Anita Ekberg compie 80 anni, anche gli angeli invecchiano.

L’incontro – L’attrice è in clinica nel reparto lungodegenza.

Anita, 80 anni in solitudine
«La vita? Ho vinto e perso»

La Ekberg: non ho marito o figli ma ho amato molto
I giorni sono interminabili, di notte sogno casa mia

NEMI (Roma) – Un corridoio lungo. Luce al neon fioca. Tanfo di disinfettante. Ci sono posti dove la vita smette di essere dolce.
L’infermiere: «La signora Anita? È lì, in quella stanza».
Seduta su una sedia a rotelle. I capelli lisci e ancora magnificamente biondi. La pelle bianca, morbida, che convinse Federico Fellini.
Anita Ekberg.
Proprio lei.
Qui.
Dai suoi occhi si sprigiona un guizzo azzurrino, un lampo di inaspettata vitalità (in cui si ha l’impressione di scorgere persino una dose di non scontata ironia).
«E questi fiori? Per chi sono?».
Sono per

lei, signora.
«Per me?».
Per lei, per i suoi ottanta anni…
«Oh, sì, certo… giovedì sarà il mio compleanno… Ma che bravi, vi siete ricordati… vi siete ricordati di Anita…».
L’ultima diva. Prima di lei, le donne non facevano il bagno nelle fontane. Poi tutte hanno immaginato di prendere per mano Marcello Mastroianni e di portarlo sotto una cascata d’acqua. Era un sogno possibile. Era il 1960. Una vita fa.
«Vuol sapere se mi sento un po’ sola? Sì, un po’ sì. Ma non ho rimpianti. Ho amato, pianto, sono stata pazza di felicità. Ho vinto e ho perso. Non ho un marito, non ho figli. Quella suorina che è entrata prima è diventata una mia cara amica».

La pioggia riga i vetri. Reparto «lungodegenza», decimo piano: il lago, laggiù, un buco nero.
«Un anno fa, si spezzò il femore di sinistra… poi, a metà agosto, ha fatto crack il destro. L’operazione è andata bene, ora stanno cercando di rimettermi in piedi. E pensare che a Fellini piaceva moltissimo come camminavo. Dentro la Fontana di Trevi, durante le riprese, feci su e giù una notte intera, senza mai inciampare. Marcello invece aveva freddo e così vuotò una bottiglia di whisky. Cadde tre volte. E per tre volte furono costretti ad asciugarlo. Alla fine gli fecero indossare gli stivaloni da pesca sotto i pantaloni».
Quel film è nella storia del cinema.
«Però non era un gran film. Quel film esiste per quella scena pazzesca. E in quella scena c’eravamo io e Marcello. Più io, in verità, che lui. Ero bellissima. Lo so».
Frank Sinatra voleva sposarla.
«Non mi piace fare l’elenco delle proposte di matrimonio ricevute… Ho sempre pensato all’amore come a una faccenda privata. Con Gianni Agnelli abbiamo tenuto un segreto bellissimo per anni, finché un giornalista maleducato non pensò bene di scrivere tutto su un giornale. Con Dino Risi andò diversamente: era lui che avrebbe voluto avere una storia con me, ma tra noi non c’è mai stato niente. Però lui insisteva… Così gli spedii un fax nel residence dove viveva. Scrissi: “Piccolo uomo, grande stronz…”».
E Fellini?
«Un genio assoluto. Non ho mai capito quale fu il reale motivo che lo spinse a scegliermi come protagonista de “La dolce vita”. Va bene, ero stata eletta Miss Svezia, e questo forse sarebbe potuto bastare a tanti altri registi, non a lui. Lui leggeva nel cuore degli attori, e li dirigeva come fossero farfalle».
La conversazione è interrotta da un lamento straziante che giunge da una stanza vicina. Accorrono due infermieri.
Lei, Anita Ekberg, sembra non sentire.
Si ostina a non sentire.
Socchiude gli occhi.
Poi li riapre: «Questo mazzo di fiori è bellissimo…».

«Labirinto Fellini»: materiali, fotografie, spezzoni, disegni «Labirinto Fellini»: materiali, fotografie, spezzoni, disegni «Labirinto Fellini»: materiali, fotografie, spezzoni, disegni «Labirinto Fellini»: materiali, fotografie, spezzoni, disegni «Labirinto Fellini»: materiali, fotografie, spezzoni, disegni «Labirinto Fellini»: materiali, fotografie, spezzoni, disegni «Labirinto Fellini»: materiali, fotografie, spezzoni, disegni «Labirinto Fellini»: materiali, fotografie, spezzoni, disegni

Esprime il desiderio di un cappuccino caldo. Gli anziani, in questi reparti, esprimono sempre desideri minimi: un cappuccino, una vestaglia nuova, il rumore del vento. «Il bar è giù, nel piazzale, e non c’è nessuno che mi spinga la sedia». C’è la nostalgia per casa. «La notte mi addormento sognando di essere nella mia villa di Genzano, con Taurina, il mio pastore tedesco, e Hamai, l’alano più bello del mondo». Inutile guardare l’orologio. «Le giornate sono infinite. La tivù non mi piace, è monotona, come pure i tiggì: sempre a raccontare del vostro premier sporcaccione. Ma perché l’avete votato per tutti questi anni? Anche ai miei tempi c’erano le raccomandazioni, ma non era obbligatorio passare nel letto di qualcuno per poter lavorare».
Giovedì, il compleanno.
«Sempre in giro a girare film, non gli ho mai dato troppo peso. Stavolta però le suore organizzeranno un bel pranzo in mio onore».
Il fotografo Claudio Guaitoli le chiede il permesso di scattare qualche foto.
Lei acconsente, sfoderando lo sguardo altero che ci si aspetta da una diva.
Cinque scatti.
«Ora però sono un po’ stanca…».
Un baciamano.
Il cigolìo di una porta che si chiude.

Fabrizio Roncone

Condividi
  • Facebook
  • Digg
  • Google Bookmarks
  • Live
  • YahooMyWeb
  • LinkedIn
  • StumbleUpon
  • Twitter