Berlusconi, da Palazzo Chigi ai tribunali… quanto mi dispiace, signora mia!

Da Palazzo Chigi ai tribunali
Ecco cosa aspetta Berlusconi

processi berlusconi infografica
Non è più Presidente del Consiglio, ma resterà in ogni caso un parlamentare: cambia così la quantità e la qualità degli impegni che Silvio Berlusconi potrà eventualmente invocare per chiedere il legittimo impedimento, prerogativa però che non decade, per quanto “attenuata” e su cui di recente la Corte Costituzionale ha stabilito sia il giudice a sindacare, riguardo ai processi a suo carico. In altre parole, se prima gli impegni del Presidente del Consiglio erano fitti e anche imprevedibili, potendosi fissare anche ‘ad horas’, ora la situazione è ben diversa. Sono quattro in tutto, solo a Milano, i casi che lo coinvolgono e lo aspettano: il caso Ruby, il processo Mills, la vicenda Mediaset e quella relativa al nastro dell’intercettazione Fassino- Consorte.

Il cosiddetto caso Ruby, aggiornato al

23 novembre, lo vede imputato di concussione e prostituzione minorile: un quadro di indagine emerso in seguito all’ormai famosa telefonata avvenuta in questura il 27 giugno 2010. Quella sera la marocchina Karima El Marough, denunciata per un furto, era stata trattenuta e in seguito ‘liberatà per essere affidata, nonostante il parere contrario del pm minorile, a Nicole Minetti da una telefonata del premier che, secondo l’accusa, fece pressioni.

Di lì a breve partì l’inchiesta sui presunti festini, lontani, sempre secondo l’accusa, dalle «cene eleganti» descritte dal premier. Emilio Fede, Nicole Minetti e Lele Mora (ancora in carcere per bancarotta) sono stati rinviati a giudizio. Mentre per Berlusconi è già stato proposto dai giudici del tribunale (tre magistrati donna) un calendario di 21 udienze fino a maggio. L’elenco potrebbe subire modifiche a seconda anche degli impegni delle parti, ma al momento non è dato sapere se si intenderanno aggiungere altre date. Sul procedimento pende la decisione della Cassazione sul conflitto di attribuzione sollevato dalla Camera dei deputati, per cui il prossimo 7 febbraio si terrà la discussione davanti alla Suprema Corte.

Diversa è la prospettiva che incombe invece su un altro “fascicolo già in aula”, il cosiddetto processo Mills (l’avvocato inglese condannato in primo grado e assolto per prescrizione in cassazione, a cui sarebbero stati dati, secondo l’accusa, 600 mila dollari per testimonianze reticenti), che vede Berlusconi accusato di corruzione in atti giudiziari. Si tratta della prescrizione, prevista per metà gennaio. È stato il legittimo impedimento sollevato di recente dalla difesa del neo ex premier, lo scorso 24 ottobre, a mettere d’accordo, almeno per una volta, tutte le parti.

Con la lettura di una lettera di Palazzo Chigi, Niccolò Ghedini aveva elencato, il giorno dopo la riunione del Consiglio Europeo a Bruxelles la fitta agenda di impegni dell’allora primo ministro. Impegni importanti, che avevano spinto il collegio, con il benestare del pm Fabio De Pasquale, a “congelare” la prescrizione e fissare l’audizione di Mills, al 28 novembre successivo.

Mentre il 5 dicembre prossimo è prevista l’audizione di Berlusconi, non è ancora deciso se per rispondere alle domande o rendere dichiarazioni spontanee. Diversamente legata al caso è poi un’altra vicenda. Per la prima volta un magistrato milanese, il procuratore aggiunto Alfredo Robledo, ha citato per diffamazione l’ex capo del governo, chiedendo 500 mila euro di risarcimento, di fronte al tribunale di Brescia.

L’azione civile riguarda alcune frasi pronunciate da Berlusconi nell’aprile del 2006 all’indirizzo dei pm che indagavano sul caso Mills. E Robledo era uno dei due sostituti procuratori che coordinavano l’inchiesta. Poco meno di una settimana fa il giudice civile ha inviato gli atti alla Camera che dovrà decidere se le frasi pronunciate allora siano o meno “coperte” dall’art. 68 della Costituzione, ossia dal diritto dei parlamentari a non essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse nell’ esercizio delle loro funzioni, come sostenuto dai legali di Berlusconi. Il giudice ha in sostanza ritenuto che non lo fossero, tuttavia non ritenendo ‘manifestatamente infondatà la questione, tanto da inviare gli atti.

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