A Strasburgo i banchi italiani sono vuoti: i ladri di stipendi d’oro.

Giampiero Gramaglia

A Strasburgo i banchi italiani sono vuoti

Altro che assenteismo in fabbrica e nel pubblico: eurodeputati campioni. Tre i “cattivi” De Mita, Bonsignore e Magdi Allam. Sempre in aula solo due leghisti e un Pdl

Bruxelles – Prendi i voti, e i soldi, e poi scappa; o, almeno, non farti vedere in giro spesso, tra Strasburgo e Bruxelles. È la politica dell’assenteismo di molti eurodeputati italiani: la politica del seggio vuoto. A due anni dall’elezione a suffragio universale della settima legislatura del Parlamento europeo, Andrea D’Ambra, giornalista e attivista con un occhio a Beppe Grillo, si ripete: stila le pagelle degli europarlamentari italiani, chi c’è (quasi) sempre e chi non c’è (proprio) mai, nelle aule delle plenarie e delle commissioni.

L’esercizio ha il pregio della

chiarezza, della semplicità e dell’oggettività, anche se il criterio delle presenze non può essere l’unico per valutare l’operato di un parlamentare, nazionale o europeo che sia: bisognerebbe pure prendere in considerazione i rapporti stilati, gli emendamenti presentati, le interrogazioni fatte, gli interventi in aula e in commissione, le partecipazioni a missioni. D’Ambra, 28 anni, presidente di Generazione Attiva, un’associazione in difesa dei consumatori da lui stesso creata, non è però d’accordo: “Quegli elementi non sono un indice corretto quanto la presenza, perchè interrogazioni ed emendamenti sono sovente fatti da altri, specie dagli assistenti parlamentari”.

Quello che D’Ambra stigmatizza, nel commento alla classifica pubblicata sul suo blog, è che le assenze degli eurodeputati “non sono penalizzate in sede retributiva”, a parte l’incidenza su indennità come quella di soggiorno o i rimborsi spese. Le assenze, per quanto ingiustificate esse siano, non decurtano il compenso di base, che è variabile, ma che si situa intorno ai 7 mila euro al mese. L’assenteismo parlamentare non è uno scandalo solo italiano, ma non è certo il caso di dire “mal comune mezzo gaudio”. Anche perchè chi non c’è non puo’ poi lamentarsi dello strapotere tedesco nell’emiciclo di Strasburgo, dove gli eurodeputati d’oltre-Reno sono teutonicamente presenti sempre in massa: vero che sono “vicini”, ma lo sono pure, e anzi di più, francesi e beneluxiani.

I criteri di giudizio di D’Ambra sono molto severi: dà ottimo solo agli “stakanovisti” del Parlamento europeo, quelli che sono sempre presenti. Il percorso netto è riuscito, per il secondo anno consecutivo, a Giovanni La Via, Pdl, e ad Oreste Rossi, Lega, cui s’è aggiunto Francesco Speroni, leader della pattuglia leghista nell’Assemblea Ue: tre su 71.

Prendono “buono” 11 eurodeputati, le cui presenze superano il 95%. In questa pattuglia di punta, troviamo qualche “tenore” della rappresentanza italiana in Europa, come il vice-presidente vicario dell’Assemblea Gianni Pittella (Pd), il capo della delegazione del Pdl Mario Mauro, l’ex leader della Cgil e sindaco di Bologna Sergio Cofferati (Pd) e l’efficiente e apprezzato Roberto Gualtieri (Pd).

I “sufficienti” sono, sempre per D’Ambra, quelli le cui presenze superano il 90%: 16 eurodeputati, fra cui Roberta Angelilli, Pdl, vice-presidente dell’Assemblea, David Sassoli, capogruppo del Pd, Carlo Casini, Udc, Gabriele Albertini, Pdl, e Vittorio Prodi, Pd, il professore fratello dell’ex premier pure professore Romano.

Al di sotto del 90% di presenze, che comunque vuol dire un assenteismo del 10%, nettamente superiore a quello medio nelle fabbriche e negli uffici, persino nelle scuole e nelle pubbliche amministrazioni, restano 41 eurodeputati italiani, quasi il 60% della rappresentanza italiana al Parlemento europeo. D’Ambra li boccia tutti, ma, con scelta personale e arbitraria, ne classifica una pattuglia di cinque come mediocri – fra essi, Iva Zanicchi, berlusconiana in scena e sul seggio –, mentre tutti gli altri li “bolla” come insufficienti, scarsi e scarsissimi. Sono così “marchiati” nomi eccellenti, come Pino Arlacchi (Pd), Elisabetta Gardini (Pdl), Silvia Costa (Pd), Paolo De Castro (Pd, ex ministro, presidente della Commissione Agricoltura), Mario Borghezio (Lega, uno che, dalla quantità di dichiarazioni che produce, si direbbe che c’è sempre), Sonia Alfano (Idv), Debora Serracchiani (Pd) e Gianni Vattimo (Idv). Sotto l’80%, ci sono Patrizia Toia (Pd, un ex ministro), Clemente Mastella (ex un po’ di tutto: ma che mai avrà da fare di meglio che guadagnarsi almeno questo stipendio?) e Rita Borsellino (Pd).

La lista degli “scarsi” è aperta da Luigi Berlinguer (Pd) e Luigi de Magistris (Idv, neo-sindaco di Napoli e certo penalizzato in classifica dalla campagna elettorale che l’ha visto protagonista e vincitore). Gli “scarsissimi” sono sei e stanno sotto il 70%: in pratica, una volta su tre non ci sono. Nomi poco noti, come Vincenzo Iovine (Api) e Crescenzio Rivellini (Pdl), ma anche, e proprio agli ultimi quattro posti, nomi che fanno sussultare, come il convertito Magdi Cristiano Allam, che sta nel Ppe, l’ex premier dc Cristiano De Mita, che sta pure nel Ppe ma come Udc, e i pdl Vito Bonsignore e Alfredo Antoniozzi, l’unico sotto il 60%. Antoniozzi ha un doppio lavoro, perché è assessore alla casa al Comune di Roma, ma così, dividendosi a metà, dovrebbe prendere due mezzi stipendi (e non due stipendi interi).

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