La mafia a Milano c’è da quarant’anni Ce la portò Dell’Utri

La mafia a Milano c’è da quarant’anni Ce la portò Dell’Utri

di Saverio Lodato

Ora non solo sappiamo che la mafia a Milano c’è e c’è sempre stata. E da alcuni decenni. Ma sappiamo anche chi ce l’ha portata: Marcello Dell’Utri. Molti dovranno farsene una ragione. Le motivazioni della sentenza della seconda sezione di corte d’appello di Palermo che ha condannato per concorso in associazione mafiosa a sette anni, in appello, uno dei fondatori di Forza Italia, costituisce un illuminante promemoria. Parliamo di «promemoria» perché le 641 pagine depositate non contengono, a volere essere rigorosi, scoperte o rivelazioni giudiziarie o sociologiche , sul fenomeno dell’infiltrazione di Cosa Nostra, racchiudendo invece – naturalmente – una caterva di fatti che riguardano l’imputato (anche se lui è convinto di cavarsela dicendo che i giudici di secondo grado hanno “ricicciato” il lavoro di quelli di primo grado).

Il promemoria ci ricorda quando, negli anni 60 e 70, i vertici di Cosa Nostra ritennero che i tempi fossero ormai maturi perché l’organizzazione criminale cercasse fortuna, ramificazioni e insediamento sociale, proprio al Nord. Già gli atti della commissione parlamentare d’inchiesta, istituita nei giorni immediatamente precedenti la strage di Ciaculli (1963), indicano, nella città di Milano, il nuovo palcoscenico delle cosche palermitane, così dimostrando, sin da allora, che la favoletta di una mafia made in Sicily non corrispondeva più alla realtà. Non è infatti un caso che, poco dopo, inizio anni 70, l’industria del sequestro di persona, bandita in Sicilia per volere di Luciano Liggio – uno dei primi capi corleonesi, antesignano di Riina e Provenzano – e con apposito pronunciamento della «commissione», iniziò a essere praticata nel Nord Italia (Lombardia e Piemonte).

L’ultimo sequestro a Palermo, quello dell’imprenditore Luciano Cassina (avvenuto il 16 agosto 1972 e concluso il 7 febbraio 1973 dietro pagamento di oltre un miliardo di riscatto) aveva infatti portato i capi mafia alla conclusione che fossero più i contro che i vantaggi, poiché la pressione delle forze dell’ordine aveva inevitabilmente contraccolpi negativi sui traffici di Cosa Nostra. Da qui la

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