Furio Colombo
Lampedusa ammutinati contro il cinismo
La sera dello stesso giorno giunge notizia della strage nel Mediterraneo. È affondato un barcone con seicento disperati in fuga dalla Libia, molti bambini, pochi salvati. La Padania intitola a tutta pagina: “Settimana anticlandestini”. Forse non sanno della strage in Libia. Invece un titolino spiega: “Affonda barcone con 600 a bordo”. La sera c’è un comizio di Bossi a Bologna. Accanto ha il ministro Tremonti. Quando tocca a lui, avverte la piazza: “State attenti o vi troverete presto con un sindaco di nome Alì”. È il mondo in cui Barack Hussein Obama è presidente degli Stati Uniti. Ma è il giorno in cui il premier ha dichiarato: “I pubblici ministeri che mi perseguitano sono un cancro da estirpare”.
Eppure, quella stessa notte, un barcone ha sbattuto sugli scogli davanti a Lampedusa (nel buio, senza alcuno strumento di soccorso) e stava rovesciando nel mare il suo carico di disperati, tra cui donne e bambini. Nel buio (pensate, ancora adesso Lampedusa è stata dotata di nulla) soldati, ufficiali, marinai, Guardia di finanza, Guardia costiera, vigili urbani, cronisti, cittadini di Lampedusa, hanno formato una catena umana passandosi corpi grandi e corpi piccoli, bambini spaventati e mamme che urlavano nomi. E hanno salvato tutti. Quasi tutti. Al mattino sono stati trovati tre cadaveri incastrati sotto la barca. Ma i bambini sono con le mamme, i papà hanno trovato i piccoli.
Questo è accaduto: l’Italia di Lampedusa si è ammutinata all’orrore a cui fino ad ora ha dovuto assistere e tutti (tutti) si sono buttati in acqua, nel buio, e ciascuno ha salvato chi poteva salvare. Forse il nostro Paese può ricominciare da qui, la parte decente e umana della sua Storia.
Il Fatto Quotidiano, 10 maggio 2011