Travaglio e Oppo

Sciacalli e leccapiedi

Due futuri premi Pulitzer, sul Giornale e a Radio24, mi danno gentilmente dello «sciacallo» perché ho ricordato quali danni aggiuntivi ai terremoti avrebbero comportato il “piano casa” e il ponte di Messina (in una delle zone più sismiche d’Europa) se sciaguratamente fossero già stati realizzati. I servi furbi sono così accecati dalla saliva delle loro lingue da non accorgersi che a liquidare il ponte, all’indomani della sciagura abruzzese, è stato il sottosegretario alle Infrastrutture del loro adorato governo, il leghista Roberto Castelli; e che a rinviare sine die il “piano casa” è stato il ministro forzista Raffaele Fitto, con la soave espressione dorotea della «pausa di riflessione». Intanto il ministro Claudio Scajola annuncia che nel decreto saranno inserite precise «misure antisismiche»: fino a domenica non ci aveva pensato nessuno. La parola “terremoto” non compariva mai nella proposta inviata a giugno dal governo alle regioni, nella bozza di un mese fa e men che meno nell’intesa del 31 marzo. Anzi, lì un cenno c’era, ma per smantellare i divieti (art.6: «Semplificazioni in materia antisismica»). Solo due giorni fa, mentre l’Abruzzo crollava, si son ricordati che siamo il paese più a rischio d’Europa e hanno cancellato l’art.6 e, al posto, hanno infilato qualche riga di «misure urgenti in materia antisismica»: gli ampliamenti delle case non saranno autorizzati «ove non sia documentalmente provato il rispetto della normativa antisismica». Ci son voluti 260 morti, per ripristinare la legalità. A proposito di sciacalli. Vergogniamoci per loro, e per i loro servi.

Facce di propaganda

L’ultima puntata di Ballarò è stata utilissima per chiarire la linea propagandistica della destra, sullo sfondo di un paese terremotato. Erano presenti, per il governo, il ministro Fitto e Castelli (le disgrazie non vengono mai sole), entrambi impegnati a fare la faccia di circostanza, ma soprattutto ad impedire ogni analisi seria della situazione, per paura di mettere in crisi le linee preordinate della loro politica. In particolare rispetto al piano-casa, la cui pericolosità è stata oggettivamente messa in luce dai visibili effetti di una politica del territorio speculativa e devastante. Cosicché, appena Bersani tentava di definire una prospettiva di ricostruzione regolata e civile, Fitto e Castelli lo accusavano di attaccare il governo. Quasi che il governo fosse per sua natura dalla parte dei devastatori. Come in effetti è, se si pensa alle promesse sopraelevazioni, ai condoni di fatto e alla minacciata fondazione di nuove città (stile Mussolinia), care al premier palazzinaro.

casa1Bersani

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