Cellulari gratis per figli e mogli
e la maxi-bolletta la paga l’Ars
La sede dell’assemblea della Regione Sicilia
Sono 700 i telefonini distribuiti con credito illimitato ai 90 deputati regionali siciliani nel 2001. Nessuno di loro però li restituiti a fine mandato. Parenti e amici hanno continuato a utilizzarli. La magistratura indaga per peculato e truffa. Nel mirino una convenzione tra la Tim e l’Assemblea
di SALVO PALAZZOLO
A spese dell’Assemblea regionale siciliana hanno telefonato mogli, figli, parenti e collaboratori di moltissimi deputati. Anche qualche amante. Un esercito di 700 “portoghesi”, che dal 2001 al 2006 ha trovato il sistema per approfittare di una convenzione fra l’Ars e la Tim: la società telefonica forniva gratuitamente ai deputati i cellulari e le schede che poi venivano girate a collaboratori dei politici o ad altre persone. Per tutti ha pagato l’Assemblea regionale siciliana.
Eccolo, l’ultimo scandalo della casta, su cui adesso indaga la magistratura. È stato scoperto quasi per caso, durante un’inchiesta che riguardava tutt’altra storia: i carabinieri del nucleo Investigativo del Gruppo Monreale stavano rianalizzando, per conto della Procura, alcuni contatti telefonici di Massimo Ciancimino, così sono saltate fuori alcune schede intestate all’Ars, ma utilizzate non da deputati e neanche da loro familiari o parenti.
Adesso, il sostituto procuratore Gaetano Paci e il procuratore aggiunto Leonardo Agueci ipotizzano i reati di peculato e truffa. Nelle scorse settimane, in Procura, sono stati ascoltati alcuni dirigenti dell’Assemblea regionale: è emerso che nei saloni di Palazzo di Normanni lo scandalo telefonini era già scoppiato nel 2008. Ma non se n’è saputo mai nulla.
Ora, grazie all’indagine dei carabinieri e della Procura, sappiamo che tre anni fa la Tim inviò una lettera di fuoco ai vertici dell’Ars: la società telefonica chiedeva il pagamento di una bolletta di 300 mila euro per le chiamate fatte da quei 700 telefonini fra il 2007 e il 2008. Cos’era accaduto? Perché quella convenzione telefonica così vantaggiosa (per chi ne approfittava) si era bloccata?
I magistrati hanno scoperto che il velo di omertà è stato rotto da un dirigente dell’Ars, che nel 2008, appena arrivato al servizio Informatica, ha cominciato a porsi qualche domanda. E lì il giocattolo di tanti si è rotto. È bastato fare qualche controllo incrociato per scoprire che molti deputati eletti nel 2001 si erano accaparrati anche sette o dieci schede: dopo la scadenza del mandato, nessuno le aveva restituite.
Quella convenzione stipulata nel 2001, sotto la presidenza di Guido Lo Porto, era stata davvero un successo. “Quando sono arrivato, nel novembre 2006, ho trovato un notevole disordine contabile e amministrativo”, dice a Repubblica il dottore Gaetano Savona, direttore del servizio Informatica dell’Ars: “Qualche tempo dopo il mio insediamento mi sono ritrovato sulla scrivania un telegramma della Tim, che chiedeva all’Ars il pagamento di 300 mila euro. Dopo una lunga trattativa con la compagnia telefonica siamo riusciti a chiudere questa vertenza senza sborsare un solo euro di soldi pubblici. L’abbiamo detto chiaramente alla Procura della Repubblica”.
Ma fino al 2006, l’Ars ha pagato per i 700 portoghesi. Ed è probabile che presto la Procura della Repubblica trasmetterà gli atti anche alla Procura presso la Corte dei conti, per quantificare il danno erariale. “Adesso, le cose sono cambiate”, assicura Savona. “Grazie a tagli e contratti rivisitati risparmiamo fino a un milione di euro all’anno rispetto al passato”. Perché gli sprechi non erano solo quelli dei cellulari a familiari e parenti dei deputati. Mettendo ordine, nel 2008, all’Ars si sono accorti che pagavano il servizio “Blackberry” (le email sul telefonino) per 115 telefonini, ma 80 apparecchi erano sempre rimasti impacchettati.
La Procura ha disposto nuovi accertamenti, soprattutto per rintracciare tutti i 700 utilizzatori dei telefonini. Nel 2004, l’Ars aveva stabilito che i contratti dovessero essere intestati a qualcuno: è risultato che i familiari di alcuni deputati hanno fornito anche nomi o residenze fasulle.