Burlesquoni. La notte del processo breve, di Furio Colombo

di Furio Colombo

11 aprile 2011

La notte del processo breve

“Sindaco, anche lei, come Matteo Renzi, spera che Berlusconi esca indenne dai processi?” “Vorrei che Berlusconi cadesse per una presa di coscienza sul berlusconismo da parte dei cittadini italiani, e non a causa di un processo. La mia parte politica (Pd, ndr) si concentra sui guai giudiziari. Invece dovremmo elaborare un progetto per il Paese e studiare l’uomo Berlusconi. E’ un seduttore. Con uno così non si va allo scontro frontale. Lo si fa squagliare al sole.”

Ho citato dalla intervista di Vittorio Zincone al cinquantunenne (giovane, no?) sindaco Pd di Bari, Michele Emiliano (Sette, Il Corriere della Sera, 7 aprile) per mostrare quanto è lunga la fermata in stazione, ovvero la strana e radicatissima idea che ci si muove meglio da fermi, che,  sì, ogni
volta si deve “preparare un progetto per l’Italia”, ma, per carità, non parliamo dei suoi processi.

Molti lettori – fra coloro che, pur con disperazione, non si sono mai arresi – avranno riconosciuto con un sussulto le stesse parole che, dal 2001 (anno della seconda vittoria di Berlusconi) sono state usate, ora con enfasi convinta, ora con severità, ora addirittura con una intenzione di condanna, contro coloro che esortavano a combattere Berlusconi subito e su tutto, perché c’erano già troppe prove della sua tendenza a ripetere e allargare tutto ciò che – fuori dalla legge – lo aveva portato alla testa di un impero finanziario e mediatico fondato su una misteriosa ricchezza.

Insieme con giornalisti come Indro Montanelli, con economisti come Paolo Sylos Labini, con scrittori come Antonio Tabucchi, in molti dicevamo che le malefatte erano enormi e meritavano l’intervento della magistratura, dati i reati compiuti, così come meritavano e il più fermo antagonismo politico.

S’intende che fatti clamorosi e noti come questi hanno subito coinvolto l’attenzione dei cittadini. Per esempio, quando Sylos Labini e io siamo andati ad una riunione spontanea (auto-organizzata) in un luogo di Milano detto il Palavobis, ci aspettavamo di incontrare un migliaio di persone e ne abbiamo trovate quarantamila. E subito dopo abbiamo creduto di condividere orgoglio e speranza con i partiti di sinistra di allora e abbiamo invece trovato fastidio, irritazione. Il volontariato in politica fa danno.

Per buona misura sono state create due gabbie di punizione, la “demonizzazione” (dire male di Berlusconi, a quanto pare “fa il suo gioco”) e il più famigerato “giustizialismo” che ha rovinato molte reputazioni politiche. Se toccasse a me il compito di narrare (meno che mai, spiegare) come la parola “giustizialismo”, comprensibile invenzione del giro di Berlusconi, sia diventata bandiera della sinistra e – ora che non c’è più sinistra – gonfalone di molti nel Partito democratico, confesso che non lo saprei fare. Perchè chi chiede che la legge sia uguale per tutti, come prescrive la Costituzione, viene chiamato “giustizialista”, nelle file della opposizione, esattamente come accade a destra?

Per questo ci serve rileggere il passaggio citato della intervista del sindaco di Bari Emiliano con il giornalista Zincone. Emiliano non sarà giovane come Matteo Renzi, (nessuno lo è) ma tuttavia è un cinquantenne con alcune tappe che potrebbero ancora venire presso luoghi importanti della vita politica. Nell’intervista lui dice, come 18 anni fa, quando “i toni bassi” hanno lasciato aperte tutte le strade al grande profittatore di Arcore, talvolta accusatore ( “I giudici sono le nuove Brigate rosse”) talvolta vittima (“Nessuno al mondo è imputato come me”) dice Emiliano: “La mia parte politica si concentra sui guai giudiziari (di Berlusconi, ndr). Invece dovremmo elaborare un progetto per il Paese”. Dice oggi, come il Pds e poi il Pd allora, una frase che è resa insensata dalla contrapposizione “invece”. Un cittadino democratico deve per forza concentrarsi sui processi di un potente e ricco capo politico che cerca di comprarsi tutte le vie di fuga. E deve per forza avere un progetto, che non è in opposizione all’inderogabile precetto “la legge è uguale per tutti”. Al contrario, il progetto serve perché la battaglia per la legalità non sia un episodio.

Ma accade questa cosa triste. Ogni leader, nominato o in pectore, dell’opposizione italiana, senza interruzioni nel ventennio berlusconiano, ha continuato a proporre di stare lontani dai processi di Berlusconi. Dice Emiliano: “Non mi interessa ciò che fa Berlusconi dopo le 21.” La frase è strana per un ex giudice che ha combattuto valorosamente la ‘ndrangheta. Dopo le 21 non ci interessa niente di Berlusconi, se non è reato. Ma se è reato, l’incursione nella parte privata della vita del leader è inevitabile.

Voglio far notare ai lettori i giorni appena trascorsi alla Camera, giorni e notti segnate dal più forte ostruzionismo finora tentato contro l’ignobile legge detta della “prescrizione breve”, richiesta da Berlusconi perché necessaria a salvarlo da alcuni processi. E’ stata una richiesta così perentoria da precettare in aula tutti i ministri, compresi quello degli Esteri, quello della Difesa, quello della Economia, in giorni pericolosi e drammatici, per l’Italia e per il mondo.

Questo fatto gravissimo, finalmente, ha mostrato che non ci sono due scene, i processi di Berlusconi, da cui ci si deve astenere, e la politica di Berlusconi, da discutere in Parlamento e non nelle piazze. Qui l’imputato Berlusconi esigeva di evitare i giudici, e di essere assolto dal Parlamento come principale impegno politico. I cittadini erano in piazza, con la loro indignazione spesso derisa. E allora c’è stato un improvviso risveglio della opposizione, un risveglio come quelli narrati da Oliver Sacks. Dice il grande neurologo che, in quei rari casi “il mondo sembra nuovo”.

Ma Sacks mette in guardia: “C’è il rischio che non duri, ed è raro che si ripeta”. Perciò ci domandiamo con ansia se la notte trascorsa in aula per combattere con l’ostruzionismo parlamentare il processo breve ci spingerà finalmente su una scena diversa, dove “giustizialismo” e “demonizzazione” hanno senso solo in casa Berlusconi. Dove, per tutti gli altri cittadini, sono parte essenziale della lotta politica in difesa della Costituzione.

Il Fatto Quotidiano, 10 aprile 2011


°°°Sappiamo tutti che silvio berlusconi NON ha MAI vinto un’elezione. E’ il csx che le ha perse. Come? Con l’assoluta insipienza nella Comunicazione, con la sua divisione per i troppi galletti in cerca di visibilità, per aver permesso brogli a manetta e compravendita di voti in cui il diversamente alto di Hardcore è maestro, per non aver più dettato la cultura e l’agenda, ma facendosi truffare e raggirare da un vocabolario basic quanto fasullo come: giustizialismo, scendere in campo, fare squadra, ecc. Dov’è la sinistra?! Il 70% degli italiani la rimpiangono, oggi più che mai.
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