Nell’informativa dei carabinieri
spunta il governatore lombardo:
“Il gruppo fece pressioni per lui
alla corte di appello di Milano”.
Per riferirsi a Berlusconi veniva
usato lo pseudonimo “Cesare”
MILANO (la Stampa)
Su mandato del presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, l’associazione che faceva riferimento a Flavio Carboni chiese esplicitamente al presidente della corte di appello di Milano Alfonso Marra di «porre in essere un intervento nell’ambito della nota vicenda dell’esclusione della lista riconducibile al governatore dalle elezioni regionali 2010». È quanto emerge da un’informativa del 18 giugno scorso dei carabinieri del nucleo investigativo di via In Selci di Roma stilata nell’ambito dell’inchiesta sulla cosiddetta P3.
Parlando dell’attività svolta dall’associazione, i militari dell’Arma – è detto nella informativa – definiscono emblematica la «vicenda che ha visto protagonista il neo presidente della corte di appello di Milano». «Non appena Marra – proseguono i carabinieri – ha ottenuto, dopo un’intensa attività di pressione esercitata dal gruppo (ed in particolare da Pasquale Lombardi) sui membri del Csm, l’ambita carica, i componenti dell’associazione gli chiedono esplicitamente, peraltro dietro mandato del presidente Formigoni, di porre in essere un intervento nell’ambito della nota vicenda dell’esclusione della lista “Per la Lombardia”». Al riguardo, i carabinieri citano una telefonata del primo marzo 2010 di Formigoni all’imprenditore campano Arcangelo Martino nella quale chiede: «Ma l’amico, l’amico, l’amico Lombardo, Lombardo lì, Lombardi è in grado di agire».
In una nota Cesare delle informative dei carabinieri della Capitale si parla anche di Berlusconi. «Lo pseudonimo utilizzato dai soggetti per riferirsi al Presidente del Consiglio – riferisce l’Arma – era “Cesare”». Nel documento in nomignolo di “Cesare” è usato più volte dagli indagati. Potrebbe essere una millanteria, un modo per accreditarsi. Gli inquirenti, sul punto, mantengono il più stretto riserbo. Comunque tra le telefonate intercettate ce n’è una del 2 ottobre 2009 in cui il giudice tributarista finito in carcere, Pasquale Lombardi, dice a Nicola Cosentino «che la settimana prossima – scrivono gli investigatori – dovrebbe incontrare tale “Cesare” che lo stesso sarebbe rimasto contento per quello che loro stanno tacendo per la questione Lodo Alfano per il 6 ottobre». Il contenuto della telefonata intercettata dagli uomini dell’Arma, nella quale è Lombardi a riferire a Cosentino della soddisfazione di ’Cesarè (e non viceversa), fa riferimento all’attività esercitata dal gruppo del quale fa parte, secondo l’accusa, l’uomo d’affari Flavio Carboni, per condizionare i giudici della Consulta sul provvedimento del Guardasigilli, poi bocciato dalla stessa Corte Costituzionale nell’ottobre scorso. Nel corso della telefonata Lombardi dice a Cosentino: «Lui è rimasto contento per quello che gli stiamo facendo per il 6, allora giustamente che diceva Arcangelo lui ci deve dare qualche cosa e ci deve dare te e non adda scassà o cazz». Nell’informativa i carabinieri scrivono che «appare evidente che con queste parole il Lombardi vorrebbe far intendere al Cosentino che la sua candidatura a presidente della Regione Campania è stata da loro richiesta nel corso della riunione quale contropartita per l’operazione Lodo Alfano».