Al Cafone come Al Capone: rischia la galera sul serio stavolta e per un reato lieve!

Quelle telefonate di Ruby
“Ha fatto sesso con il premier”

Su Berlusconi il rischio del carcere.

La ragazza avrebbe ammesso ciò che adesso nega: “Mi pagano per parlare e mi pagano per tacere, così sono diventata ricca”. Dai racconti di altre donne emergono i dettagli delle notti del Drago

di PIERO COLAPRICO e GIUSEPPE D’AVANZO
MILANO – Se Niccolò Ghedini ci ha messo del suo, in questa storia pasticciata non manca la mano di Silvio Berlusconi. Il premier oggi rischia di finire prigioniero dello stesso dispositivo che il suo governo ha preparato per castigare papponi, immigrati e predatori metropolitani. Come loro, può finire in carcere. Anche se il reato che gli viene contestato ha come pena massima tre anni. È vero, in Italia, nessuno entra davvero in una cella per una condanna così mite. C’è un ma.

Il Cavaliere, per fare la faccia feroce, sospinto dai leghisti e dagli utili elettorali della “politica della paura”, ha pensato di escludere dai benefici carcerari un bel gruppo di reati, considerati di “particolare pericolosità sociale”. Tra questi delitti c’è anche il crimine che gli viene contestato. Favoreggiamento della prostituzione minorile, secondo comma dell’articolo 600 bis: “Chiunque compia atti sessuali con un minore di età compresa tra i 14 e i 18 anni, in cambio di denaro o di altra utilità economica, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a euro 5.164”.

Qualche sciocco ironizza sull’esiguità della pena, come se la limitatezza della sanzione rendesse trascurabile il reato, e quindi imperdonabile l’iniziativa della procura di Milano. Quello sciocco ignora che, se dovesse volgere al peggio, non ci possono più essere scappatoie per il capo del governo, perché in questo caso non esiste la

discrezionalità
dei giudici. Anche se dovesse essere condannato (per dire) a una settimana di reclusione, a due giorni di carcere, nessun cavillo o prodigalità potrebbe impedire che quella settimana, quei due giorni, Silvio Berlusconi li sconti davvero. Lo dice – e la procura milanese lo sa bene – l’articolo 4 bis del nuovo ordinamento penitenziario. Leggiamolo: “Divieto di concessione dei benefici e accertamento della pericolosità sociale dei condannati per taluni delitti. 1. L’assegnazione al lavoro all’esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione (…) possono essere concessi ai detenuti e internati per i delitti commessi per finalità di terrorismo, di mafia, per i responsabili di reati di cui agli articoli 600, 600 bis, primo comma, 600-ter, primo e secondo comma, 601, 602… solo nei casi in cui tali detenuti collaborino con la giustizia”.

Gli avvocati del presidente, Niccolò Ghedini e Piero Longo, sono consapevoli del baratro che Berlusconi potrebbe avere dinanzi. Ma quel che più li preoccupa oggi non è la futuribile settimana di carcere del premier (a quel punto tutto già sarebbe stato perduto), ma il fantasma di un’incombente rovina della sua immagine. Mancano poche ore al materializzarsi di questo incubo, con l’arrivo domani alla giunta per le autorizzazioni di Montecitorio, e quindi ai politici di tutti gli schieramenti, delle trecento pagine che raccolgono, per i pubblici ministeri, “le prove evidenti” della colpevolezza di Berlusconi. E’ l’invito a comparire, insieme con la possibilità di giudizio immediato, che diventa pubblico.

Per quel che se ne sa, ci sono intere pagine con lunghe conversazioni, appassionati sfoghi che disegnano una scena convergente, sino al millimetro, con quanto, quasi due anni fa, Veronica Lario ha raccontato al Paese, ai più cari amici del marito (a cui s’era rivolta per avere un aiuto). Ricordiamo le parole della moglie separata del premier: “… figure di vergini che si offrono al drago per rincorrere il successo, la notorietà e la crescita economica”.

Quando “le carte” potranno essere rese note, si toccherà con mano quanto la metafora del Drago, l’atmosfera di violenza che evoca, il dominio dei corpi e l’uso dei corpi come strumento di promozione sociale ed economica, siano concretissimi. Tangibili e realistici non nella polemica di una donna ferita dal tradimento, ma nella vita segreta e nelle ossessioni private del tycoon che si è fatto capo del governo. E lo sono oggi, in questi giorni, in queste stesse ore, perché – è lampante dalla lettura delle carte, a quanto pare – Berlusconi non controlla la sexual addiction che si manifesta nella ritualità del bunga bunga. Anche se consapevole dei racconti di Ruby ai pm la scorsa estate, dei guai che gliene sarebbero forse venuti, dell’attualità del vaglio dei comportamenti illeciti nelle sue ville e palazzi, il Cavaliere non è riuscito e non riesce a fermarsi. La testimonianza della ragazza che ieri abbiamo chiamato A, riminese, studentessa modello, amica di scuola di Nicole Minetti, è più che esplicita.

A spiega alle sue amiche (e infine ai pm) quanto quell’uomo sia “malato”. Di come ogni parola, ogni gesto, lo stesso sguardo durante quelle serate “imbarazzanti”, abbiano più a che fare con un girone infernale che con un magnifico eden del piacere. È una fiaba che siano “serate rilassanti”. È un’illusoria leggenda il consesso di misurata e raffinata allegria dove “quel che accade non può far vergognare nessuno”. Chi ha letto le carte usa queste parole: “Alcune scene oscillano tra lo squallore e l’orrore”. Si legge di ragazze madri, che – andati via gli Apicella, i cortigiani, gli ospiti di rango – restano là di sotto, nella sala sotterranea del bunga bunga, e si offrono al Drago per bisogno. Il Drago, con il suo sorriso fisso, finge a volte di non capire. Ascolta quei drammi, perché gli vengono raccontati – e un po’ si assomigliano tutti – eppure chiede il “sacrificio”: quelle donne sono lì per confermarlo nella sua illusione di immortalità.. Poi spesso aiuta, è vero, ma è un soccorso o è un compenso? È un fatto che quel che egli chiede e pretende, gli deve essere dato.

Chi ha letto le carte sostiene che c’è qualcuna che è stata terrorizzata da questa atmosfera cupa, dispotica non nelle parole, sempre gentili, ma nei gesti, nei comportamenti, nei desideri, nell’umiliante sottomissione che ne è il frutto. “Sono donne giovanissime, venti, ventidue anni”, racconta una fonte vicina all’inchiesta. “Molte di loro non hanno avuto una vita felice, costrette come sono al mestiere, anzi involgarite dal mestiere, eppure tra di loro c’è chi, dopo quelle cerimonie, dopo essere stata coinvolta in serate via via incandescenti, non ne ha voluto più sapere di tornare, era sbigottita, come preda di un malessere”.

È in questo palcoscenico che nel febbraio 2010 appare, nel giorno di San Valentino, la diciassettenne Ruby. Una ragazza “scappata di casa”, fuggita o allontanata da più d’una comunità. A Milano “senza fissa dimora”. Una che nel concorso di bellezza siciliano, dove ha vinto una fascia vattelapesca, alla presenza di Emilio Fede, commuove le altre concorrenti e i promoter: “Dormo in strada, non ho da mangiare, ho sedici anni e lavorare nello spettacolo è il mio sogno”.

Ascoltiamola al telefono, ora che è a Milano e si racconta a un amico: “A me non me ne frega niente, la mia vita non è qui, faccio più soldi possibile e poi me ne torno in Marocco…”. In questa conversazione si parla di Berlusconi, appaiono cifre che possono nascere dalla fantasiosa millanteria della ragazza, eppure chi ha letto le carte su tre punti è molto esplicito: “Quando diventeranno pubbliche le fonti di prova, chiunque potrà rendersi conto come sia evidente che Ruby ha fatto sesso con il presidente, il quale era consapevole della sua minore età, e che in cambio è stata generosamente retribuita”.
Sesso con il presidente: questo è il punto che nelle interviste e negli interrogatori Ruby nega con ostinazione. Per lei questa vaghezza è una nuova opportunità e lo confessa in qualche occasione: “Mi pagano per parlare. Mi pagano per tacere. Sono diventata ricca”.

Il 3 agosto 2010 la ragazza ha raccontato ai pubblici ministeri la sua versione dei fatti, in larga parte sincera, ma con qualche omissione, qualche fanfaronata, qualche parola di troppo o di troppo poco. I pm però hanno “tracciato” il suo telefonino e hanno scoperto che Ruby non è stata ad Arcore tre volte, “per una cena”, o “per una notte”. Ma, per esempio, è stata fissa ospite della villa San Martino dal 24 al 26 aprile 2010. Silvio Berlusconi era stato alla Scala con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e si era detto “radioso”. Poi era andato a prendere Vladimir Putin e l’aveva accompagnato ad Arcore. Il giorno dopo, conferenza stampa a Villa Gernetto, ma ritorno a Villa San Martino. E ad Arcore chi c’era? Ancora la giovane e frizzante Ruby, la quale “notte e giorno era presente”, come hanno stabilito i tecnici che analizzano il traffico telefonico per conto della Procura. C’era anche a Pasqua e Pasquetta, c’era il Primo Maggio, quattro settimane prima di quella notte in cui, accusata di un furto, finì in questura, in via Fatebenefratelli. La notte in cui Silvio Berlusconi telefonò, spiegando che avevano a che fare non con una “scappata di casa”, ma con la “nipote di Mubarak”.

C’è dunque una ragazza che da mesi, da quando la sua vicenda è emersa, cerca da una parte di rassicurare gli amici, dall’altra di non preoccupare troppo il presidente così munifico, il “vecchio” (parole sue) Emilio Fede e Lele Mora, affettuoso “come un padre” (sempre parole sue). E chi è questa Ruby, se non una neo-diciottenne che teme di pregiudicare irrimediabilmente il suo futuro? Ma c’è anche un’altra Ruby, che al telefono, con qualche amica nella comunità, nelle sue lunghe giornate, si lascia andare alle confidenze più sincere sulla ventura che le è capitata. “Se ci sono stata o non ci sono stata, sono affari miei”, ripete agli amici. È il suo mantra. Però qualche frase le sfugge, una di queste è molto esplicita. Ruby racconta come agli occhi del Drago lei non è neanche un corpo, ma una parte molto precisa di un corpo. Nel suo infantilismo o nella sua cinica ambizione, Ruby non si sente neanche umiliata da questo. Se ne vanta, ne è quasi divertita. Quella parte del suo corpo, in fondo, non è anche la sua fortuna?

Ci sono più testimoni che confermano questa soddisfatta smania di Ruby. C’è un carabiniere che ha conosciuto la ragazza in una discoteca e che per un breve periodo la frequenta. C’è un altro bel tomo, non si capisce se gigolò o giramondo, che non riesce a resistere ai tanti tentativi di Ruby di coinvolgerlo, di uscire, di girare, e per togliersela di torno si allontana dal suo appartamento in pieno centro a Milano. Sono mesi che Ruby, senza saperlo, è stata intercettata e ascoltata dai pubblici ministeri, ma quel che conta è quanto delle sue parole trova una conferma nei ricordi e nell’esperienza delle altre habitué nella casa del Drago.

Chi ha letto le carte ne ha ricavato stupore per la forza del quadro probatorio, che ordina ricostruzioni, relazioni, ruoli e condotte in un disegno dal significato univoco. Lo si può anche immaginare. La tecnologia consente di sapere che in quel giorno, in quella ora, per quelle ore, un certo numero di telefoni cellulari si è raccolto nella villa di Arcore. Quei cellulari corrispondono a dei nomi e quei nomi diventano conversazioni, confessioni, resoconti personali. E, alla fine, formano un racconto, una storia che fiorisce in modo autentico proprio perché libera da ogni costrizione, diplomazia, vincolo. La stessa Ruby è la perfetta testimonial di questo metodo che chi ha letto le carte definisce “padre di prove schiaccianti”.

°°°  Questo delinquente forse ha smesso di ridere dei PM NON IN VENDITA. La Boccassini è un miliardo di volte più intelligente e preparata del mafionano e di tutta la sua banda di avvocati corrotti. Non vedo l’ora di vederlo dietro le sbarre. Al Capone non fu incarcerato per gli omicidi, ma per evasione fiscale (che nel resto del mondo è un reato gravissimo). Mafio burlesquoni non sono riusciti a condannarlo per nessuno dei suoi reati ben più gravi, ora sarebbe il colmo se lo fottessero proprio su una cosa (falsa) di cui non fa che vantarsi: la sua monumentale potenza sessuale. CODDAU!

LA MAITRESSE-ZOCCOLA MINETTI

B.Minetti

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