La macchina del fango(finita male) su Prodi e il csx, made in Burlesquoni, come sempre.

Rita Di Giovacchino per “il Fatto quotidiano

igor marini

La macchina della giustizia è spesso lenta, ma in qualche caso il tempo trascorso rende giustizia a vicende che per mesi tengono banco sulle prime pagine dei giornali, poi improvvisamente scompaiono, inghiottite dal polverone che esse stesse hanno sollevato. Ricordate l’affaire Telekom-Serbia che, a partire dal 2003, per quasi due anni ha tenuto sotto scacco Prodi, Fassino, Dini, Rutelli, Veltroni e perfino i cardinali Ruini e Martini? Una patacca, una colossale bufala, ormai è accertato.

L’autore, Igor Marini, è in carcere dal 20 settembre scorso, dopo la condanna a cinque anni per aver

calunniato il pm romano Maria Bice Barborini che accusò di non aver offerto abbastanza credito alla patacca medesima. Una vicenda legata al primo processo, quello sugli autori della finta truffa, ormai archiviato a Torino. Ora, dopo cinque anni, sotto accusa è finalmente Igor, il calunniatore, e alcuni soci. La sentenza è alle porte, i pm Francesca Loy e Giuseppe De Falco hanno chiesto 12 anni per Marini e pene varianti tra i 3 e i 6 anni per un’altra decina di imputati.

ITALO BOCCHINO

Igor è un personaggio surreale, da vecchia commedia all’italiana. C’è chi ancora ricorda quando si presentava a San Macuto accompagnato da Bmw con autista. Diceva di essere conte, parlava con eloquio fiorentino, ingentilito da erre moscia, poi perdeva le staffe e cominciava a berciava in romanesco verace. Un po’ attore, un po’ stantman, marito dell’attrice Isabel Roussinova, improbabile consulente finanziario, il conte Marini in questa storia deve rispondere di calunnia e false tangenti.

Come i due pay order da 125 mila euro destinati ai fantomatici Ranoc e Mortad, abbreviato di Ranocchio e Mortadella, cui aggiungere anche Cigogna che altri non erano se non Lamberto Dini, Romano Prodi e Piero Fassino. Tutto in questa storia fa acqua a partire dai nomi in codice degni del Corrierino dei Piccoli. Uno dei coimputati, Giovanni Romanazzi, durante il processo ha spiegato: “I pay order erano falsi, se ne accorgeva anche un bambino, li costruiva lui stesso al computer. Quando chiesi all’avvocato Fabrizio Paoletti di andare allo Ior,. per incassare gli ordini di pagamento, lui rifiutava dicendo che aveva paura di fare la fine di Calvi”.

Paolo Guzzanti

Tutto falso, pure l’impiegato firmatario non è mai esistito. I pm infieriscono su Igor, le cui panzane venivano appoggiate da una stampa asservita all’uso politico che della vicenda si fece e che ha segnato la nascita della “macchina del fango”. Dopo Telekom Serbia niente è stato più come prima e stavolta lo sostiene l’accusa. Interpellanze, interviste, strepitanti articoli di Paolo Guzzanti, all’epoca presidente della commissione Mitrokhin. Tutti a chiedere la testa di Prodi. Dice il pm De Falco: “Telekom Serbia è la madre di tutti i tentativi di denigrazione dell’avversario”.

ROMANO PRODI

E il pm Loy lapidaria aggiunge:”Le indagini hanno accertato l’inesistenza delle tangenti, al contrario hanno provato l’esistenza di calunnie verbali e documentali”. Parole pesanti anche nei confronti della commissione parlamentare, istituita nel marzo 2003, e presieduta da Enzo Trantino, pdl, la quale dopo un anno di audizioni e costose trasferte non arrivò a presentare in Parlamento neppure uno straccio di relazione finale (peraltro obbligatoria per legge). Convocato in udienza, Trantino non si è smentito avvalendosi di un “improbabile segreto di ufficio” si è defilato. La vicenda esplose il 16 febbraio 2001 con uno sfortunato scoop di Repubblica che titolò in prima pagina: «Le tangenti di Milosevic-Telekom in Serbia: il protocollo segreto tra Roma e Belgrado».

Nel 2002 Berlusconi decise di istituire la Commissione d’inchiesta. L’opposizione diede battaglia: una truffa impossibile perché, in base al nuovo sistema predisposto dal ministro del Tesoro Ciampi, per le società a partecipazione statale non era previsto alcun controllo da parte del governo, né alcuna autorizzazione su accordi di compravendita. A che titolo pagare una tangente a Prodi? Ma gli occhi erano tutti su Igor e le sue fantastiche ricostruzioni.

PIERO FASSINO

Lui arrivò a sostenere che “Mortadella”, “Cicogna” e “Ranocchio” erano i mandanti di un tentato omicidio ai suoi danno. L’apice fu raggiunto con il viaggio a Lugano della delegazione parlamentare-composta da due deputati, due poliziotti un magistrato e lo stesso Igor- a caccia di documenti da recuperare nello studio del notaio Boscaro, nel frattempo deceduto precipitando con il parapendio. Una missione rocambolesca. La polizia elvetica, non informata, trattenne la delegazione per cinque ore paventando l’accusa di «spionaggio economico».

Dei documenti che dovevano provare le accuse naturalmente nessuna traccia. Fassino accusò Palazzo Chigi di essere il mandante di Igor Marini, Berlusconi lo querelò chiedendo 15 milioni di euro, poi non se ne fece niente. In realtà, come ha ricordato il pm De Falco, “l’unico a guadagnarci qualcosa fu Italo Bocchino”. Due miliardi e mezzo di vecchie lire, incassati dall’esponente di Fli per un’intermediazione nell’acquisto di quote da parte di Telecom Italia. Fatto che non costituiva reato, ma forse conflitto d’interesse sì visto che era membro della commissione d’inchiesta Trantino. Ora il conte Igor dovrà studiare un’altra parte nella commedia di Telecom Serbia, quella del nobile detenuto.

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