Non c’e’ futuro nel nucleare

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Pubblico il video ed il testo dell’intervista, realizzata dal nostro inviato, a Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace Italia. Ascoltata la testimonianza di Onufrio il cittadino non ha alcun dubbio: non c’è futuro nel nucleare. Il governo Berlusconi IV ci allontana dal vero sviluppo energetico di cui abbiamo bisogno e ci spinge su binari lontani dalle energie rinnovabili, unica vera opportunità nei prossimi decenni. Alle elezioni europee di giugno torniamo in Europa, con le energie rinnovabili.

Sommario dell’intervista:
Le origini del dibattito
I costi reali del nucleare
Il problema della sicurezza
L’accordo Berlusconi-Sarkozy
Conclusioni
Le origini del dibattito

Claudio Messora: “Sono con Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace Italia, per parlare di nucleare, perchè dopo il referendum abrogativo dell’87, recentemente c’è stato questo accordo fantomatico, il memorandum of understanding Berlusconi – Sarkozy, che rilancia la costruzione di nuove centrali nucleari in Italia. Qui a Greenpeace cosa se ne dice in merito?”
Giuseppe Onufrio: “Innanzi tutto cerchiamo di capire da dove proviene questo dibattito, che è nato alcuni anni fa, negli Stati Uniti e in Inghilterra. In questi paesi, che non hanno avuto alcun referendum e sono in particolare i paesi che hanno inventato questa tecnologia, da trent’anni non si costruiscono più nuovi reattori. Tutti gli investimenti privati sono stati orientati nel ripotenziamento e ammodernamento di vecchi impianti. La privatizzazione è assoluta, c’è una libertà economica totale, ma nonostante questo non ci sono nuovi impianti in costruzione. Questo perchè dopo Chernobyl, ma soprattutto quando si è cominciato a privatizzare il settore, sono venute fuori un po’ di magagne, anche in campo economico. Il nucleare costa molto di più di quanto si dice. Il grafico che vedete è il numero dei reattori messi in rete dal ’67 al 2006. Lasciamo perdere il nucleare. Se questo grafico lo applichiamo a qualcuque merce, uno capisce che è un mercato che ha avuto un boom e poi è crollato. Cosa accade? Che questi reattori dovranno essere sostituiti prima o poi, perchè per quanto si possano spendere soldi per allungargli la vita, prima o poi vanno chiusi. La vita media dei reattori oggi è di ventidue anni. Vengono prima messi in sicurezza e poi c’è una fase che dura diverse decine di anni durante i quali si aspetta che la radioattività diminuisca. poi vengono smontati per poi essere messi nei depositi insieme alle scorie, perchè la parte metallica dei reattori si attiva durante il funzionamento. E ancora non c’è un deposito che funziona. L’unico sul quale stavano lavorando gli Stati Uniti, lo Yucca Mountain, è stato chiuso perchè presenta troppi problemi.
Ma torniamo un po’ al dibattito americano. Il dibattito americano è iniziato nel 2003/2004 con vari rapporti tecnici alla fine dei quali nel 2005 Bush intriduce degli incentivi abbastanza importanti. Teniamo presente che il costo medio di produzione del chilowatt ora è intorno ai 5/6 centesimi di dollaro. Bush introduce un incentivo per il nucleare di un centesimo e otto, per i primi seimila megawatt, e vari altri incentivi sotto forma di fondi assicurativi nel caso in cui la costruzione ci metta più tempo, per coprire i possibili rischi finanziari per le imprese. Questo non basta. Nel 2007 Bush introduce 18 miliardi e mezzo di dollari di linee di credito a tasso agevolato, e anche questo secondo gli analisti finanziari negli Stati Uniti può bastare per rifare due impianti al massimo, mentre ce n’è qualche decina che da qui al 2025 verranno chiusi. Quindi il dibattito viene fuori da questa stranezza. A noi, come italiani, forse non sembra tanto strano, ma negli Stati Uniti l’idea che i fondi pubblici, dei contribuenti, vengano usati per delle aziende private, per una tecnologia che ha sessant’anni, quindi non è una tecnologia nuova che va incentivata, è una tecnologia che è nata con la seconda guerra mondiale, è una cosa molto scandalosa. Quindi si è avviato tutto un dibattito, anche perchè questo tema dell’invecchiamento dei reattori nel mondo non c’è solo negli Stati Uniti o in Inghilterra che deve chiudere otto reattori, ma è un tema generale. C’è quindi la discussione degli incentivi pubblici nei mercati liberalizzati, poi c’è un elemento europeo che è legato alla Francia. La Francia ha liberalizzato, tra virgolette, nel senso che è una situazione di monopolio che con una direttiva è stata costretta a passare alla liberalizzazione, ma il costruttore di centrali, Areva, ancora per l’87% è pubblico, e questo costruttore pubblico non ha tanti ordinativi. Questo EPR di cui si parla in Italia… sono macchine delle quali ancora non ne funziona neanche una. Sono macchine di cui ci sono solo due cantieri, uno in Finlandia, uno in Francia. E’ come se in Italia qualcuno fosse venuto a proporre un’automobile nuova che nessuno ha mai visto funzionare e di cui nessuno sa il prezzo. Quello che noi contestiamo è l’assenza di dibattito nel nostro paese.”
I costi reali del nucleare

Giuseppe Onufrio: “Mentra l’amministratore delegato dell’ENEL Conti racconta alla stampa italiana, dallo scorso maggio allo scorso ottobre, che questi reattori da 1650W, quindi come unità singola la più grande nucleare mai costruita, costano dai tre miliardi ai tre miliardi e mezzo. Dallo scorso autunno si è corretto e ha detto: quattro miliardi. Negli stessi mesi, il capo dell’Enel tedesca, che si chiama EON, Wulf Bernotat, al Times diceva: “Guardate che costa fino a sei miliardi, però questo nel caso in cui facciamo le centrali nelle vecchie isole nucleari, quindi il sito è già preparato, e quindi voi smantellate i vecchi reattori pagando di tasca vostra”. Quindi già sui costi economici noi siamo di fronte a una manipolazione dell’informazione, non si capisce perchè in italia questi reattori, con la stessa tecnologia, costino meno che in Inghilterra, mentre il dibattito negli Stati Uniti sulla tecnologia americana (oggi grosso modo abbiamo due macchine che si confrontano. Una è francese, all’origine anche un po’ tedesca, e l’altra è americano-giapponese) porta costi ancora più alti. Negli Stati Uniti si parla di costi ancora più alti: si parla di costi che sono per mille megawatt nell’ordine di otto miliardi di dollari. Se rapportiamo i sei miliardi di euro sui 1650 Megawatt vediamo che negli Stati Uniti il costo è ancora superiore. Perchè il pubblico italiano è trattato come una massa di bambini che non sanno leggere l’inglese o che non vanno su internet? Siamo di fronte a una manipolazione e facciamo credere agli italiani che con il nucleare la bolletta scende. Non è vero! Se guardiamo le stime del dipartimento americano dell’energia, le ultime uscite del 2008, vediamo che il nucleare costa più o meno come l’eolico, e costa abbastanza di più del carbone e del gas. La cosa interessante intanto è vedere che l’incentivo introdotto da Bush equivale al triplo della differenza che c’è tra gas e nucleare. Voglio che sia chiaro, nelle stime del governo americano il nucleare costa più del gas, non costa meno. Se voi immettete energia nucleare sulla rete, la bolletta costa di più, non diminuisce. Vediamo altresì che il costo di capitale, nel nucleare come nell’eolico, è altissimo. Quali sono le ipotesi che il geoverno americano ha messo per calcolare il costo di capitale del nucleare? In sostanza, prendono circa due miliardi e mezzo di dollari per mille megawatt, e sono calcoli che non includono i costi finanziari: una centrale nucleare ci vogliono dieci anni per costruirla, poi si va in banca e ci sono tutti gli interessi. L’agenzia Moodys ha valutato che non sono due miliardi e mezzo, ma sono sette miliardo e mezzo i costi, tutto incluso. Questa cifra è stata poi confermata da un progetto reale, una delle utility americane, per accedere a quei diciotto miliardi e mezzo di dollari, ha fatto un budget plan di otto miliardi per ogni mille megawatt. Quindi vediamo che il costo di capitale vero è almeno tre volte ciò che dice il governo americano, e nonostante questo fatto di tagliare il 65% del costo effettivo, comunque ottiene delle cifre superiori… Ora, dov’è che il nucleare poi conviene. Conviene se vi regalanon la centrale, o se ve la danno a basso costo. A quel punto il nucleare è convieniente perchè il costo di funzionamento è più basso delle altre fonti. in particolare poi l’altro problema è lo smantellamento e la gestione delle scorie. E’ un problema legato soprattutto alla stabilità dei fondi che vanno accumulati durante il funzionamento della centrale. In Inghilterra, dove questi fondi sono stati creati, al fine di risolvere il problema della sistemazione delle scorie e della bonifica dei siti contaminati, l’impianto di Sellafield ha oggi, per quanto riguarda i conti pubblici inglesi (chi poi smantella tutto è sempre lo stato. Le aziende hanno diversi schemi con cui accumulano capitali che poi vanno utilizzati) un buco di settantatre miliardi di sterline. Un buco di 73 miliardi di sterline inerentemente alla gestione delle scorie e della sistemazione dei siti contaminati. E’ un buco che grava sulle generazioni che non hanno avuto alcun beneficio da quelle tecnologie.
L’altro aspetto riguarda questo fatto: lei oggi ordina un centrale EPR, che è costruita per durare sessant’anni. A parte il fatto che l’uranio è desinato a finire prima, tra autorizzazione e costruzione ci si mettono non meno di dieci anni. In Finlandia volevano mettere quattro anni, poi se va bene ce ne metteranno nove. In Italia ci vorranno se va bene dieci anni. Passano quindi dieci anni, poi ci sono sessant’anni di funzionamento, e poi normalmente si tiene la centrale per vent’anni per fargli scaricare un po’ di radioattività, e anche per ridurre i costi dei rischi dello smantellamento. Questi piani finanziari quindi per accantonare delle risorse per la sistemazione futura devono guardare a quasi un secolo. Oggi ordiniamo qualche cosa il cui esito finale verrà gestito tra novant’anni, e ci prendiamo la responsabilità di accantonare fondi che poi devono essere gestiti, e sappiamo che l’economia può creare voragini improvvise, non è la prima volta che fondi che sono stati investiti vengono bruciati da una crisi economica. Corriamo il rischio di lasciare alle generazioni successive un bel regalo, scaricando costi e problemi a loro per qualcosa di cui, forse, avremo beneficiato noi.”
Il problema della sicurezza

Giuseppe Onufrio: “L’EPR poi, in particolare ha questo aspetto: utilizza combustibile misto uranio e plutonio. Brucia molto il combustibile, quindi produce più prodotti di fissione del normale, per cui è stato valutato da rapporti indipendenti commissionati dalla stessa EDF che è l’ENEL francese e da altre aziende che le scorie, a seconda dei vari radionuclidi che sono i figli della fissione dell’uranio, avranno da 4 a 11 volte più quantità di quelle delle scorie convenzionali. In più, si tratta di oggetti che non sono mai stati visti. Ci fidiamo dell’esperienza francese, ma la storia del nucleare ci insegna che ogni filiera nucleare pone problemi diversi rispetto a quelli della generazione precedente.”

Claudio Messora: “Tra l’altro le centrali di terza generazione riducono la frequenza con la quale si verificano gli incidenti, ma qual’ora questi incidenti si dovessero verificare, sarebbero estremamente più gravi per via della loro capacità di dispersione sul territorio di sostanze radioattive.”
Giuseppe Onufrio: “Per questa ragione che dicevo, cioè il combustibile è più bruciato. I prodotti della fissione sono di più. In Finlandia, dove c’è il primo cantiere, cioè la prima centrale costruira, intanto i costi erano partiti da un budget di tre miliardi e due, ed è già stato certificato un aumento di un miliardo e sette. Abbiamo già superato il 50% di aumento del costo, e si va verso il raddoppio. Inoltre per ogni mese di cantiere si è accumulato un mese di ritardo, quindi ci sono tre anni di ritardo. Per recuperare i tempi stanno facendo delle cose piuttosto discutibili anche sul piano della sicurezza. Noi sappiamo che l’autorità di sicurezza finlandese ha già riscontrato 2100 non conformità in cantiere, cioè lavori fatti in maniera difforme dal progetto autorizzato. Se andiamo a guardare non sono formalità o piccoli particolari, parliamo della densità del cemento della base del reattore, fatta con eccesso di acqua, parliamo della parte interna della cupola del reattore, una struttura di acciai speciali che è la prima barriera in caso di incidente, e quindi se la pentola a pressione dentro cui sono tutte le barre dovesse avere dei problemi, la prima barriera è questa cupola. E’ stata affidata a una ditta tedesca che l’ha subappaltata a una ditta polacca specializzata in chiglie pescherecci. Questa ditta ha fatto le saldature a mano, che in campo nucleare è abbastanza discutibile, gli spessori non erano uguali da una parte e dall’altra. Ha tagliato i buchi per i tubi nel posto sbagliato, poi questo pentolone si è rovinato in cantiere per una tempesta, l’hanno rifatto in fretta e furia non sappiamo bene con quali criteri di sicurezza. Abbiamo scoperto che una ditta francese che doveva fare le saldature dei tubi del circuito primario, perchè l’acqua che va in turbina non è la stessa di quella che va dentro i reattori dove ci sono le barre di uranio. C’è un circuito primario e uno secondario. Il circuito primario è molto delicato perchè è proprio l’acqua che entra dentro al reattore, che viene fatta scaldare sotto pressione e poi produce vapore. Questa è acqua che nel circuito gira a più di 150 atmosfere, e i tubi sono saldati alla base del cemento armato rinforzato del reattore con delle placche. Secondo il progetto la saldatura doveva avere uno spessore di trenta millimetri. Sul cantiere si è visto che la saldatura aveva uno spessore di venti millimetri. La ditta francese che ha lavorato, ha lavorato per un anno senza il responsabile della sicurezza. Questo per dire che non stiamo parlando del trentacinquesimo cantiere in cui sono andate le aziende che sono rimaste fuori. Stiamo perlando del primo cantiere, dove le aziende si giocano la loro credibilità.
Oggi in Finlandia un sondaggio dice che il 48% contro il 37% sono contrari a un ulteriore espansione del nucleare. Questo perchè le polemiche intorno alla costruzione del cantiere sono state grandissime.”
L’accordo Berlusconi-Sarkozy

Giuseppe Onufrio: “Berlusconi firma questo accordo con Sarkozy. Per capire le cose bisogna un po’ storicizzare. Cos’ha fatto Sarkozy prima? I francesi sono in realtà disperati perchè non hanno ordinativi. Hanno un cantiere in Finlandia e un secondo in Francia, quello francese è partecipato dall’ENEL al 12,5%. Sarkozy è andato in Marocco e in Algeria a proporre questa tecnologia che è gia complicata in un paese come l’Italia, figuriamoci in un paese che ha meno esperienza del nostro. Sarkozy, prima dell’accordo con Berlusconi, ha annunciato un terzo reattore. Bisogna fare attenzione ai particolari: a noi sembra normale che un rappresentante dello stato annunci la costruzione di un nuovo impianto nucleare. Guardate che il mercato è liberalizzato. Ad annunciare un nuovo reattore non può essere il Presidente della Repubblica: deve essere un’azienda elettrica. E per altro questo annuncio è stato dato in maniera strana per la Francia, perchè normalmente in Francia c’è una tradizione di consultazione delle popolazioni. C’è una fase preparatoria in un cui ogni impianto viene discusso. Da questo punto di vista la Francia ha una tradizione abbastanza demomcratica e trasparente, hanno gestito il nucleare in modo abbastanza civile. Con la popolazione hanno un rapporto di consultazione vero. Dopodichè arriva l’accordo con Berlusconi. In realtà gli unici che possono forse comprare qualche reattore sono gli inglesi che devono chiudere otto centrali, che sono già arrivate, ma in Inghilterra in questo momento EDF, l’Enel francese, interviene sul piano energetico inglese, attaccando gli obiettivi per le rinnovabili e per l’eolico, sostenendo che con tutte queste rinnovabili non c’è spazio per il nucleare.”
Conclusioni

Giuseppe Onufrio: “Dobbiamo avere chiaro tutti che il nucleare non è stato cancellato dagli ecologisti. Il nucleare è stato cancellato dal mercato e dal fatto che dopo sessant’anni i costi sono cresciuti anzichè diminuire, e soprattutto tutti i problemi dalla gestione delle scorie ad avere oggetti intrinsecamente sicuri non sono stati risolti. Nemmeno la proliferazione atomica, tant’è vero che appena l’Iran fa un impianto tutti si preoccupano. Questa tecnologia non è democratizzabile perchè facilmente può portare alla produzione di bombe, quindi l’uso militare è molto imparentato con quello civile. La Francia per quarant’anni è stata fuori dalla NATO. La Francia su quel nucleare ha basato la forza militare, e tutto il ciclo del conbustibile nucleare e la sua gestione è ancora in mano ai militari. La Francia è l’unico paese che continua a produrre plutonio, che come sapete ha degli usi civili molto limitati e fondalmentalmente è un materiale per le bombe. Gli Stati Uniti hanno cessato la produzione di plutonio nel 1977 con Carter e non l’hanno mai più ripresa.
Quindi noi siamo di fronte a una tecnologia che è in crisi, richiede molti soldi laddove il mercato è liberalizzato e dove non c’è stato alcun referendum, e soprattutto questo dibattito rischia di farci perdere il treno delle rinnovabili e dell’efficienza. Questi quattro reattori proposti dal governo produrranno, semmai verranno fatti, 42 o 45 miliardi di chilowattora. Gli obiettivi europei per le rinnovabili solo nel settore elettrico sono di 50 miliardi in più nel 2020. E se guardiamo anche all’efficienza, cioè sostituire le apparecchiature con cui utilizziamo l’energia con apparecchiature più efficienti, il potenziale tecnico e gli obiettivi sarebbero dell’ordine dei 100 miliardi. Quindi fonti rinnovabili e efficienza hanno un potenziale in Italia triplo, più che triplo del nucleare, e da un punto di vista occupazionale occupano almeno dieci volte di più.”

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