Silvio Berlusconi mostrano la routine disinibita dellla villa sarda del capo del governo, nella Costa Smeralda della Sardegna.
Lunedí 1, giardini del palazzo presidenziale del Quirinale, festa della Repubblica: centinaia di personalità del regime salgono a salutare il premier, braccato dalle reazioni suscitate dalle notizie sulla sua amicizia con Noemi Letizia, una giovane di 18 anni. Un 70% di queste personalità si dirige a salutare Berlusconi con la figlia a bracetto, invece della moglie. Benvenuti in Berluscolandia, il paese in cui tutte le ragazzine vogliono diventare veline.
Visitiamo adesso Villa Certosa, la misteriosa residenza sarda del magnate milanese, che è anche premier e attuale presidente di turno del G-8, e lider eletto per alzata di mano del partito del Popolo per la Libertà. Da quando si è saputo che Noemi Letizia, la ragazza che chiama Berlusconi Papi, ha trascorso lo scorso capodanno nella villa con altre 30 veline, tutti gli italiani fantasticano con questo nome: Villa Certosa.
La tenuta è il sogno di ogni camorrista, specialmente se si trova in prigione: ulivi e palme, piscine ovunque, gelati e pizza gratis, laghi artificiali, un anfiteatro in cui suona e canta le sue canzoni napoletane l’indimenticabile Mariano Apicella, che ha pubblicato due cd con parole di Berlusconi.
Il mare turchino, la grande casa principale, le stanze segrete, il canale sotterraneo che comunica direttamente la villa con il mare – ispirato a un film di James Bond ?, il parco di sessanta ettari, i bungalow che il padrone di casa mette a disposizione delle sue ospiti (sempre piú numerose le ragazze che gli uomini, in un rapporto di 4 a 1), tutto ciò riformato e rinnovato nel 2006 al modico prezzo di 12 milioni di euro.
Una fonte di piena fiducia, inoltre, assicura che la villa nasconde un rifugio atomico nel sottosuolo e che le provviste vengono rinnovate ogni poco. E poi ci sono le veline, quelle bellezze che, può darsi, riusciranno forse a far conoscere questo strano periodo della storia con il nome di berlusconismo-velinismo.
La bellezza della parola velina è tanto suggestiva quanto la sua origine: la velina era la nota che veniva inviata ai giornali dall’ufficio censura del fascismo, e nella quale si indicava cosa si potesse scrivere e cosa no. Questo carattere di cosa fuori contesto è stato applicato, con il passare del tempo, alle assistenti della televisione che comparivano in zone estranee al loro compito di elemento decorativo, ad esempio vicino al tavolo in cui il giornalista legge le notizie. “Arriva la velina “. Fino ad oggi.
Anche se è sempre stato il segreto di Pulcinella, l’Italia è convissuta senza alcun ritegno morale con il fatto che Silvio Berlusconi abbia conosciuto, corteggiato, invitato, raccomandato, assunto, aiutato e promosso centinaia di veline lungo la sua carriera politica. L’elenco è troppo lungo ed anonimo per poter riprodurlo qui.
Durante una decade di visite, feste e gite, quasi tutte, e molte altre, saranno logicamente passate da Villa Certosa. I migliori corpi dell’Italia. I visi più innocenti e più belli. Aspiranti modelle, attrici, vedettes, majorettes, presentatrici. Ragazze giovanissime, dai 17 e 18 anni fino ai 28 o 29, non oltre: farfalle appena uscite dalla crisalide famigliare che sono entrate a far parte dell’harem dello sceicco. “Quando le accoglie al suo seno”, rivela Concita de Gregorio, direttrice de L’Unità, “offre loro un gioiello a forma di farfalla, a modo di contratto o sigillo. È il segno del sultano”
La politica-spettacolo di Berlusconi, il suo atteggiamento personalista e plebiscitario, il fascino del magnate generoso e donnaiolo, hanno sedotto durante quindici anni le masse di telespettatori e votanti italiani con le sue battute, il suo stile maschilista, le sue gaffe, la sua ascensione sociale, i suoi trionfi elettorali, persino le vittorie e gli ingaggi delle sue squadre di calcio (questa settimana ha paralizzato fino a lunedí la comunicazione della vendita di Kaká pero no farsi scappare un solo voto).
Tutto ciò forma parte naturale del suo bagaglio a-politico ed a-culturale, del suo populismo aperto e mondano che, paradossalmente, si appoggia a sua volta in un non-programma non-politico, tradizionalista e cattolico, lontamente ispirato alla trinità “Dio, patria e famiglia”. Ci sarebbe da aggiungere: “e veline”.
Villa Certosa è il simbolo dello status del Cavaliere piú discreto, il suo rifugio non solo nucleare. È il suo tesoro, il suo segreto meglio mantenuto, il luogo in cui quest’uomo di quasi 73 anni, multimiliardario e prepotente, simpatico e mediatico, riceve le sue amiche ed i suoi amici, svolge consigli di ministri informali, chiude o prepara affari o imprese politiche, riceve i lider della destra mondiale, cura le sue crisalidi, siede le sue veline sulle ginocchia mentre la mano indaga sotto la maglietta e le passeggia nel carrello da golf lungo il parco, zona militarizzata e segreto di Stato (ma non troppo) dal 2006.
A giudicare dalle foto di Antonello Zappadu, Villa Certosa è anche il luogo in cui il magnate megalomane, il personaggio eccessivo, comico e mitomane, dimentica di essere un vecchio (e che dieci anni fa ha abbandonato la camera matrimoniale) e diventa di nuovo il macho, lo sceicco dell’harem, il Super-Silvio sempre abbronzato ed operato (anche della prostata), mentre l’Italia sussurra preoccupata che prende troppa viagra e che i dottori temono per il suo cuore.
Villa Certosa è anche il posto in cui la sua amica Noemi Letizia, 18 anni appena fatti, è stata invitata a trascorrere le vacanze di Capodanno con altre trenta colleghe ed una decina dei grandi uomini del berlusconismo, quasi tutti settantenni come lui: gerontocrazia e ragazze stupende.
Come affermaa il filosofo Paolo Flores d’Arcais, “bisogna chiedersi non che cosa succede o sia successa a Villa Certosa, ma che cosa sarebbe successa negli Stati Uniti se venisse a sapersi che Obama ha trascorso le vancanze natalizie con 30 vedettes di 18 anni e senza sua moglie; o in Germania se venisse scoperto che Angela Merkel trascorre le vacanze con 30 gigoló ben piantati”.
Nel caso di queste giovani donne italiane si tratta di realizzare un sogno, di raggiungere la meta: conoscere Silvio e i suoi poderosi amici, lavorare alla televisione e forse arrivare anche in politica, il che nel paese della RAI e di Mediaset controllate dallo stesso uomo sono una sola cosa.
Molte di queste ragazze si sono limitate, tragicamente, a impersonare il modello dei loro genitori, il conformismo di questa disillusa generazione post-68 che è rimasta rimbambita davanti alla televisione negli anni ottanta e novanta, guardando come si dissolveva la Democrazia Cristiana, come si esiliava Bettino Craxi, come la, in altro tempo brillante sinistra italiana diventava, dopo la caduta del Muro di Berlino, una casta oligarchica, noiosa e lontana dai bisogni della gente.
Ad alcuni sembrerà ripugnante, ad altri pragmatica ed umana, questa idea del mondo e dell’ascesa sociale. Ma, esiste un modo migliore per trionfare nell’Italia della televisione che l’essere vicino, molto vicino, al grande padrone della televisione europea, forse mondiale?
Berlusconi, lo ha scritto Eugenio Scalfari, è il Re Sole. Come dice un politico sardo, “se ti avvicini al sole, il sole ti illumina e ti riscalda”. E secondo quanto sostiene un altro maestro di giornalisti, perseguitato dalla destra, Giancarlo Santalmassi, “mezza Italia lavora per Berlusconi, l’altra metà lo desidera”
Visitare Villa Certosa assicura alle ragazze un posto vicino al sole, un telefono al quale chiamare, forse una raccomandazione dell’imperatore, un pollice in su, un casting al quale presentarsi di ritorno da Roma o da Milano, domenica notte o lunedì mattina, dopo le lunghe e divertenti notti, le chiacchere politiche di Silvio, le passeggiate per fare acquisti al centro commerciale di Porto Rotondo (paga Papi, fino a 1.500 euro per ragazza), i balli sfrenati, qualche striptease piú alcolico che pagato, il maschilismo nella sua indole peggiore.
Non è facile trovarsi fra le elette, arrivare alla categoria di vestale di Villa Certosa, insiste il politico sardo, che preferisce non identificarsi per motivi di sicurezza: “Chi va nella villa conta; chi dorme lì, conta molto, e chi ci passa le vacanze, è nel cuore del Cesare”.
Il Cesare, che ha iniziato la sua carriera nell’edilizia, ha altre sette ville in Sardegna, un’altra ad Antigua, innumerevoli ville a Roma e a Milano; ma Villa Certosa è la misura di tutte le cose. Anche i ministri e le ministre del Gabinetto si dividono fra i molto assidui (come il silenzioso Gianni Letta) e gli occasionali, che sono andati solamente una volta o lo hanno fatto per partecipare a qualche consiglio di ministri (o di amministrazione) fuori stagione.
Fra le ministre, quella che ci è stata piú volte è Mara Carfagna, ministro delle Pari Opportunità, cui onora la sua fedeltà, poichè è stata l’unica ad osare difendere i suoi atti riguardo all’assurdità del Noemigate. Secondo lei, coloro che combattono e criticano Berlusconi lo fanno per invidia e senza ragione, dato che è una persona “buona”.
Per le ragazze, la miglior forma di entrarci è captare l’occhio esperto del vecchio scapestrato. Come è accaduto a Noemi o alla stessa Carfagna e a decine di ragazze. Noemi, una dolce giovinetta cresciuta in ambienti prossimi alla Camorra napoletana, voleva diventare artista. E così dunque, si è fatta fare un libro di fotografie e lo ha inviato ad un’agenzia di Roma. Il giornalista di Canale 4 Emilio Fede, amico intimo di Berlusconi, lo ha preso, lo ha portato via con sé, e se lo è scordato, guarda caso, sul tavolo; il suo capo ha preso il telefono ed ha fatto il numero del cellulare della giovane. Le ha detto che aveva uno sguardo angelico e che doveva mantenersi così, pura.
Questo è successo a ottobre, ha rivelato Gino, l’operaio fidanzato a Naomi fino a quando è arrivato Papi, in una intervista concessa a La Repubblica. Poco dopo Noemi è stata vista in una festa della moda a Villa Madama, in un’altra del Milan. In entrambe le occasioni è stata fatta sedere al tavolo presidenziale. Secondo quanto raccontato sia da Berlusconi che dai suoi genitori, l’amicizia era di vecchia data; Gino ed una zia di Noemi lo hanno smentito.
Fatto sta che, a dicembre, Noemi si trovava già a Villa Certosa con la sua amica Roberta, una delle tre amiche insieme alle quali ha girato un video domestico, disponibile ormai su Youtube, nel quale si dichiarano fantastiche e irraggiungibili. Anche se, a pensarci bene, forse era prima, perchè la stessa Noemi ha dichiarato, quando ha iniziato ad essere famosa, che aveva visto spesso Papi, che lui non sempre poteva andare a Napoli, occupato com’era, e che i due cantavano assieme le canzoni di Apicella. Adesso la ragazza, in un ulteriore disperato tentativo di mettersi al riparo, ha dichiarato in un’intervista per la rivista Chi, proprietà di Berlusconi naturalmente, che è ancora vergine.
Un’altra forma di arrivare a Villa Certosa, di raggiungere il rango di farfalla e passare a far parte della collezione del grande entomologo, è conoscere gli amici del Sultano. Meglio ancora se sono imprenditori VIP della cerchia strettamente giudiziaria (il giudiziario unisce molto), Marcello dell’Utri, condannato a 9 anni in primo grado per complicitá con la mafia; il padrone della scuderia Renault e compagno di fatiche off shore Flavio Briatore (che ha raccomandato a Berlusconi l’avvocato britannico David Mills, creatore corrotto dell’impero Fininvest B), o il compiacente Fede Confalonieri, presidente di Mediaset.
È anche utile conoscere quei brillanti giornalisti della terza età, stelle fulgenti del firmamento televisivo filogovernativo, persone come Fede (autore del telegiornale più surrealista del continente), o come il sempre genuflesso Bruno Vespa, capace di intervistare il padrone dodici volte all’anno ed eludere sempre la domanda scomoda.
Tutti coloro conformano l’essenza del berlusconismo-velinismo, e in quanto tali frequentano da anni il padrone. Cercano sicurezza, amiconi, calma, relax e bei corpi per mitigare lo stress e l’estenuante esercizio della politica, la corruzione o il sempre faticoso (per le vertebre) giornalismo da camera.
Ci sono, chiaro è, vie intermedie, provveditori diversi, amanti dello sport del gineceo, mamme mezzane pronte a rinnovare gratis il corpo di magia del prestigiatore, ministri, viceministri e segretari di Stato pronti ad aggiungere novità alle serate, l’enorme cerchia fatta di figlie di amici, conoscenti, vassalli, impiegati, quella mancia di curve promettenti data al portinaio, la guardia del corpo, la cuoca, la cugina del carabinierie, l’aspirante modella che invia le sue fotografie via e-mail a Palazzo Chigi, insieme al numero del suo cellulare scritto con una grafia che imita il rossetto.
Tutta Italia sta al gioco, tutto il paese lo sa; il problema è che tutti lo raccontano, ma nessuno lo dice con il suo nome. Satrapi, imperatori, monarchi e commendatori hanno storicamente riempito di ragazzine i suoi salotti, ma adesso la gente ha paura, l’omertà è condizione indispensabile perchè l’ipocrisia non finisca, perchè l’informazione sia tenuta sotto il controllo diretto o indiretto dell’imperatore (pubblicità istituzionale, sovvenzioni pubbliche, promesse, crediti…), se qualcuno cerca di uscirne può rimetterci l’impiego, la Chiesa di Roma non deve saperlo (e per questo si accontenta solo di reclamare sobrietà), ed inoltre c’è la crisi e viviamo in un pase sotterraneo per definizione, questo meraviglioso belpaese che si è sempre dichiarato fiero della sua arte domestica di arrangiarsi improvvisando, “O Francia, o Spagna basta ch’as magna”.
L’entrata delle veline televisive in politica, che si trova all’origine di questa crisi morale, era la conseguenza inevitabile della storia, del sistema. Forza Italia non è mai stato un partito, ma un gruppo di tifosi, di impiegati comandati da Dell’Utri che nel 1994 ha reclutato in fretta e furia tutte le segretarie di Publitalia per compilare in tempo le liste. Nemmeno il suo sucessore, il Popolo della Libertà, è un partito, ma un alluvione di consiglieri mediocri, gestori sommessi e bei visi senza tradizione, ideologia, basi. La televisione e la pubblicità come unica politica; e la politica si fa in televisione. Italia continua ad essere il paradiso della raccomandazione, chi non ha un amico è orfano, ed il grande capo si chiama Silvio. Silvio aggiustatutto.
Ascoltate l’ex professoressa di Noemi Letizia: “È molto logico, lui la aiuterà, a tutti conviene avere amici, un medico che ti scrive le ricette”.
Il benefattore è Berlusconi; le scuole e le case sono pieni zeppi di belle Uranite, e il luogho in cui si mettono sotto tiro è Villa Certosa.
Elisa Alloro, una delle veline che sono state nella casa madre, ha pubblicato questa settimana un interessante libro intitolato Noi, le ragazze di Silvio. In esso rivela che anche lei e non solo lei, chiama Berlusconi Papi da molto prima che facesse la sua apparizione nella vita del Cavaliere la cenerentola Noemi.
“È una miniera di saggezza” scrive sul lider massimo la velina giornalista, 32 anni. Nata a Reggio Calabria, Alloro ha partecipato al corso di formazione politica di 25 giovani veline organizzato in vista delle elezioni europee dal PDL, con professori ilustri, fra gli altri il ministro degli Esteri, Franco Frattini, e il vicepresidente dell’Europarlamento, Mario Mauro, a richiesta del primo ministro.
Presentatrice, Alloro è stata prescelta dal Cavaliere insieme a, fra le altre, Eleonora Gaggioli, aspirante attrice; Camilla Ferranti, aspirante presentatrice, Angela Sozio, rossa di Grande Fratello fotografata da Zappadu nel 2007 sulle ginocchia del premier (insieme ad altre quattro), e Barbara Matera, partecipante del concorso Miss Italia della Puglia, amica del dottor Letta e finalmente (dopo l'”io accuso” di Verónica Lario) l’unica candidata velina fra le 25 precandidate.
La prima a chiamare Berlusconi Papi, rivela Alloro, è stata Renata, una velina brasiliana e milanista. Il soprannome si è espanso come un virus. “E adesso, molte ragazze si rivolgono a lui con questo nome; “è un’abitudine, forse il frutto di un accordo tacito, una specie di nome in codice nato, forse, dall’atavico timore ad essere intercettati (dagli ascolti telefonici)”, dice a Il Corriere della Sera.
Il libro, di 100 pagine, è scritto sotto forma di lettera a Verónica Lario, rifiuta le accuse di “ciarpame” e difende il capo: “Ogni minuto passato con lui è come un dono divino”. Il suo racconto narra che ha conosciuto Berlusconi nel 2004, mentre lavorava a Mediaset. Doveva intervistarlo sul ponte dello Stretto di Messina, ma in un batter d’occhio si è vista catapultata in Sardegna, “ad un pranzo di lavoro con professionisti dello staff presidenziale, io l’unica donna”, scrive Il Corriere.
Sono partiti insieme dall’aeroporto romano di Ciampino, sede dei voli di Stato, a bordo dell’aereo presidenziale; durante il viaggio ha scoperto che Berlusconi sapeva tutto su di lei (“mi ha fatto vedere un voluminoso dossier”), e gli ha fatto un’offerta di lavoro che lei ha rifiutato. “Mi ha spiegato che stava organizzando una task force di 50 giovani giornaliste per stabilire un ufficio stampa ponte tra Roma e Bruxelles. Al tuo curriculo converrebbe enormemente, mi disse…”
Finito il pranzo, di nuovo in volo nell’aereo di stato verso San Siro, dove giocava il Milan. Scorta di auto ufficiali, sirene spiegate e poi di nuevo in viaggio aereo verso Ciampino. Dopo aver lasciato Mediaset, Elisa ha continuato a vedere Berlusconi: “Alcune volte mi ha invitato ad andare a Villa Certosa, assistere a cene con decine di invitati”. Di Noemi ha un vago ricordo: “Ci hanno presentato fugacemente nel trascorso di una festa”, racconta.
Ma impossibile dimenticare, scrive, le due gemelline montenegrine che hanno inscenato “un ballo pazzo e spropositato davanti agli occhi di un costernato primo ministro”. E le altre apparizioni non annunciate, femminili e no, alla porta della sue stanze”.
Questa è l’Italia, lo ha già detto la first lady Verónica Lario, molto meno indispettita che stanca, Lisistrata, patriota e rivoluzionaria, nel condannare il marciume del berlusconismo-velinismo: “Genitori pronti ad offrire al Drago le loro vestali”, “ciarpame politico e maschilista senza pudore”, un marito e premier che “frequenta minorenni e non sta bene”. Impossibile dire di piú con meno parole.
Lo staff del Cavaliere è attento alle sue necessità. I giornalisti che seguono le mosse del premier raccontano che c’è una bella ragazza nella sua squadra stampa che viaggia con lui ovunque, anche se non sa fare un bel niente. La sua consulente d’immagine copre le debolezze alla meglio e cerca di fare in modo che il Cesare sembri onesto.
C’è un altro personaggio misterioso, una donna quarentenne, bruna, bella, vestita sempre con tailleur, che Zappadu ha fotografato molto spesso nell’aeroporto di Olbia. Si tratta di Sabina Began (SB), la preferita: i pettegoli romani la chiamano l’ape regina.
Il giorno della Liberazione d’Italia, il 25 aprile 2008, durante i festeggiamenti per la vittoria elettorale di Berlusconi, il presidente del Senato, Renato Schifani, Apicella ed altri gerarchi erano circondati da un mazzeto di ragazze sinuose: Don Silvio non aveva occhi che per SB, che si è fatta tatuare su una gamba “SB, l’incontro che mi ha cambiato la vita”. Mentre la teneva sulle ginocchia e le canticchiava Malafemmena, Berlusconi ha detto: “Se ci fosse qui un fotografo questa foto varrebbe 100.000 euro”.
Come affermato da Lario, la storia politica in gioco va molto più in là del caso Noemi; la povera Noemi è solo l’ultima vittima di questo Grande Fratello. Sará la casa, Villa Certosa, come nelle Mille e una notti, un bunker di lusso un po’volgare con giochi erotici o è Berluscolandia qualcosa di peggio e di più lussurioso?
Probabilemente, nessuna e le tre cose insieme, rispondono diverse fonti sarde e le fotografie di Zappadu, che ci introducono in questo sottomondo. Berluscolandia è bella, non si può non ammettere, anche se la natura sarda è molto piú agreste e meno fittizia che nelle cartoline dall’erba ben segata, quell’orto di erbe medicinali rotondo, quelle torri di imitazione. La prima cosa che sorprende è la smisuratezza.
Sessanta ettari di terreno sono molti. Soprattutto nella costa Smeralda. Ci stanno due spiagge private, tre laghi artificiali, mezza dozzina di piscine, l’anfiteatro in cui si rappresentano gli spettacoli di Apicella (il cantautore che scrive per Berlusconi), delle ballarine, e delle bailaoras (il pubblico del flamenco si chiede ancora chi sia e cosa faceva lì quell’intrusa).
Da una parte della tenuta c’è il Country, uno dei posti prediletti del premier, una discoteca con candele, tappeti orientali ed un riservato chiamato Harem. Non soffrano le anime candide. Nessuno delle migliaia di visitatori di Villa Certosa ha mai parlato di sesso. Lì non c’è sesso. Al massimo, gelato.
Beppe Severgnini, cronista di Il Corriere, lo ha spiegato in questo modo: “Villa Certosa sta adottando, nelle fantasie nazionali, una grandezza leggendaria. Gli amici del protagonista, cercando di minimizzare, contribuiscono ad arricchire la messinscena. Marcello Dell’Utri: “C’è una gelateria. Ti servono tutto il gelato che vuoi. Gratis. Se ci si pensa, è una trovata molto divertente”. Flavio Briatore: “C’è il gioco del vulcano. Si parla del più e del meno e quando il gruppo si avvicina al lago, Berlusconi fa finta di preoccuparsi, dice che la Sardegna si trova in una zona volcanica. E in quel momento si sente un’esplosione incredibile, ci sono effetti speciali tipo fiamme…”. Sandro Bondi, ministro della Cultura, cercando di spiegare la nudità di Topolanek, l’ex premier ceco: “Bah… D’altronde, pensate che la villa si trova a pochi metri dal mare. Un mare, come lei sicuramente sa, di una bellezza assoluta”.
Dell’Utri non ha potuto negare che oltre a gelato e pizza, nella villa ci sono sempre tante giovinette bellissime che passeggiano, fanno il bagno, la doccia, si esibiscono. Il più difficile per Berlusconi non sarà giustificare queste fotografie, che ha già definito “inutili”. Il vero problema sarebbe l’esistenza di altre più compromettenti. “Berlusconi sa che c’è una talpa a Villa Certosa. Qualcuno ha tradito dall’interno, ma non sa chi è”, spiega Marco Mostallino, un giornalista locale. “Berlusconi crede che si trova probabilmente tra le guardie di sicurezza. Non per caso ha accusato sua moglie dal giornale di suo fratello di farsela con una sua guardia del corpo”.
Villa Certosa è vigilata 24 ore su 24 da militari e carabinieri, come fosse una fortezza. Inoltre, ci sono guardie private ed altre che arrivano da tutte le parti. La storia della sicurezza nella Costa Smeralda è collegata al agá Kan, il primo promotore turistico della Sardegna, ed è iniziata con i vigilantes. “Kan ha assunto tutti gli uomini disponibili, e molti di loro avevano precedenti criminali”, assicura Mostallino.
Alcuni anni dopo, Berlusconi è arrivato all’isola. “È arrivato con suo fratello Paolo intorno al 1981 o 1982”, ricorda il politico sardo. “La sua idea era di costruire due millione di metri cubi sul mare, in un terreno di 200 ettari a sud di Olbia, tra Le Saline e Capo Cerasso. Per fare impressione, arrivava con due libri enormi che diceva contenevano la valutazione dell’impatto economico. Viaggiava con un seguito di architetti, ingegneri, consulenti fiscali, economisti. Fino all’approvazione del progetto sono passati dieci anni, ed è stato concesso solo un quarto dell’estensione originale, e questo in montagna, lontano dal mare. Ma quando è stato approvato non aveva soldi. Era il 1993 e subito dopo è entrato in politica”.
Silvio e Paolo hanno costruito la villa nei primi anni novanta. Con il tempo l’hanno trasformata pian piano in una casa degna di un film di James Bond. L’ironico Severgnini ha scritto sul Corriere della Sera che un giorno qualcuno scriverà la storia di Villa Certosa: “La cinica flessibilità italiana permetterebbe di raccontare molto, se non tutto. L’ultimo scoglio è la coerenza ufficiale. I politici, anche quelli che hanno meno pregiudizi, non sono ancora pronti ad ammettere quello che fanno, perchè hanno paura che qualcuno lo metta a confronto con ciò che dicono”.
FOTO INNOCENTE E AUTENTICA… COME MAFIOLO STESSO
Benefattore
In fila sulla Paullese al «Luna parking»
dove l’amore si fa nel box auto
Trecento coppie al mese. «All’alba suona la sirena». Il proprietario: «Sono stremato: vivo qui 24 ore»
Dal nostro inviato Andrea Galli
BAGNOLO CREMASCO (Cremona) — Il ragazzotto esce dalla macchina, barcolla. S’avvicina alla cassa, deve pagare, ha finito, è stato tre quarti d’ora nel box; c’è una ragazza, rimane a bordo. Il ragazzotto allunga la banconota. «Tutto bene?». «Sì. E faccio l’abbonamento». Forse le ha appena giurato amore eterno, fatto sta che alle due di notte dell’altro ieri la notte di Marco Donarini s’impenna. Con i soldi del ragazzotto timbra il primo incasso pesante di giornata, ma poi pesante si fa per dire. Al «Luna parking» il pienone è venerdì e sabato, «venti, trenta coppie». In un mese, sono «trecento ingressi totali». In un mese quanto incassa? Tremila? «Meno, meno».
Marco Donarini, il proprietario del «Luna Parking»: appartarsi in uno dei trentotto box costa 5 euro (Del Puppo)
Donarini, 45 anni, separato, tre figli, aveva una ditta di calcestruzzi, e il passato ritorna nei pesantissimi colpi di tosse. Nel 2007 ha venduto, e ha voluto e realizzato un parcheggio dell’amore. Trentotto box, tre pareti, sulla quarta — l’ingresso — scende una tenda che copre. Niente soffitto: si vedono il cielo e le zanzare. Cinque euro l’ora la permanenza. Dice Donarini: «I motel costano troppo, devi dare i documenti. Da me, meno problemi. E meno rischi. Con tutti gli stupri in giro… I genitori mi ringraziano. Un carabiniere mi ha detto: “Bravo. Con mia figlia da te, io dormo più tranquillo”». Un po’ si vede, Donarini, come paladino. Difatti si è messo contro i poteri forti: il vecchio curato (oggi in pensione) organizzò veglie con salmi penitenziali inseguendolo all’urlo di «peccatore!». Il sindaco non lo ama. I bagnolesi non lo degnano di menzione, o forse è solo facciata. «Senta. Ci sono mamme che dopo aver accompagnato i figli a scuola si presentano con l’amichetto, ce ne sono altre che si presentano invece la domenica. Al marito dicono che vanno a messa… Ci sono anziani che anziché stare al circolino a far la briscola il pomeriggio fanno un salto». I vecchietti sono l’angoscia di Donarini. «Deve vedere che volti di color viola… E se con ‘sto caldo ci rimangono?».
Il «Luna parking» sta sulla statale Paullese. La Paullese è un’infilata di Mcdonald’s, cantieri stradali, prostitute che la notte si mettono attorno ai fuochi, sexy-shop, motel con doppia vasca idromassaggio, balere che — raccontano — ci si va per un obiettivo soltanto, ponti sull’Adda, prostitute che di giorno aspettano nelle stradine di campagna in mezzo ai trattori, sotto ombrelloni con marche di gelato. Sulla Paullese comandano il traffico e gli aguzzini; incidenti, investimenti, e violenze e barbarie. Inutili gli allargamenti di corsia, e le retate. Di Crema, qui vicina, si ricordano due casalinghe protagoniste di film porno che sconvolsero la città. Dicono che questa sia una terra di provincia, vizio, sesso. E di lavoro. Bagnolo Cremasco, posto molto cattolico (fresca di stampa la storia ufficiale del paese scritta da un sacerdote) ha 5mila abitanti e 300 aziende. Quattrocento gli stranieri, per lo più indiani che lavorano nelle stalle. Il paese è raccolto attorno alla piazza, che ospita il monumento in memoria dei 36 caduti in guerra. Don Lorenzo Roncali, 37 anni, è il curato. Il sindaco è Carlo Peretti, 61 anni; guida una lista civica di centrodestra; è in pensione, lavorava con l’Eni. Don Lorenzo dice che «il parcheggio è in una zona isolata, non lo vede nessuno». Peretti dice che «è un postribolo, ci vanno le prostitute». Donarini s’arrabbia. «Le prostitute no. Questo posto è la sana e semplice celebrazione della camporella, dell’appartarsi. Le coppie stanno insieme, punto. Rischi? Ci sono mura di cinta. Di guardoni, nemmeno l’ombra». In paese si dice che voglia vendere. Che cerchi pubblicità. «Sto rilanciando. Metterò un sistema di pagamento automatizzato e di telecamere. Sono stremato: vivo qui 24 ore. All’alba qualcuno mi telefona, “vieni ad aprire”; certe notti resto fino alle 4, qualcuno si addormenta in macchina, sono costretto a far partire la sirena dell’allarme, per svegliarlo. È una vitaccia. E quel vecchio curato mi accusava di essere un peccatore… Oramai sono l’unico, che non pecca».
Andrea Galli
Bottino craxi: la storia vera
BETTINO CRAXI
Nasce che pesa ottanta chili: aveva creato delle riserve di cibo al di fuori della placenta, un canale segreto con l’esofago materno, e si era mangiato tutto .
Sua madre era stata l’unica donna al mondo a perdere trenta chili durante la gravidanza. L’unica ecografia esistente, conservata alla NASA, ci mostra Bettino al terzo mese con due mani già formate, grandi come la Montedison, mani senza fine. E il resto del corpo: un bozzolo. Due ore dopo la nascita, gli piovve addosso la prima denuncia: la levatrice si era resa conto che a “levare” era stato abile e veloce anche il neonato; quattro carabinieri dei Nocs gli aprirono faticosamente, e dopo aspra lotta, i pugnetti chiusi e ricuperarono la fede e l’anello di fidanzamento della levatrice medesima. Dopo la sua nascita, il corpo di sua madre si era afflosciato come un sacco vuoto; le erano persino rientrati i seni. Fu necessario comprargli un biberòn. Due biberòn… quindici biberoni maxi. Li ingoiava come niente e non risputava nemmeno la plastica: cacava palloncini. Suo padre, brava persona, decise di comprare un biberòn formato gigante e si recò a Disneyland, sicuro di trovarlo. Al suo ritorno, si ritrovò in mezzo a una strada, con l’immenso biberòn tra le braccia: Bettino aveva messo in vendita la casa con tutti gli arredi e si era trasferito all’Hotel Raphael di Roma, che prendeva chiunque.
Di intelligenza prontissima e precoce nel fisico, si iscrisse da solo al vicino collegio svizzero. A tre anni era già in quinta elementare. Aveva problemi solo con la matematica: gli avevano spiegato che 3 + 3 = 6 e lui l’aveva capito subito e si era montato la testa convinto di sapere tutto. A quel punto, la sua maestra, frau Gruber, decise di farlo impazzire e spiegò che non solo tre più tre faceva sei, ma anche quattro più due faceva sei; e addirittura cinque più uno faceva sei! Insomma, Bettino si convinse che TUTTO facesse sei… Perciò, più tardi, decise di lasciare ai vari Cusani, Larini, Giallombardo, Ruju & c. l’incombenza dei numeri e lui decise di fare i conti solo con Borrelli e Di Pietro. O meglio, non decise lui, ma questa è un’altra storia.
A otto anni diede un altro saggio della sua scaltrezza: entrato in un bar di via Veneto, ordinò un gelato mastodontico e prese la via della porta. Il padrone lo bloccò: ”Beh? Non lo paghi il gelato?” “E perché, lei l’ha pagato?” chiese l’impudente Bettino.“Certo che io l’ho pagato!” gridò il barista. “E allora? Mica lo dobbiamo pagare due volte.” concluse Bettino, lapalissiano, scappando via. Arrivò incolume ai vent’anni e conobbe una splendida ragazza romana di nome Sandra. Lei faceva l’attrice e altro con Fellini. Lui la corteggiò assiduamente e fu l’unico a farlo: agli altri uomini lei la mollava subito. Andarono a fare un pic nic a Villa Pamphili. Era una splendida giornata di sole e Sandra non aveva messo le mutandine: perché perdere tempo? Non aveva messo nemmeno il cestino giusto, nel portabagagli della Vespa. A mezzoggiorno, accaldati ed affamati, si appartarono all’ombra di una quercia e aprirono felici il cestino di vimini… dentro c’erano i lavori a maglia della madre di Sandra!
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Lei fece una risatina sciocca e lui non sottilizzò, forse pensando a cucina tipica o a qualche usanza locale, cominciò a mangiare gomitoli di lana, filo di scozia, cotone: bistecca ai ferri o lavori all’uncinetto tutto fa brodo, purché se magni! (Lui proveniva dalla Sicilia e da Milano in parti uguali. Altra cultura…)
Già che c’era si mangiò anche il cestino, erano fibre. E perché no? anche gli uncinetti e i ferri da quattro. Aveva carenza di ferro. Spolverò anche le ghiande sparse tutt’intorno e andò ad abbeverarsi al laghetto. Sperando di risucchiare qualche anatra, qualche bel cigno grasso… Poi tornò all’ombra, si grattò l’immensa schiena contro il tronco della quercia e, dopo un poderoso rutto, si sdraiò e prese subito a ronfare. Sandra aprì le gambe sconsolata e si guardò la patatina, sola soletta, tutto ciò che la penetrava era il ponentino. Si videro ancora e andarono a Fontana di Trevi. Bettino vide che la gente buttava un sacco di soldi nella fontana e chiese il perché. “Perché la lira non vale un cazzo.” rispose un vecchietto. E ancora non avevano governato né Bottino né Silvio… Bettino aveva capito che il lavoro è fatica e perciò decise di entrare in politica. Diventò amico di una persona per bene, Sandro Pertini, e lo circuì a tal punto che il vecchio, presentando il giovane gigante prensile, diceva: “Bravo giovine, figlio di pochi sì, ma onesti genitori.” Pertini era ingenuo e già un pochino andato. Lo invitava spesso a pranzo: “Vieni a pranzo da me domani – gli diceva – ci sarà anche Bettino.” “Ma Bettino sono io!” rispondeva il massiccio. “Non fa nulla, – tagliava corto il vecchio partigiano – vieni lo stesso.” Bettino cominciò col portargli la borsa e finì col portargli via il partito. Intanto continuava il giochetto dei gelati a scrocco in tutti i bar della capitale e della provincia. Quantità industriali di gelato. I baristi non lo beccarono mai, ma il diabete sì. Pertini lo portò con sé a Caprera per una ricorrenza garibaldina. Nella piccola isola aleggiava un’atmosfera di anacronistico patriottismo. C’era anche la televisione e un cronista, già che c’era, porse il microfono anche a Bettino: “A cosa pensa, lei così giovane, quando vede la bandiera italiana che sventola?” gli chiese. E Bettino: “Penso che c’è un casino di vento.” rispose con evidente senso pratico. Scoprì però Garibaldi e si innamorò del personaggio e della sua storia, anche se ebbe a criticarlo per la sua ambizione modesta: “I mille?! I miliardi, muovono il mondo! Cazzo i mille!” Si giocò subito la simpatia di tutti i presenti in camicia rossa.
Si giocò anche l’amicizia del vecchio Pertini, perché aveva il vizio di dargli delle poderose manate sulle gracili spalle. Sembrava farlo apposta: ogni volta che nonno Sandro portava alla bocca con mani tremolanti la solita tazza di brodo caldo, arrivava Bettino e giù una tremenda manata sulle spalle: “Come va, vecchia quercia?” Pertini lo mandò affanculo. Bettino, senza protettore, ricercato da tutti i baristi, decise di tornare a Milano e si adattò a fare l’assessore comunale. In quel periodo conobbe un giovane cantante di piano bar, che aveva un piano a nolo per suonare e un piano personale per fare soldi senza lavorare. Bettino aveva per le mani un piano di programmazione edilizia del Comune: fecero un piano per unire i due rispettivi piani. Questo giovane pianista disse di chiamarsi Elizabeth Arden, poi disse di chiamarsi Charles Aznavour, poi Cocò Chanèl, poi Silvio. Disse anche di essere dottore, poi infermiere, poi Gesù , cavaliere, muratore… Iniziava tutte le frasi con: “Mi consenta… te lo giuro sulla testa dei miei figli… sinceramente… onestamente… quantevveriddìo.” Tutte le cose che premettono i bugiardi, insomma.
Però al piano era un grande solista. Appena cominciava, la gente se ne andava e lo lasciava solo. E lo licenziavano. Ha cambiato più locali allora che idee adesso. Bettino, più monotono, ripeteva sempre la stessa solfa: “E a me quanto me ne viene?” Divennero amici per solitudine. Entrambi erano molto soli. E sòla (come dicono a Roma). Silvio pensò di sposarsi, matrimonio d’amore: per i soldi. Lui aveva preparato le carte per il matrimonio e sua moglie ci aveva messo le carte di credito. Anche Bettino si era sposato, contro una certa Anna. I due amici, ormai lanciati nel mondo degli affari, decisero di andare ad incontrare dei probabili soci a Bruxelles. Segno di riconoscimento: fedina penale da otto chili, accento palermitano marcato, coppola, e lettera di presentazione di Dell’Utri. Presero la macchina del suocero di Silvio e partirono da Milano alle due. Alle sette erano fermi a Strasburgo e litigavano:
“La benzina c’era! – giurava Silvio – Il serbatoio era pieno quando siamo partiti. Ha fatto il pieno mia moglie!”- E fu l’unica verità di tutta la sua vita.
“Tira fuori la benzina o ti spacco i sopratacchi! “ sbraitava Bettino. Un vecchio benzinaio emigrato spiegò pazientemente ai due che la benzina, come tutte le cose, finisce. Bettino ebbe un’illuminazione: “Quando diventerò ministro o presidente del consiglio aumenterò la benzina, così non finisce.” Mantenne, ahinoi, la minaccia. Giunti miracolosamente a Bruxelles si incontrarono coi futuri soci in un bar gestito da italiani. I gestori erano di Afragòla e tutti i clienti avevano strascicati accenti del mezzoggiorno d’Italia. Persino le etichette sulle bottiglie esposte erano adeguate all’ambiente: Gambàri, Ginzàno, Mardini, Scivàs… I nostri si sedettero intorno ad un tavolo, il tavolo era a forma di torta e la torta era a forma di penisola.
Quello che sembrava essere il capo, nonostante l’età avanzata, non aveva un capello bianco: era calvo. Silvio e Bettino decisero in seguito di imitarlo: si acquisisce l’aria da vero capo e non si spende un cazzo in shampo! L’accordo venne fatto e i due amici tornarono indietro. “Chi trova un amico trova un tesoro” recitava il vecchio detto. “Chi trova un tesoro, trova un casino di amici e amici degli amici.” aveva detto il vecchio siciliano. Appena superata la frontiera italiana, si fermarono a mangiare in un grill: la nostra cucina era certamente migliore. Ordinarono pollo e patatine: il pollo era una merda e veniva dal Belgio, le patate dalla Germania, l’olio per la frittura da un autoricambi. Bettino tentò il solito giochetto per non pagare: “Settantamila lire per due porzioni di pollo?! Ma chi è quel deficiente che ha fatto fuori un animale così prezioso?” il gestore li inquadrò subito e li lasciò andare. Abbassavano la media del locale. Alle porte di Milano l’auto li mollò di nuovo. Proseguirono a piedi, ma cominciò a diluviare. Cercarono riparo dentro un negozio di ombrelli, guardando per aria e fischiettando vaghi, fingendo di ignorare il proprietario che li puntava. Tipico. Gianni e Pinotto gli facevano una pippa! Tornarono alle rispettive occupazioni: Silvio ad accapparrarsi terreni agricoli e Bettino a cambiare, quasi legalmente, la destinazione d’uso.
Qualche anno dopo, Bettino venne invitato a Roma al congresso del Midas. Lo disse subito a Silvio che, da giovanotto magro coi capelli grassi, si stava trasformando in un grasso signore… uomo, via! senza capelli. Silvio, dall’alto della sua cultura, spronò l’amico: “Al Midas?! Il famoso re! Vai, vai, così impari i trucchi e tutto quello che tocchi diventa oro! “ E così fu. Al congresso del Midas, che era un albergo, il grosso Bettino divenne segretario del PSI.
Imparò i trucchi e cominciò a toccare tutto. Toccò anche un’aspirante attricetta, una certa Anja. Lui diceva di essere innamorato e, siccome l’amore è cieco, si aiutava tastando. Lei era molto bella. ”Sei una visione! La mia visione.” le diceva. E tastava. Visione, visone, anelli, pièd à terre…
Tocca oggi, tocca domani, ad Anja toccò pure GBR. “Sei la mia televisione!” esclamò lei. E lui toccava e foraggiava. E la gente chiacchierava. E ogni volta che lui tornava a Milano dalla moglie, Anna gli correva incontro gli buttava le braccia al collo. E cercava di strozzarlo. Intanto ebbero tre figli: Bobo, Bubu e Yoghy. Ma lui, invidioso di Silvio che millantava scopate a destra e a manca, cercò di scoparsi Manca, almeno quello, promettendogli la Presidenza della Rai. “C’è un bel cavallo all’ingresso“ gli diceva. Manca capì un cazzo e si iscrisse all’ippodromo di Tor di Valle, per prepararsi al compito. E’ ancora lì che cavalca. Bettino, ormai grasso e pelato come un vero capo, diventò Presidente del Consiglio. Cercò anche di scoparsi qualche nana o ballerina del suo éntourage… niente da fare. Il suo piccolo pisello si dissociava. Come tutti i suoi servitori anche lui era sempre a capo chino e piegato in due. Quindi non si ciulava. Ripiegò sul suo ruolo di statista. Promulgò leggi avveniristiche: aumentò per decreto le tariffe alberghiere invernali nelle località marittime, d’inverno le notti sono più lunghe, quindi…
Comprò casa a S.Moritz e decretò che avrebbe dovuto nevicare nel mese delle sue ferie;
aumentò, naturalmente: benzina, sigarette, pane, pasta, bolli, tasse, etc. Conobbe un avanzo di balera, grasso e unto: un certo Gianni de Michelis e, siccome questo parlava veneziano e non si capiva un cazzo di quello che diceva, lo nominò ministro degli esteri. Così, tra stranieri si sarebbero capiti.
Studiarono insieme un piano di aiuti al terzo mondo. Gianni prendeva malloppi di miliardi e correva in Africa, si inchiappettava qualche negretto: per venire incontro ai suoi bisogni, poi da lì volava in Svizzera e depositava i soldi in conti cifrati. A nome suo e di Bettino. Stanco ma felice, correva a fiondarsi in qualche discoteca alla moda. Con tutte le stragi del sabato sera, lui non ci rimase mai. Alla gente sarebbe andato bene che si fosse schiantato contro qualche platano anche di venerdì… Ma lui non diede questa soddisfazione. Un giorno, Bettino, tornando in incognito da casa di Anja a bordo della sua auto, sbagliò quattro volte uscita sul raccordo anulare. Dopo sei ore di giri a vuoto, chiese informazioni ad una famigliola, coniugi e tre figli, che faceva colazione sul prato di un’aria di sosta: “Scusino, per andare in via del Corso?” Si avvicinò il capofamiglia, alto, allampanato e con l’aria intelligente; l’uomo si chinò verso il finestrino e si mise a piagnucolare: ”Ci aiuti, signore. Ci siamo persi. Siamo qui dal viaggio di nozze…” Bettino si commosse e prese a lavorare con sè quel fulmine di guerra: si chiamava Ugo Intini. Intini non andava d’accordo con Signorile, un vice di Bettino. Un giorno vennero alle mani. Ugo mise le mani intorno alla gola di Signorile e giù schiaffi e pugni! Di Signorile, naturalmente, che aveva le mani libere. Bettino fu costretto ad accompagnare il malridotto Intini al Pronto Soccorso. Andò a parlare personalmente col medico.
Il dottore era comunista e, riconosciutolo, gli sparò:
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“Se ci sono punti da applicare, un milione con anestesia e mezzo milione senza.”
“Prendo la seconda offerta – fece Bettino – mica è per me!”
Divenne amico di numerosi stilisti: Trussardi, Versàce (ma lui lo chiamava familiarmente Vèrsace)… Il primo gli regalò un manichino parlante, che lui battezzò Claudio e ne fece il suo vice. Doveva avere un qualche difetto di fabbricazione, però, perché fumava molto e aveva sempre le pupille sgranate. Lo mandò da un famoso tecnico a Malindi, ma Claudio fumò pure laggiù. Lo stilista preferito di Claudio era Volta-Gabbana. Per il dispiacere, Bettino prese ad ingrassare troppo. Un amico gli consigliò la dieta del fantino e lui cominciò a mangiare cavalli. Parlava alla tv ed aveva molto appeal. Prendeva molto. Nemmeno De Lorenzo e Pomicino insieme prendevano quanto lui. Inventò anche un modo di parlare con molte pause, che servivano per inserire gli stacchi pubblicitari. E tutto ciò che toccava diventava oro.
I suoi domestici pulivano i vetri con foulards di Yves S. Laurent e li gettavano dopo l’uso. Rivedeva spesso Sandra e se la portava nel suo appartamento. Lei gli raccontava di tutti quelli che l’avevano scopata nel frattempo e lui si addormentava felice. Intanto Silvio, grazie agli amici, stava ampliando l’impero televisivo e non solo: quando e dove c’era possibilità di una legge favorevole a qualche business, Bettino lo avvertiva e lui ci si ficcava. La società andava a gonfie vele. Ormai era un’ onorata società, con succursali in tutto il mondo. Bettino era ricco e famoso. Potentissimo. Tranne che dal lato virile: nonostante si dicesse che avesse tre coglioni, come l’antico Bartolomeo Colleoni. In realtà, era pieno di coglioni, soprattutto nel suo éntourage. E nella direzione nazionale del partito. Ogni riunione veniva preceduta da una coloratissima e chiassosa parata, con gente sui trampoli, fanfàra, ragazze pon pon e ragazze pom pin. Una marea di mariuoli. Gli combinarono tanti e tali di quei casini che, alla fine, lui per non vedere le porcherie che combinavano i suoi decise di andarsene in esilio. Come l’Eroe dei due mondi. Erano molto simili: Garibaldi aveva fatto i mille, Bettino i mille miliardi. Garibaldi aveva creato l’unità, Bettino aveva distrutto l’Avanti. Garibaldi aveva accanto a sé Anita, l’eroina, Bettino aveva Anja, e tutt’intorno la cocaina, il marocchino, e tanta buona erba. Garibaldi aveva detto OBBEDISCO! Bettino diceva OBBEDITE! Garibaldi era amico di Mazzini, Bettino era amico di Boldi. Garibaldi era andato a Marsala, lui andava a Chivas e Champagne. Troppe analogie. Non aveva nulla a che spartire coi suoi! Infatti si prese tutto lui e se ne andò per la tangente. Ad Hammamet.
( Plico arrivato in busta anonima da casa Forlani. N.d.A.)