Stralcio dal mio libro:Come vivere felici…” che potrete ordinare anche qui a destra…

Io c’ero…

Oggi si festeggia una ricorrenza che mi ha visto ancora una volta testimone. A quel tempo, eravamo considerati degli straccioni (ancora non si usavano le parole: capelloni, beatniks, hyppies, figli dei fiori, teppisti dei centri sociali, comunisti…) e sia Erode che i romani non ci vedevano di buon occhio. Se è per questo, non ci amavano molto nemmeno Caifa e i farisei. Ho vissuto questa storia dall’inizio e tutti i miei amici dell’epoca possono ben testimoniarlo: Arcisilvio Berlusconi, Umilio Fido, Bill Gates, Nelson Rockfeller, Gianni Minà, Sergio Bruni, Maria Rosaria Omaggio, il vecchio Bloomberg, Giuliano dei Notturni, Alessandro Macis e Donald Trump… che era un po’ come il Gasparri di oggi: ottuso e balordo. I ricordi sono confusi, ma delle immagini chiarissime mi si affacciano alla mente. Come quei due hyppies, Giuseppe e Maria, che avevano noleggiato una guida di nome Bertoladro rivelatosi presto un asino, che però si era rubato anche un asino abruzzese e lo aveva spartito con la sua cricca. L’avevano conosciuto al Bar Abba e si erano fatti portare fino a Betlemme (emme minuscola). Ricordo anche il clamore che fecero i due al loro arrivo: Maria infatti era stata la prima donna a ricorrere alla fecondazione artificiale e all’epoca non era roba da poco: anche se non esistevano ancora la Cei, Cl, e la mafia vaticana. Tutte le carovane e tutti i bivacchi parlavano di questa bella ragazza e del suo vecchio marito che non sapeva usare il bastone pastorale. Ne parlavano anche molte visioni, giacché le televisioni ancora non erano state inventate. Ricordo la grotta dove si erano rifugiati per permettere a Maria di sgravare al riparo dal gelo e dalla neve. Vennero addirittura dei re a rendere omaggio al primo neonato in provetta.

Rappresentava quasi un miracolo, a quel tempo. E vennero Melchiorre, Baldassarre, e un antico progenitore di Maurizio Gasparri, un certo Gaspare. Questi era invero ritardato o forse rincoglionito dalle sostanze che inspirava e inciampò subito all’entrata della grotta, facendo un volo disarticolato e andandosi a schiantare con il mento contro i legni che formavano una rudimentale mangiatoia, dove era stato riposto il bambino.

Oh, Cristo!” strillò Gaspare.

Bel nome, lo daremo al pupo!” fu il commento di Maria.

Oh, sì… ricordo che quello fu un fecondissimo periodo di grandi cambiamenti e nel quale videro la luce molti caposcuola di oggi. C’era un asino, vicino alla mangiatoia, e oggi basterebbe fare un giretto nei palazzi italiani del potere e tra i sindaci e gli assessori, per vedere quanto folta sia la sua discendenza. E c’era un bue, che oggi è diventato addirittura un popolo! E vota compatto a destra. Noi eravamo molto presi dalle occupazioni alternative, tipo comporre salmi e andare a scrocco a tutti i matrimoni e ai party esclusivi della Galilea bene e della Roma piaciona, e perdemmo di vista il piccolo Gesù. Lo incontrammo, con Alessandro Dumas padre, circa vent’anni dopo e lo portammo a puttane con noi. Fu una vera tragedia. Gesù infatti stava frequentando dei corsi di magia col mio amico Tony Binarelli (già allora molto vecchio, anche se chiamava nonno Arcisilvio) e ne combinava di tutti i colori. A fin di bene, naturalmente. Lui era un normalissimo perdigiorno, come noi, che scorrazzava in lungo e in largo con la sua band “gli Apostoli”, ma al tempo non aveva ancora avuto successo. I discografici erano ancora da venire e Lele Moric batteva nei cessi di Giabub.

Oggi, in pratica, Gesù è quasi come Elvis, ma allora non godeva di grande popolarità. E quindi, dicevo, faceva i suoi trucchi alle sagre paesane o nei mercati: trasformava l’acqua in vino, faceva uscire pani e pesci dal suo cilindro (che allora si chiamava turbante o safa oppure pagrì, ma anche turra, shamla, lahariya o falguniya. Ecc.)

MA QUESTO NELLE INDIE.

Un pomeriggio, ci trovammo in gruppo a spisciazzare copiosamente il vino acidulo che avevamo bevuto a un matrimonio fuori porta, in un boschetto dalle parti del Getsemani, dove l’attrazione era appunto Gesù, e ce lo portammo con noi a una casa di piacere. C’era un nuovo arrivo ed eravamo curiosi di testare di persona le grazie di questa Maria Maddalena: una francesina che proveniva dalla lontana Europa e che – si diceva – aveva imparato degli sfiziosi giochini al Crazy Horse.

Godetti io per primo della fatalona, poi toccò a Giuseppe d’Arimatea, quindi al vecchio Hank Bukowski, poi a Piersandro Bondi (che venne cacciato a suon di corno e fischi, anche dai profilattici di budello di montone) e infine lasciammo solo Gesù, che doveva essere svezzato. Stavamo bellamente sciacquettandoci i coglioni nell’abbeveratoio della piazza, quando fummo raggiunti dalle urla, dagli insulti, e dagli improperi della giovane prostituta. Ma non ce l’aveva con noi: uscì in strada inseguendo uno smarrito Gesù e inveendo contro di lui.

Cos’era successo?

In pratica, quello sciagurato, che non aveva mai visto una gnocca in vita sua, l’aveva presa per una ferita e l’aveva “guarita”!!! Sì, amici… con qualcuno dei suoi trucchi gliel’aveva cicatrizzata, chiusa, sigillata! Fuggimmo tutti a gambe levate, ognuno per una direzione diversa. I magnaccia erano personcine da evitare assolutamente: allora ti massacravano ancora coi pugnali, mica con le banche o con le leggi ad personam, come fanno oggi!

Rividi Gesù in circostanze davvero critiche: trascinava una pesantissima croce per la strada che porta al Golgota. Poverino, forse aveva davvero esagerato coi suoi giochetti magici e qualcuno si era fortemente risentito. Aveva una corona di spine e del sangue gli irrorava il volto. Il peso era insopportabile e sia io che l’incredibile Hulk cercammo di aiutarlo a sopportare il fardello, ma la folla e i soldati non ci lasciavano avvicinare. Cadde tre volte, povero Cristo. E ogni volta sbucava un cretino dalle retrovie, un certo Borghezio da Padania, che lo massacrava di nerbate, con un ramo sottile ma nodoso di olivastro.

Botte da orbi, finché un centurione compassionevole non lo allontanava di forza.

Al terzo assalto, questo energumeno si difese dicendo che credeva che stessero girando un kolossal, tipo I dieci comandamenti o Capri e che “lui sapeva la sceneggiatura a memoria

A ogni caduta, disse, c’è una “battuta” della Madonna”…

Borghezio, per una volta, non aveva capito una beata mazza.

Lo inchiodarono. Povero Cristo. C’era una bolgia infernale ai piedi del Calvario. Peggio di uno sciopero della Fiom. Era pieno di bancarelle, di ciarlatani e malfattori in cerca di borseggiare qualcuno. Ricordo un piccoletto pelato con l’accento brianzolo che vendeva dei grossi chiodi:

Chiodi Calvario! Chiodi Calvario! I chiodi della libertà! – gridava – I chiodi migliori del mondo, garantiti duemila anni! Chiodi Calvario, i migliori del mondo, non c’è Cristo che tenga. Lo giuro sulla testa dei miei figli, cribbio!

E Gesù languiva sulla croce, mentre un grasso soldato romano, ma originario del Sannio, un certo Mastellum, infieriva sul suo costato con una lancia intinta in aceto e sale.

A notte fonda, quando la folla si era assopita in preda alla stanchezza e ai fumi del pessimo vino di Galilea in brick, Gesù non aveva perso il suo brio né la voglia di scherzare. Con uno dei suoi trucchi alla Houdini, liberò mani e piedi dai chiodi e sgattaiolò dietro un manipolo di soldati. Uno di loro aveva appena vinto una potente moto Honda 500 ai dadi e vi si era accovacciato contro, in preda a Morfeo. Gesù lo spostò delicatamente e, saltato in sella, cominciò a fare cross e impennate come un Valentino Rossi in preda all’euforia. Prontamente, fu inseguito, placcato e preso da mezza coorte incazzata, fu disarcionato e venne fatto oggetto di altre tremende percosse. A nulla valsero le preghiere di sua madre. “Lasciatelo stare – supplicava Maria – è LA SUA PASSIONE…

si riferiva alla moto, naturalmente.

Più tardi ci fu una specie di apocalisse, il cielo venne squassato da tuoni e fulmini e si udirono delle strane voci cavernose.

Si udirono persino le minchiate di La Russa e lo starnazzare della Santanché:

Mi lasci parlare… mi lasci parlare… mi lasci parlare! Non mi interrompa… non mi interrompa… non mi interrompa!”

E un’altra voce invasata che sovrastò stridula tutti gli elementi infuriati:

CAPRA! CAPRA! CAPRA!”

Io e Hank reputammo che era arrivata l’ora di andarcene. Avevamo due biglietti per il match clou del Madison Square Garden e ci mettemmo in cammino.

arma

Condividi
  • Facebook
  • Digg
  • Google Bookmarks
  • Live
  • YahooMyWeb
  • LinkedIn
  • StumbleUpon
  • Twitter