Chi si è rubato i 26 milioni da An, un partitino peggio della lega? Gnazzio, ma quanto cazzo costa la cocaina?!

Scoppia il caso di An
In cassa mancano 26 milioni

la russa ride occhi chiusi 640
Un buco di 26 milioni di euro. O, per dirla con le parole del Tribunale, una «differenza negativa» che emerge dal «mero confronto tra il
patrimonio netto contabile» di Alleanza Nazionale alla data del suo scioglimento il 22 marzo 2009, e con quello del 18 novembre 2011. Per questo, a riaprire la guerra tra ex An che ormai si gioca sul patrimonio, a via della Scrofa ieri sono arrivati i commissari. Il tribunale di Roma presieduto da Paolo De Fiore, su istanza dei finiani Antonio Buonfiglio, Enzo Raisi e Giuseppe Consolo (che rispondono così alla guerra interna fin qui vinta dagli ex aennini rimasti nel Pdl), ha infatti nominato il professor Marco Lacchini e l’avvocato Giuseppe Tepedini perché procedano alla corretta liquidazione del patrimonio dell’ex partito di Fini: un gruzzolo che tra cassa (74,6 milioni al dicembre 2010), rimborsi elettorali (12,6 milioni) e appartamenti per 3-400 mila euro, è tutt’altro che indifferente.

Quei 26 milioni in meno sono citati come il segnale più lampante per esemplificare come il patrimonio di An non sia stato gestito in questi due anni secondo i criteri stabiliti dalla assemblea di scioglimento del marzo 2009 (quando nacque il Pdl): allora, infatti, si stabilì che il Comitato dei garanti doveva liquidare il patrimonio di via della Scrofa – secondo criteri di “conservazione” – traghettandolo sostanzialmente intatto, al netto degli oneri di gestione, fino alla nascita della Fondazione An. Al contrario, scrivono nella loro relazione i professori Manfredi e Tepedino, «l’associazione ha continuato ad essere gestita come prima delle determinazioni congressuali, con i relativi oneri che hanno determinato la riduzione netta del patrimonio dell’associazione stessa».

LA GESTIONE DOPO LA CHIUSURA
Insomma: An ha chiuso, ma chi la gestiva ha continuato a trattarla come se fosse una sorta di partito, e che anzi «non è stato dato corso a nessuna attività propedeutica alla liquidazione», spiegano gli ispettori. «Gli organi liquidatori hanno svolto intensa attività gestoria», scrive il presidente De Fiore, svolgendo una serie di operazioni come «il finanziamento di congressi» e le «rinunce a crediti». Fra le tante operazioni che saltano all’occhio c’è, ad esempio, «a tacer d’altro, il contributo a fondo perduto al Pdl di un milione di euro», ma anche – illustrano Manfredi e Tepedino – « un prestito senza oneri finanziari al Pdl di 3.750.000 euro», restituito «nel medesimo anno a distanza di qualche mese» senza però che del movimento dei tre milioni e mezzo di euro «vi fosse traccia nel rendiconto chiuso al 31.12. 2010».

Appena un paio di esempi che emergono da un mare di irregolarità più o meno significative (manca un «inventario dei beni», manca «la redazione della consistenza attiva e passiva dell’associazione» e, per quanto riguarda i rimborsi elettorali, presenta non poche difficoltà legali il fatto che siano stati trasferiti alla Fondazione), e che lasciano presagire che la faccenda non finirà qui. Tutt’altro.

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