Palermo, smantellato il clan di Porta Nuova Guadagnava anche da “Squadra antimafia”
Tra le persone arrestate a Palermo dai carabinieri, che hanno smantellato i mandamenti mafiosi di Porta Nuova e Bagheria, c’è anche un poliziotto, Matteo Rovetto, 58 anni,che ha prestato servizio alla Squadra Mobile del capolouogo siciliano fino a circa un anno fa, quando è andato in pensione.
Per 22 indagati, la Direzione distrettuale antimafia ha emesso provvedimenti di fermo per associazione mafiosa finalizzata alle estorsioni, al traffico di droga e alle rapine; per altre sei persone, già detenute per mafia, è stata disposta la custodia cautelare in carcere. L’indagine “Pedro”, durata 15 mesi, ha ricostruito l’organigramma dei due mandamenti. Gli inquirenti sono intervenuti mentre erano pienamente in corso le estorsioni ai danni di commercianti e imprenditori, anche per prevenire attentati incendiari o ritorsioni fisiche contro le vittime. Alcune delle quali hanno collaborato con gli investigatori. Dall’inchiesta sono emersi gli stretti rapporti tra i mafiosi di Porta Nuova e le famiglie palermitane di Pagliarelli, Santa Maria di Gesù, Brancaccio, Noce, Boccadifalco e Tommaso Natale, ma anche di Misilmeri e Bagheria.
L’ex agente è accusato di aver fatto da informatore a Calogero “Pietro” Lo Presti, nuovo capo del mandamento mafioso di Porta Nuova, destinatario anche lui di un provvedimento restrittivo. Secondo l’accusa, Rovetto gli avrebbe fornito a Lo Presti e ai suoi uomini notizie sui procedimenti penali e sulle indagini in corso nei loro confronti. Il poliziotto “talpa” avrebbe inoltre protetto la rete di spacciatori di droga controllata dai boss, avvisando della presenza delle forze dell’ordine nelle zone dove vendevano la droga, e aiutandoli a eludere le indagini. A Rovetto è stata contestata l’aggravante del favoreggiamento di Cosa Nostra.