L’Italia che muore

IL RETROSCENA. Tarantini, la Costa Smeralda come esca per la politica
Al centro dell’inchiesta c’è un giovane leccese accusato di spaccio
La villa da 100mila euro al mese
con Elvira, Angela e Sabina

di CARLO BONINI

Sabina Began

sbina

BARI – In un’indagine per sfruttamento della prostituzione che somiglia sempre di più a una matrioska, ballano ora una storia di cocaina e tre nuovi nomi di donne. Sabina Began, Angela Sozio, la deputata Elvira Savino. Due di loro, la Sozio (ex ragazza Grande Fratello, catturata dall’obiettivo di Antonello Zappadu in grembo al Presidente del Consiglio già nel 2007 nel Parco di Villa Certosa) e la Savino, non è chiaro in che contesto e in quale veste. Se cioè perché oggetto delle conversazioni intercettate di Gianpaolo Tarantini o perché indicate da testimoni che frequentavano le feste del premier. La Began, al contrario, perché anello cruciale della catena che annoda l’imprenditore barese al Presidente del Consiglio.

Showgirl di origini slave che ha tatuate sul corpo le iniziali S. B., “l’uomo che mi ha cambiato la vita”, la Began è accompagnata ormai da una letteratura che l’ha battezzata “l’ape regina” del premier. Nella sera della vittoria elettorale del centro-destra – si è letto nelle scorse settimane – è a palazzo Grazioli, sulle gambe di Silvio Berlusconi che canta “Malafemmena”. Ma, a stare alle acquisizioni dell’inchiesta barese, ricorre ora con costanza nelle conversazioni intercettate di Gianpaolo Tarantini. Frequenta le ville sarde dell’uno (la notte di Ferragosto 2008, è tra i 400 ospiti della festa che dà Tarantini) e dell’altro (fonti qualificate riferiscono che sia stata lei a introdurre a Villa Certosa la showgirl Belen Rodriguez). Lavora da vaso comunicante tra le ragazze del giro dell’imprenditore e quelle ammesse al cospetto del Presidente del Consiglio. E’ il relé che, in Sardegna, trasforma Gianpaolo in “Giampi” e la sua villa in un indirizzo – un set sarebbe più corretto dire – che conta.
Anche per questo, nel lavoro istruttorio della Procura di Bari, Roma pesa quanto la Sardegna e Palazzo Grazioli quanto la villa di Capriccioli, a Porto Cervo, il luccicante retiro che Tarantino sceglie come piedistallo per guadagnare la benevolenza del premier. Un gioiello incastrato nelle rocce e avvolto dalla macchia che si aprono su Cala Volpe. Non troppo lontano da Villa Certosa. Un angolo di straordinaria bellezza dove – ne sono convinti gli inquirenti – l’imprenditore costruisce un suo nuovo pantheon. L’affitto della villa – riferisce una fonte che ha frequentato la casa – ha un prezzo spettacolare, 100 mila euro al mese, perché spettacolare deve essere il trampolino di lancio di quel “ragazzo” di 35 anni barese che nessuno conosce e che, improvvisamente, a Porto Cervo diventa per tutti “Giampi”. In un’estate – quella del 2008 – che deve appunto segnare il suo passaggio definitivo dall’orbita redditizia, ma defilata, dagli appalti e forniture ospedaliere, a quello della consulenza nel business che conta e che ha bisogno della politica per camminare. E che diventa – ecco l’altra novità dell’inchiesta – cornice di una storia di cocaina.

Nella villa di Capriccioli, infatti, lavora, con personale filippino, un quarantenne che di nome fa Alessandro Mannavini. E’ un leccese di buona famiglia che, a giugno del 2008, Tarantini – come conferma uno dei suoi avvocati, Nicola Quaranta – assume con le mansioni di autista personale. Mannavini, in vita sua, l’autista non lo ha mai fatto. Ufficialmente, ha lavorato per compagnie di charter nautico, anche se non risulta avere la patente che abilita alla navigazione oltre le 6 miglia. Sta di fatto che il tipo balla in villa una sola estate. Assunto a giugno, viene licenziato a settembre 2008, perché, ufficialmente, si lamenta con il suo principale “delle modeste mansioni cui è stato assegnato”. Guidare, ma persino dare una mano ai filippini in cucina. E’ un fatto che, un mese fa, Mannavini entra negli uffici del sostituto procuratore della Repubblica, Giuseppe Scelsi, per essere interrogato come indagato per detenzione e consumo di sostanze stupefacenti. Cocaina. Il suo nome salta fuori nelle intercettazioni sulle utenze dei Tarantini e lui, con il pubblico ministero, ammette. Ma Scelsi ha un’altra curiosità. Chiede all’ex “autista” se ricorda i nomi di ragazze che frequentavano la villa. La risposta è generica: “Ne giravano talmente tante di belle ragazze che non ricordo”.

Marco Vignola, avvocato di Mannavini, conferma la circostanza dell’interrogatorio e dice: “Il mio cliente si è detto del tutto estraneo alla vicenda delle ragazze e risponde di un reato diverso per il quale vedremo di qui in avanti quali iniziative istruttorie prendere”. Non è chiaro se Mannavini indichi o meno il suo pusher. Non è chiaro se Mannavini sia il solo ad essere accostato alla cocaina nella villa. E’ un fatto che chi lo ha conosciuto quell’estate sostiene che si muovesse più da uomo di pubbliche relazioni e organizzatore di feste che da autista (“Una sciocchezza”, dice l’avvocato Vignola).

LE SQUILLO SVOLAZZANO DA UNA VILLA A UN PALAZZO, MENTRE L’ITALIA PIANO PIANO MUORE…

angelo

italia-muore

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