Buongiorno a tutti!

Mi sono preso un chiletto di cozze e due etti di “mangiatutto” da friggere. Ho preso anche un sacchetto piccolo di cheaps già pronte. Oggi nun me va da ffa’n cazzo. Finita la “festa dell’arte”, di cui hanno parlato tutti… gli organizzatori, sabato e domenica avrà luogo la “sagra dei culurgionis”. Un altro evento che nessuno ci invidia e che richiamerà a malapena le solite venti persone – rigorosamente sadalesi – che hanno tempo da perdere. I culurgionis sono una delle tante miniere d’oro abbandonate a se stesse. Si tratta di un piatto particolarissimo, legato a questo villaggio dalla notte dei tempi. In pratica, sono dei ravioli a forma di goccia e con una chiusura bellissima e originalissima “a spiga”: si chiudono rigorosamente a mano, uno per uno. Sfoglia di farina sarda e semola di grano duro, acqua e sale; il ripieno, e qui stà il bello, è composto da patate di montagna lessate e schiacciate, un formaggio particolare che nasce apposta per i culurgiones e menta. Molti li mangiano lessati e basta, altri con sugo di pomodoro, altri ancora con un filo d’olio. Bene. In qualunque altra parte del mondo, le donne avrebbero fatto due – cinque – dieci cooperative e avrebbero venduto questa delizia ovunque, dando lavoro anche ai tanti figli e generi disoccupati o fannulloni: che avrebbero provveduto alla distribuzione… qui no. Qui le donne si fanno un mazzo così per due settimane, preparano il prodotto per la sagra, e poi lo mangiano loro. Ne fanno talmente tanti, non li vendono, e  quindi. Quando mi sono azzardato a proporre una cosa tanto elementare e scontata a qualche conoscente o a qualche donna incontrata agli alimentari: ma perché non fate una cooperativa? Ci sono anche un sacco di contributi pubblici, europei e regionali, fate un’azienda. Mi hanno guardato con compassione; con gli stessi occhi vissuti dei loro uomini, quando parlo di come creare il turismo e vivere tutti agiatamente facendo semplicemente MEGLIO le cose che fanno abitualmente. Basta. Arrangiatevi!

Intervallo: CAPOLAVORI  SARDI

capolavori sardi

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Ma che geni!

Amici, ho appena fatto una scarpinatina di un km, appena fuori casa. Esco dal cancello, vado a sinistra e dopo un paio di cascatelle salgo una piccola erta, che poi degrada fino ad arrivare a Fundu Sei. Saranno seicento metri ad andare e altrettanti per tornare. Laggiù c’è un bel torrente ricco, tra i pioppi e gli olmi giganteschi: ottimi per l’ombra e il fresco, d’estate. C’è anche un ponticello di legno, una fontana e due panchine. Ci andavo a prendere le more, con le quali Lena fa delle ottime marmellate a crudo. Ottime sulle crostate. Una bella passeggiata di salute, circondato dal canto degli uccellini, il volo silenzioso degli astori e dei falchetti, i rumori delle vecchie che preparano gli orti e zappano come un tempo e il rumore scrosciante dell’acqua. Bellissima la vista: moltissimo verde, lecci e ginepri, alloro e vegetazione nana, ma ci sono anche gli schiaffi dei fiori bianchi dei ciliegi. Qui ce ne sono di secolari, alti almeno otto/dieci metri. Andavo a prendere le more, dicevo… finito. Questi geni hanno spianato tutti i rovi. In Francia ci sono ricche cooperative che fanno le marmellate e ce le vendono. A noi! Qui piangono, aspettano elemosine dalla regione o dal comune e… spianano. La primavera scorsa hanno estirpato una radura piena di fragoline di bosco che non davano fastidio a nessuno, ora i rovi… Dei veri geni qui al Comune. Ma non sono i soli! Quando andiamo a trovare gli amici a Barisardo, a bordo strada, da Gairo in giù fino al mare, vediamo tonnellate e tonnellate di fichi d’India saporitissimi che marciscono al suolo. Gli spagnoli e i siciliani li raccolgono e ce li vendono. A noi. E poi c’è la crisi…

cessu

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