Vespa, per i suoi 4 spettatori, attacca chi intercetta e tace sui delitti degli intercettati.

Marco Travaglio

LA VESPA REGINA

L’altro giorno Palazzo Grazioli ha dovuto precipitosamente smentire la visita dell’Ape Regina, al secolo Sabina Began (che naturalmente ha confermato tutto). Nessuna smentita invece per la visita al premier di un altro insetto: Bruno Vespa, posatosi sul suo miele prediletto per raccoglierne il nettare in vista del suo prossimo libro-panettone natalizio, dal titolo Quale amore (ma che domande: quello!). Nell’attesa, bisogna accontentarsi di Porta a Porta, che lunedì è andato così bene da farsi scavalcare persino dal film horror di Italia1 Saw-L’enigmista. Orrore per orrore, la gente ha preferito qualcosa di nuovo.

Infatti il salottino vespiano pareva un pezzo di modernariato portaportese, dedicato sorprendentemente a un tema inedito: le intercettazioni. Non allo scandalo del loro contenuto, si capisce, ma a quello dei pm che le fanno, dei giornali che le pubblicano e soprattutto dei cittadini che le vengono a sapere. Persino i vescovi le hanno lette e

sono inorriditi. Ma Vespa, da buon insetto, ha sorvolato, dedicando all’anatema di Bagnasco tre nanosecondi sui titoli di coda, quando anche l’ultimo telespettatore era stramazzato al suolo. Per il resto, insulti al giudice Palamara (“Ma lei ci capisce o non ci capisce?”). Beatificazione di Vittorio Emanuele di Savoia (chiamato financo “principe”). Panzane a volontà sui “100 mila italiani intercettati ogni anno” (sono 6 mila). Alcune flatulenze di Gasparri il cui senso sfuggiva ai più. E molte congratulazioni alle leggi bavaglio Mastella & Alfano. Leggi, entrambe, a cura della signora Augusta Iannini, dal 2001 alto dirigente del ministero della Giustizia e incidentalmente moglie di Vespa.

Il bello della puntata è che galleggiava in un assoluto vuoto spazio-temporale: pareva registrata 10-15 anni fa e forse lo era. Per dare un tocco vintage al tutto, c’era persino Mastella, pallido ed emaciato, dipinto come un perseguitato politico, illegalmente intercettato e perquisito con tutta la sua famiglia, poi sempre prosciolto: il fatto che l’intera sua famiglia sia stata imputata (Clemente, la signora Sandra, il consuocero Carlo) o indagata (i figli Elio e Pellegrino) non risultava a nessuno dei presenti. Il che aumentava la sensazione di un programma registrato nella notte dei tempi.

Siccome ormai in tv è proibito discutere di giustizia, e dunque di B., senza la presenza di un suo impiegato, pontificava in studio Giorgio Mulè, direttore di Panorama. Anche lui, parlando dalla preistoria, ignorava i due processi in corso a Napoli contro Mastella per quattro concussioni, tre abusi, una truffa, una malversazione e un’appropriazione indebita. Infatti sosteneva che “le sue intercettazioni non hanno avuto riscontro giudiziario: è stato massacrato e assolto”. Evidentemente la puntata risaliva a quando Berta filava, Mastella non era ancora imputato e Mulè non dirigeva ancora Panorama. Già, perché nel 2007, con una fuga di notizie illecita, Panorama rivelò che Prodi era stato iscritto nel registro degli indagati a Catanzaro per Why Not; e nel 2008, con un’altra fuga di notizie illecita, Panorama pubblicò intercettazioni prive di rilevanza penale fra Prodi e alcuni imprenditori, racchiuse in un fascicolo senza indagati trasmesso dalla Procura di Trento a quella di Roma e poi archiviata. Un mese fa Panorama, diretto da Mulè, fece un’altra fuga di notizie illecita ai limiti del favoreggiamento, pubblicando la richiesta d’arresto per Tarantini e Lavitola (il quale, avvertito da Panorama e consultatosi col premier-editore-complice, scappò).

Tutte notizie segrete, ma vere, che era giusto pubblicare. Ma è altamente improbabile che chi dirige un giornale specializzato nelle fughe di notizie illecite denunci le fughe di notizie illecite dei giornali, auspicando pene esemplari per chi le fa. Dunque è sicuro: Porta a Porta era roba di repertorio. A meno di pensare che il Mulè soffra di sdoppiamento della personalità. O di autolesionismo acuto: non vorrà mica essere arrestato con le fonti del suo giornale?

Il Fatto Quotidiano, 28 settembre 2011

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