UNA BABYSITTER IGNORANTE, CHE NON HA MAI STUDIATO E MAI LAVORATO, VIVE DA 30 ANNI ALLE NOSTRE SPALLE E GODE DI OGNI SORTA DI PRIVILEGIO. CI COSTA QUANTO LA SVIZZERA: UN VIAGGIO CON L’AEREO DI STATO PIENO DI PARENTI AL GIORNO (SENZA MAI PORTARE A CASA NIENTE DA 18 MESI), FAVORI ALLE MAFIE CHE LA SOSTENGONO E NON LO FANNO GRATIS. IO HO 77 ANNI, DA DUE SOFFRO DI CATARATTA E NON CI VEDO QUASI PIU’, MA IERI MI HANNO DATO L’APPUNTAMENTO PER LA VISITA A MARZO DEL 2025… EPPURE, PRIMA CHE LA MAFIA MI ASSASSINASSE, PAGAVO TASSE E CONTRIBUTI PENSIONISTICI PER MILIARDI DI LIRE. QUANDO SIAMO CADUTI COSI’ IN BASSO? PERO’ QUESTI ESCREMENTI NON HANNO VOLUTO I 37 MILIARDI (QUASI GRATIS) DEL MES SANITARIO, NONOSTANTE LE BATTAGLIE DELLO STATISTA #MATTEORENZI.

IMPARATE A VOTARE, GENTE, O DIVENTEREMO PRESTISSIMO UNA COLONIA DEL BURKINA FASO.

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VI RISVEGLIO UN RICORDO, A VOI ANZIANI, E INFORMO I GIOVANI DI QUESTO MACELLO VERO E PROPRIO DELL’UNICA SUPERSTITE.

Loredana Rotondo: “Così svelammo all’Italia tutta la vergogna di un processo per stupro”
di Maria Novella De Luca
La regista del famoso documentario trasmesso dalla Rai nel 1979. “Gli avvocati facevano domande brutali alla vittima per colpevolizzarla. Sconvolge che dopo oltre 40 anni nel processo di Tempio Pausania stia accadendo lo stesso”.
«Mi chiedo spesso perché la Rai si rifiuti di mandare in onda, di nuovo, il nostro documentario. “Processo per stupro” è drammaticamente attuale a giudicare da quanto sta accadendo a Tempio Pausania. Lo girammo nel 1978 dentro il tribunale di Latina, venne trasmesso la prima volta il 26 aprile del 1979 e seguito da tre milioni di spettatori, poi di nuovo ad ottobre dello stesso anno e i telespettatori salirono a nove milioni. Per molti il documentario fu uno choc. Vedere e filmare la ferocia di un processo per violenza sessuale fu sconvolgente anche per noi. Ma forse è ancor più sconvolgente constatare che le domande, brutali, fatte dagli avvocati dei violentatori alla vittima di allora, sono identiche a quelle poste alla vittima di oggi nel processo contro Ciro Grillo e i suoi amici. Quarantacinque anni dopo».

https://www.repubblica.it/cronaca/2023/12/15/news/processo_stupro_donne_loredana_rotondo-421661408/?ref=RHLF-BG-P12-S2-T1

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D’ACCORDISSIMO! SAREBBE IL MINIMO.

L’oro di Mosca.

Editoriale
di Christian Rocca
11 Dicembre 2023
L’oro di Mosca.
Come far pagare a Putin la guerra imperialista all’Ucraina
Il mondo libero ha sequestrato beni e asset russi per oltre 300 miliardi di dollari. È arrivato il momento di usare subito quei soldi per aiutare Kyjiv a cacciare l’invasore e a ricostruire il Paese.

La Russia ha invaso illegalmente l’Ucraina e ha commesso crimini contro l’umanità, nessuno può negare questi drammatici fatti, tranne che in Corea del Nord, tra gli ayatollah sciiti che uccidono le donne colpevoli di sciogliersi i capelli e nei talk show italiani che fanno una grottesca parodia del discorso pubblico.

Tutto il mondo civile ha aiutato l’Ucraina, chi tanto e subito, chi poco e male, chi con entusiasmo e chi con ritardo, ma è altrettanto innegabile che il Nord America, l’Europa e l’Asia democratica si siano schierati in difesa del diritto internazionale e della resistenza del popolo ucraino, dimostrando una solidarietà senza precedenti e riscoprendo una capacità che sembrava perduta di risollevarsi di fronte alle difficoltà.

Grazie anche a questo contribuito dei paesi democratici e civili, e in totale assenza di quell’ente inutile, se non dannoso, che si chiama Nazioni Unite, l’Ucraina è riuscita a sopravvivere, a respingere l’invasore, a liberare intere regioni del suo sterminato territorio dagli oppressori russi e ora combatte chilometro dopo chilometro per avanzare nelle zone che gli imperialisti russi avevano occupato illegalmente nel 2014 nel disinteresse, allora, generale.

Agli ucraini adesso mancano munizioni e armi, soprattutto mancano gli aerei promessi e non ancora consegnati, senza i quali lo svantaggio numerico di uomini e di mezzi rispetto alla Russia rischia di fare il gioco del Cremlino, in dolce attesa che a Washington, il prossimo novembre, accada l’indicibile, ovvero che ritorni al potere il primo presidente antiamericano degli Stati Uniti.
Al governo di Kyjiv oggi mancano anche soldi, tanti soldi, per garantire i servizi minimi necessari alla popolazione di un paese il cui prodotto interno lordo, a causa dell’invasione russa, è in forte calo.

L’Europa, gli Stati Uniti e gli altri stanno aiutando, ma con maggiori difficoltà e lentezze di prima, intanto perché l’attenzione geopolitica del mondo si è spostata sul quadrante mediorientale, dove gli alleati di Putin – Iran e Hamas – hanno organizzato una caccia agli ebrei che non si vedeva dai tempi dei loro precursori nazisti («loro» qui è inteso come di Iran, di Hamas e anche di Putin).

Un’altra difficoltà è dovuta alle opinioni pubbliche occidentali che si sentono stanche, anche se non si capisce bene di che cosa, forse di cercare nuove serie tv su Netflix mentre stanno comodamente sdraiate sul divano.

Certo i soldi non si fabbricano industrialmente né si trovano sugli alberi, ma l’Europa che vuole aiutare la democrazia ucraina dovrà prima o poi risolvere la questione del veto di Orbán, così come gli americani dovranno liberarsi della rete di menzogne ripetute dagli amici del Cremlino secondo cui i denari destinati a Kyjiv andranno prima spesi per rispondere alle esigenze dei cittadini americani.

Questa è una menzogna, perché i miliardi di dollari che Washington spende da due anni per mandare armi agli ucraini in realtà sono al novanta per cento impiegati in commesse industriali a favore di imprese e di lavoratori americani, contribuendo così alla crescita del PIL statunitense e ad abbassare il tasso di disoccupazione in tutto il paese.

Tutto questo per dire che i soldi per aiutare adeguatamente l’Ucraina a difendere sé stessa, l’Europa e la democrazia liberale ci sono, ma anche che se ne possono trovare altri, tanti altri, diciamo così, a costo zero.

Sono i soldi russi che si trovano già nelle mani dei paesi occidentali, in particolare in Europa e in Belgio, grazie alla decisione internazionale di sequestrare i fondi esteri della Banca centrale russa (un’idea tecnica di Mario Draghi) e di alcuni oligarchi russi.

Stiamo parlando di circa 300 miliardi di dollari, che per il solo fatto di essere stati sequestrati e congelati hanno prodotto tre miliardi di interessi l’anno, quindi siamo già a quasi sei miliardi dall’invasione del 24 febbraio 2022, che ovviamente non sono stati distribuiti come dividendi agli ex titolari, né mai lo saranno.

La presidenza spagnola del semestre europeo ha già proposto di usare questi 300 miliardi per aiutare l’Ucraina, mentre il nuovo ministro degli Esteri britannico David Cameron ha appena detto che è doveroso farlo e che non ci sono impedimenti giuridici o morali sufficienti a sostenere il contrario.

La Renew Democracy Initiative di Gary Kasparov ha affidato a una commissione di esperti guidata dal principale costituzionalista americano, il professore emerito di Harvard Lawrence Tribe, il compito di studiare come risolvere le questioni legali legate alla confisca dei beni, all’utilizzo dei fondi e a come far pagare i costi della guerra a Putin (il rapporto si trova qui: Making Putin Pay).

Germania e Francia hanno qualche dubbio su quest’approccio, l’Italia chissà, Orbán come al solito è contrario, Putin minaccia ritorsioni, ma a quasi due anni dall’invasione, e alla vigilia della decisione del 14-15 dicembre di avviare i colloqui formali per far aderire l’Ucraina all’Unione europea, siamo arrivati al dunque e adesso è necessaria una mobilitazione dei governi e delle opinioni pubbliche internazionali: l’Ucraina va aiutata a sconfiggere la Russia e a difendere la società aperta europea, e va aiutata proprio con i soldi russi che l’Europa ha già in mano. Quei fondi sequestrati vanno scongelati e impiegati immediatamente per la difesa e la ricostruzione dell’Ucraina.

L’imperialismo russo va fermato, i lacché del Cremlino vanno estromessi dal consesso europeo se continuano a fare il gioco dei fomentatori del caos, e la Russia deve pagare i danni causati in Ucraina. Trecento miliardi di dollari non basteranno, ma sono certamente un buon inizio. Gli altri si troveranno, a Mosca, a nemico scappato, vinto, e battuto.

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