Le protesi peniene
Quando le altre strategie terapeutiche non sono praticabili si ricorre alle protesi. L’introduzione delle terapie orali con inibitori delle fosfodiesterasi ha limitato molto l’utilizzo di questa strategia chirurgica.
L’inserzione di una protesi è comunque utilizzata da più di 50 anni. Il primo impianto fu fatto utilizzando una sezione di cartilagine costale su di un uomo che aveva avuto il pene amputato. L’uso di materiali non sintetici comportava però un riassorbimento della sostanza usata e quindi furono messi a punto dei materiali sintetici inerti.
Due tipi di protesi si sono sviluppate in questi anni: le semirigide e le gonfiabili.
Le protesi semirigide, rispetto alle gonfiabili, sono dispositivi meno costosi, facili da impiantare e difficilmente vanno incontro a deterioramenti meccanici.
Tra queste ricordiamo la semplice protesi di Small – Carrion e quella di Subrini, costituita da due elastometri di silicone. Queste protesi danno una adeguata rigidità per la penetrazione, ma non possono essere facilmente mascherabili.
Le semirigide più correntemente utilizzate hanno un anima metallica centrale così che il pene può essere facilmente messo in qualsiasi posizione e per questo sono dette “malleabili”.
Nel 1973, per venire incontro alla crescente domanda di protesi più “fisiologiche” e quindi maggiormente accettabili da un punto di vista psicologico ed estetico, Scott introdusse la prima protesi peniena gonfiabile. La protesi di Scott è costituita da due cilindri per i corpi cavernosi, un serbatoio e una pompa.
Le caratteristiche positive di questa protesi erano bilanciate in negativo da una serie di complicanze quali la fuoriuscita di liquido dai cilindri, l’aneurisma degli stessi, le più facili infezioni.
Una seconda generazione di protesi gonfiabili è stata introdotta nel 1983. Apparentemente simili alle protesi di Scott ma prodotte con un materiale più resistente ed anelastico: il bioflex poliuretano . In questo modo gli aneurismi del cilindro e le rotture diventavano evenienze più rare.
In questi ultimi anni un’altra famiglia di protesi idrauliche (le bicomponenti) sono state utilizzate per conciliare la facilità dell’impianto, la riduzione dei costi e una migliore rigidità. In questa famiglia di protesi si hanno sempre i cilindri mentre la pompa e il serbatoio sono assemblati e possono essere posizionati nello scroto.
E’ molto importante informare i pazienti candidati a un impianto protesico su tutte le scelte, i problemi e le possibili complicanze delle diverse protesi in commercio.