Imprevedibile?!
Ma se tutti ne parlano da UN MESE!!! ASINI E DELINQUENTI! E il “premier”, socio di Bertoladro, che dice?
Ma se tutti ne parlano da UN MESE!!! ASINI E DELINQUENTI! E il “premier”, socio di Bertoladro, che dice?
«Prima che ci scappi il morto, mandiamo a casa questo governo». Lo scrive sul suo blog il presidente dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, riferendosi alla votazione sulla richiesta di arresto di Marco Milanese, ex braccio destro di Giulio Tremonti.
«Al di là di tutte queste anomalie sul piano del diritto processuale penale, interessa qui far rilevare la grande responsabilità politica di un governo che non ha più nulla da dire o da dare e che – scrive Di Pietro – chiuso nel suo bunker, pensa di poter ancora governare il Paese mentre nel Paese sta sbocciando la rivolta sociale».
Orrore in Sicilia: un pensionato di 82 anni è morto in seguito alle numerose coltellate che gli ha inferto un pregiudicato di 36 anni che lo ha mutilato ed evirato.
http://palermo.repubblica.it/cronaca/2011/01/29/news/ottantenne_importuna_la_badante_e_viene_massacrato_a_coltellate-11797856/?ref=HREC1-8
TENGO CINE-FAMIGLIA! – IL Ministero DI BONDI SCUCE 3,5 milioni alle opere prime e seconde – A CHI è FINITO Il contributo più sostanzioso, 450MILA €? a Mariantonia Avati, figlia di Pupi – E qui sorge un primo interrogativo, perché la Avati ha già diretto due lungometraggi (nel 2003 e nel 2006) e quindi questa è la sua opera terza. Tanto più che la Avati aveva già, legittimamente, ricevuto un contributo ministeriale per la sua reale opera seconda…
Franco Grattarola e Giuseppe Pollicelli per Libero
L’articolo 28 della legge n. 1213 del 1965, in vigore fino al 1994, convogliava i finanziamenti statali all’industria cinematografica. Soldi spesso concessi senza controlli preventivi né verifiche finali. Dopo una lunga fase di disinteresse, la magistratura cominciò a indagare sulla cinematografia assistita negli anni convulsi di Tangentopoli: le inchieste giudiziarie e giornalistiche scoperchiarono un vaso di Pandora che conteneva di tutto, dall’ex giovane promessa che sbarcava il lunario incassando soldi per film esistenti solo sulla carta allo sconosciuto filmaker che aveva prodotto e diretto una sequela di titoli mai approdati nelle sale.
In seguito la legge n. 1213 è stata abolita e il meccanismo dei finanziamenti statali ha subito modifiche sostanziali. La normativa attuale prevede che lo Stato finanzi pellicole di interesse culturale nazionale e che una parte dei fondi sia destinata alle “opere prime e seconde”. Ferme restando le promesse del ministro Sandro Bondi di aumentare i finanziamenti destinati al cinema, le commissioni ministeriali seguitano a erogare migliaia di euro ai film in possesso dei requisiti richiesti dalla legge.
Grazie a una delibera del 16 settembre 2010 sono stati distribuiti 5,7 milioni di euro a film riconosciuti di “interesse culturale con contributo”. Nell’elenco delle produzioni beneficiate troviamo opere che saranno dirette da mostri sacri come Ermanno Olmi (un milione di euro per Il villaggio di cartone) e Giuliano Montaldo (900.000 euro per L’industriale), da registi di buona notorietà come Mimmo Calopresti (600.000 euro per Uno per tutti) e Maurizio Ponzi (600.000 euro per Ci vediamo a casa) e da una pletora di cineasti meno famosi i quali si aggiudicano somme che vanno dai 200.000 ai 600.000 euro. Con simili cifre difficilmente si produce un lungometraggio ma i contributi sono comunque utili a supportare film d’autore dai costi contenuti.
Diverso è il discorso per le cosiddette opere prime e seconde. In questo caso le somme erogate vanno da un massimo di 450.000 a un minimo di 200.000 euro, che sarebbero state forse sufficienti, a suo tempo, per realizzare un film di serie B o di genere.
Ai nostri giorni, invece, si tratta più che altro di laute mance che lo Stato generosamente concede a produzioni non sempre bisognose. Illuminante, a tal proposito, è la delibera del 12 ottobre scorso, con cui (come si ricava dalle informazioni pubblicate sul sito del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, si veda la tabella a corredo del presente articolo) sono stati elargiti 3,5 milioni di euro alle opere prime e seconde.
Il contributo più sostanzioso, 450.000 euro, è andato a Mariantonia Avati, figlia di Pupi, per Una lunga scia di stelle (produce la Duea Film, società che fa capo al padre e allo zio Antonio). E qui sorge un primo interrogativo, perché la Avati ha già diretto due lungometraggi (Anime nel 2003 e Per non dimenticarti nel 2006) e quindi questa è a tutti gli effetti la sua opera terza. Tanto più che la Avati aveva già, legittimamente, ricevuto un contributo ministeriale per la sua reale opera seconda (Per non dimenticarti).
Nell’elenco troviamo un altro figlio d’arte, Toni D’Angelo, primogenito del celebre cantante Nino, che si aggiudica 350.000 euro per Clara. D’Angelo in precedenza aveva diretto un lungometraggio (Una notte, 2008) e un cortometraggio (Poeti, 2009), quindi, non volendo considerare quest’ultimo, il film finanziato dovrebbe effettivamente essere la sua opera seconda.
Paolo Virzi
DAI FIGLI D’ARTE AI FRATELLI D’ARTE – A Carlo Virzì, fratello di Paolo e autore in proprio di un unico film (L’estate del mio primo bacio, 2005), la commissione ha concesso 400.000 euro per I più grandi di tutti, prodotto dalla Motorino Amaranto (la società del fratello) e dalla Indiana Production Company.
Pino Insegno
Altra parentela, altro finanziamento: Claudio Insegno, fratello del comico Pino, incassa 350.000 euro per Treddimovie in 3D, la sua opera seconda. La società che ha richiesto il contributo pubblico per il film di questo ennesimo “parente d’arte” è la Due P.T. Cinematografica. Una casa di produzione, a quanto sembra, tenuta in gran considerazione dalle commissioni ministeriali: su quattro film prodotti, ben tre hanno beneficiato del contributo pubblico.
Alla luce di questi dati, sarebbe interessante conoscere in maniera più approfondita i reali criteri con cui le commissioni ministeriali giudicano meritevole di sostegno un’opera cinematografica.
°°° Soldi non ce ne sono, ma per un amante di costanzo e per i leccaculi del pdl e del vaticano… si trovano semopre. E il cinema muore. E la cultura schiatta…
Nel nostro caso i gravi rischi obiettivamente esistono e sono di natura economica e soprattutto finanziaria. Scadrà a partire dall’autunno una massa di titoli pubblici dell’ordine di cento e più miliardi di euro che imporranno al Tesoro una gestione tecnica particolarmente oculata e richiederanno al tempo stesso una guida politica che abbia una sua visione degli interessi generali e della coesione sociale.
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Passare attraverso una campagna elettorale estremamente accesa e dall’esito incertissimo che dovrebbe svolgersi proprio nell’arco di tempo in cui il Tesoro si troverà al centro di mercati ribollenti e fortemente speculativi significa alzare le vele in mezzo ad un tifone che potrebbe diventare uno «tsunami» catastrofico. Il presidente Napolitano credo sia perfettamente consapevole della pericolosità che la strategia d’attacco di Berlusconi ha messo in moto. Sarà perciò suo diritto-dovere esplorare tutte le soluzioni che evitino un’imprudenza di massimo rischio.
In conclusione, nei prossimi mesi (se non addirittura nei prossimi giorni) si possono verificare tre diversi scenari. 1. Il governo cerca di governare affrontando un lento ma costante logoramento, senza avere né la bussola né più la forza di attuare una politica capace di preparare le condizioni d’un rilancio economico e sociale, e continuando invece a privilegiare gli interessi del padrone e dei suoi accoliti. 2. Per uscire dall’«impasse» Berlusconi tenta l’avventura delle elezioni anticipate. Se riesce nel suo intento il rischio è uno «tsunami» del debito pubblico con i titoli italiani al centro della speculazione mondiale. 3. L’avventurosa iniziativa elettorale viene bloccata e si dà luogo ad un governo d’emergenza con caratteristiche accentuatamente istituzionali che ricordino il governo Ciampi nominato dal presidente Scalfaro nel 1992.
http://www.repubblica.it/politica/2010/08/01/news/avventura_cavaliere-scalfari-5994553/?ref=HREA-1
Dopo l’ennesima tragedia dell’era burlesquoni: i morti di Viareggio, il regimetto ricorre ai soliti bluff. E’ lapalissiano che sia nei morti di Onna e l’Aquila che in quelli dimenticati di Nassirya, che in questi di Viareggio, ci sia lo zampino… lo ZAMPONE direi, di
L’Aquila riapre il suo centro storico (La Stampa)
I vigili del fuoco accompagnano
i cittadini fino a piazza Duomo.
Questa sera la città verrà richiusa
L’AQUILA
A due mesi e mezzo dal terremoto, oggi per la prima volta, e solo per poche ore e un breve tratto, è aperto il centro storico dell’Aquila, nel corridoio dalla villa comunale a Piazza Duono. I cittadini, a gruppi di 50 ciascuno, vengono accompagnati dai vigili del fuoco fino alla piazza principale lungo il rettilineo di Corso Vittorio Emanuele. La riapertura – dalle 11 alle 22 – è avvenuta alla presenza del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta.
Al suo arrivo, attorno al varco d’ingresso, vi erano circa duecento persone: alcune hanno applaudito, altre fischiato e si è sentito anche qualche imprecazione nei confronti della classe politica. Durante il tragitto Letta ha dichiarato: «Si tratta di una giornata importante. L’Aquila deve tornare a volare. Quello odierno è un segnale di rinascita per ridare fiducia e speranza».
Il prossimo obiettivo della Protezione civile è quello di riaprire una parte di via XX Settembre, in particolare quella che va dalla Casa dello Studente alla tendopoli di piazza d’Armi, mentre per il tratto di strada che va verso il centro storico, dove le lesioni sono maggiori, serviranno altri interventi di messa in sicurezza.
°°° Praticamente: la solita presa per culo di burlesquoni (che però si è guardato bene dal presentarsi). Guardate come siamo bravi, votate per noi. Poi… BLUFF! Tutto finito. Ma che senso ha questa patetica buffonata propagandistica? Che minchia hanno “inaugurato”? IL NULLA! Poi subito si richiude e tutto torna nel silenzio totale dei media. In un paese civile e normale, senza la mafia al potere, TUTTI I TG dedicherebbero almeno dieci minuti al giorno per seguire i cittadini delle tendopoli e l’andamento dei lavori. Qui no. Qui si dedicano i telegiornali alle cazzate del papa e alle minchiate volgari di Papi. Dei cittadiini e della loro tragedia non frega un cazzo al potere mafioso di palazzo Chigi.
IL CAVALIERE E IL SUO FANTASMA
di EZIO MAURO
Dunque siamo giunti al punto in cui il Presidente del Consiglio denuncia pubblicamente un vero e proprio progetto eversivo per farlo cadere e sostituirlo con “un non eletto dal popolo”. Un golpe, insomma, nel cuore dell’Europa democratica, come epilogo dell’avventura berlusconiana, dopo un quindicennio di tensioni continue introdotte a forza nel discorso pubblico italiano: per tenere questo sventurato Paese nella temperatura emotiva più adatta al populismo che può dominare le istituzioni solo sfidandole, fino a evocare il martirio politico.
È proprio questa l’immagine drammatica dell’Italia che l’uomo più ricco e più potente del Paese porta oggi con sé in America, all’incontro con Obama.
Solo Berlusconi sa perché dice queste cose, perché solo lui conosce la verità, che non può rivelare in pubblico, della sciagura che lo incalza. Noi osserviamo il dramma di un leader prigioniero di un clima di sconfitta anche quando vince perché da quindici anni non riesce a trasformarsi in uomo di Stato nemmeno dopo aver conquistato per tre volte il favore del Paese.
Quest’uomo ha con sé il consenso, i voti, i numeri, i fedeli. Ma non ha pace, la sicurezza della leadership, la tranquillità che trasforma il potere in responsabilità. Lo insegue l’altra metà di se stesso, da cui tenta di fuggire, sentendosi ghermito dal fondo oscuro della sua stessa storia. E’ una tragedia del potere teatrale e eccessiva, perché tutto è titanico in una vicenda in cui i destini personali vengono portati a coincidere col destino dell’Italia. Una tragedia di cui Berlusconi, come se lo leggesse in Shakespeare, sembra conoscere l’esito, sino al punto da evocare la sua fine davanti al Paese.
In realtà, come è evidente ad ogni italiano di buon senso, non c’è e non ci sarà nessun golpe. C’è invece un rapido disfacimento di una leadership che non ha saputo diventare cultura politica ma si è chiusa nella contemplazione del suo dominio, credendo di sostituire lo Stato con un uomo, il governo con il comando, la politica con il potere assoluto e carismatico.
Oggi quel potere sente il limite della sua autosufficienza. Ciò che angoscia Berlusconi è il nuovo scetticismo istituzionale che avverte intorno a sé, il distacco internazionale, il disorientamento delle élite europee, le critiche della stampa occidentale, la freddezza delle cancellerie (esclusi Putin e Gheddafi), lo sbigottimento del suo stesso campo: dove la regolarità istituzionale di Fini risalta ogni giorno di più per contrasto.
Il Cavaliere sente di aver perso il tocco, che aveva quando trasformava ogni atto in evento, mentre lo spettacolo tragicomico dei tre giorni italo-libici dimostra al contrario che le leggi della politica non sono quelle di uno show sgangherato.
Soprattutto, Berlusconi capisce che la fiaba interrotta di un’avventura sempre vittoriosa e incontaminata si è spezzata, semplicemente perché gli italiani improvvisamente lo vedono invece di guardarlo soltanto, lo giudicano e non lo ascoltano solamente. E’ in atto un disvelamento. Questa è la crepa che il voto ha aperto dentro la sua vittoria, e che è abitata oggi da queste precise inquietudini.
Il Cavaliere ha infatti ragione quando indica i quattro pilastri che perimetrano il campo della sua recente disgrazia: le veline, le minorenni, lo scandalo Mills e gli aerei di Stato. Giuseppe D’Avanzo, che su questi temi indaga da tempo con risultati che Berlusconi conosce benissimo, spiega oggi perché siano tutt’altro che calunnie come dice il premier. Sono quattro casi che il Cavaliere si è costruito con le sue mani, che lo perseguitano perché non può spiegarli, che lui evoca ormai quotidianamente mentre tenta di fuggirli, e che formano insieme uno scandalo pubblico, tutt’altro che privato: perché dimostrano, l’uno insieme con l’altro, l’abuso di potere come l’opinione pubblica comprende ogni giorno di più.
E’ proprio questo il sentimento del pericolo che domina oggi Berlusconi. Incapace di parlare davvero al Paese, di confrontarsi con chi gli pone domande, di assumersi la responsabilità dei suoi comportamenti, reagisce alzando la posta per trascinare tutto – le istituzioni, lo Stato – dentro la sua personale tragedia: di cui lui solo (insieme con la moglie che di questo lo ha avvertito, pochi giorni fa) conosce il fondo e la portata. Reagisce minacciando: l’imprenditore campione del mercato invita addirittura gli industriali italiani a non fare pubblicità sui giornali “disfattisti”, quelli che cioè lo criticano, perché la sua sorte coincide col Paese. Poi si corregge dicendo che voleva invitare a non dar spazio a Franceschini, come se non gli bastasse il controllo di sei canali televisivi ma avesse bisogno di un vero e proprio editto. E’ qualcosa che non si è mai visto nel mondo occidentale, anche se la stampa italiana prigioniera del nuovo conformismo preferisce parlar d’altro, come se non fosse in gioco la libertà del discorso pubblico, che forma l’opinione di ogni democrazia.
In realtà Berlusconi minaccia soprattutto se stesso, rivelando questa sua instabilità, questa paura. Se sarà coerente con le sue parole, c’è da temere il peggio. Cosa viene infatti dopo la denuncia del golpe? Quale sarà il prossimo passo? E se c’è una minaccia eversiva, allora tutto è lecito: dunque come userà i servizi e gli altri apparati il Cavaliere, contro i presunti “eversori”? Come li sta già usando? Chi controlla e chi garantisce in tempi che il premier trasforma in emergenza?
Attendiamo risposte. Per quanto ci riguarda, continueremo a comportarci come se fossimo in un Paese normale, dove la dialettica e anche lo scontro tra la libera stampa e il potere legittimo del Paese fanno parte del gioco democratico. Poi, ognuno giudicherà dove saprà fermarsi e dove potrà arrivare questo uso privato e già violento del potere statale da parte di un uomo che sappiamo pronto a tutto, anche a trasformare la crisi della sua leadership in una tragedia del Paese.
°°° Questo pezzo di merda è finito. Si è suicidato con la sua stessa merda. Speriamo di avere un governo serio almeno a Ottobre.
Gnazzio La Russa torna a casa stanco e ancora più spiritato del solito. Posa la sacca coi bastoni da golf su una poltrona del salone e si accascia sul divano. La moglie, vedendolo così stravolto, arriva con un bicchierone d’acqua e zucchero:
– Tutto bene, mostro?
– Macché, stai zitta… arrivati alla buca numero otto, Giangiorgio fa un tiro potentissimo e subito dopo crolla a terra… infarto… stecchito.
– Oh, mio Dio! – fa la moglie, portandosi le mani alle tempie. – Che tragedia!
– Eh, sì. Proprio una tragggedia è. Giangiorgio, il mio più caro amico, il mio compagnetto delle elementari che mi è stato sempre fedele… Ma non è finita: tragggedia nella tragggedia… dalla buca otto alla diciottesima buca… e tira la pallina e trascina Giangiorgio, e sistema la pallina, tira la pallina e trascina Giangiorgio… tutto così fino a poco fa!