Buonanotte a tutti!

MIA MOGLIE NON CI CREDE E SI E’ INCAZZATA QUANDO LE HO DETTO: ” Sì, vado sei giorni alle Maldive con la segretaria per Natale, la porto con me così le detto le cartoline da spedire agli amici. Una la mando anche a te, naturalmente…”

LA  MIA  SEGRETARIE  ALLE MALDIVE

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Si mette male…

Il RAPPORTO
Allarme migrazioni di massa
In fuga dal clima impazzito
I mutamenti climatici stanno già causando spostamenti significativi della popolazione. E nei prossimi decenni metteranno a rischio intere comunità con ripercussioni globali

di ALESSIA MANFREDI

UNA MAREA umana in fuga da siccità, inondazioni, mari che si innalzano fino a mangiare la terra, e da altri fenomeni figli dei mutamenti del clima. Migrazioni di massa, alla ricerca di una vita migliore o, più semplicemente, di un modo per rimanere vivi, che si verificheranno su larghissima scala nei prossimi decenni, coinvolgendo decine di milioni di persone: qualcosa di mai visto prima, per ampiezza ed estensione. E’ lo scenario tratteggiato da un nuovo rapporto presentato oggi a Bonn a margine dei negoziati per un nuovo accordo contro il riscaldamento globale, curato dal Center for International Earth Science Information Network della Columbia University, di New York, dalla United Nations University e da Care International. Che non azzarda cifre precise – anche se altri studi hanno indicato fra i 25 ed i 50 milioni di potenziali sfollati e profughi entro il 2010 e 700 milioni entro il 2050, mentre l’Organizzazione internazionale dei migranti si tiene su una cifra mediana, di 250 milioni nel 2050 – ma sottolinea quanto il clima giochi e giocherà sempre di più un ruolo chiave in questo fenomeno, a fianco di altri elementi come l’instabilità politica ed economica, e la distruzione da parte dell’uomo di specifici ecosistemi oltre allo sfruttamento eccessivo dei terreni per l’agricoltura.

Pensare che riguardi solo i paesi più poveri è un’illusione: le ripercussioni, scrivono i ricercatori nel rapporto “In search of shelter, mapping the effects of climate change on human migration and displacement”, si faranno sentire per tutti, su scala globale. Perché “il clima è il contenitore nel quale ognuno di noi vive quotidianamente la propria vita”, ricorda Alexander de Sherbinin, coautore dello studio.

Cause – ed effetti – dei “profughi del clima” sono a tutto campo. E vanno dalla distruzione delle economie basate su ecosistemi di sussistenza specifici come la pastorizia, agricoltura e pesca, fattore dominante nelle migrazioni forzate, all’aumento per frequenza ed intensità di calamità naturali come cicloni, inondazioni e siccità, dovuti al cambiamento del clima. Le piogge in Messico ed America Centrale, ad esempio, nel 2080 caleranno dell’80 per cento. A causa di queste modifiche ambientali, gli allevatori, in alcune parti del Messico così come nel Sahel africano, stanno già oggi lasciando le loro case per spostarsi in zone più accoglienti.

Il livello dei mari, poi, è una minaccia per moltissimi Paesi e città, da Mumbai a Los Angeles, da Rio de Janeiro a New York. L’arrivo di acque salate, insieme ad inondazioni ed erosioni, rischia di distruggere l’agricoltura nei popolati delta del Mekong, del Nilo o del Gange. Con danni inimmaginabili: un innalzamento del livello del mare di due metri – ampiamente previsto in diverse proiezioni per questo secolo – inonderebbe quasi la metà dei 3 milioni di ettari di terreni coltivati del Mekong. E isole del Pacifico stanno già considerando un esodo di massa della popolazione: è il caso ormai famoso delle Maldive.

Non solo: lo scioglimento dei ghiacciai alpini nell’Himalaya porterà la devastazione in diverse terre coltivate in Asia, aumentando le inondazioni e riducendo drasticamente le riserve di acqua a lungo termine. Un dato drammatico se si pensa che i bacini del Gange, del Brahmaputra, dell’Irawaddy, dello Yangtzee e del Fiume Giallo danno sostentamento a 1,4 miliardi di persone.

La maggior parte dei migranti, probabilmente rimarrà all’interno dei confini del proprio stato, rileva il rapporto, o si trasferirà nei Paesi confinanti, ma questo non sarà possibile in tutti i casi. Se i conflitti interni si esaspereranno, le conseguenze arriveranno lontano, fino ad interessare anche i Paesi più ricchi. Uno scenario sorprendente e molto serio, avverte Charles Ehrhart, coordinatore dei mutamenti climatici per l’organizzazione internazionale CARE, in cui le società colpite maggiormente dai cambiamenti ambientali potrebbero trovarsi invischiate “in una spirale negativa di degrado ecologico, che le trascina in basso, dove non esistono più reti di sicurezza sociali, mentre violenza e tensioni aumentano”.

Per questo, raccomandano i ricercatori, è vitale che i Paesi raggiungano un accordo per il taglio delle emissioni di gas serra all’incontro sul clima delle Nazioni Unite che si terrà a dicembre. Anche se il processo negativo è già innescato e le conseguenze rischiano di essere inevitabili. “I cambiamenti del clima stanno avvenendo con velocità ed intensità maggiori rispetto alle previsioni precedenti” si legge nelle conclusioni del rapporto. “I livelli di sicurezza per i gas serra atmosferici potrebbero essere molto inferiori rispetto a quanto non si pensasse prima e allo stesso tempo le emissioni di CO2 aumentano ad un tasso sempre più elevato”. Con ripercussioni senza precedenti per la popolazione: “Le migrazioni vanno riconosciute come un elemento importante dell’adattamento” ai mutamenti climatici, sottolinea ancora Ehrhart.

Prioritari, quindi, raccomandano gli esperti, sono gli investimenti per i Paesi più a rischio, ed un approccio della comunità internazionale pratico, con accorgimenti come lo sviluppo di tecniche di irrigazione che sfruttino una minore quantità di acqua, e la preparazione di sistemi specifici per affrontare meglio i disastri naturali. I Paesi devono inoltre trovare un accordo su come trovare una sistemazione per le popolazioni che abitano pianure a rischio. E occorre migliorare il sistema delle rimesse degli emigrati per i familiari che rimangono nelle regioni più vulnerabili.

°°° Tutto questo cataclisma epocale arriva proprio mentre, per stupidi e volgari FINI ELETTORALISTICI, quell’idiota del mafionano si scaglia contro gli immigrati di Milano. “Milano sembra Africa”… Se volete cercare la statura di questo “statista”, amici, dovrete scendere nelle fogne più sotterranee.

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MA CHE MINCHIA DI MONDO E’?

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°°° Ma dove cazzo sono capitato?

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Spartaco, sei tu?

E chi cazzo vuoi che sia, vecchio rincoglionito! E’ lui il protagonista del film! Va bene che i sacerdoti dei polpettoni storici erano sempre vecchi e mezzo rincoglioniti. Nulla a che vedere coi grandi sacerdoti di oggi, vaticano e cei in primis. però… se il film si intitola Spartaco e vedi un omaccione pieno di denti e di steroidi che ti solleva come un fuscello, non è mica Brunetta, non è certo Gasparri, o no? Come minimo è Spartaco. Oppure, oltre essere rincoglionito, non hai letto nemmeno il copione? E sì che a quei tempi i copioni si scrivevano. Magari male, magari di sei paginette, ma cazzo! Roma ci campava con quelle minchionate! Ho ancora una foto di quando mi imbucai a Cinecittà per fare la comparsa. Peccato che proprio in quella foto, ci siano due ragazze, nel gruppo, che mi dimostrarono grande generosità in capo a una settimana, ma non io. La foto dove c’ero io se l’era ciulata una di loro. Ero sfigato, col cinema-polpettone storico, dico: andavano di moda gli Steve Reeves e tutti gli Schwarzenegger dell’epoca: ragazzoni che recitavano, si fa per dire, a livello di “Io Tarzan, tu Jane” (tutto copiato da noi sardi: i milanesi copiavano i nuraghi per fare i panettoni e “Jane” è evidentemente un clamoroso plagio delle nostre JANAS!). Tutti giovanotti alti (autentici giganti per i sardi. Io ero lungo e magro, mi chiamavano “Schidoni”… non c’era possibilità di fare s’attori. Al massimo avrei potuto fare il plebeo. Erano tutti alti e massicci. Autentici armadi. Anche per me che ero già un metro e ottanta sul livello del mare…) e… CON TUTTI I DENTI!!! Da noi era una cosa rarissima: al primo “daboredd’è casciali, subito alla mutua a fare l’estrazione. Credo di essere stato uno dei pochi ad aver conservato tutti i miei denti fino ai 18 anni. Comunque, ero scappato a Roma solo per fare l’attore. Al cinema di Oristano, dove non mi perdevo una “prima” (che poi erano sempre sette o dieci: dato che le pellicole arrivavano qui usurate, sfinite, e ballavano o si spezzavano di netto già dai titoli di testa, e noi che manco avevamo pagato il biglietto…c’era una vecchia maschera che impiegava due minuti a controllare l’unico nostro biglietto, e nel frattempo sgattaiolavamo alla marines almeno in dodici.), nei film “romani”, nei gialli, e nei film western, per noi, c’erano sempre “s’attori” (il protagonista) e “su traittori” (l’antagonista). Noi eravamo sempre tutti dalla parte de s’attori. E battevamo forte i piedi sull’assito e strillavamo “SU DINAI! SU DINAI!” ogni volta che si spezzava la pellicola. Anche se non avevamo pagato. Era un casino per la cassiera, forse una zia di Tremonti: non le tornavano mai i conti. Dicevo, ero a Roma ed ero ricco. Dopo la scuola alberghiera ad Assisi e dopo una stagione colà al Ristorante POSTA (dove lavoravo come un negro, studiavo nel tempo libero, e tenevo alto il vessillo sardo con molte ragazzine e mamme di ragazzine, almeno un paio…) ero finito a Roma per fare l’attore. L’unico modo per mantenersi, allora, senza rubare o entrare in politica, era appunto FARE IL CAMERIERE: vitto, alloggio, stipendietto e mance. Una pacchia. E un giorno di riposo settimanale. Per coltivare un hobby, andare alle Maldive, spianare il Vietnam o trombarsi Jane Maynsfield. Io, dopo i consigli di vecchie volpi del settore, evitai con cura i ristoranti di lusso e mi infiltrai in una trattoria fuori porta che faceva sei matrimoni a settimana. Un mese di sala e, grazie ad altri consigli, mi autodeclassai alla cucina. Lavavo i piatti. Un re! Mangiavo solo cose buone, mi grattavo il culo a piacimento, fumavo a volontà e, quando sparecchiavo, mi facevo più soldi del titolare. Come? Un vecchio marpione che mi aveva preso a benvolere più dei suoi piedi piatti, mi svelò l’arcano:”Qui venghino la povera ggente. – mi spiegò – Nun je pare vero da magnà ar ristorante. Quanno te chiedono un pezzo de carta pe’ ‘ncarta’ l’avanzi per cane, te je venni un ber pezzo de carta oleata. 100 lire, dugento… a siconno…”
Vista e presa. Mi ero comprato duemila lire di fogli di carta oleata (dove er bujaccaro (il macellaio) incartava le fettine o il bottegaio la mortadella) e la rivendevo a centomila. A ogni panzone imbriaco, a ogni carampana coi porri sul viso, il menu sul davanzale, e il rossetto sfatto che mi chiamava: “A regazzi’! Che c’hai mica ‘n pezzo de carta pe ‘sta robba da porta’ ar cane?”… io facevo il problematico, tentennavo, finché l’offerta della mancia (anticipata) arrivava alla ragguardevole cifra di due/trecento lire, e solo allora correvo in cucina e tornavo col pezzo di carta agognato. Capitavano anche scene del tipo: Lui: “A regazzi’! Giovaneee! Che me porti un pezzo de carta? Ce metto ‘sti avanzi per cane.” La moglie: “Ma si manco ce l’avemo ‘n cane?!” Lui. “E sta zitta! Mo’ me lo compro!”
Insomma ero a Roma, ero giovane, forte, ed ero invincibile! Ora sono solo un vecchio coglione che deve guardare, a Sadali, questi film d’epoca alla tv. Film scarsi e melensi dove, su traittori, in qualunque modo morisse: sparato, trafitto da una daga, sepolto da un masso, travolto da un rapido, ecc. aveva SEMPRE un filo di vernice rossa che gli colava da un angolo della bocca e… minca! prima di schiattare davvero, faceva sempre in tempo a salutare tutti i parenti fino alla settima generazione, raccomandare la sua anima, ordinare una capricciosa, tenere un comizio tra le bare, e persino regalare una dentiera a una vecchia terremotata. Sono a Sadali, ragazzi!

soldarto

appia

steve

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