Silvio, potresti andare a cagare?

Secondo un sondaggio presentato al Forum «QualEnergia» di Roma
Energia: agli italiani piace rinnovabile
Gradimento dell’ 80% per il solare ed eolico. Al nucleare, ritenuto «pericoloso e costoso» solo il 14%

ROMA – E’ il mix formato da energia solare più eolica quello che sta nel cuore degli italiani: l’80% di un campione rappresentativo della popolazione nazionale vorrebbe che fosse la fonte principale con cui produrre l’elettricità. Solo il 14% opta per il nucleare, di cui tanto si parla in questi mesi a causa del progettato rilancio da parte del governo. Questi dati, presentati al Forum Qual Energia, promosso a Roma da Legambiente e dal Kyoto Club, sono il frutto di una ricerca condotta da Lorien Consulting, un gruppo specializzato in indagini socio-economiche e del mensile La Nuova Ecologia. Dal nuovo sondaggio emerge una fotografia dell’Italia molto consapevole e informata sulle questioni energetico-ambientali che, per il 68,7% degli intervistati, rappresentano i problemi più rilevanti rispetto ad altri, come il rischio del terrorismo (22,1%) o la casa (4,9%). Sul nucleare in particolare emerge che più del 60% degli intervistati lo considera pericoloso e costoso e preferirebbe evitarlo.

DISPOSTI A PAGARE DI PIÙ – Ma il dato forse più significato emerso dall’indagine è quello relativo ai sacrifici che gli italiani sono disposti ad affrontare pur di garantirsi in futuro ambientale e dei sistemi di produzione energetici puliti. «Anche in tempi in cui si tende a diminuire il budget quotidiano (37,7% degli intervistati), gli italiani dichiarano un’aperta disponibilità a pagare di più per garantirsi energie pulite e sostenibili», ha riferito Antonio Valente, amministratore delegato di Lorien Consulting . Anche secondo il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza lo scarso indice di gradimento del nucleare dovrebbe fare riflettere: «Nonostante la recente pressione mediatica, la stragrande maggioranza del campione intervistato, a prescindere da fattori anagrafici, socio-economici e di appartenenza politica, definisce l’energia nucleare cara e pericolosa, e privilegia le fonti rinnovabili. Solo una minoranza (14%) indica il nucleare come fonte da preferire; una minoranza che, di fronte all’ipotesi di abitare vicino a una centrale o a un deposito di scorie radioattive, avrebbe comunque seri dubbi».

LE PERCENTUALI – Il Forum QualEnergia, giunto quest’anno al secondo appuntamento, propone tra i temi la crisi economica e gli stili di vita sostenibili e, nei propositi degli organizzatori, vuole essere un’occasione per dare una risposta ai problemi energetici: dai cambiamenti climatici ai limiti delle risorse. La crescente attenzione degli italiani per le energie rinnovabili è anche il tema di un rapporto presentato dalla Fondazione Sviluppo sostenibile presieduta dall’ex ministro dell’Ambiente Edo Ronchi, secondo cui, entro il 2020, un kilowattora su tre (pari al 33%) dell’ energia elettrica può essere prodotto utilizzando fonti energetiche rinnovabili. «L’attuale obiettivo di produrre entro il 2020 solo un kilowattora su quattro, pari al 25%, di energia elettrica utilizzando fonti energetiche rinnovabili –sostiene Ronchi – sarebbe infatti un freno alla crescita del solare, dell’eolico e delle biomasse: si può fare di più». Il 33% di rinnovabili, che corrisponde a 108 terawattora (Twh) di produzione nazionale al 2020 (partendo dai 58 prodotti nel 2008) comporta l’obiettivo di 50 nuovi TWh rinnovabili da produrre entro il 2020. Tale obiettivo è impegnativo ma, secondo la Fondazione Sviluppo Sostenibile, raggiungibile nel modo seguente: 22 Twh di nuovo eolico, 11 Twh di nuove biomasse e biogas, 7 Twh di nuovo solare, 5 Twh di nuovo idroelettrico.

Franco Foresta Martin
27 maggio 2009

°°° Come dire… silvio berlusconi e claudio scajola, ANDATEVELA A PRENDERE NEL CULO!

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Due cimiteri

FRANCESCATO: I SOLDI PER IL PONTE VADANO PER LA LOTTA AL DISSESTO IDROGEOLOGICO
E tornano i dubbi sul Ponte:
c’è il rischio sismico

Di Pietro attacca. Ma Lombardo: ogni occasione è buona per depredare il Sud

ROMA – «Ma che senso ha investire nel progetto del ponte sullo Stretto di Messina se non si riescono neppure a garantire i requisiti antisismici nelle abitazioni?». Nel giorno delle macerie, del sangue, dei morti, la domanda di Antonio Di Pietro scuote il buonismo politico. Il leader dell’Italia dei Valori la lancia dal suo blog, posticipando ogni polemica («oggi è il giorno della vicinanza anche al governo»). E si chiede «se invece di bruciare soldi in inutili opere faraoniche, non sia il caso di restituire i fondi sottratti ai Comuni affinché riescano a gestire la manutenzione, il restauro e la messa in sicurezza delle strutture pubbliche e private esistenti».

E’ un dubbio che ieri ha accomunato molti di fronte alle immagini delle case sbriciolate, le scuole pericolanti, i piloni stradali danneggiati e persino l’ospedale evacuato. Grazia Francescato, di Sinistra e Libertà, lo ha detto chiaramente: «Ci aspettiamo che il governo e il Parlamento destinino subito quanto stanziato dal Cipe per il ponte sullo Stretto di Messina, opera inutile e dannosa per l’ambiente, alla lotta al dissesto idrogeologico e alla messa in sicurezza degli edifici dal rischio sismico. È questa la vera priorità del Paese». Raffaele Lombardo, presidente dell’Mpa non vuole saperne: «Ogni occasione è buona per depredare il Sud anche di quello che non ha come il Ponte» accusa. E aggiunge: «Io prendo per buono l’impegno di Berlusconi a non mollare. Quanto alle risorse per i terremotati, si potrebbe rinunciare a una breve tratta dell’Alta Velocità al Nord, così adegueremmo gli orari del Nord ai ritardi delle ferrovie del Sud». Il vulcanologo Renato Funicello non entra nel merito della scelta: «Le tecnologie per costruire il ponte in maniera elastica e antisismica esistono. Decidere se e quanto spendere per realizzarlo è una decisione politica». Ma mette in guardia: «Lo Stretto di Messina è la zona a più alto rischio sismico d’Italia». Ed è proprio per questo che Mario Tozzi, il geologo divulgatore di Gaia, definisce «delittuoso» l’insistere nell’idea del Ponte. «A Messina — spiega — c’è ancora chi vive nelle baracche del terremoto del 1908. E lì, come del resto a Reggio Calabria, solo una casa su quattro è costruita con criteri antisismici. Se il Ponte da 6 miliardi di euro resisterà a un eventuale terremoto unirà due cimiteri».

°°° La stupidità e l’avidità dei destronzi come questo lombardo non finiranno mai di stupirmi. Riescono a sparare cazzate senza senso anche davanti a considerazioni inattaccabili di scienziati e fanno cadere le braccia, sciorinando idiozia pura, di fronte alle parole piene di buonsenso e pragmatismo della Francescato e di Antonio Di Pietro.

campata

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