Le solite porcate di mafialand

Il trionfo dei conflitti di interesse
di ROBERTO RHO

MILANO – Trecentosettanta quattro giorni dopo la vittoria di Parigi – quando batté la non irresistibile concorrenza di Smirne – Milano ha la sua società di gestione dell’Expo. Ci sono voluti dodici mesi di trattative, spesso litigi, qualche volta vere e proprie faide nel centrodestra, per mettere insieme i cinque nomi del consiglio di amministrazione.

Sul nobile tema scelto dal sindaco Letizia Moratti per conquistare il consenso internazionale – “Nutrire il pianeta, energia per la vita” – nessuno ha più speso una parola, fin qui, né tantomeno elaborato un progetto, consultato un’università, commissionato uno studio. In compenso si è parlato tantissimo di investimenti, infrastrutture, padiglioni, grattacieli, hotel e centri commerciali. Senza che vi sia la certezza che per la realizzazione di tutto ciò ci siano effettivamente i soldi, giacché tutto quello che ha ottenuto la Moratti è che il Cipe recepisse una lista di opere da finanziare, in futuro.

Insomma, quella che a tutti – a destra e a sinistra, al governo Prodi di allora, a quello attuale di Berlusconi, fino alle amministrazioni locali – è sembrata fin dal principio una straordinaria opportunità per riflettere su un tema epocale come la nutrizione del mondo, per offrire a Milano, all’intero paese una grande vetrina internazionale, e a Milano in particolare di ripensare e ridisegnare un progetto di città all’altezza con le metropoli europee, è stata fin qui svilita in una assurda guerra di potere e di poltrone. Il risultato di tutto ciò è un assetto di gestione dell’evento tutt’altro che ideale. Al timone, notizia di ieri, Lucio Stanca, scelto dal premier e rispettosamente nominato ieri dagli azionisti. Tra le polemiche: Stanca, infatti, non ha nessuna intenzione di dimettersi dal Parlamento (è deputato Pdl alla Camera) fino a che la giunta di Montecitorio non avrà deciso sull’incompatibilità dei due incarichi. Incompatibilità che – quand’anche formalmente controversa – è nella sostanza evidentissima: Milano e l’Expo hanno bisogno di un manager a tempo pieno, capace di mettere in moto una macchina che già in partenza si muove con un anno di ritardo. Quale dei due impegni sacrificherà, l’onorevole Stanca?

E poi c’è la questione dello stipendio, che pure ha scatenato polemiche ed è la ragione per cui la Provincia di Milano ha votato contro la nomina: 480mila euro, tra retribuzione e bonus. Che se confrontati con i milioni di euro dei banchieri non sono molti, che sono qualcosa meno di quanto inizialmente previsto, ma sono parecchio più di quello che le leggi vigenti – derogate ad hoc dal decreto con cui Berlusconi fissa i criteri di governance dell’Expo – e forse anche il buon gusto avrebbero suggerito in una stagione come questa. Quanto a buon gusto, Stanca sarà del resto in buona compagnia. La società Expo 2015 era e resta presieduta da Diana Bracco, che è stata a lungo ed è ancora per qualche mese presidente degli industriali milanesi. Dunque, in patente conflitto di interessi: il massimo rappresentante degli interessi privati guida la società che dovrà gestire miliardi di euro pubblici, da distribuire tra le imprese (private) che costruiranno strade, metropolitane, padiglioni, residenze. E che le aziende private hanno già scatenato una vera e propria caccia all’affare, intorno all’area dell’Expo, la Bracco non può non saperlo: la giunta di centrodestra di Rho, il comune dove ha sede la Fiera, ha già detto sì al cambio di destinazione d’uso di un’area industriale, di proprietà del gruppo Bracco, a cinque minuti di auto dai padiglioni espositivi. Dove c’era un’azienda di profumi saranno costruiti un hotel e un centro commerciale.

°°° Voglio solo ricordare, per chi fosse distratto, che anche questo è un regalo di Prodi: grazie al suo indiscusso prestigio internazionale. Voglio ricordare anche che l’unico “amico” di burlesquoni: bush… votò per Smirne e quindi CONTRO MILANO!

oscenita

milan

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