Burlesquoni: come ti distruggo la Rai coi servi striscianti

LA STRUTTURA DELTA IN RAI

Le telefonate intercettate nel 2005, nell’ambito dell’inchiesta Hdc. Da Deborah Bergamini a Pionati a Mimun, tanti si attivano per addolcire a Berlusconi il boccone amaro delle Regionali, ma anche per discutere con la supposta “concorrenza” i palinsesti più favorevoli al “Biscione”. Fino alla costituzione di una “task force” per controllare e disinformare. Un gruppo che funziona ancora…

la RepubblicaServizi di ALDO FONTANAROSA, WALTER GALBIATI, MASSIMO GIANNINI, EMILIO RANDACIO
A cura di  ADELE SARNO
Montaggio a cura del VISUAL DESK
PERCHÈ QUESTA INCHIESTA
L’ANALISI MASSIMO GIANNINI

Un palinsesto unico delle notizie
E’ il governo del Grande Fratello

Un palinsesto unico delle notizie E' il governo del Grande Fratello

Mauro Masi, ex dg Rai

Una centrale capace di addomesticare l’informazione per renderla funzionale al berlusconismo al potere, una squadra di professionisti segreta e incistata dentro le istituzioni per condurre una guerra di propaganda al servizio del Capo. In questo caso la “macchina” produce il “pongo” per deformare ogni cosa e il “fango” per stroncare gli avversari

La “centrale unica” di un’informazione omologata e addomesticata, al servizio sordo e cieco del berlusconismo al potere. E’ questo il vero Grande Fratello, pervasivo e tecnicamente eversivo, che si affaccia in Italia nell’autunno del 2007, quando la Procura di Milano scoperchia il vaso di Pandora dell’inchiesta sul fallimento della Hdc, la holding di Luigi Crespi, ex sondaggista ed ex spin doctor di Berlusconi. Da quel filone di indagine si dipana un groviglio velenoso e incestuoso di rapporti, personali e istituzionali, il cui obiettivo è uno solo: piegare Rai e Mediaset, insieme, dentro una logica di guerra da propaganda unilaterale, dove le informazioni negative e sconvenienti per il Cavaliere vengono filtrate e neutralizzate, e dove le informazioni “diversive” vengono invece sparate come armi di distrazione di massa.

Centinaia di intercettazioni telefoniche, attivate dalla primavera del 2005 in poi, squarciano il velo di un unico, blindato e artefatto “palinsesto” che un gruppo ristretto di donne e di uomini, di provata fede berlusconiana, propina ogni giorno al Paese. Dirigenti del servizio pubblico al soldo effettivo o informativo del premier (da Deborah Bergamini a Gianfranco Comanducci o Fabrizio Del Noce). Manager incardinati nel cuore dell’impero privato del Cavaliere (da Mauro Crippa a Niccolò Querci o Giampiero Cantoni). Giornalisti buoni per tutte le stagioni e per tutte le occasioni (da Bruno Vespa a Clemente Mimun o Francesco Pionati). La “rete” che si attiva, alla vigilia e a cavallo delle elezioni amministrative dell’aprile 2005, è impressionante. La “regia comune” (secondo la definzione dell’Agcom) ha un obiettivo preciso: nascondere all’opinione pubblica i numeri della debacle elettorale di Forza Italia. Le parole contano, in questo brogliaccio della “disinformatsia organizzata” che squalifica la nostra democrazia.

“L’informazione deve essere un presidio anti-guai”, esige Berlusconi. E allora: “La Rai così com’è non gli serve” (Bergamini). C’è “un piccolo raggruppamento da realizzare” (Alessio Gorla, responsabile risorse di Viale Mazzini). “Fatti capo di una squadra che si ripropone al presidente” (Pionati). “Fategli mettere in programmazione Carol, parlaci tu, mettessero Carol, noi mettiamo chi se ne frega” (Bergamini a Carlo Nardello, direttore Strategia della Rai, perché convinca Mediaset a mandare un documentario su Wojtyla e non approfondimenti sulle elezioni). “Abbiamo fatto uno sforzo della madonna per far passare il messaggio dell’anticomunismo” (Mimun, dopo la morte di Giovanni Paolo II). “Abbiamo costruito questa roba apposta” (Benito Benasi, a proposito dei sondaggi manipolati che nascondono l’11 a 2 che si profila come risultato delle regionali favorevole al centrosinistra). “Non date ancora questi risultati a Porta a Porta” (Flavio Cattaneo, direttore generale Rai). E poi, degna conclusione della tragica farsa: “Bene, basta saperlo” (Bruno Vespa).

Sono solo alcune delle tante “perle” intercettate dalla Guardia di Finanza e agli atti di questa inchiesta. Rispetto alla quale si ripeterà la solita solfa autoassolutoria: tutto è stato archiviato. Ed è vero. Ma quello che emerge dalla vicenda è un “paradigma”, un “metodo di governo” che non necessariamente ha a che vedere con la rilevanza penale, ma che rimanda inequivocabilmente a una questione morale. Che oggi, come dimostra ciò che è accaduto a Michele Santoro e come conferma la nuova inchiesta della procura di Napoli, è più viva che mai. Una questione che ripropone alla pubblica opinione l’esistenza di una “intercapedine del potere”, collocata tra la politica, l’informazione e la magistratura. Sofisticata, capillare e onnipotente. Capace di manovrare dietro le quinte, nella zona grigia in cui le “notizie” da nascondere sono merce preziosa, ma le “non notizie” da diffondere, a volte, lo sono ancora di più.

Dunque un’organizzazione non istituzionale, ma saldamente incistata dentro le istituzioni. E perciò per sua natura occulta, come fu la P2. Per questa via, da quella Loggia torbida guidata dal Grande Burattinaio Licio Gelli, si transita negli anni successivi per la loggia Rai-Set, si passa per la P3 di Anemone e Balducci e si arriva oggi alla P4 di Bisignani. Con un filo rosso di continuità ideologica e “programmatica”, che lega la Prima alla Seconda Repubblica e che si dipana intorno all’unico uomo capace davvero di attraversarle entrambe: da imprenditore beneficiario dei decreti televisivi e dei favori di Craxi, e poi da presidente del Consiglio proprietario del duopolio tv, ideatore iniziale del partito-azienda e utilizzatore finale delle leggi ad personam.

E’ quella che abbiamo ribattezzato la “Struttura Delta”, che allora fece sul campo la sua prova di esistenza in vita, e che oggi continua ad operare, nelle pieghe di un sistema ambiguo e protervo, costruito intorno al conflitto di interessi berlusconiano, e che si occupa e si preoccupa di imprimere lo “spin” della fase. Dirottando l’attenzione sui temi neutri, e depistandola da quelli più “sensibili”. La più grande agenzia di newsmaker della nazione, cioè il governo, punta così a dettare i “titoli” della giornata all’intero network politico-mediatico. E continua a riunirsi, talvolta persino alla luce del sole. Come è capitato lo scorso inverno, quando in piena crisi con Fini e con la magistratura il Cavaliere ha riunito a Palazzo Grazioli, sotto la regia dell’onnipresente Crippa e del direttore delle relazioni esterne Fininvest Franco Currò, i suoi direttori d’area, da Giuliano Ferrara ad Alessandro Sallusti, da Maurizio Belpietro a Giorgio Mulè. Come è capitato due settimane fa, quando in piena crisi su “Annozero” il premier ha riunito a Palazzo Grazioli i consiglieri Rai di osservanza forzaleghista, Giovanni Bianchi Clerici, Antonio Verro, Alessio Gorla e Guglielmo Rositani.

La Struttura Delta lavora sulla diversione, come “macchina del pongo”. Maneggia e plasma numeri e fatti, alterandoli, che il circuito di riferimento (Transatlantico, telegiornali, quotidiani e riviste) frulla e rimette in circolo per orientare o disorientare i cittadini-utenti-elettori. Ma la Struttura Delta lavora anche sulla distruzione, come “macchina del fango”. E’ il cosiddetto “metodo Boffo”, che attinge alla peggiore scuola americana. Lo spiega Stephen Marks (spin doctor dei repubblicani ai tempi di Bush) nel suo “Confessioni di un killer politico”: si tratta di mettere in piedi una “squadra di rat-fuckers” che rovistano nelle pattumiere dei nemici politici, cercano nel passato documenti, dichiarazioni, episodi biografici, problemi familiari, investimenti, fotografie. Tutto è buono, tutto torna utile per fabbricare fango. Vero, verosimile, falso: non importa, purché si sporchi un’immagine, si offuschi una reputazione, si macchi una credibilità.

Oggi, a distanza di sei anni dall’inchiesta Hdc, la squadra dei “topi-fottitori” si è evoluta. Ha perfezionato il suo know-how. Ha raffinato le sue tecniche. Ma è ancora tra noi. Alle dipendenze del Capo di sempre, che resiste e lotta a dispetto del suo stesso declino. E che per questo è più pericoloso. Il Pdl non c’è più, o forse non c’è mai stato. La Struttura Delta c’è stata, e c’è ancora. E’ uno scandalo della democrazia.
m. giannini@repubblica. it

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La struttura Delta

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http://www.byoblu.com/post/2009/04/16/San-Tommaso-aveva-ragione!.aspx

Ogni decisione che prendiamo dipende da ciò che sappiamo. Quello che sappiamo si basa sulle informazioni che abbiamo. L’informazione ha smesso di essere diretta molto tempo fa. L’informazione è mediata. I media sono una lente deformante che concentra l’attenzione sulle notizie. Alcune vengono nascoste. Alcune esaltate. Spesso vengono storpiate. Chi controlla l’informazione, controlla le nostre decisioni. Chi controlla le nostre decisioni, controlla il mondo.

Una volta era più semplice. Ciò che accadeva nelle tribù, nei villaggi, nei feudi non aveva bisogno di giornalisti per essere raccontato. Tra la fonte e l’informazione c’era una corrispondenza diretta che non lasciava spazio alle strumentalizzazione. Oggi non sappiamo più niente. Crediamo di sapere. In realtà conosciamo solo illusioni, prodotti finali frutto di reinterpretazioni a cascata che orientano il senso delle cose. San Tommaso aveva ragione. Aveva capito tutto. Aveva capito che se voleva essere sicuro di qualcosa, doveva metterci il naso. Poi l’hanno convinto a credere. Senza riflettere. E l’hanno fregato.

La televisione americana è stata pensata per rivolgersi a un pubblico di dodicenni. E noi dietro. Fate fatica a crederci? Guardatevi un qualsiasi estratto di una puntata del Grande Fratello. Vedrete uomini e donne comportarsi come preadolescenti sotto l’effetto di psicotici. L’educazione non è un’attività racchiusa tra le pareti di un’aula scolastica. Tutto ciò che vediamo ed ascoltiamo ci educa. Quando le immagini non erano ancora scollegate dal fluire del contesto reale, eravamo educati alla vita dalla vita stessa. Guardavamo il mondo davanti ai nostri occhi per come era, e imparavamo. Oggi guardiamo il mondo per come viene rappresentato. E impariamo non ciò che è ma ciò che appare. Ma l’apparenza inganna. E’ il mito della caverna di Platone.

Non fate guardare la televisione ai vostri figli. Non guardatela neppure voi. Togliete alla struttura delta il più grande strumento di ipnosi collettiva mai concepito a memoria d’uomo.

«La realtà è che in questo Paese ha operato e probabilmente sta operando da anni una vera e propria intelligence privata dell’informazione che non ha uguali in Occidente, un misto di titanismo primitivo e modernità, come spesso accade nelle tentazioni berlusconiane. Potremmo chiamarla, da Conrad, “struttura delta”. Un’interposizione arbitraria e sofisticatissima, onnipotente perché occulta come la P2, capace di realizzare un’azione di “spin” su scala spettacolare, offuscando le notizie sgradite, enfatizzando quelle favorevoli, ruotando la giornata nel senso positivo per il Cavaliere.» [Ezio Mauro – La Struttura Delta – La Repubblica – 22 novembre 2007]

Non comprate televisori. Non fatevi ingannare dalle pareti dei centri commerciali addobbate di monitor LCD sgargianti e luminosi, dalle caratteristiche tecniche di schermi al plasma sempre più definiti e piatti. Farete un mutuo per acquistarli e non potranno mai mostrarvi quello che non viene trasmesso. Pagare per essere manipolati è il colmo.

Comprate e regalate computer, connessioni alla rete, create consapevolezza. Risvegliate tutti.

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