I malavitosi odiano l’energia pulita, ma tra 40 anni potrebbe salvare il mondo.

Andrea Bertaglio

Dopo Fukushima, l’atomo declina. Ma le rinnovabili hanno bisogno di buona politica

Secondo diversi studi scientifici entro il 2050 le energia pulita potrebbe coprire l’intero fabbisogno del pianeta con una contemporanea riduzione di 560 miliardi di tonnellate di CO2. . Ma per farlo c’è bisogno di una buona amministrazione delle risorse pubbliche.

Continua il declino dell’energia nucleare, contrapposto (ora anche in Giappone, dopo l’incidente di Fukushima) a una crescita costante delle energie rinnovabili: che entro il 2050 arriverebbero a soddisfare l’intero fabbisogno planetario. Una tendenza, quella del tramonto dell’atomo, confermata dai dati di diversi studi internazionali. Il primo degno di nota è lo Special Report on Renewable Energy Sources and Climate Change Mitigation, un rapporto di
900 pagine presentato dall’Intergovernmental panel on Climate Change (Ipcc), firmato da 120 ricercatori. Mettendo a confronto ben 164 scenari nell’ambito delle energie rinnovabili, è ritenuta l’analisi più completa mai realizzata sul futuro dell’energia pulita. Questo studio sottolinea che “quasi l’80% delle forniture di energia del mondo”, con il sostegno di oculate politiche pubbliche, “potrebbe essere coperta da fonti rinnovabili entro la metà del secolo”. E portare, sempre entro il 2050, ad una riduzione di 560 miliardi di tonnellate di CO2.

Per il Wwf, “oltre ai benefici per il clima, i documenti del rapporto Ipcc indicano la pletora degli altri vantaggi forniti delle energie rinnovabili e pulite”, ma sottovalutano il potenziale e la velocità di espansione dell’energia rinnovabile, specialmente se combinata a un alto livello di efficienza energetica. Secondo l’Energy Report del Wwf, infatti, nel 2050 l’energia rinnovabile potrebbe coprire il 100% del fabbisogno mondiale. Tutti d’accordo su un aspetto, però: il nucleare nel mondo è destinato a morire. Un fatto ben documentato da un’altra Organizzazione internazionale, il Worldwatch Institute. Che, con il rapporto Nuclear Power in a Post-Fukushima World, mostra come, nonostante la spesa pubblica per la ricerca nucleare sia ancora oggi 5 volte superiore a quella destinata alle rinnovabili, dal 1980 sia costantemente calata a livello globale l’elettricità prodotta dall’atomo. Nel rapporto del World Watch Institute, infatti, si evidenzia come nel 2009 gli impianti abbiano prodotto 2558 TWh, registrando un calo di 103 TWh (circa il 4%) dal 2006. Per la prima volta, inoltre, l’energia prodotta con fonti rinnovabili ha superato la capacità nucleare installata.

Per il Worldwatch Institute non ci sono dubbi: la parabola discendente del nucleare nel mondo sembra ormai irreparabile. Un declino in corso da oltre trent’anni. Già nel 1990 il numero di reattori arrestati ha superato il numero di avviamenti. “Un trend confermato anche dai dati più recenti”, spiega Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF, che ha diffuso in Italia il documento: “Ad aprile 2011 risultano in funzione nel mondo un totale di 437 reattori nucleari per 30 Paesi, 7 in meno rispetto al massimo storico di 444 reattori nel 2002”. “Il Worldwatch Institute smentisce chi vuole reintrodurre il nucleare in Italia a scapito delle energie rinnovabili”, continua Midulla: “Il rinascimento dell’atomo è una favola che, sulla base delle cifre fornite dal prestigioso Istituto di Washington DC, risulterebbe invece per il Paese un pessimo investimento economico-finanziario”.

“Nonostante i titoli delle news Usa spesso suggeriscano che è in corso un rinascimento del nucleare – commenta il presidente dell’Organizzazione americana, Christopher Flavin – c’è stata una grande sopravvalutazione anche prima dell’11 marzo e il disastro del Giappone farà in modo che i governi e le imprese prendano in considerazione di rivedere i piani di costruzione di nuove centrali nucleari”. Già l’incidente di Three Mile Island causò drastici aumenti del costo del nucleare, ponendo fine alla costruzione di centrali atomiche negli Stati Uniti. Ed oggi, continua Flavin: “Per l’industria nucleare mondiale il disastro Fukushima è una storica, se non fatale, battuta d’arresto”.

In effetti un segnale arriva anche dal Paese del Sol Levante, ancora alle prese con la catastrofe di Fukushima: energie rinnovabili e risparmio energetico caratterizzeranno la politica energetica giapponese nei prossimi anni. Ad annunciarlo durante una conferenza stampa è stato il primo ministro giapponese Naoto Kan: alla luce del disastro nucleare degli ultimi due mesi (che ha portato Kan a rinunciare al suo stipendio fino a quando verrà tutto risolto), il governo ha deciso di rinunciare al progetto di ampliamento dell’energia atomica. Soddisfazione da parte di Greenpeace, secondo cui le affermazioni del premier giapponese “sono un’ulteriore dimostrazione che l’energia nucleare è definitivamente al tramonto”.

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